Uniamo le lotte per un settore aereo
pubblico e di qualità
Matteo Bavassano (lavoratore Airport Handling)
Daniele Cofani (operaio Alitalia)
La crisi del coronavirus, oltre ad essersi innestata su un quadro economico che dava già una serie di segnali indicatori di una prossima crisi economica, ha colpito duramente un settore che era in crescita costante da anni, quello del trasporto aereo. È chiaro che in una situazione di pandemia globale, i viaggi aerei, soprattutto internazionali e intercontinentali, sono un grosso veicolo di diffusione del virus, che come è ormai noto si diffonde in maniera diseguale (cioè con curve di crescita temporalmente sfasate nei vari Paesi) ma combinata (cioè i viaggiatori asintomatici possono portare il virus dove non è ancora presente in maniera consistente e creare nuovi focolai), e quindi la riduzione del numero dei voli ha l’effetto secondario positivo di diminuire i rischi per chi lavora nel settore del trasporto aereo. Sappiamo benissimo, purtroppo, che la diminuzione del traffico non risponde però a logiche sanitarie (che hanno prevalso solamente nel periodo di effettivo lockdown e stop dei voli imposto dalle autorità, coincidente almeno in Italia con la fase più acuta della pandemia), ma semplicemente a logiche commerciali, e che le compagnie del settore si stanno preparando (se non l’hanno già fatto) a utilizzare la crisi come pretesto per tagliare pesantemente il personale, sia di volo che di terra. Le migliaia di licenziamenti annunciati dalle principali compagnie di bandiera (British airway, Delta air lines, Latam airlines ecc.), sono solo il primo passo di un gigantesco attacco annunciato contro i lavoratori del trasporto aereo a livello internazionale.
Una situazione paradossale
La situazione pandemica dimostra sempre più che la gestione dei trasporti, quella del trasporto aereo in particolare, non può essere lasciata in mano ai privati e tantomeno essere in balia delle privatizzazioni selvagge degli ultimi 25 anni: il trasporto deve essere gestito in maniera razionale, utile in primo luogo per i cittadini che necessitano di collegamenti sicuri ed economici, ed anche regolato in modo che sia garantita la sicurezza di tutti, sia normalmente che a maggior ragione in una situazione come quella attuale. La riapertura di aeroporti non adatti al mantenimento del distanziamento sociale per puri scopi commerciali, come quanto è successo a inizio luglio con l’aeroporto di Milano Linate, così come la deroga del distanziamento (che già era minimo) per i passeggeri a bordo degli aeromobili sono scelte contrarie a qualsiasi ragionevolezza… a parte quella del profitto di qualcuno, anzitutto delle lobby delle compagnie low cost. In questa situazione a pagarne le spese sono i lavoratori del settore, a partire dalla cassa integrazione e dal suo utilizzo: ha esonerato da subito i padroni dal pagamento dei salari, con un rimborso ai lavoratori solo del 60% del normale stipendio. Inoltre, molte società non hanno anticipato i soldi degli ammortizzatori sociali ai lavoratori, e molti sono stati lasciati a casa senza reddito per molti mesi. Oltretutto le compagnie e le società di handling (servizi di terra), stanno usando questa situazione di crisi congiunturale del settore per ristrutturarsi in vista della sicura ripartenza dei voli. Alcuni esempi a cui stiamo assistendo riguardano i lavoratori di Airport handling dell’aeroporto di Milano Linate, che stanno rischiando il posto di lavoro a causa della scelta di Alitalia di reinternalizzare le operazioni di check-in, sostituendo lavoratori a tempo indeterminato che svolgono questa attività da sempre, con lavoratori precari senza diritti, come pure dell’aeroporto di Malpensa, che si vedranno costretti a passare in società che offrono un trattamento salariale molto peggiore (Aviapartner) o che addirittura utilizzano cooperative derogando così ai contratti di categoria (Ags). Continua inoltre, intensificandosi, il passaggio di lavoratori da una società all’altra in cui lo sappiamo bene, i lavoratori ci rimettono sempre in salario e diritti acquisiti, disdette di contratti che come nel caso di Linate lasciano senza lavoro centinaia di lavoratori, mentre all’orizzonte si avvicina per le compagnie la possibilità di nuovi licenziamenti collettivi, magari tramite accordo sindacale oggi essenziale con il «blocco dei licenziamenti».
Non è infatti difficile prevedere che Assohandlers, l’organizzazione di categoria delle società che gestiscono i servizi di terra, metterà sul tavolo del ministro dei trasporti la richiesta di poter accedere a misure per smaltire il personale considerato in esubero, a partire dai prepensionamenti volontari fino ai licenziamenti collettivi, magari con «ammortizzatori sociali lunghi», come già avvenuto in passato per esempio nelle varie ristrutturazioni di Alitalia. Tutto questo per sfoltire i loro costi, lasciando i lavoratori sempre a carico dello Stato (passando dalla cassa integrazione alla disoccupazione), ma togliendogli il lavoro, così che, una volta passata la crisi sanitaria, potranno «ripartire» anche loro assumendo nuovo personale precario. Crediamo che i lavoratori dovranno essere pronti a mobilitarsi per difendere i loro posti di lavoro, evitando questa mossa padronale, e dicendo con forza che non ci devono essere tagli per un settore strategico e per cui le prospettive di ripresa sono in linea con le prospettive di tutti gli altri settori, anzi forse migliori: chi gestiva i voli ieri, prima della crisi, dovrà essere chi li gestirà dopo la crisi, suddividendo nel frattempo equamente tra tutti i lavoratori il carico di lavoro, che già comunque adesso non è irrilevante in un settore costantemente sottoccupato.
La nuova Alitalia e i resti di Air Italy
Se la situazione si preannuncia critica per i dipendenti delle società di servizi nei prossimi mesi, lo è ancora di più, se possibile, per i dipendenti delle compagnie aeree. I dipendenti di Air Italy, che si sono visti lasciare a casa da un giorno con l’altro con una mail già prima della crisi covid, strappano oggi un accordo per una cassa integrazione di 10 mesi, che però non potrà essere che un misero palliativo su una situazione sociale drammatica per 1500 famiglie e che al momento non dà loro nessuna prospettiva. Non meglio se la passano i lavoratori di Alitalia: la compagnia è in attesa di una «promessa nazionalizzazione», per portare a compimento l’ennesimo ridimensionamento con tagli del personale a carico dello Stato, per poi vendere al migliore offerente non appena sarà possibile. Può anche essere che il prolungarsi della crisi sanitaria e quindi del calo del traffico ritardi la vendita, dato che tutte le compagnie aeree di importanza internazionale stanno attraversando processi di ristrutturazione, vedi la già citata British airways, ma anche Lufthansa ad esempio. Tuttavia, riteniamo che i lavoratori devono essere pronti già da ora a difendere la compagnia di bandiera contro la svendita, per rendere la nazionalizzazione, che le circostanze hanno imposto al governo Conte, un fatto irreversibile, e per farne la base su cui ricostruire tutto il settore del trasporto aereo nella prospettiva delle necessità di un servizio pubblico e nella salvaguardia dei livelli occupazionali e salariali dei lavoratori. E in questo quadro devono rientrare anche i lavoratori e gli asset di Air Italy, che possono e devono contribuire al rilancio di tutto il settore.
Costruiamo un fronte contro i licenziamenti e per il rilancio del trasporto aereo
Pensiamo che una forte compagnia di bandiera pubblica possa e debba essere l’asse attorno a cui pensare un piano rivendicativo complessivo, che possa unire tutti i lavoratori del settore, che con una forte mobilitazione potrebbero essere in grado di costringere il governo a prendere misure contro il proprio volere. Misure che vadano contro le liberalizzazioni e le privatizzazioni selvagge degli ultimi decenni, anche forzando la mano rispetto a norme europee che impongono queste liberalizzazioni: il «libero mercato», nel settore aereo soprattutto, significa licenziamenti, dequalificazione dei lavoratori, riduzioni salariali e dei diritti, significa indebolire i lavoratori nella difesa dei diritti acquisiti, figurarsi di lottare per ottenere miglioramenti, nemmeno in un settore in costante crescita come è stato negli ultimi anni quello del trasporto aereo. La rinazionalizzazione degli aeroporti, soprattutto in questa fase, posta sotto il controllo dei lavoratori, è una misura centrale per la salvaguardia del trasporto aereo e per mettere fine a scelte che non seguono altra razionalità se non quella del maggior profitto. La fine della liberalizzazione dei servizi di terra, e quindi il ritorno ad un singolo handler pubblico per aeroporto (in cui devono essere assunti i dipendenti di tutti le compagnie e società attualmente operanti) è centrale per unire i lavoratori finora divisi da ampissime differenze contrattuali e per mettere fine ai ricatti occupazionali. Aggiungiamo anche che in questa situazione di calo del traffico, questa misura permetterebbe di suddividere effettivamente il lavoro a parità di salario tra tutti i lavoratori, senza creare divisioni e contrapposizioni che avvantaggiano solo i padroni. Da ultimo, ma non meno importante, il salvataggio di Alitalia e il suo rilancio come compagnia pubblica di bandiera, includendo anche la vecchia Air Italy ed Ernest airlines, serviranno come garanzia di lavoro per tutto il settore aeroportuale italiano, e saranno una garanzia perché il trasporto aereo torni ad essere un servizio pubblico efficiente, adeguato e sicuro. È su queste tre rivendicazioni centrali che crediamo si possano unire finalmente tutti i lavoratori del trasporto aereo nelle prossime iniziative di lotta, per difendere i propri posti di lavoro, la propria dignità professionale e salariale, e anche per garantire un servizio migliore alla collettività in totale sicurezza e nel rispetto dell’ambiente.