Partito di Alternativa Comunista

Il governo Berlusconi attacca i

Il governo Berlusconi attacca i “fannulloni”...

I lavoratori pubblici rispondono partecipando allo sciopero generale del 17 ottobre

 

Intervista a cura di Pia Gigli

 

Alla vigilia dello sciopero del sindacalismo di base abbiamo intervistato Patrizio Cicciotti (coordinatore Rdb Inps di Latina, membro del Consiglio Nazionale Rdb Cu) e

Roberto Giuffrida (coordinatore Rdb Inpdap di Latina membro del Coordinamento Nazionale Rdb Cub Inpdap)

 

Cosa sta succedendo nei vostri luoghi di lavoro (Inps e Inpdap) dopo l’attacco del governo ai lavoratori pubblici?

 

E ancora in atto il progetto del vecchio governo Prodi. La distinzione tra la parte assistenziale rappresentata dall’Inail e la parte che fornisce il servizio pensionistico per il quale è previsto l’accorpamento di Inps e Inpdap, ha una sua logica. Anche perché normativamente il sistema pensionistico dell’Inps (lavoratori privati) e dell’Inpdap (lavoratori pubblici) tendenzialmente nei prossimi venti anni sarà omogeneo, con il passaggio per tutti i lavoratori dal sistema retributivo a quello contributivo. A conferma di ciò noi lavoratori Inps e Inpdap stiamo già lavorando con sistemi informatici del tutto identici. Con il governo Prodi già si voleva procedere all’unificazione delle sedi di questi enti, e si è dato il via alla cartolarizzazione delle sedi di proprietà che ora sono tutte in affitto, in barba al taglio degli sprechi. In tema di risparmio, sempre tanto sbandierato dai vari governi di questi anni, non si è mai voluta affrontare, ad esempio per l’Inps, la separazione tra il settore pensionistico e settore assistenziale, questo significa che le spese dell’Inps sono sovradimensionate dovendo occuparsi pure dell’assistenza, rispetto alla sua funzione cardine che è quella pensionistica. Il governo oggi parla di accorpamento per similitudini, con l’eccezione già proposta da Prodi, si badi bene, delle casse molto ricche dei notai ed altri professionisti.

Dal punto di vista gestionale, in questi enti, da tangentopoli in poi, accanto al Consiglio di amministrazione (Cda), esiste il Civ (Comitato di Indirizzo e Vigilanza), una struttura di nomina sindacale con diritto di proposta e di controllo. Oggi il governo sta mettendo in atto un vero e proprio ricatto nei confronti dei sindacati maggiori: in cambi del loro rientro nei Cda, vuole far accettare i pesanti tagli del salario accessorio proposto dal governo con il decreto 112 (oggi legge 133) e che per noi rappresenta una fetta consistente della retribuzione.

 

Quale lettura dare dei provvedimenti del governo sulla pubblica amministrazione? Avete messo in atto mobilitazioni dei lavoratori contro il decreto 112?

 

Abbiamo cominciato a scendere in piazza ancor prima dell’estate contro il piano di Brunetta sulla pubblica amministrazione ed il decreto 112; esponenti governativi ci hanno confessato che questa manovra di 10 minuti non è stata nemmeno letta dal ministro, un’operazione balorda uscita dalla mente di qualche burocrate. Nonostante la manovra abbia suscitato malumori anche all’interno dalla maggioranza (ad esempio in settori di An, dato il peso dei lavoratori di stato e parastato a Roma), Brunetta è intoccabile, la sua forte esposizione propagandistica rappresenta l’immagine migliore di un governo che dice di combattere gli sprechi.

La stretta sulle malattie, con il pretesto tutto propagandistico di colpire i “fannulloni”, oltre a colpire il salario riduce il lavoratore agli “arresti domiciliari”, una vera e propria vessazione soprattutto per i lavoratori che vivono da soli. Si tratta di una intollerabile criminalizzazione dei lavoratori pubblici che colpisce la loro dignità.

Sulla legge 104 che prevede permessi per l’assistenza a congiunti affetti da malattie invalidanti, si è ristretta la fruizione ai solo portatori di handicap e per di più con decurtazione salariale. A fronte di una deficienza pubblica sull’assistenza domiciliare che costringe il singolo a fare da sé, si spinge a ricorrere all’assistenza privata.

Lo scopo è quello di smantellare lo stato sociale e parallelamente colpire il sindacato e in particolare il sindacalismo di base che mantiene una visione del pubblico solidaristica e fuori dal mercato.

L’operazione di smantellamento del pubblico e di privatizzazione viene da lontano ed è stato portato avanti allo stesso modo dai governi di centrodestra e di centrosinistra. Ad esempio nel nostro settore si è proceduto con l’americanizzazione: sulle spalle dell’Inps c’è tutta la parte dei versamenti per la pensione e anche tutte le spese di assistenza che invece dovrebbero essere a carico della fiscalità generale, così tutta l’assistenza grava sui lavoratori. I soldi che vengono stanziati per fare previdenza (pensioni) vengono così utilizzati per fare assistenza, ciò è devastante. L’obiettivo finale è la privatizzazione della previdenza e la questione è: che fine farà l’assistenza.

Le diverse controriforme delle pensioni da Dini fino all’ultimo governo Prodi hanno fatto avanzare un processo di privatizzazione delle pensioni ed oggi questo governo si accinge a fare un’ulteriore controriforma. Si tratta di una proposta di legge il cui primo firmatario è Giuliano Cazzola, ex sindacalista Cgil e oggi parlamentare del Pdl, che prevede un’ulteriore elevamento dell’età per il diritto alla pensione, il passaggio al sistema contributivo già dal 1 gennaio 2009 anche per quanti hanno finora mantenuto il sistema retributivo avendo maturato 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, e innalza l’età per la pensione di anzianità a 62 anni.

 

E sull’inefficienza della pubblica amministrazione?

 

L’attacco al mondo del lavoro pubblico considerato inefficiente, svolto da fannulloni assenteisti, vuole far pagare le inefficienze del sistema ai lavoratori e divide la classe lavoratrice.

E’ chiaro che anche noi siamo utenti dei servizi e quindi non siamo contrari all’efficienza. Ma per noi l’efficienza è poter fare una tac urgente in 24 ore, non certo aprire un’impresa in 24 ore. E si deve sapere che i sistemi per garantire l’efficienza dei servizi già esistono e prevedono anche penali se non si raggiunge il risultato. Non è tollerabile la criminalizzazione di tre milioni e mezzo di pubblici dipendenti. Piuttosto è da mettere sotto accusa l’organizzazione del lavoro che è in mano ai dirigenti da considerare veri e propri capi azienda con stipendi che vanno da 150-300 mila euro, più interessati a vedersi rinnovato il contratto (di durata triennale o quadriennale) circondandosi di pochi collaboratori fidati che risolvono i problemi e disinteressati al ruolo pubblico che rivestono, quindi le sacche di inefficienza non vengono mai colpite.

La class action proposta da Brunetta è uno strumento perverso. Dovrebbe servire per valutare il gradimento di un servizio da parte del pubblico che poi influisce sulla parte di salario del lavoratore del servizio. Invece è un sistema che mette lavoratori contro altri lavoratori che sono contemporaneamente erogatori e fruitori, anzi “clienti” dei servizi.

 

Come giudicate la riforma del modello contrattuale in discussione in questi mesi?

 

L’attacco al contratto nazionale che si sta giocando ai tavoli di questi giorni riguarda lavoratori pubblici e privati ed è stato preparato da dieci anni da tutti i governi con particolare responsabilità del governo Prodi. Complessivamente ci sembra che con la riforma del modello contrattuale il sindacalismo confederale si giochi una partita decisiva che riguarda la sopravvivenza del suo ceto burocratico e del suo ruolo istituzionale di sindacato /azienda, erogatore di servizi, sempre più lontano dai lavoratori, soprattutto dai più giovani. La triennalizzazione dei contratti che di fatto è già stata recepita negli ultimi contratti siglati, renderà ancora più lunga l’attesa per i rinnovi. Il meccanismo dell’inflazione programmata o come dicono dell’inflazione “realisticamente prevedibile”, che sarà sempre molto lontana dall’inflazione reale, produrrà per i lavoratori un ulteriore impoverimento che stanno subendo fin dal taglio della scala mobile. Il recupero salariale che si vuole spostare nella contrattazione integrativa aziendale o territoriale vedrà lavoratori di serie A, dove la contrattazione decentrata si fa, come nel pubblico e nelle grandi aziende, e lavoratori di serie B come quelli delle piccole e medie imprese, dove il sindacato non c’è e la parte padronale è spregiudicata. Tutto ciò è da collegare al federalismo che è interno alla cultura di questa concezione di modello contrattuale ed è molto prossimo all’istituzione di fatto di nuove gabbie salariali con ulteriore frammentazione dei lavoratori.

 

Quale è il senso dello sciopero generale che avete indetto per il 17 ottobre?

 

Come prima cosa c’è da dire che gran parte del sindacalismo di base sciopera unitariamente, a differenza di altre volte, e poi lo sciopero è stato deciso da quadri e delegati nell’assemblea di Milano del 17 maggio dove si è sentita l’esigenza di contrastare il duro attacco in atto contro il mondo del lavoro. Dunque un percorso dal basso, a differenza del sindacalismo confederale che sembra aver perso il contatto con la propria base e sembra preoccupato per lo più di garantire la propria sopravvivenza. Si pensi che proprio il 17 ottobre, Cgil Cisl Uil funzione pubblica hanno convocato un’assemblea di Rsu sovrapponendosi allo sciopero generale del sindacalismo di base.

Occorre svegliarsi dall’incubo rappresentato da questo governo, costruire un’opposizione alle menzogne dei rifiuti a Napoli, all’operazione di Alitalia, all’attacco al mondo del lavoro pubblico e privato. Perchè un’opposizione nel nostro paese non c’è. Pensa, che sul furto del salario stabilito dal decreto 112, l’unica azione fino ad oggi l’ha fatta il Codacons anche se in termini di ricorso legale. Vogliamo essere una voce fuori dal coro, occorre tornare a fare il sindacato conflittuale fuori da tutte le logiche della concertazione. Siamo certi che il 17 ottobre scenderanno in piazza molti lavoratori (18/09/2008).

 

 

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