Questione ambientale e lotta di classe
Questione ambientale e lotta di classe
Alberto cacciatore
Con gli anni Novanta si avvia la privatizzazione dei servizi pubblici di gestione dell’acqua, dell’energia elettrica, del gas e del ciclo dei rifiuti. La ricerca del massimo profitto da parte delle aziende privatizzate innesca da subito mobilitazioni e lotte dei comitati popolari e dei lavoratori dei settori privatizzati, che denunciano l’aumento delle tariffe, le disfunzioni nella erogazione dei servizi, l’abbattimento delle garanzie di salubrità nella produzione di energia, il degrado della qualità dell’acqua, l’aumento dell’inquinamento nel ciclo di recupero e gestione dei rifiuti urbani e la perdita di garanzie e diritti per gli operatori in seguito all’introduzione di rapporti contrattuali di tipo privatistico. La maggior parte delle lotte di questi movimenti è sotto la direzione, oltre che delle associazioni ambientaliste, anche dei partiti della cosiddetta sinistra radicale che, con spregiudicatezza e cinismo opportunista, giocano il doppio ruolo di animatori e organizzatori delle lotte e di controparte istituzionale delle stesse popolazioni in lotta. Casi emblematici sono quelli dei movimenti contro la privatizzazione dell’acqua, l’incenerimento dei rifiuti, l’installazione di impianti eolici, la realizzazione di rigassificatori e centrali a carbone che si trovano a contrastare le scelte dei loro stessi amministratori.
In questi casi si vedono all’opera le migliori intelligenze tecnocratiche − espresse da un certo ambientalismo borghese, fautore di uno sviluppo sostenibile e compatibile con il sistema di produzione capitalistico − che si candidano a sostenere e implementare l’uso delle cosiddette energie e/o produzioni alternative in grado di permettere a un sistema produttivo, in sè distruttivo dell’ambiente ed energivoro, la sua riconversione in tecnologie che, o lasciano inalterata la possibilità di realizzare profitti, o ne assicurano la realizzabilità di maggiori. Parliamo del cosiddetto ecobusinnes (eolico, termocombustione, solare, ecc).
Non contenti, questi settori dell’ambientalismo si propongono agli amministratori quali migliori esperti nell’applicazione del cosiddetto “consenso informato”: “se siamo noi di Legambiente e Wwf che vi diciamo che questi impianti e queste tecnologie sono ecologiche e rispettose dell’ambiente, ci dovete credere”.
Le mobilitazioni delle popolazioni sui territori contro l’alta velocità, i corridoi autostradali, le speculazioni urbanistiche, i porti turistici ecc vedono amministrazioni di centrosinistra e partiti "verdi" e della sinistra "antagonista" dall’altra parte della barricata. Infatti, proprio queste forze hanno proposto, a livello di governo nazionale e di governi locali, politiche di deregolamentazione con il superamento di vincoli ambientali, i patti territoriali, piani regolatori delle grandi città sovradimensionati in cubature per rispondere agli interessi degli speculatori del mattone. Le lotte in difesa dei territori, della salute, della qualità dell’aria, delle acque e del diritto a servizi essenziali a costi contenuti manifestano lo svilupparsi di una coscienza, seppur allo stato spontaneo, delle contraddizioni tra il soddisfacimento dei più elementari bisogni delle masse popolari e un sistema economico alla conquista di nuovi spazi di mercato garantiti dalla gestione privata della produzione, dei servizi e dello sfruttamento delle risorse naturali.
La prospettiva socialista e gli obiettivi immediati
L’intervento dei comunisti in queste lotte deve essere caratterizzato da una proposta programmatica generale e una immediata e di fase, che mostri alle popolazioni in lotta che è una pericolosa illusione affidarsi alle direzioni riformiste-verdi o pseudo-antagoniste: ogni aspettativa e richiesta non potrà trovare soddisfazione perché incompatibile con la corresponsabilizzazione di queste forze politiche nella gestione e concertazione a livello locale delle politiche liberiste dei governi nazionali. Il nostro lavoro di agitazione e propaganda dovrà consistere, a partite dalle lotte di resistenza e opposizione sui territori, nell’indicare obiettivi immediati e transitori che possono spostare in avanti i rapporti di forza, attivare il protagonismo di massa, far crescere la consapevolezza collettiva, costruire gli strumenti dell’autoorganizzazione e della democrazia proletaria, embrioni di un possibile contropotere a fronte degli apparati del dominio borghese. Un sistema di rivendicazioni in grado di costruire un ponte tra la coscienza data delle masse e la comprensione da parte loro della necessità dell’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione, della rottura dell’apparato statale borghese e la conquista del potere politico da parte dei lavoratori quale condizione necessaria per un’economia democraticamente pianificata, nella quale la proprietà sociale delle condizioni e delle forze produttive stabilisca “dove, cosa, come, quanto e per chi produrre”, realizzando un uso cosciente e razionale delle risorse naturali.
La centralità della classe operaia
La classe operaia è il soggetto centrale di una tale prospettiva, perché è collocata al centro del processo produttivo capitalistico, ne può bloccare il funzionamento e organizzare la produzione su basi differenti. I lavoratori nelle fabbriche sono quotidianamente esposti ad agenti nocivi, tossici, cancerogeni ecc, per i quali la medicina dei padroni ha stabilito valori minimi di assorbimento al di sotto dei quali sostanze mortali divengono innocue per l’organismo del lavoratore. Tali valori minimi − che si ritengono validi anche nella definizione dei limiti di emissione di sostanze nocive nelle acque, nell’aria e nel suolo − non hanno alcuna validità scientifica, ma registrano i rapporti di forza tra i lavoratori che rivendicano il diritto alla salute e la disponibilità da parte dei padroni a riconoscerlo compatibilmente alla realizzazione del profitto.
È dunque chiaro come le lotta dei lavoratori contro gli agenti tossici e nocivi ai quali sono esposti durante il normale ciclo di produzione e le lotte delle popolazioni contro l’inquinamento industriale e per la salubrità dell’ambiente si devono articolare secondo i seguenti obbiettivi:
1) l’organizzazione degli operai di fabbrica, dei lavoratori dei servizi pubblici e delle masse popolari in comitati di controllo sulle attività produttive e sull'ambiente che rivendichino il diritto alla acquisizione di tutti i dati in possesso delle istituzioni pubbliche preposte al controllo della sicurezza nei luoghi di lavoro e della qualità dell’ambiente. Tali organismi di tipo consiliare dovranno essere il reale strumento del controllo operaio e sociale, dal momento che in uno Stato borghese le amministrazioni e gli istituti pubblici nel loro modo di funzionare e nel loro sistema amministrativo ed esecutivo sono funzionali all’economia capitalistica;
2) la ripubblicizzazione sotto il controllo dei lavoratori del settore e dei cittadini-utenti dei servizi pubblici privatizzati (acqua, rifiuti, gas);
3) la nazionalizzazione senza indennizzo e sotto il controllo operaio e popolare degli impianti di produzione dell’energia, la collettività ne deciderà le caratteristiche tecniche e le modalità di funzionamento;
4) la nazionalizzazione senza indennizzo e sotto il controllo operaio e popolare delle fabbriche (chimiche, farmaceutiche, agroalimentari, ecc) che uccidono e inquinano, la loro riconversione in cicli produttivi eco-compatibili, l’eliminazione dell’uso e della produzione di agenti tossici e nocivi a garanzia della salute dei lavoratori, delle popolazioni e dell’ambiente;
5) la rivendicazione del principio della piena responsabilità riguardo alle conseguenze sociali e ambientali delle attività industriali: chi ha tratto profitti da produzioni inquinanti deve pagare il ripristino dell’ambiente, la bonifica del sito, la riconversione ecologica dell'apparato industriale e i danni prodotti alla salute dei lavoratori e delle popolazioni.
Alberto cacciatore
Con gli anni Novanta si avvia la privatizzazione dei servizi pubblici di gestione dell’acqua, dell’energia elettrica, del gas e del ciclo dei rifiuti. La ricerca del massimo profitto da parte delle aziende privatizzate innesca da subito mobilitazioni e lotte dei comitati popolari e dei lavoratori dei settori privatizzati, che denunciano l’aumento delle tariffe, le disfunzioni nella erogazione dei servizi, l’abbattimento delle garanzie di salubrità nella produzione di energia, il degrado della qualità dell’acqua, l’aumento dell’inquinamento nel ciclo di recupero e gestione dei rifiuti urbani e la perdita di garanzie e diritti per gli operatori in seguito all’introduzione di rapporti contrattuali di tipo privatistico. La maggior parte delle lotte di questi movimenti è sotto la direzione, oltre che delle associazioni ambientaliste, anche dei partiti della cosiddetta sinistra radicale che, con spregiudicatezza e cinismo opportunista, giocano il doppio ruolo di animatori e organizzatori delle lotte e di controparte istituzionale delle stesse popolazioni in lotta. Casi emblematici sono quelli dei movimenti contro la privatizzazione dell’acqua, l’incenerimento dei rifiuti, l’installazione di impianti eolici, la realizzazione di rigassificatori e centrali a carbone che si trovano a contrastare le scelte dei loro stessi amministratori.
In questi casi si vedono all’opera le migliori intelligenze tecnocratiche − espresse da un certo ambientalismo borghese, fautore di uno sviluppo sostenibile e compatibile con il sistema di produzione capitalistico − che si candidano a sostenere e implementare l’uso delle cosiddette energie e/o produzioni alternative in grado di permettere a un sistema produttivo, in sè distruttivo dell’ambiente ed energivoro, la sua riconversione in tecnologie che, o lasciano inalterata la possibilità di realizzare profitti, o ne assicurano la realizzabilità di maggiori. Parliamo del cosiddetto ecobusinnes (eolico, termocombustione, solare, ecc).
Non contenti, questi settori dell’ambientalismo si propongono agli amministratori quali migliori esperti nell’applicazione del cosiddetto “consenso informato”: “se siamo noi di Legambiente e Wwf che vi diciamo che questi impianti e queste tecnologie sono ecologiche e rispettose dell’ambiente, ci dovete credere”.
Le mobilitazioni delle popolazioni sui territori contro l’alta velocità, i corridoi autostradali, le speculazioni urbanistiche, i porti turistici ecc vedono amministrazioni di centrosinistra e partiti "verdi" e della sinistra "antagonista" dall’altra parte della barricata. Infatti, proprio queste forze hanno proposto, a livello di governo nazionale e di governi locali, politiche di deregolamentazione con il superamento di vincoli ambientali, i patti territoriali, piani regolatori delle grandi città sovradimensionati in cubature per rispondere agli interessi degli speculatori del mattone. Le lotte in difesa dei territori, della salute, della qualità dell’aria, delle acque e del diritto a servizi essenziali a costi contenuti manifestano lo svilupparsi di una coscienza, seppur allo stato spontaneo, delle contraddizioni tra il soddisfacimento dei più elementari bisogni delle masse popolari e un sistema economico alla conquista di nuovi spazi di mercato garantiti dalla gestione privata della produzione, dei servizi e dello sfruttamento delle risorse naturali.
La prospettiva socialista e gli obiettivi immediati
L’intervento dei comunisti in queste lotte deve essere caratterizzato da una proposta programmatica generale e una immediata e di fase, che mostri alle popolazioni in lotta che è una pericolosa illusione affidarsi alle direzioni riformiste-verdi o pseudo-antagoniste: ogni aspettativa e richiesta non potrà trovare soddisfazione perché incompatibile con la corresponsabilizzazione di queste forze politiche nella gestione e concertazione a livello locale delle politiche liberiste dei governi nazionali. Il nostro lavoro di agitazione e propaganda dovrà consistere, a partite dalle lotte di resistenza e opposizione sui territori, nell’indicare obiettivi immediati e transitori che possono spostare in avanti i rapporti di forza, attivare il protagonismo di massa, far crescere la consapevolezza collettiva, costruire gli strumenti dell’autoorganizzazione e della democrazia proletaria, embrioni di un possibile contropotere a fronte degli apparati del dominio borghese. Un sistema di rivendicazioni in grado di costruire un ponte tra la coscienza data delle masse e la comprensione da parte loro della necessità dell’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione, della rottura dell’apparato statale borghese e la conquista del potere politico da parte dei lavoratori quale condizione necessaria per un’economia democraticamente pianificata, nella quale la proprietà sociale delle condizioni e delle forze produttive stabilisca “dove, cosa, come, quanto e per chi produrre”, realizzando un uso cosciente e razionale delle risorse naturali.
La centralità della classe operaia
La classe operaia è il soggetto centrale di una tale prospettiva, perché è collocata al centro del processo produttivo capitalistico, ne può bloccare il funzionamento e organizzare la produzione su basi differenti. I lavoratori nelle fabbriche sono quotidianamente esposti ad agenti nocivi, tossici, cancerogeni ecc, per i quali la medicina dei padroni ha stabilito valori minimi di assorbimento al di sotto dei quali sostanze mortali divengono innocue per l’organismo del lavoratore. Tali valori minimi − che si ritengono validi anche nella definizione dei limiti di emissione di sostanze nocive nelle acque, nell’aria e nel suolo − non hanno alcuna validità scientifica, ma registrano i rapporti di forza tra i lavoratori che rivendicano il diritto alla salute e la disponibilità da parte dei padroni a riconoscerlo compatibilmente alla realizzazione del profitto.
È dunque chiaro come le lotta dei lavoratori contro gli agenti tossici e nocivi ai quali sono esposti durante il normale ciclo di produzione e le lotte delle popolazioni contro l’inquinamento industriale e per la salubrità dell’ambiente si devono articolare secondo i seguenti obbiettivi:
1) l’organizzazione degli operai di fabbrica, dei lavoratori dei servizi pubblici e delle masse popolari in comitati di controllo sulle attività produttive e sull'ambiente che rivendichino il diritto alla acquisizione di tutti i dati in possesso delle istituzioni pubbliche preposte al controllo della sicurezza nei luoghi di lavoro e della qualità dell’ambiente. Tali organismi di tipo consiliare dovranno essere il reale strumento del controllo operaio e sociale, dal momento che in uno Stato borghese le amministrazioni e gli istituti pubblici nel loro modo di funzionare e nel loro sistema amministrativo ed esecutivo sono funzionali all’economia capitalistica;
2) la ripubblicizzazione sotto il controllo dei lavoratori del settore e dei cittadini-utenti dei servizi pubblici privatizzati (acqua, rifiuti, gas);
3) la nazionalizzazione senza indennizzo e sotto il controllo operaio e popolare degli impianti di produzione dell’energia, la collettività ne deciderà le caratteristiche tecniche e le modalità di funzionamento;
4) la nazionalizzazione senza indennizzo e sotto il controllo operaio e popolare delle fabbriche (chimiche, farmaceutiche, agroalimentari, ecc) che uccidono e inquinano, la loro riconversione in cicli produttivi eco-compatibili, l’eliminazione dell’uso e della produzione di agenti tossici e nocivi a garanzia della salute dei lavoratori, delle popolazioni e dell’ambiente;
5) la rivendicazione del principio della piena responsabilità riguardo alle conseguenze sociali e ambientali delle attività industriali: chi ha tratto profitti da produzioni inquinanti deve pagare il ripristino dell’ambiente, la bonifica del sito, la riconversione ecologica dell'apparato industriale e i danni prodotti alla salute dei lavoratori e delle popolazioni.