La difesa
dell'ambiente
non è un
problema di coscienza:
è un problema di
classe!
Sempre più primati nelle temperature
massime, sempre meno in quelle minime. Scioglimento dei ghiacciai, mari e oceani
ridotti a discarica del mondo. Riduzione progressiva del volume di ozono, che
lascia spazio alle radiazioni ultraviolette con nefasti danni sulla pelle e sul
DNA di miliardi di persone. Sesta estinzione di massa, la più rapida mai vissuta
dal nostro pianeta, con il 40% delle specie di mammiferi che hanno perso più
dell'80% della loro popolazione. Acqua e aria contaminate, ormai vettori di
agenti chimici con conseguenze nefaste sulla salute umana e animale. E’ di
questo che si sta parlando: di una corsa contro il tempo per salvare la
sopravvivenza della specie umana e di molte altre su questo pianeta. Per salvare
la Terra da ciò che l'uomo ha compiuto.
Tuttavia, non bisogna fare l'errore di
considerare questa tragedia come una responsabilità dell'umanità intera di cui
ognuno è attore in egual misura. Nel sistema capitalistico la responsabilità è
anzitutto dei colossi industriali che antepongono il profitto al rispetto
dell’ambiente. Un caso paradigmatico è quello dell'industria automobilistica:
essa inquina indirettamente tramite l'utilizzo privato del suo prodotto
(che da molti studi è additato come maggior responsabile complessivo
dell'inquinamento atmosferico) e direttamente mediante i prodotti
tossici della catena di produzione, tant'è che anche i veicoli elettrici
presentano cospicui costi ambientali nella fase di realizzazione. Ma questa
regola vale per ogni settore di produzione.
Negli ultimi tempi, è abitudine
di numerose aziende farsi pubblicità tramite ipocrite iniziative “ecologiche”.
Emblematico dell'ipocrisia delle multinazionali è il caso di McDonald's: mentre
contribuisce a distruggere pezzetto per pezzetto la foresta amazzonica, si
lancia in imbarazzanti campagne ambientaliste come il ritiro delle cannucce di
plastica… L'ipocrisia vergognosa del capitalismo non merita commenti ulteriori:
il profitto è l'unica logica che lo anima e tutto è finalizzato ad
esso.
La realtà è che sono le radici di questa
società che indirizzano inevitabilmente al disastro, a partire dalla corsa
sfrenata al profitto. Un profitto che è in mano a quell'1% che concentra nelle
sue mani la stragrande maggioranza delle ricchezze del pianeta e che è il
responsabile primo della maggior parte dell'inquinamento. Non sono alcuni
piccoli, apprezzabili e doverosi gesti quotidiani, purtroppo, a far la
differenza. La strada da percorrere per salvare il pianeta non sta né nel
cambiamento delle nostre abitudini né, soprattutto, nella vana speranza di
convincere i padroni a diventare green.
E' oggi più che mai
necessario e urgente ribaltare questa società e porre la produzione sotto il
controllo delle masse popolari: solo così potremo provare a far tornare indietro
l'orologio biologico del pianeta e porre le basi per una vita in armonia con
l'ambiente e libera dallo sfruttamento. Una vita che oggi è tecnicamente
possibile ma è ostacolata da un unico fatto: è sconveniente per quell'infima
minoranza che trae dal capitalismo – e dal suo inquinamento - immensi
profitti.
Salviamo il pianeta:
rovesciamo il capitalismo che ci condanna alla barbarie
ambientale!