Cade Zuma in Sudafrica,
ma la crisi continua
di Américo Gomes*
Negli
anni '90 del secolo scorso, il Sudafrica, il Paese africano con il più grande
proletariato del continente, aveva generato molte aspettative quando, sotto la
guida dell’Anc e di Mandela, i lavoratori avevano messo fine al disgustoso
regime dell'apartheid.
La
fine dell’apartheid nel 1994 rappresentò una grande vittoria per i lavoratori
di colore del Sudafrica e di tutto il mondo, però la direzione dell’Anc salì al
governo con l’impegno di garantire il potere economico nelle mani delle
multinazionali imperialiste dei loro padroni bianchi, con cui si alleò
generando una casta di borghesi di colore molto ricchi. Analogamente a quanto
accaduto in Angola, Congo, Zimbabwe e altri Paesi africani, i leader dell'Anc,
sfruttando le loro relazioni con l'apparato statale, si sono trasformati in una
borghesia parassitaria di questo Stato dipendente dalle relazioni con
l'imperialismo.
Il
Sudafrica è il Paese più ricco e più industrializzato del continente africano.
Ha una popolazione di 54 milioni di abitanti ma solo il 10% di questi detiene
oltre il 90% della ricchezza del Paese. La comunità bianca detiene la proprietà
delle terre e delle imprese mentre i lavoratori di colore vivono in condizioni
di miseria. Però le masse hanno reagito.
Le mobilitazioni della classe operaia hanno rovesciato Zuma
Jacob
Zuma, presidente del Sudafrica, si è dimesso a causa della crisi e per lo
scontro con la leadership dell'African national congress (Anc) che gli ha chiesto
di lasciare l'incarico alla vigilia del voto di sfiducia in parlamento. Il
mandato di Zuma è stato segnato dalla corruzione, dal declino economico e dal
riflusso delle conquiste raggiunte dai sudafricani con la caduta dell'apartheid
nel 1994. La gestione capitalista dell'economia, unita a una corruzione
impressionante, hanno contribuito all'aumento senza precedenti dei livelli di
disoccupazione, povertà e disuguaglianza sociale. Zuma ha dato continuità alle
politiche neoliberali di Thabo Mbeki e Mandela.
Le
mobilitazioni aumentarono nel 2015, quando l’economia entrò in una grande
crisi. In un primo momento si svilupparono manifestazioni studentesche, spesso
violentemente represse, contro il costo dell'istruzione universitaria. Poi le
mobilitazioni si diressero direttamente contro Zuma, nel novembre 2016, quando
la polizia sparò proiettili di gomma, lacrimogeni e usò gli idranti contro i
manifestanti. In questo stesso periodo, il sindacato nazionale dell'educazione
sanitaria e dei lavoratori alleati assunse la parola d’ordine “cacciamo Zuma”.
Queste
manifestazioni guadagnarono peso dopo la denuncia che Zuma era coinvolto in uno
scandalo da oltre 20 milioni di dollari in fondi statali. Zuma si scusò e pagò
un risarcimento di 7,8 milioni di rand (474.268 sterline) al tesoro nazionale.
Ma questo non risolse la crisi. C'erano problemi profondi che collegavano Zuma
alla corruzione sfrenata.
Un
rapporto della stessa polizia indicò la stretta relazione di Zuma con i
fratelli miliardari Ajay, Atul e Rajesh Gupta che gestiscono un impero che
spazia dal controllo dei principali media all'attività mineraria. Le nomine dei
ministri furono influenzate da queste relazioni e fu svelata “una
collaborazione commerciale tra quella famiglia e il figlio di Zuma”.
Persino
la Nelson Mandela Foundation criticò Zuma per aver difeso i suoi “interessi
privati” nel governo. Zuma era uno degli alleati dell'allora Presidente dello
Zimbabwe, Robert Mugabe.
Nell'aprile
2017 la crisi politica si intensificò, con decine di migliaia di persone che
manifestarono in tutto il Paese chiedendo a Zuma di lasciare il governo. La
polizia continuò a sparare proiettili di
gomma, dando luogo a scontri violenti.
Migliaia
di persone attraversarono il centro di Johannesburg e arrivarono davanti agli
Union Buildings, quartier generale del governo, nonostante l’enorme presenza di
forze di polizia, esibirono striscioni con slogan come: “Zuma non è il mio
presidente” e “Il potere delle masse popolari è più forte delle persone al
potere”. Una grande protesta si svolse anche davanti al parlamento, a Città del
Capo, ed altre importanti manifestazioni si svilupparono nei sobborghi delle
altre principali città.
In
settembre, furono i sindacati sudafricani a protestare contro il governo,
compreso il Cosatu (Congress of south african trade unions – Congresso dei
sindacati sudafricani), organizzando manifestazioni nazionali contro la
corruzione del governo e chiedendo le dimissioni di Zuma. A Johannesburg circa
2.000 membri del Cosatu scesero in strada con cartelli che dicevano: “Zuma se
ne deve andare, la corruzione è un crimine contro l’umanità”. Il Cosatu è parte
di una triplice alleanza, con l’Anc di Zuma e il Partito comunista sudafricano
(Sacp), che governa il Paese dalla fine dell’apartheid e che è passata a sostenere
il vicepresidente Cyril Ramaphosa.
Solo
quando le proteste di massa sono cresciute il Congresso nazionale africano
(Anc), il partito che ha guidato la lotta contro l'apartheid fino al 1994, ha
denunciato che Zuma era in effetti un vero e proprio saccheggiatore del
patrimonio nazionale. Zuma è un veterano del partito, è stato eletto nelle loro
liste ed era al governo dal 2009.
Gli attacchi contro la classe continueranno
La
caduta di Zuma non ferma la crisi del Anc, al potere da oltre due decenni in
Sud Africa. Il nuovo presidente del Anc e del Sudafrica, Cyril Ramaphosa,
rappresenta la continuità con la politica pro imperialista applicata da Zuma.
Il suo obiettivo è risollevare il partito, contrastando la perdita di prestigio
di Zuma, prima della campagna elettorale del 2019. Intende rassicurare principalmente gli
investitori stranieri e le grandi aziende locali dimostrando che sarà in grado di contenere il
malcontento, le lotte e le richieste dei lavoratori e della popolazione. Se gli
sarà possibile, applicherà misure che aumenteranno lo sfruttamento della classe
operaia.
La
crisi dell'Anc è talmente profonda che il suo alleato pluridecennale, il
Partito comunista sudafricano (Sacp), ha lanciato candidature separate dall’Anc
per le elezioni comunali e ha annunciato che potrebbe correre separatamente
anche alle elezioni generali del 2019. Per il Sacp è necessaria una “rapida
riconfigurazione” per assicurarsi che un Anc “rinnovato” possa rendere
possibile l'“Alleanza” per vincere le elezioni nel 2019.
L’implosione
dell'Anc significa che non detiene più il controllo sulla maggioranza della
classe operaia. Può anche avere una maggioranza parlamentare del 62%, ma nelle
elezioni amministrative del 2016 ha ottenuto solo il 34% dei voti.
Il macellaio di Marikana
Ramaphosa
è un avvocato, leader sindacale dei minatori, e dell'unione centrale nel
Cosatu, ha proseguito la sua carriera come intermediario dell'Anc ed è stato
uno dei suoi primi dirigenti ad entrare nel mondo degli affari. Ha accumulato
una fortuna grazie al programma di empowerment economico [processo di crescita;
ndt] proposto dai leader dell'Anc a proprio vantaggio, un accordo che prevedeva
la partecipazione azionaria degli stessi leader nelle imprese. Ciò ha dato vita
a una nuova classe imprenitoriale nera in un Paese in cui le disuguaglianze
sociali non sono svanite con la fine dell'apartheid ma, al contrario, vanno
aumentando.
Ramaphosa
è stato il direttore del gigante minerario Lonmin quando la polizia ha
effettuato le uccisioni degli scioperanti della miniera di Marikana nel 2012.
Il giorno prima degli attacchi ai minatori di Lonmin, Ramaphosa inviò al
ministro che controllava la polizia un messaggio che definiva lo sciopero come
un “atto criminale” chiedendo “un'azione esemplare”. Per questo viene chiamato
il “macellaio di Marikana”.
In
questo modo, Ramaphosa è diventato una figura di totale fiducia per la classe
dei capitalisti bianchi, per il capitale internazionale e per i partiti
borghesi come i democratici costituzionali. Dopo esser stato importante leader
dei minatori, con la benedizione di Mandela, Ramaphosa si è trasformato in un
grande milionario, con un patrimonio compreso tra i 450 e i 675 milioni di
dollari.
Continuare la lotta fino alla sconfitta dell’Anc. La soluzione sono i lavoratori al potere
I
lavoratori sudafricani hanno tutto il diritto di festeggiare la caduta di Zuma
e la disgregazione dell’Anc, ma tuttavia cacciare soltanto Zuma non sarà
sufficiente per cambiare le loro condizioni di vita.Il
sindacato nazionale dei metalmeccanici, Numsa, ha twittato: “Nulla è cambiato
nel partito al potere. La cultura del clientelismo e della corruzione rimane
invariata. Ramaphosa ha solo sostituito un gruppo di saccheggiatori capitalisti
con un altro”.
Il
mese scorso il Numsa annunciava: “L'intensa battaglia tra Zuma e Ramaphosa può
essere riassunta come la battaglia tra due fazioni capitaliste. Chi vincerà
continuerà a sfruttare la classe lavoratrice come ha fatto negli ultimi 23
anni”.
I
dirigenti di questo sindacato hanno detto che stanno preparando la costruzione
di un partito dei lavoratori che rappresenti un'alternativa. La nuova
Federazione sudafricana dei sindacati (Saftu) deve adottare urgentemente la
risoluzione del Numsa, il suo maggior affiliato, relativa al lancio di un
partito dei lavoratori.
I
lavoratori sudafricani, che da sempre rappresentano l’avanguardia del
proletariato di colore africano, hanno bisogno di coordinarsi, di costruire
nuove organizzazioni e marciare decisi in direzione di una rivoluzione
socialista.
* dal sito della Lit-Quarta Internazionale: www.litci.org
(traduzione dallo spagnolo di Massimiliano Dancelli)