Partito di Alternativa Comunista

È la rivoluzione siriana che, dopo 13 anni di lotta, ha abbattuto la dittatura

È la rivoluzione siriana che, dopo 13 anni di lotta, ha abbattuto la dittatura

 

 

 

 

di Fabio Bosco

 

 

L'8 dicembre è stata annunciata la fuga del dittatore Bashar el-Assad e della sua famiglia a Mosca. La caduta della dittatura è stata celebrata in tutto il Paese e dalle comunità di rifugiati siriani in tutto il mondo. Anche molti palestinesi di Gaza e Al-Quds (Gerusalemme) hanno celebrato la caduta del dittatore, così come la popolazione libanese di Trablous (Tripoli), la seconda città più grande del Libano. La rivoluzione siriana ha dimostrato che le tirannie non sono eterne e che la classe operaia deve lottare per rovesciarle.
La dittatura di Assad è durata 54 anni sulla base della repressione, della tortura e dell'omicidio di qualsiasi dissidente. Questo odiato regime ha ucciso più di mezzo milione di siriani dall'inizio della rivoluzione, 13 anni fa.
Negli ultimi anni, il Paese è sprofondato in una depressione economica, con il 90% della popolazione che vive in povertà e sotto il costante e umiliante assedio delle milizie legate al regime e di quelle allineate con il regime iraniano. Questa combinazione di brutale repressione e miseria ha minato le basi sociali del regime tra la popolazione cristiana, alawita e drusa, le cosiddette «minoranze». La maggioranza della popolazione siriana è sunnita e si è schierata contro il regime fin dall'inizio della rivoluzione nel 2011.
L'offensiva dei gruppi ribelli guidati da Hts (Hayat Tahrir al-Sham - Organizzazione per la Liberazione del Levante) ad Aleppo ha scatenato la rivolta popolare e ha portato al rovesciamento della dittatura siriana. Questo trionfo è visto con simpatia dai lavoratori di tutto il mondo arabo che vivono anch'essi sotto tirannia.

 

Un'offensiva militare nel bel mezzo di una rivolta popolare

I ribelli hanno lanciato l'offensiva con circa 20.000 combattenti provenienti da Idlib, nel nord del Paese. La maggior parte di loro sono giovani adulti le cui famiglie sono state cacciate dai bombardamenti criminali di Assad negli ultimi 13 anni. Questa maggioranza è legata agli interessi delle famiglie rifugiate, che vogliono tornare alle loro case, e non alle ideologie settarie dei governanti.
Nel conquistare ogni città, i ribelli hanno aperto carceri e prigioni e liberato migliaia di prigionieri politici, hanno preso posizione contro qualsiasi rappresaglia contro le minoranze (cristiani, alawiti, drusi e curdi), hanno cercato di ripristinare la fornitura di pane ed elettricità e di creare una forma di amministrazione. In questo modo, hanno guadagnato molta popolarità e nuovo sostegno, rafforzando i legami con gli interessi popolari.
Nel sud del Paese gli sviluppi sono stati diversi. In assenza di un gruppo organizzato e armato, la popolazione ha ripreso le esperienze di auto-organizzazione, si è impadronita di stazioni di polizia e posti di blocco e ha marciato verso Damasco, liberando Deraa, Suweida e Quneitra fino a raggiungere Daraya, a sud della capitale. A est, una milizia siriana allineata con il regime giordano ha preso Tadmor (Palmira), mentre le forze ufficiali sono fuggite. In tutto il Paese, i soldati hanno cambiato le loro uniformi con abiti civili.
Questo mix di milizia e rivolta popolare con elementi di auto-organizzazione ha imposto una serie di libertà democratiche, il rilascio dei prigionieri politici, il ritorno dei rifugiati, le garanzie per le comunità minoritarie, che sono conquiste importanti e rendono immediatamente difficile che l'Hts imponga una svolta bonapartista.
Ma ogni conquista democratica è sempre minacciata all'interno del sistema capitalista, tanto più che il principale gruppo ribelle è l'Hts che, oltre a difendere un modello economico di mercato capitalista, ha una tradizione autocratica.

 

Potenze regionali e internazionali con Assad e per la conciliazione

Dopo la caduta di Assad, diversi Paesi hanno rilasciato dichiarazioni critiche nei confronti del vecchio regime che non volevano vedere rovesciato.
Dall'inizio dell'offensiva su Aleppo, da Washington a Mosca, nessun Paese imperialista voleva la caduta di Assad. Gli Stati Uniti e i loro alleati della Lega Araba hanno fatto pressione sul regime siriano affinché prendesse le distanze dall'Iran. Vedevano la permanenza di Assad come una garanzia contro una possibile rivoluzione popolare che avrebbe potuto destabilizzare gli interessi statunitensi e i regimi della regione.
Anche lo Stato di Israele preferiva che rimanesse Assad, un governo debole che non aveva mai sparato un colpo contro Israele e che stava prendendo le distanze dal regime iraniano su pressione della Lega Araba. Israele ha quindi spostato le truppe al confine con la Siria e, dopo la caduta di Assad, ha bombardato i depositi di munizioni e i centri di intelligence siriani per impedire al nuovo regime di accedere a queste armi.
Solo tre Paesi hanno sostenuto l'offensiva. Il regime turco ha dato il via libera all'inizio dell'offensiva, che sperava riguardasse solo alcune aree rurali di Aleppo. Il Qatar ha sempre mantenuto un certo sostegno materiale. E, secondo quanto riportato dalla stampa ucraina, il regime ucraino ha trasmesso il know-how per la produzione di droni a basso costo.
L'avanzata dei ribelli e le rivolte popolari hanno fatto capire che la fine del regime di Assad era molto vicina. Così, a Doha, in Qatar, i rappresentanti dei regimi russo, iraniano e turco si sono incontrati il 7 dicembre e hanno proclamato la «fine delle ostilità» e il «dialogo tra il governo e la legittima opposizione» (1).
In pratica, questa politica è stata attuata attraverso la fuga del dittatore Assad in esilio in Russia e il mantenimento del primo ministro assadista al-Khalali, incaricato di guidare i soldati fino alla fine delle «ostilità» e di mantenere il funzionamento dell'apparato statale.
Il presidente della Coalizione Nazionale Siriana (Snc), Hadi al-Bahra, ha spiegato che è stata negoziata una transizione pacifica, con la formazione di un governo di transizione per redigere una nuova costituzione e indire libere elezioni entro 18 mesi (2). Inoltre, al-Bahra ha parlato di unità nazionale che includa tutti i segmenti e le etnie. Per quanto riguarda i curdi dell'Sdf, al-Bahra ha dichiarato che devono rompere con il Pkk per poter partecipare al «dialogo nazionale».

 

Una transizione senza giustizia e sovranità è la negazione degli obiettivi della rivoluzione

Le proposte illustrate da al-Bahra cercano di limitare le conquiste della rivoluzione.
La liberazione dei prigionieri politici, le libertà democratiche che garantiscono il ritorno sicuro dei rifugiati e le garanzie di sicurezza per le minoranze religiose (da garantire sulla costa, dove si dirigono le milizie ribelli) sono passi importanti ma insufficienti.
Da un lato, le proposte di al-Bahra mantengono le istituzioni del vecchio regime, in particolare i 18 servizi segreti responsabili di 54 anni di brutale repressione. I leader di queste prigioni, dei centri di tortura e di sterminio sono fuggiti di fronte all'avanzare della rivoluzione. Ma questi servizi segreti devono essere smantellati, i loro leader imprigionati e i loro archivi consegnati alle organizzazioni per i diritti umani e alle forze della rivoluzione per indagare su tutti i crimini della dittatura.
D'altra parte, essi istituiscono un governo di transizione per redigere una nuova costituzione, senza alcuna partecipazione popolare. Il primo ministro del governo di transizione sarà Al-Bashir, uno dei membri del governo Hts di Idlib. Un governo di transizione dovrebbe essere formato esclusivamente dalle forze della rivoluzione per indire, entro un breve periodo, libere elezioni per un'Assemblea Costituente libera e sovrana, a cui consegnare il potere.
Non è stato detto nulla sul ritiro immediato di tutte le forze militari straniere (900 consiglieri militari statunitensi e società esterne nel nord-est del Paese, basi militari russe sulla costa, truppe turche sul confine settentrionale e truppe israeliane sulle alture del Golan).
Non è stato detto nulla nemmeno dei milionari come Rami Makhlouf, che si sono arricchiti grazie alla brutale repressione contro il popolo siriano. I beni di questi milionari devono essere nazionalizzati e messi al servizio della ricostruzione del Paese.
Il diritto del popolo curdo all'autodeterminazione è stato negato e trasformato in una richiesta di rottura politica con il Pkk (partito curdo che opera nel Bakur, una zona a maggioranza curda in Turchia). Peggio ancora, le forze del Jeish al-Wattani (Esercito nazionale, allineato al regime turco) sono avanzate verso Manbij e hanno segnalato una nuova avanzata verso Raqqa, assediando la popolazione curda in Rojava.

 

La questione palestinese

La lotta contro il genocidio a Gaza e in Cisgiordania è al centro dell'attenzione mondiale. L'Hts ha dato sostegno politico all'azione di Resistenza palestinese del 7 ottobre 2023, guidata da Hamas. I siriani hanno organizzato diverse manifestazioni in solidarietà con i palestinesi nella provincia ribelle di Idlib, governata dall'Hts. In altre parti della Siria non ci sono state manifestazioni perché vietate dalla dittatura assadista. Hamas ha emesso una nota ufficiale in cui saluta il nuovo regime siriano. Tra il 2011 e il 2014, Hamas ha sostenuto la rivoluzione siriana, per la quale ha dovuto spostare la propria sede da Damasco a Doha.
Lo Stato sionista è avanzato ulteriormente in territorio siriano, oltre a bombardare depositi di armi e sedi dell'intelligence per indebolire il nuovo governo. Finora, né al-Joulani né al-Bahra non hanno espresso sostegno ai palestinesi per porre fine al genocidio a Gaza e in Cisgiordania, né hanno intrapreso alcuna azione contro i bombardamenti e le invasioni israeliane, ripetendo il comportamento di Bashar el Assad.
È necessario che il nuovo governo di transizione annunci il suo sostegno incondizionato alla Resistenza palestinese e prenda tutte le misure possibili per impedire l'avanzata sionista.

 

Abbiamo bisogno di un partito rivoluzionario

Dall'inizio della rivoluzione siriana, nel 2011, il Partito comunista [stalinista, ndt] siriano (sia che si tratti dell'ala guidata da Khaled Bakdash, sia che si tratti dell'ala guidata da Youssef Faisal, sia che si tratti del Partito della Volontà popolare di Kadri Jamil) ha sempre sostenuto la dittatura siriana, garantendosi posti ministeriali nel governo e calunniando le forze della rivoluzione.
Nella storia siriana ci sono stati importanti tentativi di formare veri e propri partiti marxisti rivoluzionari, come nel caso del Partito comunista del lavoro (che aveva una forte ala trotskista guidata dal rivoluzionario Munif Mulhem, imprigionato in condizioni abiette per 16 anni dal 1981 al 1997), così come con il rivoluzionario palestinese Salameh Keilah (imprigionato e torturato dalla dittatura siriana per otto anni) che ha formato la Coalizione di sinistra siriana all'inizio della rivoluzione nel 2011. Tuttavia, queste organizzazioni non sono riuscite a sopravvivere alla repressione del regime dittatoriale.
Le varie ali del Partito comunista siriano non hanno rilasciato alcuna posizione ufficiale sulla fine della dittatura, che hanno sempre sostenuto. Ma il segretario generale del Partito comunista [stalinista, ndt] di turchia (Tkp) ha denunciato le rivoluzioni arabe come parte dei piani imperialisti e ha difeso la dittatura di Assad per aver guidato la resistenza contro questi piani e contro il pericolo jihadista, insieme a Russia e Iran.
Questi settori della sinistra, in particolare quelli di origine stalinista, difendono il regime di Assad allo stesso modo in cui difendono altri regimi capitalistici dittatoriali come quello cinese, russo, iraniano, cubano e venezuelano. In pratica, questi settori scambiano la prospettiva socialista della lotta di classe con la prospettiva dei campi imperialisti progressisti, che non ha nulla a che vedere con il marxismo o la difesa degli interessi della classe operaia.
Una posizione rivoluzionaria inizia con il riconoscimento della vittoria delle masse, che è rappresentata dalla caduta della dittatura. Ma può essere completata solo da una politica di indipendenza di classe e dalla lotta per il potere operaio e il socialismo.
La vittoria della rivoluzione siriana continuerà solo con la formazione di un partito rivoluzionario che rifiuti la conciliazione con il vecchio regime, promuova la formazione di consigli operai e popolari in tutti i quartieri e le città, chieda l'immediata espulsione di tutte le forze militari straniere, si schieri per la nazionalizzazione delle proprietà dei milionari, difenda il diritto dei curdi all'autodeterminazione e la solidarietà incondizionata con il popolo palestinese (9 dicembre 2024).

 

Note

(1) https://www.aljazeera.com/news/2024/12/7/lavrov-says-russia-wants-immediate-end-to-fighting-in-syria

(2)https://www.middleeasteye.net/news/syria-opposition-leader-says-state-institutions-should-be-preserved-and-rebels-accomodated

 

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