Partito di Alternativa Comunista

EUROPA: L'ASCESA DELLE LOTTE DEI LAVORATORI

EUROPA: L'ASCESA DELLE LOTTE DEI LAVORATORI
La partecipazione in prima fila delle sezioni europee della Lit
 
 

 
 

 
 
 
di Valerio Torre
 
Se in Italia e in Francia è un governo di centrodestra a gestire la spaventosa crisi economica in atto, in Portogallo e in Spagna – due Paesi europei sui quali ci soffermiamo in questo primo articolo (sulla Francia si veda invece l'articolo dei nostri compagni francesi che riportiamo qui sotto) – sono governi di centrosinistra ad affrontare la recessione.
 
manifest. francese
 
Francia, 29 gennaio: due milioni e mezzo in piazza.
"La più grande manifestazione di salariati degli ultimi vent'anni" (Le Monde)
 
 
 

Tuttavia, il fatto che questi governi approfondiscano l’applicazione – allo scopo, oggi, di frenare le conseguenze della crisi per le tasche del padronato – di piani economici che incidono pesantemente sulle condizioni di vita delle masse ha determinato il sorgere di molti elementi comuni (e, addirittura, quasi simultanei sotto l’aspetto cronologico) nella situazione politica che attraversa questi Paesi. Si riscontrano, in altri termini, un’estensione, un rafforzamento e una radicalizzazione delle lotte impensabili fino a poco tempo fa, accompagnate a loro volta da una crescente perdita di fiducia da parte dei lavoratori nelle vecchie direzioni sindacali (che, tuttavia, continuano per ora a mantenere il controllo dei principali apparati e della gran massa dei lavoratori) e dal sorgere di direzioni alternative, che in alcuni settori sono completamente fuori dal controllo degli apparati sindacali. A titolo d’esempio e solo per riferirci allo scorso autunno, il mese di novembre è stato segnato da grandi manifestazioni del settore pubblico (specialmente della scuola) convocate da sindacati di base, pressoché contemporaneamente nei paesi citati.
Tralasciando l’Italia, diamo, dunque, un’occhiata a quanto accade in Portogallo e Spagna (sulla Francia lasciamo la parola ai nostri compagni francesi nell'articolo qui sotto).
 
La radicalizzazione delle lotte in Portogallo
In Portogallo, le violente politiche di attacco allo stato sociale ed all’economia pubblica (con un’ondata di privatizzazioni nei settori strategici) non sono state occasionate dall’attuale crisi economica, ma risalgono al 2003, quando la recessione e la stagnazione hanno colpito il Paese in conseguenza della necessità di adeguarsi agli stretti parametri di Maastricht. L’applicazione di provvedimenti tesi a ridurre fortemente l’investimento pubblico per abbassare il deficit ha determinato un esponenziale aumento della precarietà del lavoro e della povertà, aggravate dall’aumento della disoccupazione nell’industria come effetto dei processi di delocalizzazione e di chiusura di imprese, sia nazionali che multinazionali.
Il governo del socialista Sócrates si è scontrato, a partire dal 2006, contro i lavoratori, specialmente quelli del settore pubblico, la cui avanguardia è costituita dagli insegnanti. Nell’ottobre del 2006, 20.000 professori sono scesi in strada per protestare contro le riforme della scuola: si è trattato della prima manifestazione di categoria di tali dimensioni dall’epoca della Rivoluzione dei Garofani. Successivamente, a partire da una grande manifestazione convocata dalla Cgtp (la più grande centrale sindacale portoghese, diretta dal Partito Comunista), c’è stata una radicalizzazione delle lotte che, nel 2008, hanno visto all’avanguardia 100.000 insegnanti protagonisti in due occasioni di scioperi, con cortei che hanno raggruppato i 2/3 della categoria e le cui parole d’ordine erano le dimissioni della ministra dell’Educazione e dello stesso capo del governo.
Queste manifestazioni sono state un successo, nonostante il palese boicottaggio della Cgtp e del Pc: in esse hanno avuto un ruolo di primo piano i nostri compagni di Ruptura Fer (sezione portoghese della Lit), con uno dei dirigenti nazionali a guidare un’iniziativa di lotta di 16.000 insegnanti a Lisbona, autoconvocata.
Solo pochi giorni fa, i professori sono nuovamente scesi in piazza, scioperando il 19 gennaio scorso e convocando una grande manifestazione per il 24.
E un’altra categoria che è protagonista delle attuali lotte è quella dei bancari; mentre gli operai non sono ancora apertamente scesi in campo, proprio per il forte controllo che su di essi esercitano le burocrazie sindacali.
 
In Spagna grandi mobilitazioni dei lavoratori
Al contrario del Portogallo, la Spagna viene invece da 14 anni di crescita economica basata su un boom speculativo sostenuto dall’indebitamento generale del Paese e dallo sfruttamento spinto dell’America Latina (dove il Paese iberico ha rilevantissimi interessi economici)
Gli effetti di questa crescita, però, non hanno portato benefici alle classi lavoratrici, che affrontano l’attuale crisi in una situazione di fragilità.
Con la congiuntura vi sono stati effetti devastanti sulla disoccupazione, che ha colpito in modo particolare l’industria delle costruzioni civili e quella automobilistica. Non è rimasto esente il settore pubblico.
Nella primavera del 2008, è iniziata l’ascesa delle lotte, a cominciare dal settore dei trasporti pubblici, dei lavoratori della metropolitana e dei camionisti (1). In particolare, quest’ultima mobilitazione ha avuto l’effetto di paralizzare il paese ed è stata appoggiata dai sindacati di base e dai nostri compagni del Prt-Ir, generando scandalo nella sinistra che l’ha invece ricusata ritenendola (del tutto erroneamente, com’è evidente) una serrata padronale.
Anche gli studenti sono scesi in piazza in quel periodo, con punte di 10.000 manifestanti a Barcellona.
Una seconda ondata di lotte si è verificata qualche mese dopo, nella scorsa estate, con l’entrata in scena dei lavoratori della sanità (a protestare contro le privatizzazioni ed i licenziamenti), gli insegnanti, i lavoratori della telefonia, gli studenti universitari e medi e, finalmente, i lavoratori dell’industria automobilistica, in particolare della Nissan, che minaccia la chiusura totale dei suoi impianti in Catalogna. È importante notare che tutte queste lotte sono sorte al di fuori del controllo delle burocrazie sindacali.
Lo scorso 13 novembre, il sindacalismo di base ha convocato manifestazioni di professori, studenti e lavoratori della sanità, mentre le centrali sindacali le hanno apertamente boicottate chiamando i lavoratori a non partecipare alle mobilitazioni. Nondimeno, 50.000 studenti ed insegnanti e circa 20.000 lavoratori della sanità hanno sfilato ridicolizzando la contromanifestazione convocata dal Psoe con l’appoggio dei sindacati maggioritari, che ha avuto solo 8.000 presenze.
Il fatto è, però, che queste mobilitazioni muovono da una prospettiva molto arretrata, poiché vengono a maturazione dopo anni di pace sociale e di liquidazione dell’avanguardia. Le lotte non sono unitarie per colpa delle micro burocrazie dei sindacati alternativi e dello spontaneismo che le anima.
 
I compiti dei comunisti rivoluzionari
Tuttavia, le debolezze segnalate non possono mettere in secondo piano il fatto che si registra un’importante radicalizzazione delle lotte e che tende a svilupparsi un embrione di direzione alternativa delle stesse che non passa per le vecchie direzioni sindacali. Si apre, insomma, per i rivoluzionari, uno spazio inedito ed impensabile fino a pochi mesi fa. Questa conclusione appare evidente se si pone attenzione alla circostanza per cui la parola d’ordine che ha attraversato le lotte di questi ultimi tempi – in Portogallo, in Spagna e, come abbiamo visto, in tanti altri articoli sul nostro sito, in Italia – è stata “Noi non pagheremo la vostra crisi! La crisi la paghino i banchieri!”, slogan che sintetizza indubbiamente un avanzamento nelle coscienze delle masse.
Su questo terreno i trotskisti debbono perciò articolare un programma di obiettivi transitori che costituisca l’asse di un piano operaio di uscita dalla crisi del capitalismo; un programma che deve avanzare proposte in senso socialista sia nella lotta alla disoccupazione (scala mobile dei salari e delle ore di lavoro), sia per quel che concerne la crisi finanziaria ed economica (nazionalizzazione senza indennizzo delle banche e delle imprese sotto il controllo dei lavoratori).
Occorre valorizzare la nascita spontanea di movimenti indipendenti dalle burocrazie sindacali e proporre la parola d’ordine dell’unificazione delle lotte. Compito dei comunisti è porsi a fianco delle lotte stesse per influenzarne il cammino.
I partiti europei della Lit-Quarta Internazionale, pur consapevoli dei propri limiti, moltiplicheranno i propri sforzi su questa strada.
 

(1) Si ricorderà che in Italia questa mobilitazione è stata il prodotto della proletarizzazione dei piccoli autotrasportatori in conto proprio (i cc.dd. “padroncini”), spinti ai margini del mercato dall’aumento del prezzo dei combustibili e dalla spietata concorrenza delle grandi ditte di autotrasporto.
 
manifest.spagnola
 
Una recente manifestazione a Madrid
 

Il seguente articolo (editoriale del Gsi, sezione francese della Lit) è stato scritto prima delle gigantesche manifestazione di ieri in Francia: le previsioni, come si vede, risultano confermate.
 

Comincia un anno decisivo per la lotta di classe!
editoriale del Gruppo Socialista Internazionalista, sezione francese della Lit
 
Come da tradizione il 31 dicembre 2008, Sarkozy (per qualche ora ancora presidente in carica dell’Unione Europea) ha presentato i suoi auguri al Paese.
Sempre come da tradizione, si è sforzato di truccare le carte chiamando "l’insieme dei francesi” (i ricchi come i poveri, quindi) a dare prova di solidarietà per far fronte alla prova rappresentata dalla crisi. Una “prova” ma anche una “sfida” secondo il suo dire. La posta di questa sfida? ”Farsi una posizione in questo nuovo mondo che si costruisce”. Nient’altro che questo!
Sarkozy è quindi tornato sulle “riforme” che intende imporre nel 2009. Queste, che nei fatti sono controriforme, sono già note e vengono applicate (in alcuni Paesi sono già state applicate, in altri lo saranno a breve) con costanza in ogni Paese dell’Ue.  Beninteso: Sarkozy non pretende di agire “per spirito di sistema”. In effetti, l’ideologia è sempre al servizio degli interessi della borghesia e del capitale.
Dinanzi alla crisi avvia le “riforme per restaurare la competitività”. All’inizio della tempesta, aveva fatto, diceva Lagarde, ministro dell’Economia e delle Finanze, ”le riforme che avevano fatto i nostri vicini” (le quali non li hanno messi al riparo dalla crisi) e che era necessario realizzare, sempre secondo Lagarde, ”per far fronte alla crisi”. Oggi questo stesso programma di controriforme è presentato da Sarkozy come necessario per trovarsi nella migliore situazione possibile quando la crisi finirà (nel quadro della concorrenza interimperialista).
Riassumiamo. Crisi o no, ”crescita”, stagnazione, recessione o depressione, si ricade sempre e senza “spirito di sistema”, su quello che Juppé, primo ministro di Chirac, chiamava ”la sola politica possibile”. Una politica, in tutti i tempi ed in tutti i luoghi conforme alle attese del capitale.
Precisiamo. Sarkozy mette la sua presidenza europea al servizio degli Stati capitalisti per dare una risposta “coordinata” alla crisi. Questa risposta non è altro che una cortina di fumo poiché tira via le “castagne dal fuoco” a tutti i capitalisti. A proposito, appena terminato il G20, il “Summit sui mercati finanziari e l’economia mondiale”, alcuni Stati si sono lanciati in una politica di svalutazione della loro moneta con l’obiettivo di far pesare gli effetti della crisi sugli altri Stati.
Il 31 dicembre Sarkozy non ha parlato della privatizzazione della Posta, soggetto che aveva già attaccato in occasione di una visita nelle Ardenne a metà dicembre; in effetti, come per i belgi e britannici, questa privatizzazione fa parte del “pacchetto 2009”. Beninteso: l’organizzazione del territorio, con un probabile aumento di potere per le regioni e per le “intercomunità”, serve a rendere più efficienti i mezzi messi al servizio dei capitalisti per fare abbassare le loro imposte.
La “riforma” della procedura penale segue di poco la molto discreta “riforma” dei mercati pubblici inclusa nel piano di rilancio valido per il parlamento nell’autunno del 2008. La “depenalizzazione” del diritto dei commerci ha un peso prominente nel programma di Sarkozy e nell’agenda del suo ministro della giustizia. Bisognerà attendersi una accentuazione della criminalizzazione dell’azione operaia, sindacale e politica.
I principali provvedimenti prevedono questo per il “nocciolo duro” dei servizi pubblici: l’educazione e la sanità ”in cammino verso il XXI secolo”, secondo l’Omc e l’Ocde. Da sapere: prima di tutto, dopo l’entrata in vigore del Rsa (reddito di solidarietà attiva) e la fusione Anpe-Assedics, è il turno della formazione professionale, mucca da latte dell’insegnamento privato e del Medef; un’imposta da mettere in relazione con i progetti che girano attorno alla “sicurezza sociale professionale” e alla “riforma“ dell’educazione. Poi la ricerca pubblica, la cui sorte è legata a quella dell’insegnamento superiore (l’insieme era sotto la tutela della ministra Pécresse), sarà messo al servizio dell’interesse privato  all'interno dei poli d’eccellenza.
Inoltre la sanità pubblica è scossa da parecchi fatti diversi – sinistri - riguardo ai servizi d’urgenza, di pediatria e di psichiatria. Questi fatti accadono proprio a proposito per permettere al governo di accrescere la pressione sulla funzione pubblica ospedaliera, già in una situazione critica di fronte alle mancanza di mezzi ed alla soppressione d’impiego, per lanciare l’offensiva contro la sanità pubblica. Le lacrime di coccodrillo di Bachelot-Narquin, dottore in farmacia e ministro della Sanità, vengono in appoggio a questa politica di privatizzazione. (...)
Infine, il proseguimento  dell’offensiva contro il Bac ed i licei è cofermata. L’”indietreggiamento” del ministro Darcos è stato causato dall’esplosione della gioventù in Grecia e dalle mobilitazioni Italia e in Portogallo. Il governo, che conta sulle vacanze scolastiche per soffocare la mobilitazione liceale, va ad appoggiarsi sulla burocrazia sindacale: ”prendere tempo per riflettere insieme non è perdere tempo per le riforme, è guadagnarlo”. Il tutto accompagnato da una strofa sull’uguaglianza delle possibilità: buon anno 2009 allora!
Nel frattempo, la determinazione dei lavoratori e della gioventù per combattere questa politica e per liberarsi di questo governo resta intatta. A tal punto che i dirigenti di tutte le organizzazioni sindacali si sono trovati obbligati ad indire, per il 29 gennaio, una giornata “nazionale ed interprofessionale d’azione per l’occupazione ed il potere d’acquisto”. Queste organizzazioni sono ora riunite con tutte quelle degli impiegati postali e degli insegnanti. Scommettiamo che le burocrazie sindacali cercheranno di fare del 29 gennaio, una giornata d’azione dispersa e senza proseguimento. E’ essenziale che la partecipazione dei lavoratori e dei giovani sia massiccia e determinata per lo sciopero nell’unità e per la manifestazione e per fare di questa giornata un punto d’appoggio verso lo sciopero generale.
Quest’anno sarà determinante e comincerà quindi con una giornata determinante: il 29 gennaio, tutti in sciopero, tutti in strada! Sciopero generale per far cadere il governo!
 

(trad. di Giuliano Dall'Oglio dal francese)
 

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