GRANDE VITTORIA DELLE MASSE LIBICHE
E DELLA RIVOLUZIONE ARABA
Le masse popolari in armi stanno distruggendo il regime di Gheddafi!
dichiarazione del Segretariato della Lega Internazionale dei Lavoratori
- Quarta Internazionale
Il sanguinario regime di Muammar Gheddafi in
Libia si sta sgretolando. Il mondo intero assiste commosso alle immagini di
ribelli armati, accompagnati dalla popolazione affamata e assetata di libertà
democratiche, che entrano nella capitale Tripoli, nel quadro di ciò che sembra
l’offensiva finale di una guerra civile che è in corso da cinque mesi.
Queste scene, di uomini e donne del popolo,
armi in mano e sventolando bandiere col pugno levato in alto, mentre assaltano
valorosamente il Palazzo Bab El Aziziya, residenza di Gheddafi e sede del
potere dittatoriale, hanno tanta forza che non possono che rievocare le più
grandiose vittorie di cui si è resa protagonista la nostra classe. Per le strade
di Tripoli si vede il giubilo popolare. Le masse popolari si sentono vincitrici,
libere, sentono il potere delle proprie forze. Il dittatore, quantunque se ne
ignori la sorte, ha perso il controllo del Paese. Colui che pochi mesi fa parlava
di “schiacciare i topi” e di voler perseguire i ribelli “palmo a palmo” e “vicolo
per vicolo” vede ora il suo destino più prossimo a quello degli ex dittatori di
Tunisia ed Egitto.
La Lit – Quarta Internazionale saluta con
calore questi avvenimenti che costituiscono, senza dubbio, un’enorme vittoria
politica e militare delle masse libiche e di tutto il processo rivoluzionario
che scuote il mondo arabo. Bisogna chiamare le cose col loro nome: siamo di
fronte a un’impressionante vittoria di un popolo che ha preso le armi – e il
suo stesso destino – nelle mani per scontrarsi, intraprendendo una guerra
civile, con una dittatura feroce ed implacabilmente sanguinaria che ha esercitato
il potere assoluto per 42 anni. Le masse libiche, armate e organizzate in
Comitati Popolari, stanno liquidando non solo un governo dittatoriale, ma tutto
un regime oppressore con la sua principale istituzione: le forze armate.
Nondimeno, come vedremo più avanti, è
necessario richiamare l’attenzione sui pericoli che minacciano questa vittoria
democratica, che hanno a che vedere con la volontà dell’imperialismo di
sconfiggere o sviare il processo rivoluzionario servendosi del remissivo
Consiglio Nazionale Transitorio (Cnt), organismo borghese e filoimperialista
che si candida a governare la Libia una volta caduto Gheddafi.
Lo sgretolamento del governo e del regime di
Gheddafi, per l’azione diretta delle masse, è parte e rappresenta un grandioso impulso
per l’insieme della rivoluzione araba, uno dei poli centrali, insieme all’Europa,
del processo rivoluzionario mondiale. Così come la lotta eroica ingaggiata dalle
masse tunisine ed egiziane all’inizio della primavera araba ha aperto la strada
e ha diffuso il processo rivoluzionario a tutta la regione, ora la rivoluzione
libica avrà importanti ripercussioni nello stimolare la rivoluzione cominciata
in Medio Oriente e nel Nord Africa. In Siria, in Yemen e perfino in Tunisia ed
Egitto, questa conquista popolare infiamma le teste e i cuori. La vittoria in
Libia è benzina pura nell’incendiaria situazione araba. Le masse arabe e del
mondo intero guardano i libici armati che rovesciano statue o calpestano ritratti
di Gheddafi e ne traggono un’unica lezione: è possibile vincere. La “primavera
araba” marcia verso un’estate incandescente.
Questa rivoluzione in Libia si aggiunge alle meravigliose
rivoluzioni che si sono prodotte all’inizio del processo rivoluzionario arabo,
ma con elementi più importanti. In Libia, a differenza delle sollevazioni
popolari in Tunisia o in Egitto, le masse hanno preso le armi e distrutto le forze
armate, principale istituzione dello Stato borghese e del regime di Gheddafi. Ora
non esistono più forze armate regolari in Libia; esistono invece migliaia e
migliaia di uomini e donne armati ed assetati di cambiamenti profondi per i
quali hanno messo a rischio la loro vita. E ciò è qualitativo dal punto di
vista della rivoluzione locale e regionale.
Le contraddizioni del processo
È noto che l’imperialismo è intervenuto e sta
intervenendo in Libia attraverso la Nato, che è entrata in scena non a causa
dei “massacri” o in difesa dei “diritti umani”: questa è solo la sua retorica
ipocrita per giustificare l’intervento militare, che invece è stato deciso una
volta esploso il sollevamento popolare armato, per stabilizzare al più presto
possibile la situazione, fondamentalmente per controllare il processo
rivoluzionario e così, per questa via, recuperare il controllo delle riserve e
il normale mantenimento del flusso di petrolio. Ma il suo interesse prioritario,
insistiamo, è politico, volto a controllare e sconfiggere l’ascesa delle masse libiche,
evitando che il loro esempio potesse estendersi ad altri Paesi nel mondo arabo.
E quest’obiettivo doveva essere raggiunto con o senza Gheddafi.
L’intervento militare si giustificava, all’inizio,
per spingere Gheddafi verso una soluzione negoziata, perché facesse
concessioni, cosa che non si è verificata. Allora, di fronte all’impossibilità
per Gheddafi di contenere oltre l’ascesa incontenibile del popolo in armi – che,
anzi, aumentava – l’imperialismo ha puntato direttamente sulla sua caduta. Questa
è la grande contraddizione del processo. Nel mezzo di una guerra civile –
elemento che non era presente in Tunisia o in Egitto – l’imperialismo si è
visto obbligato a intervenire militarmente per rovesciare Gheddafi. Ma non in
virtù del suo presunto “antimperialismo”, come dicono Chávez e i Castro, perché
già da tempo Gheddafi aveva cominciato a consegnare le risorse petroliere a
multinazionali statunitensi ed europee, quanto perché egli non poteva più
stabilizzare il Paese in piena insurrezione popolare armata. La contraddizione
è che, sul terreno militare, si è prodotta un’unità d’azione tra l’imperialismo
e le masse per abbattere Gheddafi, ma con obiettivi di fondo completamente opposti:
le masse vogliono liberare il Paese dell’oppressione e l’imperialismo fermare
la rivoluzione per proseguire il saccheggio delle ricchezze libiche e del Medio
Oriente.
Il fatto è che l’imperialismo non poteva
rimanere a guardare come si sviluppava una guerra civile, di conseguenze e
durata insospettate, mentre il flusso di petrolio era paralizzato e il mondo
arabo veniva spazzato da uragani rivoluzionari. Di qui l’intervento attraverso
la Nato, con Francia e Regno Unito come puntelli delle operazioni, realizzato nei
limiti consentiti dalla situazione: non sono state inviate truppe non già per
contrarietà – per l’imperialismo sarebbe stato la soluzione migliore – quanto
perché, con l’impegno in Iraq e in Afghanistan e con il mondo arabo ridotto a
polveriera, l’imperialismo non può sbarcare alla leggera truppe dappertutto. Da
ciò discenderà il principale problema che l’imperialismo avrà una volta caduto
Gheddafi: poiché l’intervento non è avvenuto come in Iraq o Afghanistan – con
migliaia di marines e l’occupazione diretta – sarà necessario affrontare il problema
di come disarmare le masse che a ragione si sentono trionfanti e detengono il
potere reale a Tripoli. L’imperialismo si vedrà obbligato a manovrare, a
confondere, a negoziare e, se tutto questo non funziona, a inviare truppe di occupazione.
Sconfitta o vittoria delle masse?
Tanto Chávez come i Castro hanno espresso il loro
appoggio incondizionato alla dittatura di Gheddafi. Questa può sembrare una “contraddizione”
in governi che si autoproclamano “rivoluzionari”, dai quali ci si attende che
stiano dal lato della lotta delle masse contro governi dittatoriali e assassini
come quello di Gheddafi. Nel caso concreto, appoggiando dittatori come Gheddafi
o Assad essi, in realtà, rafforzano la posizione dell’imperialismo, poiché
lasciano campo libero affinché questo, ipocritamente, sollevi il vessillo della
difesa dei diritti umani e delle libertà democratiche di fronte alle masse. Grazie
a questa posizione di tali “riferimenti” della sinistra mondiale, un
combattente libico o siriano ben può essere indotto in errore vedendo che la
“sinistra” (Chávez e i Castro) appoggia il dittatore che lo affama, mentre l’imperialismo
(Obama, la Nato, ecc.) lo “aiuta” a rovesciarlo. È davvero nefasto l’effetto
sulla coscienza delle masse e dell’avanguardia mondiale provocato da vergognoso
appoggio del castro-chavismo a questi dittatori sanguinari
Il presidente venezuelano è arrivato a
dichiarare, insignendo il dittatore arabo di un’onorificenza, che: “Quello che
Bolivar è per noi, Gheddafi è per il popolo libico”. Di fronte ai massacri
perpetrati da Gheddafi, Chávez ha affermato: “Non mi consta e da questa
distanza non condanno chi è stato mio amico per tanto tempo senza sapere
esattamente ciò che sta accadendo in Libia”.
Questo vergognoso appoggio si è aggravato
quando ha avuto inizio l’intervento imperialismo: la corrente castro-chavista ha
cercato di sfruttare a fondo questo fatto per galvanizzare l’appoggio della
maggioranza della sinistra al dittatore libico. È stata avanzata l’ipotesi che
si trattava di una “cospirazione internazionale” contro un leader “antimperialista”.
Le migliaia di morti causate dai massacri effettuati da Gheddafi bombardando
con l’aviazione le mobilitazioni popolari per Chávez altro non erano che un’invenzione
dell’imperialismo: “Sono sicuro che gli Stati Uniti stanno esagerando e distorcendo
la verità per giustificare un’invasione”.
Questa corrente, ora che Gheddafi si avvia
verso la fine, comincia a sostenere che ciò che accade in Libia sarebbe una
sconfitta dei popoli e una vittoria dell’imperialismo, in particolare dell’intervento
militare Onu-Nato. Si tratta di un clamoroso errore. Il fatto che l’imperialismo
si sia visto obbligato ad intervenire, come ha fatto in altre innumerevoli
occasioni, non significa affatto che non vi sia stata una vittoria delle masse
mobilitate e armate che si sono liberate di una feroce dittatura vecchia di quarant’anni.
Il fatto che l’imperialismo abbia ritirato il
suo appoggio a Gheddafi in quest’ultimo periodo e abbia puntato alla sua
caduta, non trasforma automaticamente il dittatore libico in un “antimperialista”
e perciò meritevole dell’appoggio politico della sinistra mondiale. I fatti
sono i fatti. Da almeno un decennio Gheddafi non ha avuto più frizioni con l’imperialismo
ed è diventato il suo agente nella regione. L’imperialismo lo ha sostenuto e se
ora ha cambiato posizione non è perché Gheddafi sia antimperialista, ma in
ragione della rivoluzione libica, che il dittatore non è stato in grado di contenere.
Il fatto è che il castro-chavismo presenta la sconfitta di Gheddafi come sconfitta
dei popoli, quando è esattamente l’opposto.
La nostra posizione rispetto all’intervento
imperialista in Libia, dal primo momento, è stata di categorico rifiuto, poiché
esso aveva il chiaro scopo di sconfiggere la rivoluzione in corso. Tuttavia,
questo non ci ha portato a sostenere il sanguinario colonnello Muammar
Gheddafi.
Nessuna fiducia nell’imperialismo e nel Cnt!
L’imperialismo cerca di contenere la
situazione poiché teme, giustamente, che l’insurrezione popolare armata vada al
di là del semplice rovesciamento di Gheddafi. La rabbia accumulata dopo decenni
di oppressione e fame è imprevedibile.
E allora, da un lato Washington cerca di
capitalizzare la vittoria come se fosse solo il prodotto del suo intervento
militare attraverso la Nato (concetto, questo, propagandato dalla stampa internazionale)
con il chiaro obiettivo di minimizzare il peso dell’azione delle masse libiche,
attenuando così l’esempio della loro lotta per altri Paesi arabi e per il
mondo. Dall’altro, cerca di “controllare” e dirigere la “transizione” in Libia,
il “dopo Gheddafi”. Ma in proposito vogliamo ribadire, a costo di essere
ripetitivi, che la partita sarà dura per l’imperialismo, poiché dovrà convincere
le masse libiche a disarmarsi e a tornare a casa pacificamente dopo la loro
enorme vittoria. E non solo dovrà disarmare le masse, quanto ricostruire quanto
prima possibile un nuovo regime e nuove forze armate borghesi, dal momento che
le vecchie sono state distrutte dall’azione delle masse insorte. La contraddizione
è che in questo compito gode di un certo prestigio, avendo collaborato al
rovesciamento dell’apparato militare di Gheddafi.
Per l’imperialismo non ci può essere cosa
peggiore di uno stallo prolungato sulla questione del potere, in una situazione
in cui la gente è armata e tutta la regione – strategica per i loro interessi –
è una polveriera. Ha la necessità urgente di ricostruire un governo, un regime
e un esercito che gli garantisca una stabilità nel Paese e nella regione per
riprendere normalmente il controllo dei giacimenti e il flusso di petrolio, soprattutto
in piena crisi economica. È proprio per “discutere il destino della Libia”, in
questo quadro, che è stata convocata una conferenza in Qatar e un’altra a
Parigi con i rappresentanti di tutte gli imperialismi che hanno partecipato alle
operazioni militari.
In questo compito – disarmare la rivoluzione
e ricostruire un regime collaborativo – il cosiddetto Consiglio nazionale
transitorio (Cnt), organismo costituito da ex ministri di Gheddafi e altri transfughi
rientrati dall’estero e che si è autoproclamato governo parallelo durante la
lotta armata, si sta dimostrando un fidato alleato dell’imperialismo. Mustafa
Abdel Jalil, presidente del Cnt e già ministro della giustizia di Gheddafi, ha
rilasciato dichiarazioni con cui assicura, una volta caduti Gheddafi, che confermerà
i contratti petroliferi di Gheddafi, ma il nuovo governo privilegerà Francia,
Inghilterra e Stati Uniti nella fornitura di petrolio, essendo essi stati “amici”
dell’insurrezione. Un altro aspetto che il Cnt sta sottolineando è che, dopo la
sconfitta di Gheddafi, i ribelli debbono disarmarsi e “tornare ad essere
cittadini produttivi”. Abdel Jalil è giunto persino a minacciare le dimissioni
se ci saranno “atti di vendetta” e ha fatto appello a “rispettare le vite e le proprietà”
e che “non bisogna farsi giustizia con le proprie mani”.
La Lit – Quarta Internazionale sostiene che,
una volta caduto il dittatore libico Gheddafi, sono le masse proletarie libiche
le uniche a poter decidere sul proprio destino. Perciò è fondamentale la lotta
per giungere a un’Assemblea Nazionale Costituente, libera, democratica e
sovrana, che rifondi il Paese su nuove basi politiche, sociali ed economiche, a
partire dal riconoscimento di ampie libertà democratiche per le masse.
A questo scopo, il proletariato libico non solo
non può riporre la benché minima fiducia nel Cnt, organismo che non è stato
eletto da nessuno, ma anzi deve affrontarlo apertamente. Il Cnt è un’istanza
borghese che cerca e cercherà di ricomporre il regime politico e le forze
armate al servizio dell’imperialismo, mantenendo il saccheggio delle risorse
energetiche e la miseria popolare. Né governo del Cnt né intervento
imperialista negli affari interni della Libia: siamo per il mantenimento dei Comitati
proletari armati e per il passaggio diretto e completo nelle loro mani del
potere politico.
In questo senso, non si può escludere che l’imperialismo
tenti di occupare il Paese con proprie truppe per esercitare un controllo
diretto della situazione. È probabile che questo accada perché, per
stabilizzare il Paese, c’è bisogno di forze armate borghesi e filoimperialiste,
che sono state distrutte dalle masse. Ciò che ora esiste sono milizie popolari
armate che l’imperialismo deve liquidare al più presto. Noi siamo totalmente
contro il probabile invio in Libia di truppe da parte dell’imperialismo, siano
esse convenzionali o “umanitarie” sotto il vessillo dell’Onu o della Nato, poiché
esse saranno utilizzate per sconfiggere il processo rivoluzionario, disarmando il
popolo e ricostruendo il regime, per continuare a saccheggiare le ricchezze del
Paese. Un’occupazione imperialista sarà altrettanto dittatoriale quanto il
governo di Gheddafi. Questo è il motivo per cui, la Lit – Quarta Internazionale
sostiene: Nessun soldato imperialista in Libia! Fuori dalla Libia e dall’intera
regione araba le mani della Nato, dell’Onu o dell’imperialismo!
Per noi, è il proletariato, armato com’è ora,
che deve governare in Libia e approfondire la rivoluzione nel suo Paese e in
tutto il mondo arabo. Solo un governo dei comitati libici potrà convocare e
garantire libere elezioni per un’Assemblea Nazionale Costituente realmente
libera, democratica e sovrana. Solo un governo operaio e popolare, sostenuto dai
Comitati di base armati, potrà: confiscare tutte le proprietà e le fortune di
Gheddafi e dei suoi sinistri accoliti, ponendole sotto controllo e al servizio
del proletariato; punire senza pietà Gheddafi e gli altri membri della sua dittatura le ruberie e i
crimini commessi contro le masse; annullare tutti i contratti petroliferi e gli
altri negoziati con l’imperialismo stipulati da Gheddafi; nazionalizzare il
petrolio e l’economia del Paese sotto il controllo dei lavoratori, utilizzandoli
per soddisfare le enormi necessità delle masse lavoratrici e porre in essere
urgentemente un piano economico d’emergenza per soddisfare i pressanti bisogni popolari.
Insistiamo, solo un governo della classe lavoratrice armata può garantire
questo programma. Da un governo del Cnt non ci si può aspettare neanche la
realizzazione delle aspirazioni democratiche delle masse vittoriose, dal
momento che sarebbe composto da ex ministri di Gheddafi e perché ha già annunciato
apertamente i suoi impegni con l’imperialismo.
Questa deve essere, a nostro parere, la
prossima battaglia della rivoluzione libica: porre il potere nelle mani del proletariato
attraverso le sue organizzazioni e sostenere la rivoluzione araba nel suo insieme,
nella prospettiva della Federazione delle Repubbliche Socialiste Arabe.
Viva la rivoluzione del proletariato libico!
Viva la rivoluzione araba!
Per un governo operaio e delle masse in armi che garantisca un’Assemblea Nazionale Costituente libera e sovrana!
Totale scioglimento delle forze armate di Gheddafi!
Processo e condanna per i crimini di Gheddafi e della sua dittatura contro il popolo!
Nessuna fiducia nel Cnt!
Giù le mani dell’imperialismo e della Nato dal Libia e dalla regione!