Partito di Alternativa Comunista

I piani dell'imperialismo europeo e statunitense nella guerra ucraina

I piani dell'imperialismo europeo e statunitense nella guerra ucraina

 

 

 

di Florence Oppen

 

 

 

In occasione del viaggio di Zelensky in Europa – recentemente è stato accolto in Italia dal papa, dalla premier di estrema destra Meloni e dal presidente della Repubblica Mattarella – pubblichiamo questo articolo tratto da Correo Internacional (la rivista politica internazionale della Lit-Quarta Internazionale, in uscita in questi giorni). Un articolo importante che smaschera i piani dell’imperialismo europeo e statunitense in relazione all’Ucraina. Questi piani, assecondati nei fatti dal presidente Zelensky, hanno lo scopo di tradire la resistenza popolare ucraina a vantaggio degli interessi dell’imperialismo. Mettiamo in guardia la classe operaia ucraina dal credere che l’uscita dalla guerra e dalla miseria stia nelle trame dei vari rappresentanti dell’Ue e degli Usa: solo una direzione operaia, indipendente e rivoluzionaria potrà portare la resistenza ucraina alla vittoria e garantire una pace senza annessioni (la redazione web).

 

Stati Uniti e Nato si preparano a imporre la pace con annessioni

I dati sull’invio di armi dimostrano che Biden non sta fornendo aiuti militari all'Ucraina per difendere la sovranità del Paese, né per soddisfare le urgenti necessità delle masse lavoratrici ucraine che si stanno scontrando con l'invasione e l'occupazione del proprio Paese. Al contrario, Washington ha colto l’occasione per sbarazzarsi di vecchi equipaggiamenti dai magazzini, al fine di migliorare le capacità militari degli Stati Uniti. Nonostante la consegna di sistemi anticarro Javelin, lanciarazzi multipli Himars e obici M777, che sono stati importante nelle recenti battaglie, le consegne effettive non hanno soddisfatto le esigenze di difesa dell'Ucraina.
George Barros dell'Institute for the Study of War ha dichiarato a Newsweek che «c'è un'argomentazione errata che circola tra alcuni opinionisti e alcune personalità politiche», che sostengono che gli Stati Uniti «hanno inviato all'Ucraina tutte queste armi, e gli ucraini non hanno ancora fatto un passo avanti dopo Kherson, a novembre; pertanto, gli aiuti militari all'Ucraina sono una spesa inutile». Tuttavia, Barros ritiene, come il ministro della Difesa ucraino, che la realtà sia opposta: «Se si considerano le esigenze operative dell'Ucraina e si confrontano con quanto stiamo inviando, c'è un'enorme disparità, il problema è che non abbiamo dato agli ucraini abbastanza perché possano dimostrare di cosa sono realmente capaci» (1).
Il bilancio militare degli Stati Uniti ha raggiunto la cifra record di 877 miliardi di dollari nel 2022, pari al 39% della spesa militare globale. È il triplo di quello della Cina, che segue con 229 miliardi di dollari, un Paese che, come la Russia e le potenze della Nato, è impegnato in una corsa agli armamenti sfrenata. Eppure i presunti «aiuti» militari all'Ucraina (19,9 miliardi di dollari) sono solo una piccolissima parte del budget militare che Biden ha stanziato per quel Paese e che in gran parte è stato investito per rinnovare l'arsenale militare statunitense e per avvantaggiare le grandi multinazionali americane delle armi. Il governo statunitense sta usando la guerra in Ucraina per difendere gli interessi delle sue grandi aziende all'estero, espandendo le sue zone di influenza economica, così rafforzando la Nato e l'arsenale del Pentagono.
Durante il primo anno di guerra Biden ha cercato soprattutto di danneggiare e limitare la sfera di influenza della Russia. L'obiettivo principale degli aiuti, costantemente pubblicizzati ma erogati a gocce, è stato quello di esaurire e indebolire l'esercito e l'economia russa, piuttosto che ottenere una vittoria rapida e decisiva della resistenza contro l'invasione russa. Oggi, con l'inflazione alle stelle e l'inasprimento della competizione economica con la Cina, Biden e la borghesia statunitense danno segnali che indicano come il governo degli Stati Uniti si stia muovendo verso una svolta politica: cercano di siglare una «pace» che possano rivendicare come una vittoria contro la Russia, in modo da poter concentrare la loro strategia politica e militare nel Pacifico e nel Sud-Est asiatico.
Questo cambio di strategia può essere spiegato anche dalle elezioni presidenziali del 2024, per le quali Biden vuole presentare un bilancio positivo della guerra, come esposto da Richard Haas, in un recente articolo sulla rivista Foreign Affairs. Haas, presidente uscente del Council on Foreign Relations, il think tank più influente per la determinazione della politica estera del governo statunitense, ha sostenuto che la «nuova strategia» degli Stati Uniti in Ucraina sarà «in primo luogo, rafforzare le capacità militari dell'Ucraina e poi, quando i combattimenti cesserano nel corso dell'anno, portare Mosca e Kiev dal campo di battaglia al tavolo dei negoziati». Si tratta quindi di un piano in due fasi per cercare di «vincere» la guerra durante il resto del 2023, in primo luogo «accelerare immediatamente il flusso di armi verso l'Ucraina e aumentarne la quantità e la qualità, per far sì che l'offensiva ucraina di quest'estate abbia successo, ottenere così una certa influenza, per poi «presentare un piano entro la fine dell'anno per negoziare un cessate il fuoco e un successivo processo di pace volto a porre fine in modo permanente al conflitto», sapendo anche che «questa tattica diplomatica potrebbe fallire». La tesi sostenuta da Haas, e ripresa da un numero crescente di leader politici negli Stati Uniti, è che «con l'aumento dei costi della guerra e la prospettiva di uno stallo militare, vale la pena di insistere per una tregua duratura che impedisca la ripresa del conflitto e, meglio ancora, ponga le basi per una pace duratura» (2).
Questo piano in fin dei conti svela pubblicamente che l'intervento statunitense in Ucraina non è affatto altruistico, ma subordinato ai propri interessi. Evita però di andare fino in fondo alle conseguenze politiche che comporta. In primo luogo, perché non ammette che il suo interesse per la «pace» è legato anche a un piano economico per l'Ucraina. Vale la pena di spiegare e denunciare i meccanismi messi in atto oggi dall'imperialismo statunitense ed europeo per ipotecare il futuro dell'Ucraina (i cosiddetti piani di «ricostruzione» e l'indebitamento del Paese con i creditori stranieri), poiché questi mettono in forse ogni possibilità di una reale sovranità economica nazionale del Paese in futuro.
In secondo luogo - e questo è oggi il fatto più grave, per le ripetute assicurazioni di Biden sull'impegno a garantire la «sovranità» dell'Ucraina - gli Stati Uniti potrebbero sostenere una «pace» sacrificando le masse ucraine in guerra, poiché qualsiasi pace che derivi da una mera tregua militare con una parte del territorio occupato non può in alcun modo essere una pace giusta o duratura per le masse popolari ucraine o per le popolazioni che subiscono le ambizioni annessionistiche di Putin. Biden, Macron, Scholtz e Xi-Jinping inizieranno a cantare insieme la canzone della pace, con Putin che di recente ha persino dichiarato di essere aperto a negoziare una pace.
Ma noi socialisti, come disse Lenin nel 1915, affermiamo che la parola d’ordine della pace «può essere posta in relazione a determinate condizioni o senza condizione alcuna, per la lotta, ma non per una pace particolare, ma per la pace in generale». Per il dirigente bolscevico, il discorso della «pace» in generale «è completamente privo di contenuto, di significato». «Tutti sono per la pace generale, senza dubbio», lo erano la Francia e la Germania nella Prima Guerra Mondiale, e la rivendicano sia Biden che Putin oggi, «il problema è che ognuno di loro vuole porre fine alla guerra: solo che ognuno di loro pone condizioni di pace imperialiste (cioè condizioni di saccheggio e oppressione dei popoli stranieri), che favoriscano la "propria" nazione». La chiave è discutere della pace da una prospettiva che metta al centro gli interessi dei popoli e della classe operaia, per questo è necessario approfondire le «condizioni della pace», le condizioni territoriali, economiche, sociali e politiche che garantirebbero una pace giusta. Lenin spiegava che «Queste condizioni devono indiscutibilmente includere il riconoscimento del diritto di tutte le nazioni all'autodeterminazione e la rinuncia a qualsiasi "annessione", cioè alla violazione di tale diritto» (3). Nell'attuale guerra, che è una guerra di liberazione nazionale, la condizione fondamentale per una pace giusta in Ucraina è innanzitutto garantire la piena sovranità del territorio ucraino e il ritiro di tutte le truppe russe. Ma questa premessa fondamentale non viene affrontata in nessuno dei vaghi discorsi di pace che la Cina, gli Stati Uniti o l'Ue stanno tramando. Per questo motivo devono essere respinti e noi dobbiamo continuare a sostenere militarmente la resistenza e costruire le nostre iniziative internazionali e indipendenti di solidarietà dei lavoratori con l'Ucraina.

 

In piena guerra, Ue e Fmi ipotecano il futuro del popolo ucraino

A causa della guerra, il Pil ucraino è diminuito del 30% ma il debito estero dell'Ucraina è passato dal 50,7% del PIL nel 2021 al 90,7% nel 2022. Oggi solo il 60% della popolazione ha potuto mantenere il proprio lavoro e solo il 35% ha un lavoro a tempo pieno. Dall'estate del 2022 sia l'Unione Europea, attraverso la Banca Centrale Europea (Bce), sia gli Stati Uniti, attraverso il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), stanno elaborando un piano per la «ricostruzione» dell'Ucraina, che non è altro che un'offensiva di ricolonizzazione per continuare e approfondire le politiche neoliberiste avviate negli anni precedenti la guerra.
Il 31 marzo, il Fmi ha approvato un nuovo prestito di 15 miliardi di dollari all'Ucraina con condizioni che sappiamo essere devastanti: «riforme strutturali più ambiziose per garantire la stabilità macroeconomica», «aumento della produttività e della competitività», etc (4). Questi prestiti si aggiungono ai 17,5 miliardi di dollari che il Fmi ha prestato al Paese nel 2015 per le riforme che Zelensky ha iniziato ad attuare nel 2019, principalmente la privatizzazione dei terreni, ma anche delle proprietà statali. Da quando è entrato in carica, «più di 700 imprese statali sono state trasferite al Fondo di proprietà statale (Spf) per la privatizzazione» (5). Oggi ci sono più di 3.500 imprese di proprietà dello Stato e 1.800 di esse sono in bancarotta o non funzionanti. Alcune industrie, come le distillerie e gli elevatori di cereali, possono essere facilmente redditizie e gli investitori stranieri vogliono acquistarle a prezzi quasi nulli per trarne profitto.
I terreni agricoli dell'Ucraina, 45 milioni di ettari, che rappresentano il 70% della superficie del Paese, sono una delle principali fonti di ricchezza. Come scrivevamo in un nostro precedente articolo: «l’Ucraina prima della guerra forniva il 12% delle esportazioni mondiali di grano e il 16% di quelle di mais» e «possiede anche una grande ricchezza di minerali metallici e non metallici, che include ferro e altri elementi più rari ma di uso crescente nei nuovi processi industriali, come titanio, gallio e germanio, con un certo peso delle loro esportazioni nei mercati mondiali (6).
Attualmente il 68% della terra del Paese è in mani private, mentre il 32% rimane in mani statali. Inizialmente, questa privatizzazione è stata realizzata consegnando certificati di proprietà di piccoli appezzamenti di terreno ai lavoratori delle ex fattorie collettive, ma questo processo è progredito verso la concentrazione di grandi proprietà private con la riforma del 2020 attuata da Zelenski su richiesta del Fmi. Come risultato di questa rapida privatizzazione delle terre coltivabili, un rapporto del febbraio 2023 dell'Oakland Institute spiega che oggi «la quantità totale di terra controllata da oligarchi, individui corrotti e grandi società agroalimentari supera i nove milioni di ettari, pari a oltre il 28% della terra coltivabile dell'Ucraina». Di fatto, i nuovi grandi proprietari di queste terre sono «un mix di oligarchi ucraini e interessi stranieri, per lo più europei e americani, nonché il fondo sovrano dell'Arabia Saudita. Importanti fondi pensione, fondazioni e fondi universitari statunitensi investono attraverso Nch Capital, un fondo di private equity con sede negli Stati Uniti». La maggior parte di essi «è indebitata con fondi di investimento statunitensi ed europei, in particolare con la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers) e la Banca mondiale» (7).
Nel maggio 2022, l'Ue ha annunciato di aver già erogato 4,1 miliardi di euro e che avrebbe fornito un secondo prestito di altri 9 miliardi di euro nel 2022. Ha istituito una piattaforma di coordinamento internazionale, denominata RebuildUkraine, co-presieduta dalla Commissione in rappresentanza dell'UE e dal governo ucraino, per gestire l'utilizzo dei prestiti e redigere un piano di ricostruzione che definisca «aree prioritarie selezionate per il finanziamento e progetti specifici» (8). Ursula Von der Leyden, l’attuale Presidente della Comissione Europea, ha detto chiaramente che «Gli investimenti andranno di pari passo con le riforme per sostenere l'Ucraina nel suo percorso verso l'Europa». Cioè le riforme che attueranno politiche di austerità fiscale contro i deficit pubblici, privatizzazioni e tagli allo stato sociale.
Durante la guerra Zelensky ha utilizzato lo stato di emergenza per attuare una controriforma neoliberista del lavoro richiesta dai padroni e dalle organizzazioni internazionali. La misura aumenta la settimana lavorativa a 60 ore, autorizza padroni a trasferire i lavoratori nelle zone di guerra e a licenziarli facilmente senza motivo, attacca i diritti di rappresentanza sindacale e consente di ritardare il pagamento dei salari in modo che i lavoratori possano continuare a veder garantiti i profitti aziendali in Ucraina durante la guerra. Ha inoltre liquidato il Fondo di previdenza sociale con la legge 2620, lasciando in sospeso il futuro finanziamento di vari servizi pubblici. Minacce simili incombono sul sistema sanitario pubblico e sui servizi sociali. Dobbiamo mettere in guardia i nostri fratelli e sorelle ucraini dalle condizioni degli attuali «prestiti» offerti a Zelensky dal Fmi e dall'Ue e dal pericolo che l'ingresso del Paese nell'Ue rappresenta per i diritti sociali e del lavoro. Il miglior esempio è la riforma delle pensioni di Macron, incoraggiata dall'Ue, che è stata fortemente respinta dai lavoratori nonostante la dura repressione del governo.
Dobbiamo quindi sottolineare l'importanza di sviluppare una direzione operaia indipendente sia nella resistenza che negli sforzi di solidarietà e ricostruzione. L'Ucraina avrà bisogno di una ricostruzione operaia e socialista per garantire la propria indipendenza nazionale, che comprenda il non pagamento del debito estero, l'abolizione delle misure neoliberiste e dei tagli ai diritti dei lavoratori, la nazionalizzazione della terra, dei servizi pubblici e delle risorse naturali, ponendo le grandi imprese sotto il controllo dei lavoratori. La classe operaia ucraina ha un intero futuro da conquistare, ed è per questo che la resistenza dei lavoratori all'invasione ha bisogno della nostra solidarietà attiva per vincere la guerra e uscirne rafforzata.

 

Note

1)Errore. Riferimento a collegamento ipertestuale non valido.

2) www.foreignaffairs.com/ukraine/russia-richard-haass-west-battlefield-negotiations

3) Lenin, «Il problema della pace», luglio 1921.

4) www.imf.org/en/News/Articles/2023/03/31/pr23101-ukraine-imf-executive-board-approves-usd-billion-new-eff-part-of-overall-support-package

5) https://emerging-europe.com/voices/ukraines-new-privatisation-push-cleaning-the-augean-stables%EF%BF%BC/

6) www.partitodialternativacomunista.org/politica/internazionale/la-strategia-imperialista-di-colonizzazione-dell-ucraina

7) www.oaklandinstitute.org/war-theft-takeover-ukraine-agricultural-land.

8) https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/ip_22_3121

 

 

 

 

 

 

 

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