AI GOVERNI DI GUERRA DELLA BORGHESIA
LA CAMPAGNA DI TESSERAMENTO 2007 AL PdAC
di Francesco Ricci
Una foto che riassume tante cose. Fausto Bertinotti che passa in rassegna la Folgore, inviata in Libano per difendere l'avamposto imperialista Israele (e già partecipe di tutte le missioni coloniali degli ultimi anni, reparto notoriamente selezionato e composto da sinceri nostalgici del Ventennio, gli stessi che applicavano gli elettrodi ai testicoli dei prigionieri in Somalia)
in questa foto pubblicata con grande soddisfazione ieri e oggi da
tutta la stampa borghese (Repubblica: "Bertinotti riscopre la Folgore";
Corriere della Sera: "Bertinotti: 'Fiero delle nostre truppe'") è
riassunta la miglior conferma della nostra scelta di un anno fa.
Alla fine di
aprile dell'anno scorso, nel momento dell'ingresso di Rifondazione al governo,
come sinistra del Prc (all'epoca ci chiamavamo Progetto Comunista - Rol)
dicevamo che era necessario uscire da Rifondazione perché il suo ruolo sarebbe
stato quello di strumento del governo Prodi per imporre le politiche di guerra
sociale e militare dei padroni.
No, non ci eravamo sbagliati nel fare quella
previsione.
Il compito assegnato dalla borghesia al Prc è
oggi sotto gli occhi di tutti. Mentre il governo rapina il Tfr, il Prc diffonde
un opuscolo perché "i cittadini possano informarsi e scegliere liberamente,
valutando bene l'adesione ai fondi pensione". Mentre il governo annuncia
diecimila "esuberi" nelle ferrovie (e il macchinista unico) e giganteschi
aumenti delle tariffe dei biglietti, Liberazione titola trionfante "più
treni per i pendolari". Mentre il governo spedisce altre truppe e mezzi da
guerra per aiutare i bombardieri Usa a stroncare con bombe da una tonnellata la
coraggiosa resistenza del popolo afghano, il Cpn di Rifondazione "si impegna
perché venga fatta piena luce sulla natura e sull'utilizzo degli elicotteri
Mangusta e dei blindati Dardo".
A COSA SERVE "L'UNITA'" NEL CANTIERE DI
MUSSI E BERTINOTTI
Dopo aver subito le contestazioni degli operai e
degli studenti, consapevoli della rapida evaporazione delle promesse e delle
illusioni che avevano diffuso un anno fa i dirigenti di Rifondazione, insieme a
Mussi e Diliberto, hanno allestito sabato scorso a Roma una nuova
rappresentazione teatrale. Per interpretare la pièce hanno richiamato
in servizio persino guitti di altre stagioni come Achille Occhetto o vecchi
tromboni come Cossutta. Le testate della compagnia, Manifesto e
Liberazione (ma c'è tanto comprensibile apprezzamento anche da parte
della stampa padronale) hanno suonato la grancassa dell'unità. Nessuno
si è curato di spiegare a cosa serve realmente questa ritrovata unità.
Dietro questa "unità" degli apparati riformisti c'è solo un tentativo di
rilancio delle burocrazie per assicurare la propria sopravvivenza di fronte al
miserabile fallimento della socialdemocrazia. Mussi e Giordano sono davvero
commossi: non perché credano sinceramente di star facendo qualcosa di buono per
i lavoratori, nei loro occhi lucidi si leggono sondaggi e calcoli elettorali.
Mentre il capitalismo e i suoi governi condannano l'umanità e il pianeta al
disastro sociale e ambientale, questi imbroglioni (nel senso pieno ed
etimologico della parola) sproloquiano su "cantieri" e formule politiche,
"sinistra europea", "sinistra democratica"; cercano di illudere ancora una volta
i lavoratori che arriverà un tempo per il "pane" e per la "pace" ma che per ora
bisogna assecondare la borghesia che semina miseria e guerra.
SERVE UN'ALTRA UNITA', SERVE UN ALTRO
PARTITO
L'unità che davvero serve oggi è un'altra. E' l'unità dei
lavoratori, dei precari, dei disoccupati, delle masse popolari, attorno a un
programma di opposizione di classe per fermare le politiche dell'imperialismo,
cioè concretamente per opporsi al governo Prodi: sostegni "esterni" o "critici"
(e financo "fortemente critici" come quelli che annuncia Turigliatto) non
fermeranno certo l'attacco più brutale che la borghesia ha tentato negli ultimi
decenni contro i lavoratori.
Qui sta il senso della nostra scelta
nell'aprile scorso. Per sostenere e sviluppare questa difficile battaglia di
opposizione abbiamo da subito iniziato la costruzione dello strumento
indispensabile per ogni lotta: il partito.
Senza clamori, senza l'aiuto di
giornalisti compiacenti, senza "pacchetti di abbonamenti" (con cui, abbiamo
appreso in questi giorni, la Cgil "indirizza" la linea del Manifesto),
senza finanziatori (a parte i militanti e i simpatizzanti), il partito che
abbiamo iniziato a costruire e che abbiamo battezzato poche settimane fa (col
congresso di gennaio), cresce.
Cresce nella chiarezza, perché da subito
abbiamo rifiutato le scorciatoie del "minimo comun denominatore" su cui
ammonticchiare progetti incompatibili. Abbiamo scelto la strada più difficile
dell'aggregazione sulla base di un programma marxista rivoluzionario: una cosa
seria che parte dai bisogni immediati dei lavoratori per tentare di costruire un
"ponte" verso l'alternativa socialista. La grottesca conclusione di chi pensava
di arrivare prima, cavandosela con "quattro punti" e due leader (e si ritrova
invece con due leader e quattro scissioni), ci conferma che bisogna costruire un
partito di militanti, di responsabili, di quadri politici che stanno nelle
lotte, non di iscritti passivi che si affidano a guide più o meno
luminose.
Se siamo oggi, pur nella esiguità delle nostre forze, una delle
poche organizzazioni presenti localmente e nazionalmente in ogni manifestazione
e lotta; se stiamo sviluppando (come dimostra la bella assemblea romana del 5
maggio scorso) una comune battaglia con gli immigrati che lottano contro il
governo e le misure di Ferrero e Amato; se partecipiamo, in prima fila, alla
lotta contro la base di Vicenza e alle mobilitazioni contro la guerra in
Afghanistan; se in tante città ogni giorno ci sono assemblee, presidi,
volantinaggi (di cui testimonia il nostro sito web che ha ogni mese circa 200
mila accessi); se abbiamo un giornale che esce regolarmente (già nove numeri
della nuova serie) ed è scritto da decine di compagni, con corrispondenze dai
luoghi di lavoro e di lotta da tutta Italia; se riusciamo a fare tutto questo,
nella modestia delle nostre strutture, è perché stiamo costruendo un partito
vero, di militanti che si impegnano quotidianamente, partecipe di un progetto
più grande, la ricostruzione -a cui lavora la Lega Internazionale dei
Lavoratori, Lit- di un partito mondiale dei lavoratori, con sezioni in ogni
Paese.
Abbiamo iniziato in questi giorni una campagna di presentazioni del programma del partito e della sua battaglia di opposizione al governo Prodi. In una settantina di città italiane (si veda sul nostro sito web il calendario in continuo aggiornamento) si stanno tenendo (e proseguiranno fino a giugno) assemblee pubbliche che hanno anche il compito di promuovere lo strumento organizzato che serve per sviluppare la battaglia: il partito, e dunque l'iscrizione per il 2007 al PdAC. Una iscrizione che proponiamo a tutti i compagni e le compagne che ricevono questa newsletter e che condividono gli assi generali della battaglia che stiamo conducendo.
Le condizioni per diventare iscritto militante del Partito di Alternativa Comunista sono tre: condivisione del programma (sul nostro sito si trovano le tesi approvate dal recente congresso fondativo), sostegno militante all'attività del partito, partecipazione all'autofinanziamento del partito. Siccome per noi l'iscrizione al partito è una cosa seria, per i primi sei mesi è previsto un periodo di "candidatura", nel quale ogni nuovo compagno partecipa alla vita e all'attività del partito, ma non gode del diritto di voto: questo permette sia al compagno che si iscrive sia al partito di verificare l'effettiva e reciproca convergenza di convinzioni.
Per candidarsi a diventare iscritto militante del PdAC ci si può rivolgere alla sezione della propria città oppure scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. o telefonare al 3347780607. Agli stessi recapiti ci si può rivolgere per organizzare assemblee di presentazione nella propria città.