La crisi greca
approfondisce
la crisi dell'Europa del capitale
Dichiarazione della
Lega Internazionale dei Lavoratori -Quarta
Internazionale
Il successore non è uno sconosciuto. Si tratta di Lucas Papademos e la sua storia suona come musica per le orecchie dei banchieri e dei mercati mondiali: è stato vice presidente della Banca Centrale Europea e ex governatore della Banca di Grecia. Papademos, cercando di dare di sé un immagine “tecnica”, ha iniziato proclamando: “non sono un politico”, per proseguire con la predica consueta: “Tutti dobbiamo contribuire al difficile processo di risanamento dell'economia”. Il nuovo premier ellenico ha chiarito che la sua priorità assoluta è approvare e applicare senza riguardi il piano di aggiustamento che è stato approvato lo scorso 26 ottobre a Bruxelles, con i conseguenti attacchi al livello di vita e ai diritti della classe operaia greca.
Il premier uscente Papandreou ha fornito sempre importanti servigi alla Troika. Capitanando una delle economie più deboli e più castigate della nave malconcia che è ora l'Unione Europea, ha sottomesso il popolo greco, in meno di due anni, a cinque durissimi piani di "risanamento". Uno più brutale dell'altro e affrontando l'eroica resistenza del popolo greco, con la classe operaia all'avanguardia di un processo di lotte che ha prodotto finora 17 scioperi generali in questo stesso lasso di tempo, l'ultimo con più di 250 mila persone per le strade (la Grecia ha poco più di 11milioni di abitanti, ndt). Se la Grecia è il punto più alto della guerra sociale che l'Europa del capitale ha scatenato contro il proletariato del vecchio continente, lo è anche di una tenace ed esemplare resistenza della nostra classe.
Dimenandosi come uno affogato, l'annuncio del referendum sul piano della Troika non è stato altro che una manovra politica di Papandreou, nel tentativo disperato di riposizionarsi politicamente di fronte all'isolamento e all'odio che nutre nei suoi riguardi, giustamente, il popolo lavoratore greco. Qualsiasi tentativo di vedere in questo annuncio un intento “democratico” da parte dell'ex primo ministro ateniese, non è altro che una pericolosa ingenuità politica.
A partire da Merkel e Sarkozy, tutti i gerarchi europei hanno espresso la loro totale opposizione alla possibilità della consultazione e hanno brandito ogni genere di minaccia contro la Grecia. Le peggiori piaghe e calamità sono state annunciate. Senza batter ciglio, hanno ritirato gli 8 miliardi di euro promessi e allo stesso tempo hanno minacciato l'espulsione della Grecia dalla zona euro e dalla moneta comune. Tale reazione è ovvia! A cosa serve sottoporre alla discussione popolare ciò che hanno votato i guru dell'Ue e la Troika! Come dicono i compagni e le compagne di Corriente Roja nello Stato spagnolo: “L'UE ha dimostrato una volta di più, con particolare durezza, che è una macchina incompatibile con la democrazia e un'arma da guerra al servizio dei banchieri e dei grandi capitalisti per il saccheggio dei lavoratori e dei popoli europei”.
È stato così che Papandreu, spaventato dalla sua stessa mossa e vedendosi nudo di fronte allo specchio, ha ritirato la sua proposta di referendum. Tutto questo nel mezzo a una crisi politica di brutale ampiezza. Il leader greco ha assistito al proprio funerale nel mezzo di ogni sorta di negoziato e di tira e molla per formare un nuovo governo di “unità nazionale” e di carattere “tecnico” più adatto al palato della Troika. Papandreou si era bruciato e, come il fusibile che è sempre stato, doveva essere cambiato. Tanto il Pasok come l'”oppositore” Nuova Democrazia sono completamente d'accordo e uniti riguardo la necessità di attuare i piani della Troika, non è così passato molto tempo prima che il nome del successore venisse definito. Nasce in questo modo il nuovo governo, guidato da Papademos, un ex funzionario della Bce che cercherà di applicare a qualunque costo i disegni della Troika con l'avallo dei due partiti del regime borghese greco. Come andrà a finire si deciderà nelle strade, dove la classe operaia greca non ha abbassato le braccia né ripiegato le bandiere, e non per caso.
Il secondo piano “di salvataggio” approfondisce questa devastazione sociale ed economica in Grecia. È un piano che serve a sottomettere e schiavizzare i lavoratori greci per decenni e a convertire il Paese in un protettorato coloniale, gestito direttamente dalla Troika, che si installerà in maniera permanente ad Atene. L'arretramento che è in corso è strutturale e storico.
Oltre queste menzogne rivolte agli incauti, quello che stiamo vivendo è il panico che si sta impossessando di quelli che si credevano i padroni dell'Europa fino al crollo dell'Ue, il progetto che hanno costruito nel corso di decenni. Dimostrazione di ciò è stata l'ultima riunione del G20 a Cannes, dove è apparso chiaro che tutti i problemi dell'Ue persistono e si aggravano, la continuità della zona euro e della stessa Ue è apertamente in questione. Anche il primo ministro britannico, David Cameron, ha riconosciuto che “ogni giorno in più della crisi dell'euro ha un effetto negativo sul resto dell'economia mondiale”. Obama ha segnalato che le misure contemplate dai piani di risanamento risultano ancora flebili. Terminato il vertice, Nicolas Sarkozy ha decretato una nuova manovra di 100 miliardi di euro in Francia, che include l'aumento dell'Iva, più imposte alle classi medie, tagli al bilancio della salute, riduzione degli aiuti all'affitto (nel contesto della crisi degli alloggi) e l'aumento dell'età pensionabile a 62 anni.
La situazione non è quella che viene dipinta negli alti vertici. L'Europa del capitale scricchiola. Continuano ad aumentare i governanti che cadono vittime della brutale crisi economica e politica del vecchio continente. George Papandreu ha aggiunto il suo nome alla lista dei primi ministri caduti in Portogallo, Irlanda e Slovacchia. In mezzo a questa tempesta, in Spagna, Zapatero è stato costretto a indire elezioni anticipate e la popolarità di Sarkozy e di Angela Merkel è in picchiata. In generale, i destini dei leader europei sono legati alla loro capacità politica di approvare e imporre alla classe operaia europea i durissimi piani di aggiustamento della applicazione dei quali le banche e il capitalismo internazionale hanno bisogno per uscire dalla loro profonda crisi strutturale con la minore instabilità possibile.
È così che, ora, l'agonia politica ha colpito niente meno che il Cavaliere, Silvio Berlusconi. Da diverse settimane il Fmi e l'Ue, su richiesta del recente vertice europeo, hanno annunciato che vigileranno sul governo italiano nell'applicazione dei piani e delle riforme pendenti [questo testo è stato scritto subito prima della caduta di Berlusconi, per questo non fa riferimento al nuovo governo Monti, ndt], il cui completamento dovrà essere certificati trimestralmente. Lo scopo è di attenuare la sfiducia dei mercati. Lo ha detto bene Christine Lagarde, capo del Fmi: “Il problema dell'Italia è di credibilità”. La preoccupazione non è oziosa. L'Italia rappresenta il 17% del Pil dell'eurozona e il suo livello di indebitamento rappresenta il 121% di questo Pil. In Italia, il cosiddetto premio di rischio (differenziale o spread) tra titoli italiani e tedeschi a dieci anni è arrivato ai 574 punti, cioè, 500 punti in più del livello che ha portato al salvataggio di Grecia e Portogallo. L'Italia, la terza economia più grande d'Europa, è entrata in zona di salvataggio superando la barriera del 7% di rendimento delle obbligazioni. Solo che il salvataggio, nel caso italiano, è molto più costoso, avendo Roma un debito totale di 1.900 miliardi. Allo stesso modo, la crisi italiana, inoltre, spinge il rischio in Spagna. Lagarde ha detto che l'economia mondiale corre il pericolo di sprofondare in una “spirale discendente”.
Ora, per imporre questa via d'uscita operaia è necessario prima costruire uno sciopero generale ad oltranza in Grecia. Non c'è altra maniera per sbarrare la strada ai capitalisti e ai loro piani. Solo in questo modo, combattendo, si potrà costruire un'alternativa dal basso a questa crisi. La nostra alternativa è che siano quelli che hanno generato la crisi, cioè i banchieri e i capitalisti del mondo, a pagarne i costi.
In questo senso, le elezioni di febbraio che propongono il Pasok e i conservatori di Nuova Democrazia, i due partiti responsabili della crisi, non rappresentano nessuna soluzione alla crisi. Le elezioni non sono altro che un tentativo di ridare legittimità a loro stessi e alle loro politiche, al fine di meglio imporre il nuovo pacchetto colonialista degli imperialismi più forti d'Europa. Per questo, è un compito importantissimo impedire l'assunzione del comando da parte di Papademos, fantoccio del Fmi e della Bce, e lanciare la parola d'ordine di un governo dei lavoratori: un governo basato sull'organizzazione dei lavoratori in ogni posto di lavoro e nelle assemblee popolari delle piazze.
In Grecia, la costruzione di uno sciopero generale ad oltranza è l'unico modo per imporre la volontà del popolo che il governo e il parlamento non hanno mai rispettato.
Nello stesso senso, è necessario chiamare all'unificazione delle lotte di tutti i lavoratori d'Europa, ponendo come prospettiva la costruzione di uno sciopero generale unificato su scala europea. Per concretizzare ciò, si deve scatenare una battaglia durissima contro le burocrazie sindacali europee che si sono cristallizzate e costituiscono un ostacolo per la lotta e l'unificazione delle mobilitazioni. Stiamo parlando di burocrazie che sono scese a patti con la Troika e con i propri governi nel senso di facilitare l'accettazione di questi piani da parte della classe operaia disarmandola o dividendola nell'ora della lotta.
Pertanto, il rifiuto del piano e del pagamento del debito devono essere accompagnati da due questioni fondamentali: la mobilitazione e l'autorganizzazione dei lavoratori e del popolo greco e la più stretta solidarietà e unità nella lotta della classe lavoratrice europea con i suoi fratelli di classe greci e contro i propri governi. La seconda, è prendere drastiche misure anticapitaliste, cioè applicare un vero piano di salvataggio dei lavoratori e del popolo, in difesa del tenore di vita della maggioranza. Tali misure devono essere:
-No al pagamento del debito ai banchieri;
-L 'uscita dall'euro e dall'UE del capitale;
-L'espropriazione e la nazionalizzazione, sotto controllo dei lavoratori, di tutto il sistema finanziario;
-No alle privatizzazioni;
-Controllo dei capitali e monopolio del commercio estero;
-La riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario;
-Investimenti in servizi pubblici e per difendere l'istruzione e la sanità pubbliche e un piano di opere pubbliche e sociali
-Nazionalizzazione delle industrie strategiche e dei servizi fondamentali;
-Lottare per un governo dei lavoratori che applichi tali misure.
Tutto il sostegno e la solidarietà attiva alla lotta dei lavoratori e del popolo greco!
Globalizziamo la lotta affinché la crisi la paghino i capitalisti!