La recessione è qui. E dopo...?
di Alejandro Iturbe (*)
L'economia mondiale entrerà ufficialmente in recessione alla fine di giugno. È il risultato dell'impatto delle misure adottate per combattere la pandemia di coronavirus. Ma quest’urto ha colpito un muro che aveva già molte crepe.
Una recessione si verifica quando il Pil (prodotto interno lordo) di un Paese, di una regione o del mondo, diminuisce per almeno due trimestri consecutivi. Ciò è già accaduto nel primo trimestre del 2020 e tutto indica che ciò si ripeterà nel secondo. Vediamo alcuni dati delle economie più importanti del mondo:
Negli Stati Uniti, il Pil da gennaio a marzo sarebbe sceso dell'1,2% rispetto a quello di dicembre 2019 (dopo un intero periodo di crescita); ciò complessivamente produrrebbe una diminuzione annuale del 4,8%. Alcuni economisti hanno stimato che il calo reale nel primo trimestre è stato del 4% [1]. Ciò che è accaduto dalla fine di marzo sembra indicare che questa dinamica si è mantenuta e si va aggravando.
In Cina, il Pil è diminuito del 6,8%, la prima riduzione dal 1992 e la peggiore dopo quella del 1976, durante la cosiddetta Rivoluzione culturale, quando nel Paese vi era ancora uno Stato operaio.
In Europa, le autorità tedesche hanno comunicato una previsione di recessione annuale del 6,3%. Francia, Italia e Spagna (in ordine decrescente di dimensioni del Pil) hanno pubblicato numeri ufficiali per il primo trimestre di quest'anno con contrazioni del 5,8%, 4,7% e 5,2%, rispetto all'ultimo trimestre del 2019. Alla fine dello scorso aprile, Christine Lagarde, presidente della Bce (Banca centrale europea) ha dichiarato che «il collasso economico dell'Unione europea avrà un'ampiezza e una velocità che non ha precedenti in tempi di pace».
Da parte sua, il Giappone (la terza più grande economia al mondo nel 2019) aveva già subito un forte calo nell'ultimo trimestre del 2019 (-7,3%) e ha mantenuto questa dinamica nel 2020. Gli analisti stimano che quest'anno ci sarà un record di riduzione del Pil. Secondo Izumi Devalier, capo economista per il Giappone presso la Bank of America Merrill Lynch: «Con il coronavirus, l'economia giapponese ha subito uno shock, partendo da una posizione molto debole».
I cosiddetti «Paesi emergenti» (come il Sudafrica e la Turchia) hanno già subito una dinamica regressiva. Il Brasile non ha ancora rilasciato i dati per il primo trimestre del 2020, ma dall'inizio dell'anno si è verificata la più grande fuga di capitali della sua storia. L'economia argentina era già in recessione e quest'anno si prevede un calo del 6,5% [2].
Ancora una volta «l'aiuto» dei governi
Se questa dinamica dovesse continuare, la recessione si trasformerebbe in una depressione, che secondo alcuni economisti si verifica quando si ha un calo del Pil di oltre il 10%, mentre secondo altri si verifica per la durata [delle fasi recessive, ndt] (cioè una recessione molto lunga senza sintomi di miglioramento).
Per cercare di evitare questa dinamica, la borghesia e i governi hanno ancora una volta fatto appello, come nella crisi iniziata nel 2007/2008, a giganteschi pacchetti di «aiuti», modificando, in molti casi, le loro precedenti politiche. Il governo di Donald Trump (con il sostegno unanime di entrambe le Camere del Congresso) ha votato un pacchetto di 2200 miliardi di dollari [3]. La Germania ha definito un piano di 1100 miliardi di euro (un terzo del Pil) e così via. Gran parte di questi «aiuti» sono destinati alle imprese, con alcune misure molto minori per i lavoratori, che negli Stati Uniti saranno dell’ordine solo 10% del totale; in Germania, meno del 5% degli «aiuti» andrà ad aiutare i disoccupati.
Queste misure hanno luogo nel quadro di un violento attacco ai lavoratori di tutto il mondo da parte della borghesia e dei suoi governi: licenziamenti, sospensioni, tagli agli stipendi, cambiamenti nelle condizioni di lavoro e attacchi a vecchie conquiste come ferie pagate, salario annuo aggiuntivo, contratti collettivi, etc.[4].
Cosa succederà ora?
Per analizzare le prospettive più vicine, è necessario considerare gli elementi contraddittori. Da un lato, l'economia mondiale aveva già intrapreso una dinamica recessiva, precedente alla pandemia che ha accelerato e accentuato questa dinamica ma non l'ha creata. Allo stesso tempo questo si verifica nel quadro di quella che abbiamo chiamato la «serie discendente di cicli economici, iniziata nel 2007/2008, e delle contraddizioni molto profonde del capitalismo imperialista nel suo declino» [5].
Al contrario, in autunno ci sarà un effetto attenuante prodotto dai grandi «pacchetti di aiuti» che i governi applicheranno. In ogni caso, il suo effetto sul Pil sarà inferiore alla sua entità, poiché le aziende trarranno vantaggi, da una parte di questi aiuti, non perché li investiranno nella produzione ma perché li capitalizzeranno finanziariamente. E, a livello centrale, l’effetto sarà quello dell'eliminazione delle quarantene e delle misure restrittive (con date e ritmi ancora imprecisi e che variano da Paese a Paese) che promuoverà una ripresa della produzione e dei consumi. Diversi analisti ritengono che questo fattore inizierà già ad agire nella seconda metà di quest'anno.
La tabella preparata dal Fmi nell'aprile 2020 mostra un confronto tra il Pil del 2019 e le stime per il 2020 e il 2021 [6] [la tabella è disponibile al link: https://litci.org/es/menu/economia/ya-llego-la-recesion-y-despues/ ndt].
In genere, il Fmi si caratterizza per le sue previsioni «ottimistiche», che è costretto poi a correggere fornendo cifre peggiori. In questo caso, il Fmi sembra scommettere su una forte ripresa post-quarantena (o con la sua graduale diminuzione nella seconda parte del 2020), ponendo una forte enfasi sulle economie asiatiche e, soprattutto, su quella cinese (le cui statistiche sono sempre messe molto in discussione).
Ma anche se consideriamo questi numeri, vediamo che, nella maggior parte dei casi, il recupero nel 2021 sarà inferiore all'autunno del 2020.
Questa assomiglia a una delle situazioni analizzate da Trotsky nel 1923: «Se la crisi, che significa distruzione, o comunque contrazione delle forze produttive, supera di intensità il successivo boom, si verifica, di conseguenza, una contrazione dell'economia», caratteristica di una curva generale al ribasso [7].
L'attuale dinamica dell'economia rischia di esplodere e di essere ulteriormente rafforzata dalla «deflazione» o dallo scoppio di diverse bolle speculative, tipiche dell'attuale fase del capitalismo imperialista. In particolare, a causa della somma dell'«indebitamento globale» dovuto ai debiti degli Stati, delle imprese e delle famiglie [8]. In tal caso, si verificherebbe la cosiddetta «tempesta perfetta» dell'economia mondiale.
Sia che si verifichi la prospettiva più attenuata o quella più catastrofica, saranno i lavoratori che ne pagheranno i costi. Quindi ora dobbiamo organizzarci e lottare contro questo sistema, e prepararci a lotte molto più difficili.
Note
[4] https://litci.org/es/menu/economia/un-presente-muy-duro-y-un-futuro-aun-peor-para-los-trabajadores/
[5] Vedi, su questo aspetto: https://litci.org/es/?s=las+dos+pestes
[6] Tratto da: https://www.imf.org/es/Publications/WEO/Issues/2020/04/14/weo-april-2020
[7] «La curva dello sviluppo capitalista» su: https://www.marxists.org/espanol/trotsky/1923/junio/21.htm
(*) dal sito della Lit-Quarta Internazionale www.litci.org
[traduzione dallo spagnolo a cura di Salvo de Lorenzo]