Medicaid è un programma dai limiti enormi, ben lontano dall'assicurare una copertura totale dei bisogni sanitari: attualmente copre soltanto le cure mediche di emergenza e alcune spese come quelle dentistiche, le radiografie, i trattamenti in cliniche psichiatriche, alcune medicine e attrezzature di vario genere. Non è semplice rientrare nel programma, non basta il requisito della povertà, bisogna essere in condizioni di particolare disagio e, secondo le leggi statali in vigore, il paziente può essere comunque costretto a pagare parte delle spese. Il testo della riforma prevede un'estensione degli aventi diritto a Medicaid, concomitante però con un taglio dei contributi federali.
L'altro programma federale è Medicare: fu creato da Lyndon Johnson nel 1965 per garantire la copertura per le spese mediche degli anziani, dai 65 anni in su. Alcuni senatori democratici hanno tentato durante la discussione su questa riforma di estendere il programma agli over 55, ma anche questa richiesta è stata affossata.
La riforma impone, con poche eccezioni, l’obbligo per ogni cittadino residente di disporre di un’assicurazione sanitaria attraverso i piani offerti dalle assicurazioni private, dai datori di lavoro o dallo Stato, per i pochi beneficiari che ne possono usufruire. Ciò di fatto equivale a una manna dal cielo per assicurazioni e imprenditori e a un'ennesima batosta per i lavoratori che si vedranno costretti a stipulare un'assicurazione sanitaria pur non potendosela permettere.
Nel testo approvato al Senato è sparita anche la famosa public option, il piano pubblico di assicurazione sanitaria gestito direttamente dal Ministero della Sanità. Al suo posto, i senatori democratici si sono limitati a prevedere un'agenzia federale di controllo e l’introduzione di un macchinoso sistema di norme, incentivi e sussidi.
Il testo ha anche norme simboliche e propagandistiche come l’introduzione di un tetto ai profitti delle compagnie assicurative, con l’obbligo di reinvestire in cure sanitarie almeno l’80-85% dei premi versati e il divieto di negare la copertura a persone malate, di applicare per la stessa ragione tariffe più elevate o di rescindere la polizza qualora l’assicurato si ammalasse o divenisse disabile. Di fatto la riforma non modifica nulla di importante: il sistema delle assicurazioni private non viene smantellato, ma anzi rafforzato, il problema delle spese a totale carico dei cittadini non viene nemmeno affrontato e, nonostante l'inserimento dell'assicurazione obbligatoria, si stima che nel 2019 almeno 23 milioni di persone rimarranno ancora privi di una copertura sanitaria.
Il problema dei lavoratori resta dunque l'accesso alle cure con in più l'aggravio del dover affrontare l'onere di un'assicurazione obbligatoria, ma i deputati cattolici hanno ben altre battaglie da combattere e hanno approfittato della riforma per far passare l'ennesima norma anti-abortista. Alla Camera è passato un emendamento che esclude le interruzioni di gravidanza dalle assicurazioni ottenute con i sussidi, o nell'ambito della public option. Al Senato è passata invece una linea più moderata, in cui si prevede che siano gli stati federali a decidere se rimborsare o meno le spese assicurative per l'aborto, ma la Conferenza episcopale statunitense ha definito il compromesso votato dal Senato "moralmente inaccettabile", aprendo uno scenario di opposizione oltranzista alla riforma nel caso non venisse reinserita la norma votata alla Camera.
Ora rimane da vedere se si troverà la quadratura del cerchio, ma sicuramente il periodo di crisi economica attraversato dagli Usa e dal mondo intero è propizio per far passare riforme che i capitalisti spacciano come storiche mentre sono solo fumo negli occhi dei lavoratori.