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La Russia bombarda la Siria dal mar Caspio

La Russia bombarda la Siria dal mar Caspio  

Putin intensifica i suoi attacchi in Siria. Ai bombardamenti aerei si sommano adesso gli attacchi con missili dalle acque del mar Caspio, a 1.500 chilometri di distanza dai suoi obiettivi. I militari russi questo mercoledì hanno lanciato circa 26 missili cruise contro il suolo siriano, sparati da quattro navi. 

 

 

Di Daniel Sugasti  

 

 

 

 

Questi attacchi sono stati coordinati ed hanno accompagnato un'offensiva terrestre delle forze leali al dittatore Bashar al-Assad. 

 

In seguito, lo Stato Maggiore russo ha assicurato di avere colpito attraverso questa operazione vari obiettivi dello Stato Islamico (ISIS), nelle province di Raqa, Idlib ed Alepo. Tuttavia, fonti diverse presenti sul territorio, come l'Osservatorio Siriano per i Diritti umani, denunciano che i veri bersagli furono le milizie ribelli al regime dittatoriale, oltre a civili innocenti. 

 

In questo senso, alti comandi russi hanno annunciato che in una settimana di attacchi le loro bombe hanno raggiunto 112 posizioni dell'ISIS. Il Dipartimento di Stato nordamericano, da parte sua, ha risposto dicendo che il 90 percento degli attacchi russi non ha colpito obiettivi dell'ISIS né di altri gruppi nell'orbita di Al Qaeda. 

 

La questione è che l'intervento di Putin non pretende di combattere l'ISIS bensì di puntellare il regime siriano. Questo è importante per preservare gli interessi russi in Siria e in Medio Oriente. 

 

In primo luogo, al regime russo interessa mantenere la base navale di Tartus, l'unica a sua disposizione nel Mediterraneo. D'altra parte, c'è la questione dei giacimenti di gas scoperti nel litorale siriano, di cui varie compagnie russe si sono assicurate lo sfruttamento per i prossimi 25 anni. La sopravvivenza politica di Assad è fondamentale per assicurare detti interessi. Questo, in realtà, non dovrebbe sorprendere nessuno. Sin dall'inizio del processo rivoluzionario, Putin ha prestato a Damasco un vitale aiuto finanziario, militare e diplomatico. 

 

Perché la Russia agisce direttamente ora e non lo ha fatto prima? L'intervento russo che abbiamo di fronte, più aperto e deciso, ha a che vedere con il deterioramento della situazione del regime siriano, fortemente logorato dopo aver affrontato per quasi cinque anni l'opposizione armata. Il dittatore Assad non controlla più del 25 percento del territorio. Se è riuscito a mantenersi al potere è esattamente per l'appoggio che ha ricevuto e continua a ricevere da Paesi come Russia, Iran, Cina, dalla milizia libanese Hezbollah, e dai governi considerati "progressisti" di Venezuela e Cuba. 

 

Un altro elemento, sempre meno considerato dagli analisti internazionali e soprattutto dalla maggioranza della sinistra mondiale, è il fatto che la rivoluzione, benché con flussi e riflussi, continua. Perfino frammentata e senza l'armamento pesante che necessita, la resistenza di fazioni come l'Esercito Libero Siriano e le milizie curde nel nord continua con fermezza. Negli ultimi mesi, d'altra parte, si è evidenziato l'avanzamento del cosiddetto Fronte della Vittoria (coalizione tra gruppi salafiti come Ahrar Al-Sham ed il Fronte Al-Nusra) verso Latakia, il feudo del clan Assad. In sintesi, la lotta del popolo siriano, pur con tutte le sue contraddizioni e alterne vicende, non è stata sconfitta. 

 

In questa cornice, la fascia mediterranea siriana, come l'asse Damasco-Homs-Hama, deve essere conservata costi quello che costi, perché in quella porzione di territorio si concentrano gli interessi vitali del regime siriano ed anche quelli del suo alleato russo: tanto la base navale di Tartus come i giacimenti di gas del Mediterraneo. 

 

Tenendo conto di questi elementi, la “lotta al terrorismo” dell'ISIS che brandiscono Putin ed Assad è pura fallacia. La verità è che l'ISIS sta prestando un servizio inestimabile alla dittatura siriana. È il "pericolo jihadista" che permette al dittatore siriano di mostrarsi come un attore "necessario" davanti alle potenze imperialiste. Essere considerato un "male minore" è molto importante per il regime siriano, perché l'aiuta, come minimo, a "guadagnare tempo". 

 

Una possibile "sconfitta" dell'ISIS ridurrebbe senza dubbio le aspettative di sopravvivenza della dittatura siriana e, quindi, implicherebbe un colpo agli interessi russi in quel Paese e nella regione. Col risultato che i bombardamenti di Putin hanno il proposito fondamentale di frenare l'avanzamento della rivoluzione siriana e "blindare" al massimo possibile il regime di Damasco. 

 

L'unica uscita progressiva per il popolo siriano e per tutto il Medio Oriente ed il Magreb passa per il rovesciamento della dittatura siriana e l'espulsione di tutti i suoi alleati. Questo sarebbe un "punto di partenza" fondamentale. Perciò, è necessario opporsi tanto ai bombardamenti russi come a quelli degli Usa, che attaccano la Siria da più di un anno. In questo senso, l'unità politico-militare delle milizie arabe e curde per sconfiggere Assad, lo Stato Islamico e l'imperialismo continua ad essere la chiave della vittoria. 

 

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