Partito di Alternativa Comunista

L'IMPERIALISMO NELLA PALUDE AFGANA

L'IMPERIALISMO NELLA PALUDE AFGANA
Sconfiggere gli aggressori!
 
 
 
di Enrica Franco
 
 
La guerra in Afghanistan è ormai perduta per gli Usa, il Paese sta tornando velocemente sotto la guida talebana tanto che il presidente Karzai nei giorni scorsi ha invitato il mullah Omar ad entrare a far parte del governo. Karzai si è anche impegnato a farsi garante dell'incolumità del leader dei Talebani al cospetto delle truppe internazionali, in caso di un suo ritorno in Afghanistan per negoziati di pace.
Persino il comandante delle forze Nato, generale David McKiernan, ha dichiarato che una riconciliazione con il mullah Omar, vista la situazione nel Paese, non si può escludere. Il leader talebano ha però rifiutato l’offerta e si è limitato a garantire la sicurezza delle forze straniere nel caso di ritiro.
Secondo fonti del governo afgano, solo 12 dei 400 distretti sono controllati da Kabul, e questo nonostante la presenza di circa 71 mila soldati della Nato e degli Usa. Il Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha parlato di un netto peggioramento della situazione: secondo l’ultimo rapporto il numero degli incidenti legati alla sicurezza è salito a 983 solo nel mese di agosto, raggiungendo il livello più alto dalla caduta dei talebani nel 2001. Delle 3 mila 800 vittime complessive, dall'inizio dell'anno, almeno mille e 400 sarebbero i civili, si tratta di un aumento del 39% rispetto allo stesso periodo del 2007. Questi i dati ufficiali che, come ovvio, tendono al ribasso, possiamo quindi facilmente immaginare che in quest’ultimo periodo in Afghanistan sia in atto una vera e propria mattanza.
 
 
L’invio di nuove forze
Nell’agosto scorso l’amministrazione Bush decise di procedere con l’attacco ai confini del Pakistan, dove si nascondono molti guerriglieri. I raid aerei provocarono decine di vittime civili nei villaggi pachistani, suscitando una sollevazione popolare e la dura condanna del governo “amico” di Islamabad, costretto a precisare che qualsiasi altra incursione avrebbe visto la risposta da parte dell’esercito pachistano. Nei successivi attacchi pare che effettivamente gli aerei americani siano stati colpiti, ma sia il governo pachistano che la Nato smentiscono l’accaduto. Le incursioni aeree non si sono comunque fermate e purtroppo nemmeno il conto delle vittime. 
George Bush ha inoltre annunciato che invierà altri 4 mila 500 soldati, ritirandone invece dall’Iraq (dove però, come sappiamo, la situazione non è affatto migliore per l'imperialismo), anche l’Italia e la Francia hanno già promesso nuove truppe. Sia John McCain che Barack Obama si sono detti favorevoli al trasferimento di un consistente numero di truppe dall’Iraq all’Afghanistan, spingendo i commentatori a suggerire che questo potrebbe essere il “Vietnam” dell’uno o dell’altro candidato alla presidenza.
L’Italia di Berlusconi non si tira indietro riguardo la richiesta di Bush di inviare maggiori truppe, il nuovo decreto legge ha intanto aumentato i finanziamenti stanziando 12,3 milioni di euro per la guerra in Afghanistan. Ma la notizia più importante è che per la prima volta l’Italia invierà quattro cacciabombardieri per partecipare ai raid aerei. La versione ufficiale parla di compiti di ricognizione video-fotografica e intelligence, visto che in teoria i soldati italiani non potrebbero condurre attacchi, ma il salto di qualità all’interno di uno scenario di guerra è lapalissiano, che i cacciabombardieri vadano in missione di pace non è credibile neanche da un bambino di sei anni!
E mentre il capitale è in crisi, l’industria bellica è l’unica a lavorare a pieno regime, come in qualsiasi crisi capitalistica che si rispetti: Alenia Aeronautica ha firmato, il 30 settembre scorso, un contratto con l’Us Air Force del valore di 287 milioni di dollari per la costruzione di diciotto aerei da trasporto tattico G222 da utilizzare a Kabul.
 
 
Per la sconfitta dell’imperialismo!
Nonostante i milioni di soldi pubblici sperperati e le netta superiorità militare, gli aggressori occidentali stanno capitolando sia in Afghanistan che in Iraq. Ci auguriamo che la resistenza possa sconfiggere l'imperialismo, indipendentemente dalle attuali direzioni politiche. Solo la vittoria della resistenza permetterà di fermare l'aggressione di popoli inermi per i profitti del grande capitale. Contemporaneamente, è necessario costruire in tutti i Paesi imperialisti un grande movimento contro la guerra, per il ritiro immediato delle truppe da tutti gli scenari di guerra.
Ciò che occorre è la costruzione fin da subito di comitati in tutte le città, che sappiano coniugare l'opposizione al governo Berlusconi con il no alla guerra. Serve la massima unità sul terreno delle lotte, tentando di coinvolgere tutte le organizzazioni del movimento operaio, allo stesso tempo è necessaria la chiarezza degli obiettivi politici: dire no alla guerra significa dire no ai governi che vogliono la guerra, cioè a tutti i governi del capitalismo. La recente esperienza del governo Prodi ha insegnato che non è possibile condizionare dall'interno le politiche della grande borghesia italiana. Occorre ricostruire su basi di classe un reale movimento di massa contro la guerra, nella consapevolezza che solo l'abbattimento del capitalismo può sottrarre l'umanità dalla spirale di guerre e miseria in cui è trascinata.

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