Questa
ribellione
non si fermerà!
Occupy Wall
Street prende di mira i giudici
e non molla le
banche
di Adriano Lotito
(*)
Nonostante gli inizi del nuovo anno non
abbiano regalato grandi svolte riguardo ai vari movimenti di protesta diffusisi
in molti Paesi nei mesi scorsi, anche tenendo conto del silenzio voluto dalla
totalità dei mezzi di comunicazione (la notizia o è spettacolo o non è), il
comitato Occupy Wall Street e gli Indignados d’oltreoceano non cessano di
muoversi, di organizzarsi e di discutere sugli sviluppi della lotta nel periodo
che hanno (e abbiamo) davanti. Cerchiamo dunque di dare qualche aggiornamento in
merito ad una situazione che era e rimane originale e
imprevedibile.
Dalle
banche ai tribunali: contro la giustizia borghese!
I
successivi passi del movimento sono stati intrapresi questa volta non contro i
centri del potere finanziario e politico (com’era diventato prassi) bensì contro
le Corti di Giustizia di molte città americane.
Il casus belli di questo nuovo
fronte di lotta è da ricercare in una sentenza della Corte Suprema degli Stati
Uniti, il massimo organo giudiziario del Paese, giustamente rea agli occhi dei
manifestanti di aver eliminato quasi ogni limite ai finanziamenti elettorali da
parte di società private e centrali sindacali, rivelando ancora di più
l’ipocrisia e i giochi di potere che si nascondono sotto l’apparente
democraticità del sistema elettorale americano (ma che non è dissimile dai
sistemi di tutti i Paesi capitalisti). Questa settimana la risposta dei
movimenti non si è fatta attendere, marciando verso le Corti di Giustizia di un
centinaio di città Usa mentre a Washington si prepara un’imponente
manifestazione davanti alla Corte Suprema. Alcuni settori che guidano le lotte
chiedono un emendamento costituzionale che ribalti la suddetta sentenza,
proponendo così una parola d’ordine assolutamente inefficace e compatibile con
l’ordine costituito. Giudici, governo, banche e imprese fanno parte di un unico
sistema, un sistema difeso e salvaguardato dalle specifiche carte costituzionali
nei confronti delle quali i manifestanti non devono riserbare nessuna
“rispettabilità democratica” e ancor meno affidamento.
Il futuro
del movimento all’orizzonte delle elezioni
L’elemento
importante è da ricercare però nell’allargamento dei bersagli della lotta che
sebbene non sia egemonizzata con un conseguente programma rivoluzionario da un
partito di classe, dimostra ancora di essere propositiva e di avere una
collaudata capacità di resistenza, fattori che pur non essendo decisivi, aprono
uno spiraglio di speranza per il prossimo futuro.
Il pericolo più incombente e subdolo che si
ritroverà ad affrontare oggi il movimento è quello delle elezioni, previste per
il mese di novembre, che possono rappresentare un momento di “distrazione di
massa” messo in atto dalla borghesia con il fine diretto di smorzare le
tensioni. Tutta l’attenzione dell’opinione pubblica è infatti rivolta alle
primarie in corso che decideranno il candidato presidente per il Partito
Repubblicano, mentre sul fronte opposto ritorna l’effetto Obama, che vuole
riguadagnarsi le simpatie degli strati più poveri della popolazione cercando di
scaricare le colpe della crisi sull’immoralità di qualche pescecane della
speculazione e sull’incapacità del governo passato.
Nella giornata di ieri, il presidente Usa ha
offerto il meglio della demagogia liberalpatriottica in salsa yankee, esibendosi
sul palco del teatro Apollo Harlem di New York, in uno show tanto melenso quanto
ridicolo. Nello stesso momento, per strada, fuori dal teatro, le urla dei
manifestanti contro le banche e i “maghi” della Borsa.
Quando si respira aria di elezioni, di
solito non si respira aria di lotta, ed è a questo che deve prestare attenzione
il movimento statunitense. Non prendendo per buone tutte le promesse che gli
saranno rivolte dai rispettivi candidati, né offrire ai Democratici
l’opportunità di farsi strumentalizzare contro il Partito Repubblicano, cosa a
cui invece mira spudoratamente Obama. E' di grande importanza che questo
movimento, che sta facendo scuola a livello internazionale(come prima è stato
con gli "indignados" spagnoli) non abbandoni il sentiero di guerra
aperto contro il capitale.
“Questa ribellione non si fermerà!”, è
uno dei titoli in prima pagina del “The Occupied Wall Street Journal”, il
giornale ufficiale degli Indignados fondato alla fine dello scorso anno. Perché
sia davvero così, negli Usa come in Europa è necessario costruire una
organizzazione rivoluzionaria, strumento indispensabile perché le lotte possano
vincere. E' compito in cui sono impegnate le sezioni della Lit-Quarta
Internazionale: tanto in Europa come negli Stati Uniti.
(*) resp. nazionale Giovani di
Alternativa Comunista