Sosteniamo il boicottaggio a Israele!
Rompiamo l'embargo a Gaza!
dichiarazione della Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale
L'attacco delle forze armate israeliane alla flottiglia internazionale che portava aiuti umanitari alla Striscia di Gaza ha messo a nudo una volta di più il vero carattere dello Stato d'Israele. Perché l'assassinio di almeno 9 attivisti è stato, in ultima analisi, la continuità della politica genocida che Israele applica quotidianamente contro il popolo palestinese, specialmente contro gli abitanti della Striscia di Gaza.
Non
ci riferiamo soltanto ai continui attacchi militari israeliani nei confronti di
Gaza, ma anche ai terribili effetti dell'embargo che, da molti anni, Israele
porta avanti per spezzare - per fame - la resistenza dei suoi abitanti.
Secondo
notizie dell'Onu e dell'Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità), "i bambini
di Gaza subiscono un aumento di malattie i cui effetti si faranno sentire in
futuro, specialmente sulla durata della vita di molti di loro". Con un cinismo
senza pari, alcuni leader israeliani la buttano in sarcasmo dicendo che si
tratta di "mettere a dieta i palestinesi" (citazione tratta dall'articolo di
Henry Siegman, direttore del Us/Middle East Project per il giornale Haaretz, pubblicato in Rebelión, 16/6/2010).
Contro
questo massacro sistematico e permanente della popolazione palestinese a Gaza,
alcuni attivisti ed organizzazioni di diritti umani si sono aggregati al Free
Gaza Movement (Movimento Gaza Libera) ed hanno lanciato una campagna
internazionale che lotta per la fine dell'embargo alla Striscia di Gaza e che,
già nell'agosto del 2008, aveva mandato la prima flottiglia in questa regione.
Quella attaccata ora da Israele fa parte di questa campagna e per questo,
essendo destinata a rompere l'embargo, è stata brutalmente attaccata perché
servisse d'esempio: chiunque voglia aiutare Gaza è considerato un nemico e sarà
liquidato da Israele.
Aumento dell'isolamento internazionale di Israele
Ma
questa politica israeliana non è senza conseguenze. Nella misura in cui,
progressivamente, si disvela la farsa del "paese democratico" in mezzo a "paesi
arabi dittatoriali" con cui Israele ha coperto il suo vero carattere nei
decenni scorsi, adesso iniziano a crescere il ripudio e l'isolamento
internazionale.
Dopo
l'attacco alla flottiglia ci sono state grandi manifestazioni in Turchia, nei
paesi musulmani e in tutta Europa. In tutto il mondo c'è stato un aumento delle
azioni di ripudio di massa nei confronti di Israele ed un salto nella coscienza
dei popoli su cosa sia in realtà lo Stato d'Israele.
Una
conseguenza dell'attacco alla flottiglia nel panorama della regione
mediorientale è stata l'allontanamento fra Israele ed il governo turco, finora
il principale alleato nel mondo musulmano. Un risultato quasi inevitabile, dal
momento che varie navi della flottiglia battevano bandiera turca e molti
attivisti (tra cui la maggioranza di quelli morti) erano di nazionalità turca.
Altra
conseguenza è stata che il governo egiziano retto dal dittatore Mubarak, altro
tradizionale alleato di Israele, si è visto costretto ad allentare per il
momento l'embargo con cui stringeva, in collaborazione con Israele, la Striscia
di Gaza. Lo stesso Stato d'Israele si è visto costretto a ridurre la lista di
prodotti proibiti dall'embargo.
Perfino
nella comunità ebraica statunitense, la più numerosa fuori da Israele ed uno
degli appoggi più forti dello Stato sionista, iniziano a sorgere settori che
mettono in discussione l'azione israeliana. Nell'articolo già citato, Henry
Siegman (egli stesso un ebreo statunitense) afferma che: "Il diffondersi della
condanna del mondo a Israele è una reminiscenza dell'epoca più oscura dell'era
Hitler". Siegman chiarisce che, in questo caso, è lo Stato sionista a giocare
il ruolo dei nazisti e le sue vittime sono i palestinesi di Gaza: "Un milione e
mezzo di civili sono stati costretti a vivere in una prigione a cielo aperto in
condizioni subumane per più di tre anni".
Complicità imperialista
Tuttavia,
né la politica genocida israeliana contro i palestinesi, né il massacro degli
attivisti internazionali hanno potuto cambiare la complicità dei governi dei
paesi imperialisti (Usa ed Europa) e dell'Onu con Israele. Sia questi governi
che l'organismo internazionale si rifiutano di condannare Israele e la sua
politica genocida.
Le
ragioni sono molto profonde: nel 1948, Israele venne creato, con votazione
dell'Onu, come un'enclave imperialista per svolgere il ruolo di "gendarme"
contro il popolo palestinese e la lotta dei popoli arabi. In questo senso, è
l'unico alleato sicuro degli Usa nella regione (concetto chiaramente
riaffermato da Obama). Per questo, la sua esistenza sarà sempre difesa fino
alla fine dall'imperialismo.
La popolazione israeliana appoggia il genocidio
Gli
ultimi fatti non hanno minimamente modificato l'appoggio ampiamente
maggioritario della popolazione israeliana a questa politica genocida. Secondo
un'indagine realizzata dal giornale Israel
Hayom, il 92% degli israeliani ha appoggiato l'attacco alla Freedom
Flotilla e il 78% è d'accordo con l'assedio alla Striscia di Gaza.
È
assolutamente logico: come abitanti di un'enclave colonial‑militare, la maggioranza
ebraica di essi sa che, per difendere i propri privilegi ed il proprio livello
di vita (basato su un'economia fondata sul bilancio militare e la fabbricazione
di armi), deve difendere fino alla fine l'esistenza di questo Stato. Di qui,
l'appoggio a tutte le politiche e alle misure del governo (finanche le più
crudeli e inumane), destinate a quest'obiettivo.
Alcuni
settori minoritari israeliani, come alcuni dei sopravvissuti alla persecuzione
nazista, o i pochi pacifisti che vengono ostilmente additati dai fascisti nelle
loro manifestazioni, possono essere in contraddizione con questi provvedimenti.
Ma, come riferisce Siegman, il sentimento ampiamente maggioritario è quello
riportatogli da un amico israeliano: "A tutti gli effetti pratici, essi sono
arabi".
È
sempre più chiaro che non ci sarà un'autentica soluzione finché non venga
distrutto lo Stato d'Israele (la cui esistenza e natura sono la causa profonda
del conflitto) e non venga creato uno Stato palestinese unico, laico,
democratico e non razzista; in cui possano far ritorno alle loro terre i
palestinesi espulsi ed in cui possano convivere pacificamente gli ebrei residenti
che lo vogliano e che accettino i diritti dei palestinesi.
Cresce la campagna di boicottaggio a Israele
Nell'immediato,
stanno crescendo l'isolamento e il ripudio di Israele fra le organizzazioni
sindacali e popolari e fra gli intellettuali di tutto il mondo. Anche gli
artisti si stanno aggiungendo. Ad esempio, il musicista statunitense Carlos
Santana, il cantante inglese Elvis Costello e il gruppo rock Pixies hanno
cancellato i loro concerti in Israele.
Ma
ciò che è ancor più importante è che la campagna internazionale per il
boicottaggio sta facendo un salto in avanti. La campagna è stata lanciata nel
2005 dal Pacbi (Campagna Palestinese per il Boicottaggio Culturale ed
Accademico ad Israele), uno dei cui membri fondatori è Haidar Eid, professore
dell'Università di Al‑Aqsa, a Gaza (se ne può leggere l'intervista
all'indirizzo www.litci.org/declaraciones/94‑medio‑oriente/808‑artigo808).
Questa
campagna è stata lanciata da un'ampia coalizione di organizzazioni palestinesi
che ha raggruppato praticamente tutte le correnti d'opinione lì insediate. A
partire dalla sua proposta, è stata creata la Piattaforma Bds (Boicottaggio,
Disinvestimento, Sanzioni) che sostiene un boicottaggio internazionale
sindacale, accademico, sportivo, commerciale e dei consumatori nei confronti di
Israele. Questa campagna ha un coordinamento internazionale dei comitati
nazionali che ha appena realizzato in Svezia una riunione con 120 persone
provenienti dalla Francia, Inghilterra, Irlanda, Scozia, Italia, Spagna
(specialmente Catalogna e Paesi Baschi), Portogallo, Svezia, Norvegia e
Sudafrica. È stata anche proposta la creazione di una "piattaforma sindacale
pro‑Palestina", passo molto importante per consentire l'appoggio del movimento
operaio mondiale a questa campagna contro Israele e la sua politica genocida.
La solidarietà operaia
Benché
l'insieme della campagna sia molto importante per isolare e preparare la
sconfitta di Israele, vogliamo sottolineare l'importanza della solidarietà
operaia perché permette di colpire Israele nell'intercambio commerciale
internazionale e rende molto più costoso per i suoi sostenitori internazionali
e le imprese che investono lì mantenere l'appoggio al genocidio praticato dai
sionisti. E anche perché ha un senso di solidarietà della classe operaia di
grande importanza per ricostruire l'internazionalismo operaio, come è accaduto
in altre epoche per i movimenti di solidarietà al popolo spagnolo contro il
franchismo e contro l'apartheid sudafricano.
Per
questo, consideriamo di enorme rilevanza alcuni recenti risultati della
campagna rivolta ai sindacati, come ad esempio:
§ la decisione dei sindacati portuali di Svezia e Norvegia di aderire alla campagna. In Svezia, gli stivatori non hanno scaricato per una settimana (il massimo consentito dalla legge) nessun container di prodotti israeliani, molti dei quali realizzati in condizioni illegali (cioè nelle colonie situate nei territori occupati dal 1967). Björn Borg, dirigente del sindacato, prevede di ripetere la protesta che il suo sindacato ha realizzato in passato contro il fascismo cileno e l'apartheid sudafricano;
§ la University and College Union, sindacato che rappresenta circa 120.000 docenti e impiegati di scuole e università della Gran Bretagna, ha deciso di aderire al Bds contro Israele nel congresso svoltosi a Manchester lo scorso 30 maggio;
§ il Comitato Esecutivo Centrale del Samwu (sindacato dei lavoratori municipali del Sudafrica) ha deciso che, come parte della campagna Bds, impedirà qualsiasi legame accademico, culturale, sportivo e di altra natura con Israele e ha pubblicamente dichiarato la sua solidarietà al popolo palestinese. Nello stesso paese, nel febbraio scorso, gli stivatori di Durban hanno rifiutato di scaricare i container di una nave israeliana;
§ il Cmfeu (sindacato australiano dei lavoratori edili, dei minatori e dei lavoratori dell'energia) ha deciso di aderire, lo scorso 11 maggio, al Bds;
§ negli Usa, 800 attivisti della comunità e dei sindacati, convocati dall'organizzazione Answer, hanno bloccato i varchi del porto di Oakland (vicino alla città di San Francisco, California) per spingere gli stivatori a non caricare e scaricare navi provenienti o dirette in Israele. I membri dell'International Longshore and Warehouse Union (Ilwu, sindacato dei portuali) hanno appoggiato l'appello e hanno partecipato al picchetto.
Appoggiamo e sosteniamo la campagna
La
Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale esprime la sua
adesione a questa campagna. Facciamo appello alle organizzazioni sindacali,
sociali, studentesche e popolari, ad organizzare e sviluppare attività di
boicottaggio a Israele in tutto il mondo. Siamo in un momento in cui è
possibile sviluppare azioni che approfondiscano l'isolamento internazionale di
Israele, debilitando realmente lo Stato sionista. In tal modo, appoggeremo e
rafforzeremo la lotta del popolo palestinese. Ciò significa sostenere la più
ampia unità d'azione di tutti coloro che coincidono con gli obiettivi della
campagna.
È
fondamentale per questo l'unità con le comunità arabe e palestinesi di altri
paesi e con tutte le correnti che accettino di sostenerla. Sappiamo che è molto
importante realizzare una forte campagna per rompere l'embargo di Gaza e che
l'appello al boicottaggio può colpire Israele. Ma, nel quadro di questa
campagna unitaria, segnaliamo che si rende necessaria una lotta molto più dura,
che giunga fino alla sconfitta definitiva di Israele.
Ciò
esige l'azione di massa in tutto il Medioriente e nel mondo intero, per
distruggere questo Stato razzista e genocida e recuperare tutto il territorio
palestinese per una Palestina laica, democratica e non razzista. In questo
cammino, il boicottaggio consente di mobilitare e generare una coscienza su
questa necessità strategica ed aprire la strada ad azioni più incisive con
questa prospettiva.
È
necessario mobilitare le masse arabe e musulmane affinché esigano dai loro
governi la rottura con Israele, che l'Egitto tolga immediatamente e
incondizionatamente l'embargo e che tutti i paesi arabi rompano le relazioni
con Israele.
In
Europa, è necessario sconfiggere l'appoggio che la stessa Unione Europea e i
governi imperialisti dà a Israele. Quei governi che si riempiono la bocca
parlano di "diritti umani", ma appoggiano sistematicamente lo Stato d'Israele e
voltano lo sguardo rispetto alle sue pratiche genocide; oppure chiedono
"inchieste" che non vengono mai realizzate e che, quando pure lo sono - e
Israele non le accetta - le si ignora, com'è accaduto con l'indagine svolta dal
giudice sudafricano Richard Goldstone sull'invasione di Gaza.
In
Sudamerica, i media presentano il Brasile come presuntamente "indipendente",
ancor più dopo che Lula si è recato in Israele sostenendo una politica definita
"di pace". Ma la verità è che Israele è l'unica nazione fuori dell'area con cui
i paesi del Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay) hanno firmato un
Trattato di Libero Commercio (Tlc). In tal modo, questi governi (alcuni dei
quali si definiscono di "sinistra"), quantunque facciano discorsi in favore
della pace, concedono spazio commerciale e politico a Israele contribuendo a
indebolire il suo isolamento internazionale e rafforzando invece le sue
aggressioni ai danni del popolo palestinese. Facciamo appello a sviluppare una
campagna in questi paesi per esigere dai governi di Lula, Kirchner, Lugo e
Mújica, la rottura immediata delle relazioni diplomatiche e commerciali e
dell'accordo del Mercosur con Israele.
Come
abbiamo già detto, siamo in un momento in cui l'azione internazionale può
ottenere risultati effettivi nell'indebolimento di Israele. All'opera!
Tutto il nostro appoggio e solidarietà alla lotta del popolo palestinese!
Per la fine immediata del criminale embargo a Gaza!
Esigiamo dai governi l'immediata rottura delle relazioni diplomatiche e commerciali con Israele!
Sosteniamo una grande campagna di boicottaggio a Israele in tutto il mondo!
Per la fine dello Stato d'Israele! Per una Palestina laica, democratica e non razzista!