Spagna
SIAMO ANCORA INDIGNATI
Intervista a un attivista delle lotte degli indignados
a cura di Patrizia Cammarata

Incontriamo Diego Rodriguez, fino a qualche mese fa attivo, con Corrente Roja (Corrente Rossa), nelle lotte degli indignados spagnoli; ora in Italia, militante del Pdac.
Domanda: Diego, è solo da qualche mese che sei partito dalla Spagna e che stai in Italia. Vorrei che ci parlassi del movimento degli “indignados”, che tu hai visto nascere nel maggio 2011 e al quale hai partecipato. Perché, e in che modo, è nato il movimento?
D.Rodriguez:
Il
movimento è nato fondamentalmente come risposta alla crisi economica e sociale
di cui soffre la Spagna,
colpita duramente dalla crisi capitalistica mondiale. È scoppiata la rivolta
perché la via d’uscita imposta dal governo di centrosinistra di Zapatero, e
adesso dal governo di Rajoy, con il sostegno delle burocrazie sindacali
spagnole (CC.OO ed UGT), era quella di far pagare la crisi delle banche e del
gran capitale nazionale alla classe lavoratrice e alle masse popolari.
Sono state
adottate misure contro i lavoratori ed i giovani, come l’innalzamento dell’età
pensionabile o la riforma del mercato del lavoro che prevede facilitazioni nei
licenziamenti, una misura, questa, suicida in un paese con 5 milioni di
disoccupati (il 20% della popolazione in età da lavoro, percentuale che sale al
40% nei giovani). Sono stati approvati tagli allo stato sociale, in modo
particolare nella sanità e nell’istruzione.
Come conseguenza a tutto questo i giovani, soprattutto universitari, si sono
mobilitati organizzando, soprattutto con lo strumento della comunicazione via
internet, manifestazioni ed occupazioni di piazze, alla maniera delle
rivoluzioni arabe in corso. I giovani, quindi, si sono
trovati a dare vita ad un movimento nuovo, perché i partiti della sinistra in
parlamento (dalla socialdemocrazia ai sedicenti comunisti) e i sindacati
confederali spagnoli avevano, fino a quel momento, fermato ed ostacolato la
lotta. Dopo le prime mobilitazioni, seguite da occupazioni permanenti delle
piazze come quella di Sol in Madrid, si sono unite centinaia di migliaia di
persone in tutta la Spagna.
Domanda: Come partecipavi, tu e gli altri nostri giovani compagni spagnoli, alle iniziative del movimento che si proclamava “senza bandiere di partito”?
D.Rodriguez:
Io, come
militante di Corrente Rossa, che è un’organizzazione rivoluzionaria presente in
tutta la Spagna,
ed i miei compagni, abbiamo partecipato alle diverse assemblee portando il
nostro discorso rivoluzionario e di classe, non nascondendo mai la nostra
appartenenza politica. Il nostro scopo era quello di indicare una direzione
rivoluzionaria al movimento, impegno che i miei compagni in Spagna continuano a
perseguire.
Ci sono due
fattori per spiegare l’ostilità nei confronti dei partiti: per prima cosa direi
che è comprensibile la diffidenza del popolo, soprattutto dei giovani, verso i
partiti considerato il danno che hanno fatto in questi anni anche i cosiddetti
partiti di sinistra, o che si dichiarano comunisti, ai lavoratori… credo che
questo sia successo anche in Italia. Non si devono, però, confondere le cose:
non tutti i partiti o sindacati sono così, esistono scelte politiche che
difendono i lavoratori, e che non hanno mai rinunciato all’obiettivo del
rovesciamento di un’economia capitalistica che ci porta al disastro. In secondo
luogo, soprattutto i dirigenti del movimento degli “indignados”, avevano
paura delle divisioni. Divisioni che, secondo il loro parere, sarebbero state
rappresentate dalla presenza delle varie bandiere dei partiti nelle
mobilitazioni. Io credo sia naturale che dentro un movimento, così ampio, ci
siano diverse proposte politiche e penso che quello che non si deve fare, con
l’intento proclamato di evitare le divisioni, sia invece accettare obiettivi
politici tutt'altro che rivoluzionari.
Domanda: Alle elezioni politiche spagnole del 20 novembre scorso, ha vinto il Parito Popolare (PP) guidato da Mariano Rajoy. La destra, quindi, è tornata al potere in Spagna ed è tornata con numeri alti. Il PP ha, infatti, ottenuto una netta maggioranza nella quasi totalità delle province spagnole. Dopo questo risultato elettorale molti hanno evidenziato che la destra ha vinto alle elezioni, mentre le piazze spagnole erano colme delle manifestazioni degli “indignados”, appoggiati dai movimenti e dai partiti della sinistra. Come spieghi quest’apparente contraddizione?
D.Rodriguez: La gente ha paura. Ha paura perché non trova lavoro, perché è sfrattata dalla casa in cui vive, perché vede che è abbassata la pensione d’anzianità, ecc. Dopo lo storico tradimento del PSOE che, infatti, ha perso tantissimi voti, il PP si è presentato, attraverso i mass media, come unica alternativa possibile al disastro, e immagino che il movimento 15M non sia mai stato un’opzione di governo nella testa della gente, perché non ha mai voluto esserlo. La gente, quindi, ha visto gli “indignati” come un movimento che rappresenta un’esplosione di rabbia contenuta per tanto tempo ma non come un movimento interessato a prendere il potere. A questo dobbiamo aggiungere la distanza che ha attuato il movimento con il mondo del lavoro e l’assenza assoluta di un discorso di classe. La maggior parte delle rivendicazioni, infatti, non riguardava i problemi dei lavoratori, ma migliorare le istituzioni politiche e la partecipazione del singolo cittadino. Per sintetizzare, quindi, il trionfo della destra è dovuto alla mancanza di referenze politiche credibili nella sinistra, ed è proprio in questo vuoto che abbiamo l’opportunità e la sfida per la costruzione di una vera organizzazione rivoluzionaria che riempia questa storica lacuna e possa essere il referente di lotta per i giovani, i disoccupati e per i lavoratori.
Domanda: In Italia il tasso di disoccupazione giovanile è superiore al 30%. Nel frattempo i provvedimenti del governo Monti hanno aumentato l’età pensionabile e chi era alle soglie della pensione dovrà lavorare fino a quasi settant’anni, mentre i giovani rimangono disoccupati e senza futuro. Dalla Spagna all’Italia, dalla Grecia al Comitato Occupy Wall Street d’oltreoceano, quale soluzione per i giovani proletari del mondo?
D.Rodriguez: È una bella domanda, per la quale ci sono diverse risposte possibili, ma io, col passare del tempo e dopo le mie esperienze personali, ho capito che ci serve un’organizzazione internazionale efficace, combattiva, organizzata e rivoluzionaria. Il grande capitale è molto ben organizzato (Fmi, Bm, G7, etc.) e possiede degli strumenti fortissimi (Nato, eserciti, polizie, Tv, giornali, etc.) bisogna costruire un’organizzazione internazionale dei lavoratori per fronteggiarli ed avere possibilità di vittoria. Dobbiamo saper rompere la diffidenza dei giovani e dei lavoratori, disillusi verso i partiti. La questione centrale è la costruzione del partito internazionale rivoluzionario. Abbiamo avuto l'esempio del movimento degli “indignati” e anche delle diverse rivoluzioni del Nord Africa e del Medio Oriente. Senza una direzione rivoluzionaria, non nel senso di "comandare" ma nel senso di dirigersi verso un obiettivo politico chiaro, anche le rivoluzioni possono cadere in mano alla controrivoluzione, si disperdono, o, nei casi migliori, riescono a cambiare le cose soltanto a livello superficiale.