Tunisia
Rivoluzione socialista
o imperialismo e oppressione
volantino del Pdac
Riportiamo il volantino diffuso in questi giorni dalle sezioni del Pdac ai presidi in difesa del proletariato tunisino.
I fatti di questi giorni in Tunisia dimostrano ancora una volta che nell’epoca dell’imperialismo non vi può essere nessuna vera rivoluzione democratica che non si sviluppi in rivoluzione socialista: o i lavoratori distruggono lo Stato esistente e prendono in mano in prima persona il potere politico, attraverso degli organismi creati dai lavoratori e dagli oppressi in lotta, basati sulla democrazia proletaria, oppure sono condannati a rimanere sotto la stessa repressione operata da nuovi volti, con un parziale turn over che elimini le facce più compromesse, e, non c’è bisogno di dirlo, sempre al servizio di uno o più imperialismi e dei loro rapaci interessi di sfruttamento e rapina della regione.
Questo è quello che è successo in Tunisia dopo la cacciata di Ben Alì e nelle altre «primavere arabe» in Egitto e in Libia di Gheddafi, nonché il destino che potrebbe toccare domani alla Siria. L’esperienza della lotta che ha portato alla caduta di questi regimi decennali è stata talmente importante da aver riportato il termine di “rivoluzione” di nuovo all’ordine del giorno del dibattito politico, ma i popoli arabi devono rendersi conto, e le mobilitazioni di questi mesi in tutti questi Paesi indica chiaramente che la coscienza della situazione sta rapidamente diffondendosi tra gli attivisti che avevano partecipato alle primavere arabe, che questa lotta importantissima ha prodotto una rivoluzione solo politica e quindi, non mettendo in discussione l’assetto capitalistico degli Stati del Nord Africa, una rivoluzione abortita.
La rivoluzione necessaria per liberare definitivamente il popolo tunisino e tutti i popoli arabi dall’oppressione è una rivoluzione sociale, la rivoluzione socialista. Questa rivoluzione deve essere necessariamente internazionale e porsi l’obiettivo di creare una Federazione di Repubbliche Socialiste Arabe, che rappresenta l’unica possibilità di dare pace alla regione ponendo fine ai vari conflitti territoriali e religiosi e di opporsi efficacemente ai tentativi delle potenze imperialiste di mantenere il loro domino sugli Stati di Nord Africa e Medio oriente. L’uccisione del leader dell’opposizione tunisina, Chokri Belaïd, dimostra drammaticamente come non vi sia un vero regime democratico in Tunisia e non vi potrà mai essere, se non come Stato dei lavoratori. Questa è la posizione che la Lega internazionale dei lavoratori, di cui Alternativa comunista è sezione italiana, ha sempre sostenuto e continua a sostenere. Lo sciopero generale dell’8 febbraio è solo il primo passo verso il completamento della rivoluzione per la liberazione del popolo tunisino e di tutti i popoli arabi. Ma perché questo sia possibile deve sorgere anche in Tunisia un partito risoluto che lotti per far prendere coscienza ai lavoratori che per la vittoria finale sull’oppressione e l’imperialismo è necessario rovesciare lo Stato borghese e sostituirlo con uno creato dai lavoratori e per i lavoratori.
Per la creazione di una sezione tunisina della Lega internazionale dei lavoratori!
Per la ripresa della Rivoluzione in Tunisia, Egitto e Libia! Per la vittoria della Rivoluzione in Siria! Per la creazione di uno Stato palestinese laico e la liberazione dal sionismo!
Per una Federazione delle Repubbliche Socialiste Arabe in Nord Africa e Medio oriente!