Il "modello Zapatero" alla prova dei fatti
di Alberto Madoglio
Un anno e mezzo fa in Spagna il Psoe guidato da Zapatero vinceva le elezioni politiche, a danno del Partito Popolare che governava il Paese da otto anni.
In un articolo apparso sulle pagine di questo giornale, scrivevamo che l'entusiasmo con cui il Prc salutava la vittoria dei socialisti spagnoli era mal riposto: ritenevamo, infatti, che la politica che il Psoe avrebbe applicato in Spagna non si sarebbe discostata di molto da quella dei suoi predecessori. Ora, a un anno di distanza, è possibile fare un primo bilancio di quell'esperienza e trarne le dovute conclusioni politiche.
Su tutta la stampa italiana, e non solo, si è dato molto risalto ad alcune misure che, dal punto di vista mediatico, hanno avuto un buon successo.
La composizione paritetica tra uomini e donne dell'esecutivo, una legge contro la violenza familiare, l'approvazione del matrimonio omosessuale, hanno avuto un'ampia eco in tutta Europa, col risultato di oscurare il lato più conservatore e reazionario della politica di Zapatero e il suo carattere liberista in materia di politica economica e sociale, che traspariva in maniera evidente già dalla composizione della compagine ministeriale.
La nomina di Pedro Solbes (ex membro della Commissione Ue guidata da Prodi) a ministro dell'Economia ha avuto lo scopo di rassicurare i mercati nazionale ed estero circa l'affidabilità del nuovo esecutivo in materia di politica economica e di assicurarsi la fiducia da parte della borghesia.
Per ciò che riguarda l'economia, Zapatero ha ridotto le tasse sui grandi capitali in maniera consistente; è riuscito ad imporre, in collaborazione con le centrali sindacali, una politica di moderazione salariale che ha fatto sì che i contratti firmati prevedessero aumenti inferiori al tasso di inflazione mentre allo stesso tempo i profitti delle imprese sono cresciuti in maniera esponenziale; affermando che "bisogna lavorare di più", ha ottenuto un aumento della media delle ore lavorative annue rispetto al passato
Infine ha proseguito nelle politiche di privatizzazioni e liberalizzazioni e sta preparando un'ipotesi di riforma del sistema pensionistico che aumenta gli anni di lavoro e diminuisce l'entità della pensione.
Nei rapporti con la Chiesa Cattolica, il gabinetto socialista ha avuto in realtà un atteggiamento collaborativo. Se è vero che la legge che regolarizza le unioni omosessuali ha creato tensioni col clero spagnolo, la riforma del sistema scolastico prevede un ruolo privilegiato per l'educazione privata; come l'esperienza italiana insegna, questo tema vede la Chiesa molto favorevole, in quanto si tratta di una materia che le permette di aumentare il controllo sulle "anime" e allo stesso tempo di gonfiare il portafoglio.
In politica estera, il ritiro delle truppe spagnole dall'Irak non è stato certamente l'inizio di una politica pacifista. Una scelta dettata da due differenti fattori: primo, la forte opposizione che la partecipazione spagnola all'occupazione militare in Irak aveva trovato tra le masse di giovani e di lavoratori del Paese, come hanno dimostrato le ingenti manifestazioni popolari pacifiste che hanno attraversato la Spagna; secondo, la volontà da parte del governo, di uscire dalla situazione di stallo creatasi dopo la caduta del regime di Saddam Hussein, in cui le prospettive dell'imperialismo di arrivare ad una breve pacificazione del Paese sono state clamorosamente smentite dai fatti.
Questa scelta non ha mutato le ambizioni di potenza economica e militare di Madrid.
E a riprova di ciò vi sono la partecipazione all'occupazione militare dell'Afghanistan, in cui il contingente iberico risulta essere uno dei più numerosi, e la partecipazione alla cosiddetta missione militare di pace ad Haiti sotto l'egida dell'Onu, che nelle scorse settimane, come ricordava sull'Espresso Naomi Klein, si è macchiata di uno spregevole crimine, sparando all'impazzata sulla folla nelle strade di un quartiere della capitale, Port Au Prince, in cui si erano radunati i sostenitori dell'ex presidente Arisitide, ora in esilio.
Ma è soprattutto l'America Latina l'area di interesse strategico primario per la Spagna.
Zapatero si è proposto come mediatore tra il presidente venezuelano Chavez e quello colombiano Gutierrez, da lui definito "un paladino della democrazia in Sud America", mentre in realtà si tratta di uno dei peggiori criminali del continente, sostenitore della guerriglia paramiliare di estrema destra. Questo ruolo gli ha permesso di ottenere da entrambi i Paesi importanti commesse per l'acquisto di aerei e navi da guerra, in più ha permesso all'industria petrolifera spagnola Repsol di sfruttare, in collaborazione con l'impresa di stato venezuelana Pdvsa, le ingenti risorse di idrocarburi del Paese.
Non c'è che dire, chi diciotto mesi fa auspicava l'inizio di una primavera per i lavoratori spagnoli e europei sarà rimasto deluso, ma non poteva essere diversamente.
Tutti i fatti finora elencati dimostrano come la politica del governo "socialista" di Madrid non si discosti minimamente da quella del suo predecessore di centrodestra, né da quella delle altre potenze imperialiste occidentali, con le quali la Spagna vuole semmai entrare in competizione per le proprie ambizioni di potenza politica regionale.
Anche oggi, quindi, come settant'anni fa dobbiamo trarre insegnamenti dalle vicende spagnole.
La prima è che, a livello internazionale, non può esistere una terza via riformista tra liberismo e comunismo, e quindi il problema della costruzione di un'internazionale rivoluzionaria con una sua sezione anche in Spagna che si proponga l'obiettivo di un governo dei lavoratori rimane più che mai all'ordine del giorno, e che la scelta di Progetto Comunista di lavorare per questo obiettivo viene ancora una volta confermata dai fatti.
La seconda è che ciò che avviene a Madrid rappresenta in piccolo quello che capiterà in Italia nel 2006 quando, con ogni probabilità, avremo un governo di centrosinistra con la partecipazione diretta di ministri di Rifondazione Comunista. Un governo basato su un programma confindustriale, senza opposizione politica e sindacale non potrà far altro che disastri per le masse sfruttate.
Con l'aggiunta che un tale governo in Italia non attuerà quei provvedimenti che, come nel caso spagnolo, possono creare l'illusione di una rottura con le politiche precedenti. Non avremo da noi la legalizzazione dei matrimoni omosessuali, ma al massimo Patti civili di Solidarietà (Pacs), cioè il nulla; per quanto riguarda l'Irak, non si parlerà di ritiro immediato, ma di un disimpegno graduale, e via di questo passo.
Per questo dobbiamo assolutamente impedire che una sorta di "tempesta perfetta" si abbatta sui lavoratori del Paese. Se una opposizione di classe manca per ora in Spagna, questa non dovrà mancare in Italia, qualunque sia il governo che uscirà dalle urne nella primavera del prossimo anno.