Partito di Alternativa Comunista

VOLONT

VOLONTÀ POPOLARE ED ISTERIA PRO CHAVISTA

Sviluppi del dopo voto in Venezuela

 



di Valerio Torre


È da molto tempo che il processo in atto in Venezuela ed il corso del governo di Hugo Chávez costituiscono argomento centrale di discussione e dibattito all'interno della sinistra mondiale. Ed il risultato del referendum, con l'inattesa sconfitta del progetto chavista di modifica della costituzione in senso più autoritario e tutt'altro che "socialista", ha fatto sì che questo dibattito si infervorasse.

È accaduto, infatti, che di fronte al giubilo dell'imperialismo per la vittoria del NO, la sinistra pro chavista di ogni dove si sia arrampicata sugli specchi per dare una giustificazione del primo arresto elettorale di Chávez; oppure - com'è nel caso della vicenda che trattiamo qui pubblicando tradotto in italiano il numero di dicembre del Correo Internacional (il mensile telematico della Lit Ci) - abbandonandosi a vere e proprie reazioni isteriche.


James Petras, famosissimo sociologo, professore universitario ed uno dei guru più ascoltati della sinistra "altermondialista", è un dichiarato ed illustre fan chavista. Per dare una spiegazione plausibile della sconfitta referendaria che il governo venezuelano ha incontrato nella recente consultazione elettorale non ha trovato di meglio che accusare il Pstu brasiliano (il nostro partito fratello nella Lit) ed alcuni sindacalisti venezuelani, tra cui Orlando Chirino, conosciutissimo dirigente sindacale rivoluzionario, di aver contribuito alla sconfitta referendaria della riforma "socialista" di Chávez lavorando fianco a fianco con settori della destra venezuelana ingaggiata e foraggiata economicamente dalla Cia e dall'imperialismo americano. In altri termini, l'accusa è di essere finanziati dagli Usa e di esserne, quindi, gli "agenti".


Si tratta di un'imputazione gravissima, che, partendo da un "pulpito" noto come quello di Petras sta facendo danni enormi all'immagine ed all'onorabilità di militanti rivoluzionari e dirigenti operai. Non solo: ma, addirittura, costituisce la giustificazione teorica per il governo venezuelano per iniziare a scatenare contro di essi la repressione di cui cominciano ad avvertirsi già i primi segnali.

Il Correo Internacional che presentiamo qui contiene una lunga lettera aperta che due dirigenti di primo piano del Pstu, Eduardo Almeida Neto e Zé María de Almeida (quest'ultimo dirigente della Conlutas, il sindacato brasiliano legato al Pstu) hanno indirizzato a James Petras per contestarne le vigliacche e menzognere accuse, con argomentazioni che costituiscono un'approfondita spiegazione della posizione politica espressa dalla Lit Ci di appoggio per il NO al referendum.


Subito dopo l'esito referendario, il PdAC ha commentato il voto con un breve comunicato pubblicato sul suo sito web, ripromettendosi di analizzare più diffusamente in seguito la situazione venutasi a creare in Venezuela dopo il risultato della competizione elettorale.

Tuttavia, quest'edizione del Correo Internacional, costituendo un approfondito compendio delle ragioni per cui come tendenza internazionale abbiamo scelto di chiamare il popolo venezuelano ad un voto che respingesse chiaramente una riforma costituzionale autoritaria e niente affatto "socialista", ci offre il destro per mantenere quest'impegno. Segnaliamo inoltre che sul sito della Lit Ci (www.litci.org) è stato pubblicato un dossier completo sul Venezuela, con particolare riferimento al progetto di riforma costituzionale bocciato dal referendum ed alla situazione politica e sociale prima e dopo il voto.

Buona lettura.

 

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CORREO INTERNACIONAL

(Pubblicazione della Lit Ci - Dicembre 2007)


Lettera aperta a James Petras

Sulle sue dichiarazioni dopo

il referendum costituzionale in Venezuela


Professor Petras,


siamo venuti a conoscenza delle sue dichiarazioni a Radio Centenario CX36 di Uruguay, rilanciate dai giornali di quel paese l 4/12/2007, nelle quali lei ha detto che il Pstu del Brasile, partito di cui siamo militanti e dirigenti, lavora in Venezuela insieme agli "... studenti finanziati dall'imperialismo ...". Ed ha aggiunto: "... siamo in possesso di documenti dell'agenzia di aiuti internazionali nei quali si ammettono finanziamenti di 213.000 dollari dagli studenti che studiano negli Usa e che tornando organizzano la lotta nelle strade, eccetera: con questa gente lavorano i trotskisti, i settori trotskisti affiliati al Pstu". In altri termini, lei sta accusando il nostro partito, il Pstu, di essere "controrivoluzionario" e di essere finanziato dall'imperialismo americano.

Questo tipo di accuse ci indigna. È abbastanza frequente che noi trotskisti veniamo accusati dagli stalinisti, o dai loro alleati, di essere "agenti della Cia" ogni volta che attacchiamo un governo borghese che essi considerano "progressista". In qualche modo crediamo necessario confermare la veridicità delle sue dichiarazioni, poiché, avendo svolto varie attività in comune, lei ci conosce abbastanza bene da sapere che noi siamo una corrente rivoluzionaria. Per questo, prima di scrivere questa lettera, l'abbiamo contattata per avere conferma delle sue affermazioni e lei, senza indugio, le ha confermate.

Sarebbe suo obbligo presentare, nei prossimi giorni, le prove della relazione del Pstu con "gli studenti venezuelani finanziati dall'imperialismo americano". È il minimo che potremmo attenderci da un professore socialista poiché, se non le presenta, molti andranno a considerarlo, a ragione, come un volgare ciarlatano calunniatore.

Ma non potrà tirarle fuori poiché lei sa bene che non esistono. Lei è consapevole di stare facendo ricorso all'armamentario dei metodi stalinisti della calunnia e della menzogna per cercare di distruggere, per questa strada, l'avversario che non le è possibile sconfiggere con argomenti politici.

Questo fatto già sarebbe motivo sufficiente per ritenere conclusa questa lettera e, con essa, i nostri rapporti. Ma non faremo questo: esporremo la nostra posizione politica su ognuno degli argomenti che lei utilizza per analizzare la sconfitta elettorale di Chávez. Risponderemo ad ognuno dei suoi argomenti politici per il rispetto dovuto ai molti attivisti onesti che la considerano un intellettuale serio.


Il risultato del referendum costituzionale

In primo luogo, ci sembra che il suo atteggiamento, come quello di molti chavisti, sia il prodotto della disperazione per la sconfitta del referendum, la prima fra le numerosissime elezioni svolte in questi ultimi nove anni. Disperazione di fronte al fatto che, in molte zone che prima appoggiavano Chávez senza ripensamenti, abbia trionfato il NO. Un atteggiamento che, invece di cercare di capire le vere ragioni del cambio profondo, vi porta a cercare "capri espiatori" fra quelli ai quali addebitare la sconfitta.

Esiste un fatto innegabile: tre milioni di venezuelani che votarono per Chávez nelle elezioni presidenziali del 2006, oggi non lo hanno fatto. Iniziamo, dunque, ad analizzare quel che è accaduto nel referendum. Cioè perché ha trionfato il NO e qual è il significato di questo risultato elettorale. Questo è il dibattito centrale, necessario per chiarire a molti onesti militanti che, in Venezuela e nel mondo, sono estremamente confusi da questo risultato.

Tale confusione parte da un fatto: tanto il governo Chávez quanto la maggioranza della sinistra mondiale hanno presentato il voto per il SÌ come un "voto progressivo", per il socialismo, ed il NO come un "voto reazionario", per il capitalismo. Al tempo stesso, i media, molti dei quali proimperialisti, hanno sostenuto un'interpretazione simile.

Per noi, il significato di ciò che è accaduto è esattamente l'opposto. Il SÌ rappresentava, nel suo contenuto, un voto reazionario perché era il sostegno ad un progetto borghese totalitario, benché camuffato da bandiere rosse ed allusioni al "socialismo". Il NO era, nei fatti, un voto progressivo perché rappresentava il rifiuto da parte di importanti settori del movimento di massa a tale progetto e l'espressione della sua insoddisfazione rispetto alla politica socioeconomica del governo di Chávez.


Perché ha trionfato il NO

È evidente che, per lei, il trionfo del NO ha significato la sconfitta di un "progetto socialista" per mano della destra imperialista. Per spiegarne le ragioni, nella stessa intervista, lei dice che "la destra ha coordinato tante forze finanziarie, mediatiche, economiche ...". Questo fatto, sommato all'attività di settori di sinistra che si sono opposti alla riforma, incluse quelle che hanno preso le distanze dallo stesso governo, avrebbe avuto come effetto quello di "seminare confusione ed insoddisfazione nei settori popolari neutralizzandone l'appoggio a Chávez".

Il problema di quest'analisi è che gran parte di tali elementi già esistevano da prima. Ad esempio, nel tentativo di golpe proimperialista, nel 2002; nel lock out (serrata: ndt) padronale che paralizzò la Pdvsa per sei mesi; nel referendum revocatorio del 2004 e nelle elezioni presidenziali del 2006. Ma Chávez vinse tutti questi precedenti scontri perché la grande maggioranza delle masse lo appoggiò. In questo referendum, tale appoggio è drasticamente diminuito. È talmente semplice il punto di partenza della spiegazione della sconfitta! È questa l'analisi che si deve approfondire per comprendere ciò che è accaduto.


La famosa "campagna mediatica"

Soffermiamoci un attimo sulla questione della "campagna mediatica". Oggi il governo Chávez detiene un potere mediatico, finanziario e politico di gran lunga superiore a quello del 2002 o del 2004. Dopo la chiusura di Rctv e la sua nazionalizzazione, possiede 6 canali pubblici, mentre solo 2 catene nazionali sono private. Perché non gli è stato possibile contrastare con quelli la campagna mediatica dell'imperialismo?

La sua situazione finanziaria è molto migliore rispetto al 2002: il prezzo del petrolio sta arrivando a 100 dollari al barile, mentre quell'anno superava appena i 22. In altri termini, le entrate annuali di cui dispone si sono moltiplicate varie volte. Al tempo stesso, nel campo istituzionale, controlla totalmente l'Assemblea Nazionale ed un'impressionante maggioranza di governatori e sindaci. Perché allora non ha potuto evitare la sconfitta elettorale?

In realtà, tutte queste giustificazioni sono una "cortina di fumo" dispiegata dal governo Chávez e da quelli che lo appoggiano incondizionatamente per nascondere la questione centrale: la sua perdita di appoggio nel movimento di massa.


L'insoddisfazione popolare

Dissolta la "cortina di fumo", è evidente che il risultato del referendum riflette un aumento dell'insoddisfazione popolare nei confronti del governo. Quali ne sono le ragioni? Lei stesso si vede costretto a riconoscere alcune cause di carattere socioeconomico, come la scarsità dei prodotti essenziali e l'alta inflazione (supererà il 21% nel 2007 e quasi il 30% fra i prodotti alimentari). Noi aggiungeremmo i bassi salari, la mancata negoziazione dei contratti collettivi degli impiegati pubblici, la lotta dei lavoratori statali e privati per eleggere i loro delegati nella contrattazione collettiva, ecc.


Inoltre, appaiono evidenti la corruzione dell'apparato chavista nell'impiego dei fondi statali e la trasformazione a vista d'occhio dei suoi principali quadri nella nuova "borghesia bolivariana", che si diletta a scorrazzare con i suoi veicoli all'ultimo grido, i fuoristrada Hummer d'importazione. Il suo esponente di punta è il governatore di Miranda, Diosdado Cabello, che, in pochi anni, si è trasformato in proprietario di varie fabbriche ed imprese, come ha pubblicamente denunciato lo storico e vecchio combattente venezuelano Domingo Alberto Rangel.

Un settore minoritario ma crescente di lavoratori ha cominciato a resistere a questo corso del governo attraverso lotte, scioperi e mobilitazioni, la maggior parte delle quali è stata duramente repressa. Questi elementi sono il quadro di fondo del risultato elettorale. Detto di passata, smentiscono concretamente il supposto carattere socialista del processo diretto da Chávez. A tutto ciò va aggiunto un altro fattore centrale.


Il corso autoritario del governo

D'altra parte, c'è una crescente insoddisfazione rispetto all'azione politica del governo. In particolare con il suo corso sempre più autoritario e repressivo contro il movimento di massa. Ad esempio, nel maggio di quest'anno, il governo ha represso violentemente i lavoratori della Sanitari Maracay, che, fattisi carico dell'impresa dopo che la stessa venne abbandonata dal padronato, marciarono alla volta di Caracas per reclamare la sua nazionalizzazione sotto controllo operaio. Così pure i lavoratori petroliferi di Zulia e Puerto la Cruz, che reclamavano il diritto di eleggere i propri delegati da inviare in loro nome alla trattativa. O i lavoratori statali i quali, dopo che per anni non avevano potuto discutere il proprio contratto collettivo, furono sgombrati dal Ministero del Lavoro da truppe d'assalto del governo sotto le mentite spoglie dell'organizzazione Tupamaros.

Questo corso autoritario del governo non si è visto solo nella repressione delle rivendicazioni e delle lotte dei lavoratori. Si è espresso pure in tutti gli aspetti della vita politica del paese. Ad esempio, nel criterio di integrazione forzosa nel Psuv di tutte le forze politiche che appoggiavano il governo, negli attacchi all'autonomia sindacale dell'Unt, nella stessa chiusura della Rctv e nel fatto di sanzionare come "controrivoluzionari" tutti quelli che osavano dissentire con qualsiasi aspetto di questa politica, benché potesse vantare un solido percorso di lotta contro la destra e l'imperialismo.


Il carattere della riforma: socialista o borghese bonapartista?

Questo ci conduce ad uno dei nodi del dibattito: il carattere politico e di classe della riforma costituzionale proposta dal governo. Lei, come molti difensori del SÌ, ha dichiarato che le riforme erano "un passo verso il socialismo". Evidentemente, se questo fosse stato certo, il trionfo del NO starebbe a significare che questo progresso sarebbe stato respinto dal popolo venezuelano. Come già abbiamo detto, è un'analisi simile a quella realizzata dall'imperialismo e dalla destra.

Ma questa caratterizzazione della nuova costituzione è totalmente falsa. Le riforme proposte non avevano nulla a che vedere col socialismo né costituivano un progresso verso di esso. Non vogliamo addentrarci in un'analisi dottorale del testo. Ma non possiamo esimerci dal segnalare che esso manteneva in vita l'articolo 115 che garantisce la proprietà privata dei mezzi di produzione; l'articolo 112 che promuove l'appoggio e l'aiuto statale a questa forma di proprietà; l'articolo 98 che rispetta la proprietà intellettuale ed i brevetti internazionali (quasi una copia di ciò che pretende l'Alca ed i Trattati di libero commercio sostenuti dagli Usa); l'articolo 301 che dà garanzie agli investimenti stranieri o l'articolo 113 che mantiene ed amplifica la figura delle "imprese miste", varate dal governo proimperialista di Rafael Caldera, grazie a cui le compagnie straniere già controllano più del 40% della produzione petrolifera del paese.

In altri termini, si trattava di una riforma che manteneva ed approfondiva il carattere capitalista che già aveva la Costituzione approvata nel 1999, con qualche ornamento che allude al "socialismo" o alla "produzione sociale". Né introduceva alcun elemento antimperialista, come dimostrano la crescente consegna di aree petrolifere all'imperialismo o le concessioni sempre maggiori alle compagnie automobilistiche internazionali (Toyota, Mitsubishi, Gm, Ford, ecc.), nonché l'eliminazione delle tasse sulla commercializzazione dei veicoli.


Il suo vero obiettivo

A partire da questo carattere borghese fino al midollo, il vero obiettivo delle riforme era rafforzare il bonapartismo del governo. Vale a dire, il potere centralizzato di Chávez. Non solo per debilitare l'opposizione di destra, bensì, essenzialmente, per tener testa all'insoddisfazione delle masse.

Ad esempio, introduceva la possibilità di rielezione presidenziale indefinita di Chávez, mentre questo diritto era negato a governatori o sindaci. E così, il diritto presidenziale di modificare, a suo piacimento, la divisione politico amministrativa del paese, creando nuovi stati o raggruppandone altri. Un potere molto utile per eliminare governatori molesti. Nell'insieme, presentava criteri molto simili a quelli del monarca assolutista francese Luigi XIV: "Lo Stato sono io".

Altro aspetto molto negativo era quello relativo all'aumento del controllo sul movimento operaio attraverso la creazione dei cosiddetti Consigli del Lavoro, che rappresentavano un chiaro attacco all'organizzazione sindacale indipendente dei lavoratori. Come ha denunciato il dirigente sindacale Orlando Chirino, in una dichiarazione di opposizione alla riforma, questi Consigli "oltre a non essere organizzazioni create genuinamente dai lavoratori né sorte dalla loro quotidiana lotta, sono organismi che nascono sotto tutela e controllati in forma assoluta dall'Esecutivo, ledendo l'indipendenza e l'autonomia de lavoratori e delle loro organizzazioni. (...) Si nota allora l'interesse del Governo nazionale nel continuare a promuovere la divisione in seno ai lavoratori, anteponendo organismi che non sono autonomi, e a coltivare la politica antisindacale scatenata quest'anno che si è espressa nel disconoscimento della Unione Nazionale dei Lavoratori (Unt), dei legittimi dirigenti dei sindacati petroliferi e dei lavoratori del settore pubblico ...".

Ed ancora, introduceva la figura di un nuovo settore delle forze armate, totalmente asservito al comando presidenziale, in grado d'intervenire per controllare e reprimere qualsiasi movimento avesse superato i limiti imposti dal governo. Cosa che già era accaduta con l'uso di paramilitari contro l'occupazione del Ministero del lavoro e con gli attacchi armati, nell'Università entrale del Venezuela, contro gli studenti che manifestavano per il NO.

Aggiungiamo che lo stesso meccanismo referendario per approvare la riforma costituzionale era profondamente antidemocratico, poiché impediva la realizzazione di un approfondito dibattito nel movimento di massa su temi così importanti come le basi politiche, economiche e sociali del paese, comprese in oltre 60 articoli modificati. Un fatto che ha finito per ritorcersi come un boomerang contro lo stesso governo nel risultato della votazione.


L'intuizione delle masse

Le riforme, tanto nel suo contenuto quanto nel suo metodo di approvazione, tentavano di far compiere un salto qualitativo in questo corso totalitario del governo. Un settore importante del movimento di massa lo ha compreso e ne ha intuito la portata. Ha visto che non esisteva alcuna minaccia di golpe di destra e che, al contrario, la vera minaccia alle libertà democratiche e ai diritti dei lavoratori proveniva dallo stesso governo Chávez.

Perciò, a differenza che nel 2002 2003, quando le masse furono disposte a dare la vita per difendere Chávez, o quando lo hanno appoggiato con grandi maggioranze nelle precedenti elezioni, sentendo che così difendevano i propri diritti e libertà contro la destra e l'imperialismo, stavolta hanno respinto le riforme perché, sotto la vernice socialista, erano profondamente reazionarie e bisognava frenarle. Come dicevano i lavoratori della raffineria di petrolio di Puerto La Cruz: "Dobbiamo fermarli". Questa "intuizione" delle masse venezuelane è stata totalmente corretta.

Questa è la spiegazione del trionfo del NO e non già la teoria della cospirazione mediatico finanziaria dell'imperialismo e degli "agenti di sinistra al suo soldo". È ciò che spiega, ad esempio, perché nella regione di Petare, una delle più povere di Caracas ed avanguardia della lotta contro il golpe del 2002, il NO abbia trionfato col 61% contro il 38%. Questa combattiva regione di Caracas è improvvisamente diventata controrivoluzionaria?

Per questo, noi consideriamo che il risultato referendario è un trionfo delle masse contro un progetto reazionario e non una sconfitta del "progetto socialista" (spiegazione che, in ultima istanza, accusa le masse di essersi lasciate confondere dal nemico). Un trionfo delle masse che, sconfiggendo sul terreno elettorale un progetto borghese reazionario, hanno oggi migliori condizioni per far progredire le loro organizzazioni e mobilitazioni autonome nel cammino della lotta per l'autentico socialismo.


Una breve parentesi sul golpe

Uno dei principali argomenti di coloro che hanno fatto appello a votare SÌ è stato che un trionfo dell'opposizione avrebbe accelerato la possibilità di un golpe proimperialista, la cui preparazione era in corso. In altri termini, chi non era per il SÌ appoggiava oggettivamente i golpisti. Vogliamo chiarire che, se vi fosse davvero stato il pericolo di un golpe, non avremmo esitato un minuto nel chiamare all'unità d'azione, anche col governo, per tener testa ai golpisti, come il Pstu e la Lit Ci fecero nel 2002.

Però ora la situazione è completamente diversa. Le masse, nel 2002, sconfissero il golpe ed i golpisti, e dopo posero anche fine alla serrata padronale. I golpisti di allora si divisero. Il settore più forte, come quello di Cisneros ed il gruppo Polas Mendoza, si alleò con il governo e cominciò a fare affari con esso. Mentre, l'ala più estrema degli "squallidi" finì per rimanere sempre più isolata e frammentata.

Lo stesso imperialismo statunitense cambiò la sua politica. La corrispondente negli Usa di un importante giornale argentino informa che "la vittoria del NO ha rappresentato per gli Usa un gran sollievo. Non solo perché rappresenta un freno al potere di Hugo Chávez, ma anche perché conferma che la strategia di non scontro che il Dipartimento di Stato sta mettendo in opera da che Tom Shannon ha assunto l'incarico di Sottosegretario per gli Affari dell'Emisfero ha cominciato a dare buoni risultati" (Clarín, 4/12/2007).

In altre parole: nessun golpe per abbattere Chávez (non scontro) ma puntare sul suo logoramento per recuperare il potere per via elettorale, approfittando della sua mancanza di risposte alle necessità socioeconomiche delle masse e dei suoi attacchi alle libertà democratiche. Al tempo stesso, così come Cisneros e Mendoza, l'imperialismo continua a fare molti e molto buoni affari con questo stesso governo.

Dopo il referendum, quest'argomento del golpe è misteriosamente scomparso dai bilanci dei chavisti, compresi quelli che lei - Petras - rappresenta. Il fatto è che quest'argomento si scontrava frontalmente con la posizione dei leader dell'opposizione di destra che, dopo il referendum, facevano appello ad un "dialogo costruttivo col governo in nome dell'unità nazionale" o la loro opinione sulla necessità di rispettare i cinque anni di mandato presidenziale che mancano a Chávez.

Benché oggi l'argomento sia scomparso di scena, è bene ricordare che l'agitazione permanente di un'inesistente minaccia di golpe è stata una tattica ricorrente dello stalinismo per spingere e giustificare la formazione di fronti di appoggio a governi borghesi.


Il ruolo del movimento studentesco

Questo ci porta alla caratterizzazione del significato delle ampie mobilitazioni studentesche in opposizione alla riforma costituzionale. Nei suoi articoli, nuovamente facendo eco sulle posizioni del governo Chávez, lei li accusa di essere manipolati dalla Cia e finanziati dal governo nordamericano. In altri termini, di essere golpisti controrivoluzionari.

Già abbiamo chiarito che la politica statunitense non è spingere per un golpe. Però è necessario approfondire molto di più l'analisi del significato di queste mobilitazioni. Per noi, il movimento studentesco venezuelano si è mobilitato contro gli attacchi alle libertà che il governo Chávez realizzava e, specialmente, contro il profondo significato reazionario ed antidemocratico della riforma costituzionale.

Così, si è trasformato nel settore del movimento di massa postosi all'avanguardia del NO. Tutti gli analisti indicano che la sua entrata in scena è stato decisivo per il trionfo del NO e che queste grandi mobilitazioni hanno avuto un grande impatto sugli altri settori sociali. È un processo genuino ed altamente progressivo; e non, come lei dice, parte di una cospirazione controrivoluzionaria.

Sicuramente, nella misura in cui la grande maggioranza della sinistra appoggia il governo Chávez ed il suo corso totalitario, la destra può prendere piede in questo movimento, confondere settori e persino guadagnare dirigenti per influire così nel processo futuro. Tuttavia, finora sembra aver incontrato parecchie difficoltà in questo, come dimostrano il rifiuto a dare la parola a Manuel Rosales (governatore di Zulia e figura elettorale della destra) nelle mobilitazioni ed il contenuto bolivariano del discorso fatto nella manifestazione di bilancio del referendum dal dirigente degli studenti.

Ma questa possibile confusione, in ogni caso, va ascritta alla maggioranza della sinistra che appoggia il progetto totalitario di Chávez, permettendo così alla destra di apparire ipocritamente come sbandieratrice della giusta difesa delle libertà democratiche. Questa politica è tanto sbagliata che ha permesso a questa destra golpista del 2002 2003, odiata dalle masse venezuelane, di tentare di riciclarsi ed indossare un vestito da "democratica". Perciò è urgente che la sinistra, prendendo chiaramente le distanze dal progetto borghese totalitario di Chávez, partecipi attivamente al movimento studentesco, alzando onestamente questi vessilli democratici, per guadagnarlo a sé sottraendolo alla destra. Il contrario sarebbe, questo sì, fare il gioco dell'imperialismo.

Ma anche se l'insieme o la maggioranza dei suoi dirigenti fosse di destra o reazionario, questo non cambierebbe il carattere progressivo del movimento. In ogni caso, diventerebbe ancor più obbligatorio intervenire con una politica corretta per disputarne la direzione. È la stessa cosa che si verifica quando interveniamo in uno sciopero giusto ma diretto dalla sinistra sindacale burocratica.

Fatte le debite differenze, possiamo paragonare la situazione del movimento studentesco venezuelano a quello di Piazza Tienanmen del 1989. Lì, gli studenti cinesi si scontrarono col regime dittatoriale del partito comunista che già aveva restaurato il capitalismo nel paese, esigendo libertà democratiche. Molti di loro marciavano portando come simbolo la Statua della Libertà; ed anche le ideologie di alcuni dei suoi dirigenti associava le libertà democratiche con un appoggio all'imperialismo statunitense. Ma questi segnali esterni e la posizione di tali dirigenti (conseguenza del fatto che si scontravano con una feroce dittatura capitalista camuffata dietro bandiere rosse con falce e martello) non potevano occultare che il movimento nel suo insieme era altamente progressivo.


Ma l'imperialismo e la destra non stanno anche loro festeggiando?

Lei potrebbe dirci che, al di là di tutte le considerazioni che abbiamo segnalato, anche la destra venezuelana e l'imperialismo hanno fatto appello a votare per il NO. Per questo anche essi hanno trionfato nel referendum. Sarebbe un altro "giro di vite" nel ragionamento per cui "chi non vota SÌ è controrivoluzionario" (argomento nel quale sono stati inclusi quelli che hanno fatto appello ad astenersi o al voto nullo).

In primo luogo, è necessario segnalare che lo stesso meccanismo del referendum, per la sua antidemocratica limitazione di alternative, obbliga a formulare una posizione che può coincidere con quella di settori ai quali siamo totalmente contrapposti per ragioni di classe ed obiettivi strategici.

La destra e l'imperialismo hanno fato appello a votare NO per mantenere il carattere capitalista semicoloniale che oggi vige in Venezuela, ma con loro al governo al posto di Chávez. Il loro principale obiettivo era capitalizzare elettoralmente il logoramento del governo. Perciò festeggiano.

Da parte nostra, in un dibattito democratico, avremmo potuto esprimere, come hanno fatto i nostri compagni della Ust venezuelana nelle loro dichiarazioni, che ci opponevamo alla riforma per il suo carattere borghese e reazionario, che siamo a favore di un processo di mobilitazione ed organizzazione autonoma dei lavoratori per progredire verso l'autentico socialismo e che questo sarebbe il miglior modo per sviluppare la lotta a morte contro la destra e l'imperialismo. Che, per questo, è necessario costruire un "terzo polo" dei lavoratori e delle masse che permetta di rompere la polarizzazione che oggi esiste fra due frazioni borghesi (il chavismo e la destra). Ma chiamando al voto non potevamo che dare indicazione per il NO perché così vogliono le regole referendarie.

D'altro lato, la storia fa sì che, a volte, i rivoluzionari coincidano in un fatto totalmente limitato con il loro nemico di sempre, l'imperialismo, partendo da obiettivi del tutto contrapposti. Ad esempio, nel marzo del 1917, Lenin tornò in Russia, insieme ad altri combattenti non bolscevichi, come Julius Martov, in un treno che attraversò la Germania con un permesso speciale del governo del Kaiser. Lenin tornava nel suo paese per disputare la direzione della rivoluzione, spingere gli operai russi a prendere il potere ed iniziare la costruzione del socialismo. Il Kaiser cercava di approfittare delle agitazioni dei leninisti contro la permanenza della Russia nella Prima Guerra Mondiale, debilitando così quel paese contro cui stava combattendo. È bene ricordare che i nemici russi di Lenin - nemici, in realtà, della rivoluzione socialista - non tralasciarono di utilizzare l'episodio del "treno speciale" per accusare Lenin di essere un "agente del Kaiser".


Il metodo delle menzogne e delle calunnie

Come abbiamo detto all'inizio di questa lettera, le accuse che lei muove al Pstu partono dalla vecchia logica dello stalinismo: chi non appoggia le mie posizioni è un nemico controrivoluzionario e, perciò, ogni metodo è valido per combatterlo. Come il metodo delle menzogne e delle calunnie che mettono in discussione non solo le sue posizioni, ma anche la sua integrità morale e la sua onestà come combattente. Non basta sconfiggerlo politicamente, bisogna anche distruggerlo. Per questo, Trotsky, Bucharin, Kamenev, Zinoviev, e tanti altri dirigenti rivoluzionari, furono accusati da Stalin di essere "agenti dell'imperialismo" prima di essere fucilati o assassinati.

Secondo lei, il Pstu sarebbe diventato una corrente che realizza accordi con coloro che sono stati "assoldati e pagati dalla Cia". Petras, lei conosce la nostra storia di rivoluzionari. Sa che in Brasile ed in tutta l'America Latina i nostri militanti hanno pagato col carcere, la tortura e la morte la loro lotta contro le dittature militari proimperialiste e la loro difesa delle idee del socialismo rivoluzionario. Sa che siamo in prima linea nella lotta contro l'Alca ed il pagamento del debito estero. Sa che in Brasile, a differenza di gran parte della sinistra, noi non ci vendiamo al governo Lula per conseguire cariche esecutive o parlamentari, ma che lottiamo intransigentemente contro di lui e la sua politica proimperialista. Poiché lei ci conosce bene, ha piena consapevolezza che queste accuse sono false.

Lei ha tutto il diritto di difendere il governo di Chávez e di criticarci perché noi non lo facciamo. Non ci spaventano le differenze, dal momento che sono parte del dibattito politico. In ogni caso, il tempo e la realtà chiariranno chi ha ragione. Ciò che ci sembra aberrante è che lei utilizzi la metodologia stalinista della calunnia e delle menzogne. Perché lei non si limita a tentare di infangare l'onore del Pstu. Lei fa da cassa di risonanza degli attacchi del governo Chávez che bolla come controrivoluzionari dirigenti venezuelani di riconosciuta storia politica, come Orlando Chirino. Con tali accuse, questo governo prepara una dura repressione contro simili combattenti. Le sue menzogne e calunnie, professor Petras, aiutano a preparare il terreno, sulla stampa internazionale, per giustificare questa repressione e la rendono complice di essa. A tal punto lei è arrivato.


Per la direzione del Pstu

Eduardo Almeida Neto

Zé María de Almeida



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Respingiamo le calunnie di Petras

Difendiamo l'onore dei combattenti, delle organizzazioni e dei dirigenti attaccati


In questa edizione riproduciamo le accuse che James Petras ha mosso, in un servizio per una radio uruguayana, contro il Pstu del Brasile, Orlando Chirino ed altri dirigenti operai venezuelani, chiamandoli "controrivoluzionari" ed accusandoli di lavorare insieme a gente pagata dalla Cia in Venezuela.


Queste accuse ovviamente eccedono il quadro del dibattito politico normale fra le organizzazioni e le personalità della sinistra, per quanto duro possa essere, per entrare direttamente nel metodo tipicamente stalinista di cercare di distruggere chi la pensa diversamente, mettendo in discussione la sua integrità morale e la sua onestà come combattente, attraverso menzogne e calunnie.

Nel caso concreto di coloro che si trovano in Venezuela, queste accuse possono, inoltre, servire da giustificazione perché gli attacchi politici che già stanno ricevendo Orlando Chirino ed altri dirigenti operai si trasformino in attacchi più gravi o in azioni repressive contro questi compagni.

Per questo, facciamo appello a tutte le organizzazioni e personalità operaie, popolari e di sinistra, qualunque sia la loro posizione circa il processo venezuelano, a respingere queste accuse di Petras, a ripudiare questa metodologia calunniatoria ed a solidarizzare con le organizzazioni ed i dirigenti rispetto alla messa in discussione della loro onestà ed integrità morale e respingere ogni tipo di attacco contro i dirigenti venezuelani.

Non chiediamo che cambino la loro posizione politica, né che abbandonino le loro critiche alle posizioni politiche che considerano sbagliate. Ciò che stiamo proponendo è di dare una battaglia unitaria per bandire dai dibattiti della sinistra questa nefasta e distruttiva metodologia stalinista.

In alcune dichiarazioni politiche, il compagno Chirino ha detto: "Sono disposto a che si costituisca un Tribunale Internazionale Morale che giudichi il nostro comportamento e la nostra politica e ci sanzioni se ciò che abbiamo fatto costituisce in qualche modo un tradimento politico; o, in difetto, zittisca coloro che utilizzano la loro investitura di liberi pensatori per lanciare accuse irresponsabili nel miglior stile stalinista disonorando il buon nome di onesti rivoluzionari".


Appoggiamo questa proposta e siamo disposti a partecipare a tale Tribunale.




(Traduzione dall'originale in spagnolo di Valerio Torre)

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 Giovedì 28 novembre
Zoom 
 

 


Modena (19 ottobre)

e Milano (20 ottobre)


sabato  19 ottobre

Modena


12 ottobre

Cremona

 


7 ottobre


 

Cremona  venerdì 14 giugno 


 

Domenica 2 giugno ore 19

 


1 giugno

Cremona

https://www.partitodialternativacomunista.org/articoli/materiale/cremona-venerdi-14-giugno

 


23 maggio

Cremona


MODENA

DOMENICA 14-4


16 marzo

Milano

 

 

 

 

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NEWS Progetto Comunista n 137

NEWS Trotskismo Oggi n 23

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