1917-2017
Le Tesi di Aprile di Lenin
Un testo scandaloso per i riformisti di ieri e di oggi
di Francesco Ricci
"E' un delirio, è il delirio di un pazzo!"
(A. Bogdanov, menscevico, parlando di Lenin e delle Tesi di Aprile)
E'
il 3 aprile 1917 (16 aprile del nostro calendario) quando il cosiddetto "treno
blindato" che ospita Lenin, Zinoviev, la Krupskaja, Inessa Armand, Radek e
altri arriva alla stazione Finlandia. Ad accoglierlo c'è una delegazione del soviet
di Pietrogrado, guidata dal menscevico Cheidze che pronuncia un discorso di
benvenuto. Lenin gli volta le spalle e si rivolge alla folla. Scrive Trotsky: "Il
discorso che Lenin pronunciò alla stazione Finlandia sulla natura socialista
della rivoluzione russa fu una bomba per molti dirigenti del partito
[bolscevico, ndr]." (1)
Lenin
espone nuovamente la sua posizione a 200 militanti che, la sera del 3 aprile,
lo ascoltano a Pietrogrado. Tra loro c'è anche Nicolaj Soukhanov (menscevico
internazionalista) che nelle sue Memorie
così racconta l'effetto che fece quel discorso: "(...) sembrava che tutti
gli elementi fossero usciti dai loro rifugi e che lo spirito di distruzione
universale, che non conosceva né limiti né dubbi (...) si librasse nella sala
(...)." Quando Lenin finisce di parlare, ci sono applausi ma i dirigenti
bolscevichi presenti hanno lo sguardo smarrito.
Lenin
ha indicato al contempo un cambio di strategia e la necessità, per realizzare
la nuova linea, di distruggere l'influenza schiacciante dei menscevichi e dei
Socialisti-Rivoluzionari nei soviet (i bolscevichi sono in quel momento una
piccola minoranza). Il caso vuole che proprio il giorno successivo sia
organizzata una riunione per avanzare verso la riunificazione tra bolscevichi e
menscevichi...
Soukhanov,
che assiste, scrive: "A questa riunione (...) Lenin apparve come
l'incarnazione vivente della scissione e tutto il senso del suo intervento
consisteva in primo luogo nel seppellire l'idea dell'unificazione." (2)
Imparando dalla Comune di Parigi
Ma
facciamo un passo indietro. Subito dopo aver appreso dello scoppio della
rivoluzione di febbraio, Lenin inizia dall'esilio svizzero una battaglia per modificare
radicalmente la strategia del partito. Per prima cosa il 6 marzo invia al
partito questo telegramma: "Nostra tattica: sfiducia completa, nessun
appoggio al nuovo governo: sospettare in particolare di Kerensky; armamento del
proletariato, sola garanzia (...) nessun riavvicinamento con altri
partiti." (3)
Nel
mese di marzo scrive le Lettere da
lontano (la Pravda ne pubblicherà
solo una, tagliandola). Al centro di queste lettere e dei fondamentali testi
successivi, tra cui spiccano le Tesi di
Aprile, di cui ci occuperemo tra poco, c'è l'esempio della Comune di Parigi
che Lenin è tornato a studiare in quei mesi, mentre sta compilando il cosiddetto
Quaderno azzurro (Il marxismo e lo Stato), una raccolta di
citazioni commentate di tutti i concetti espressi da Marx ed Engels in
relazione al tema dello Stato, lavoro che gli servirà per scrivere Stato e rivoluzione (4).
La
rivoluzione che si sta sviluppando in Russia, afferma Lenin, è una rivoluzione
socialista. Per questo l'obiettivo della rivoluzione è "spezzare lo Stato
borghese", così come fecero gli operai parigini, e sostituire a esso la
dittatura del proletariato. Cioè non si tratta di cambiare il conduttore della
vecchia macchina statale ma di distruggerla e di sostituirla con una
completamente nuova. Ma per arrivare a questo obiettivo è necessario affermare
la più completa indipendenza del proletariato dalla borghesia e dal governo provvisorio,
che è un governo borghese nonostante sia sostenuto dai Soviet (in cui hanno la
maggioranza i Socialisti-Rivoluzionari e i menscevichi).
Quando Lenin diventò... "trotskista"
Non
è possibile apprezzare la profondità della svolta proposta da Lenin se non si
ricorda quale era la posizione precedente, sostenuta per anni dai bolscevichi.
Dall'inizio
del secolo vi erano tre differenti concezioni della futura rivoluzione russa (5).
I
menscevichi, in nome di una presunta "ortodossia marxista" (in realtà
travisando Marx e attribuendogli una concezione evoluzionistica non dialettica
della storia), ritenevano che la Russia dovesse passare per uno stadio di
sviluppo capitalistico, di industrializzazione, prima di poter arrivare ‑ dopo
un considerevole lasso di tempo ‑ alla rivoluzione socialista. Dunque avrebbe
dovuto esserci dapprima una rivoluzione borghese, per liberare il Paese dalle
catene dello zarismo, diretta dalla borghesia, con il sostegno del proletariato
come alleato subordinato e con la socialdemocrazia nel ruolo di ala sinistra e
pungolo del "fronte democratico" diretto dai liberali; dopo secoli di
sviluppo capitalistico, sarebbe arrivata l'ora della rivoluzione socialista.
La
posizione di Trotsky si collocava al polo opposto: riteneva incapace la
borghesia nazionale di realizzare gli obiettivi democratici e per questo prefigurava
una rivoluzione socialista, guidata dal proletariato che avrebbe egemonizzato i
contadini poveri, per instaurare la dittatura del proletariato e assolvere,
senza soluzione di continuità, i compiti democratici e (nel quadro
internazionale di allargamento della rivoluzione) quelli socialisti
(l'esproprio della grande industria, ecc.). Ciò sarebbe stato possibile perché
lo "sviluppo diseguale e combinato" della società e della rivoluzione
a livello internazionale avrebbe consentito alla Russia (come agli altri Paesi
arretrati) di "saltare" alcuni passaggi, rompendo uno schema
"evoluzionistico" a tappe, sostituito dalla "rivoluzione
permanente".
In
mezzo si collocava la posizione di Lenin e dei bolscevichi: rivoluzione
borghese "portata fino in fondo" ma (vista l'incapacità della
borghesia nazionale, legata con mille fili al capitalismo straniero) con una
direzione in mano al proletariato e ai contadini (in una alleanza "algebrica",
per riprendere la critica di Trotsky), per instaurare una "dittatura
democratica degli operai e dei contadini", cioè non una dittatura del
proletariato ma una repubblica dentro i limiti della democrazia borghese,
preludio di un successivo rapido sviluppo verso la rivoluzione socialista (i
tempi sarebbero stati dettati dalla rivoluzione in Europa). Lenin credeva
dunque, come i menscevichi, a una rivoluzione borghese: ma a differenza dei
menscevichi pensava a un'altra direzione, una direzione degli operai e dei
contadini, indipendente dalla borghesia; pensava a un altro programma,
incentrato sulla confisca delle terre ai nobili; e pensava a una tempistica
diversa da quella ipotizzata dai menscevichi: non ci sarebbero stati secoli a
separare questa prima rivoluzione dalla successiva rivoluzione socialista.
Ma
la rivoluzione di febbraio fu la conferma (almeno per chi voleva ragionare) che
l'unica concezione corretta e praticabile era quella di Trotsky. Per garantire l'assolvimento
degli obiettivi democratici (rivoluzione agraria, riduzione della giornata
lavorativa, pace, Assemblea costituente) era necessario instaurare preliminarmente la dittatura del
proletariato (sostenuto dai contadini poveri), basata sui soviet: e dunque
bisognava rovesciare il governo borghese che costituiva un ostacolo sulla via
del pieno potere dei soviet.
Lenin
non esitò ad abbandonare la vecchia teoria e, con grande scandalo di molti, iniziò
a difendere, nei fatti, la teoria che da oltre dieci anni aveva elaborato
Trotsky. Per questo, commenta Trotsky: "Nulla di strano che le Tesi di Aprile di Lenin siano state
condannate come trotskiste." (6)
La riscoperta della dialettica nel marxismo
E'
stato giustamente osservato da vari studiosi (7) che la svolta operata da Lenin
alla stazione Finlandia fu preparata, da un punto di vista teorico, con
l'immersione nello studio della Scienza
della logica di Hegel che Lenin iniziò nel 1914. Uno studio di cui sentiva
il bisogno per spiegare il tradimento della Seconda Internazionale di fronte
alla Prima guerra mondiale e per comprendere la capitolazione completa cui
erano giunti i suoi maestri di un tempo: Plechanov e Kautsky (quest'ultimo, in
parallelo con la deriva burocratica della Spd, stava abbandonando
progressivamente quel marxismo di cui era stato il "papa rosso"
nell'Internazionale).
In
quei mesi, chiuso nella biblioteca di Berna, Lenin scopre un altro Marx,
ripulito dalle incrostazioni feuerbachiane, un marxismo dialettico (quello
delle Tesi su Feuerbach scritte da
Marx nel 1845) che nasce in rottura col "vecchio materialismo". Un
marxismo basato sulla comprensione della dialettica soggetto-oggetto, privo di
ogni concezione causalista, che contrasta con quel determinismo meccanico che
pure lo aveva influenzato in parte per un periodo (si pensi al suo Materialismo ed empiriocriticismo, del
1909). E' la scoperta del vero Marx, travisato dai suoi discepoli e deformato
dall'opportunismo della Seconda Internazionale: il Marx che afferma che
"l'educatore deve essere educato" (terza delle Tesi su Feuerbach), cioè che le circostanze possono essere cambiate
dall'azione umana, dalla lotta di classe, dalla praxis rivoluzionaria. Lenin ritrova il Marx che afferma che è l'uomo
a fare la storia, anche se in circostanze che non ha determinato. Non vi è in questo
Marx nessuna "legge dello sviluppo storico" che prescriva a ogni
popolo una evoluzione lineare, nessun fatalismo.
E'
la rottura col marxismo ossificato di Plechanov che, non per caso, di fronte
alla rivoluzione d'Ottobre esclamerà: "E' la violazione di tutte le leggi
della storia".
E'
in questo passaggio cruciale, condensato nei Quaderni filosofici (8), che Lenin, alzando lo sguardo dai libri di
Hegel, si impossessa della dialettica che Marx aveva ripreso da Hegel e a cui
aveva conferito un carattere rivoluzionario. Lenin non deve ripartire da zero:
è pur sempre colui che, dal 1902, con la sua teoria del partito d'avanguardia
(che porta il socialismo "dall'esterno" dell'ordinario scontro tra le
classi), implicitamente aveva rifiutato il socialismo inteso come mero prodotto
della spinta di "leggi economiche". A Berna, per così dire, inizia a
risolvere una contraddizione che rimaneva nel suo pensiero: la contraddizione
tra concezione del partito e programma.
La battaglia di Lenin per "riarmare" il partito
Una
parte maggioritaria del gruppo dirigente bolscevico non capisce subito la
necessità della svolta indicata da Lenin.
Kamenev
e Stalin, principali dirigenti che precedono l'arrivo in Russia di Lenin,
rimanendo ancorati alla vecchia posizione (che peraltro deformavano
ulteriormente a destra), ritengono che i bolscevichi debbano offrire un
sostegno esterno al governo provvisorio "nella misura in cui" attua
determinate politiche; si tratta, cioè, di fare "pressioni" sul
governo. Per loro siamo al primo stadio: alla "rivoluzione
democratico-borghese", mentre quella socialista potrà svilupparsi solo
come secondo stadio. Dunque i bolscevichi, prima dell'arrivo di Lenin, si
schierano di fatto su posizioni analoghe a quelle dei menscevichi: persino
sulla questione della guerra, con la Pravda
diretta da Stalin e Kamenev che ripudia il disfattismo rivoluzionario che aveva
caratterizzato il bolscevismo, e con il soviet della regione di Mosca che
approva, con l'appoggio dei bolscevichi, la risoluzione dei socialpatrioti
sulla guerra.
Alla
Conferenza nazionale del partito, che inizia a Pietrogrado il 27 marzo, Stalin
presenta la relazione sul governo. Nella relazione sostiene che il governo
provvisorio sta consolidando le conquiste rivoluzionarie e dunque compito del soviet
è di "controllarlo" e incalzarlo. Come logica conseguenza, Stalin
presenta una mozione per avviare un percorso di unificazione con i menscevichi,
che è approvata con 14 voti a favore e 13 contro. Si capisce perché, una volta
consolidato il potere della burocrazia, Stalin censurerà i verbali di questa
Conferenza (solo dagli anni Sessanta saranno pubblicati).
Le Tesi di Aprile
Le
Tesi di Aprile sono senza dubbio il
testo più importante che sia stato scritto nei convulsi mesi della rivoluzione
russa. Sono un testo breve: 10 tesi per un totale di 5 o 6 pagine, pubblicato
sulla Pravda il 7 aprile (20 secondo
il nostro calendario).
Rileggiamo
insieme questo testo.
Tesi
1: rifiuto del "difensismo rivoluzionario" di menscevichi e
Socialisti Rivoluzionari, che sostiene il proseguimento della guerra. Tesi 2:
la borghesia ha scippato il potere al proletariato, in quanto quest'ultimo era
insufficientemente consapevole e organizzato; bisogna rovesciare la situazione,
ridando il potere al proletariato appoggiato dai contadini poveri. Non è un
compito di un imprecisato futuro: è "il compito dell'attuale
momento." Tesi 3: nessun appoggio (neppure critico) al governo provvisorio
e anzi implacabile denuncia della sua natura di governo borghese. Rovesciando
la politica seguita fin lì dalla direzione di Kamenev e Stalin, si precisa che
non vanno poste condizioni al governo, non va "stimolato criticamente",
perché questo significherebbe solo "seminare illusioni" sul fatto
(impossibile) che un governo borghese possa conciliare gli interessi delle due
classi mortalmente nemiche, borghesia e proletariato. Questa Tesi fondamentale
merita un'osservazione: per Lenin non si tratta di obbedire ad astratti criteri,
a un qualche dogma: il fatto è che sostenere in qualsiasi modo un governo
borghese significa ostacolare la conquista del proletariato alla comprensione
della necessità di "spezzare" la macchina statale borghese come
passaggio ineludibile per costituire un governo "degli operai per gli
operai". Tesi 4: essendo i bolscevichi "un'esigua minoranza" nei
soviet rispetto "agli elementi opportunistici", bisogna "spiegare
pazientemente alle masse" perché stanno seguendo una politica sbagliata e
perché è necessario il passaggio "di tutto il potere statale ai
soviet". Tesi 5: l'obiettivo non è una repubblica parlamentare borghese ma
una repubblica dei soviet, ciò che implica lo scioglimento dei corpi
repressivi, la sostituzione dell'esercito permanente con l'armamento operaio,
la eleggibilità e revocabilità a tutte le funzioni. Tesi 6: confisca di tutte
le grandi proprietà fondiarie e nazionalizzazione di tutte le terre sotto
controllo dei soviet. Tesi 7: fusione di tutte le banche in un'unica banca
nazionale posta sotto il controllo dei soviet. Tesi 8: controllo della
produzione e della distribuzione da parte dei soviet. Tesi 9: coerentemente con
tutto ciò, bisogna che un congresso cambi il programma e anche il nome del
partito (in Partito Comunista). Tesi 10: creazione da subito di una nuova
Internazionale rivoluzionaria che rompa con i riformisti e col centro di
Kautsky, Cheidze, ecc. (9)
Il
vecchio programma, riassunto nella "dittatura democratica degli operai e
dei contadini", è liquidato da Lenin come "una formula che non serve
più a niente" (sarà poi Stalin a riesumarla nel corso della degenerazione
burocratica dei decenni successivi, ma questa è un'altra storia) e chi sostiene
quella formula "merita di essere relegato nell'archivio delle curiosità bolsceviche
pre-rivoluzionarie." (10)
L'arrivo di Trotsky: "il migliore dei bolscevichi"
Il
12 aprile la Pravda pubblica un
articolo di Kamenev che critica le Tesi e
che precisa che quella di Lenin è una posizione personale, non del partito. Kamenev
aggiunge che la linea di Lenin è inaccettabile perché propone l'immediata
trasformazione della rivoluzione in rivoluzione socialista: qualcosa che a
Kamenev (e non solo a lui) ricorda molto la posizione da sempre sostenuta da
Trotsky che i bolscevichi avevano combattuto.
Nei
giorni seguenti Lenin inizia una dura battaglia di frazione e riesce a
guadagnare il sostegno di una parte importante dei quadri operai, i quali
peraltro (si pensi agli operai di Vyborg, colonna dorsale del partito) avevano
già espresso aspre critiche verso la linea della Pravda. Ma ci vuole tempo: non vince subito. Nella prima votazione,
nel Comitato di Pietrogrado, il 12 aprile, le Tesi sono respinte con 13 voti contro, 2 a favore e 1 astensione.
Una settimana dopo, in una conferenza della regione di Pietrogrado, Lenin batte
Kamenev con 20 voti contro 6 e 9 astensioni. Infine, alla VII Conferenza panrussa
del partito (Pietrogrado, 24-29 aprile) le Tesi
di Lenin guadagnano la maggioranza. Tuttavia, anche qui, una risoluzione
specifica sul tema del "carattere" socialista della rivoluzione
prende solo 71 voti su 118 (11): una parte del partito è ancora ferma al
vecchio "completare la rivoluzione democratica", di conseguenza
questa ala del partito (tra cui spiccano Kamenev, Rykov, Nogin; mentre Stalin
si è nel frattempo riallineato alla linea risultata maggioritaria) ritiene che il
ruolo dei soviet sia di semplice "controllo" del potere che deve
rimanere al governo provvisorio.
Sul
tema del cambio di nome del partito, che ha proposto per demarcarsi ancora più
nettamente dai menscevichi, Lenin raccoglie il suo solo voto. Non è una
vittoria semplice, dunque, ed è certo favorita dal fatto che il governo
provvisorio andava incontro a una prima profonda crisi, con manifestazioni di opposizione
nelle strade. Ma, soprattutto, come nota Trotsky (12) la vittoria di Lenin
sulla destra del partito è favorita dal fatto che, di là dalla formula
programmatica sbagliata della "dittatura democratica", il partito
bolscevico si preparava da quindici anni a prendere la testa del proletariato
nella lotta per il potere e per questo nella
pratica, superando la propria stessa direzione, i militanti già agivano
inconsapevolmente in un'altra prospettiva, che Lenin illuminerà con le Tesi di Aprile.
Nel
frattempo, il 4 (17 con il nuovo calendario) maggio anche Trotsky arriva a
Pietrogrado, dopo aver passato i primi mesi dell'anno a New York, in seguito
all'espulsione da Spagna e Francia, e dopo un mese agli arresti nel campo
militare di Amhrest da cui viene liberato in seguito a una campagna del soviet
di Pietrogrado. Già nelle prime settimane dopo lo scoppio della rivoluzione
aveva scritto una gran quantità di articoli (in gran parte pubblicati sul
periodico in lingua russa Novyj Mir)
dove riprendeva la sua teoria della "rivoluzione permanente" e la sviluppava
nel quadro concreto: opposizione inconciliabile al governo provvisorio come
premessa indispensabile per consegnare tutto il potere ai soviet e dunque
sviluppare la rivoluzione socialista.
Quando
arriva in Russia, Trotsky inizia la collaborazione con Lenin che porterà alla
fusione degli Interdistrettuali (13) con i bolscevichi.
Mentre
Lenin ha superato il suo programma "centrista" della "dittatura
democratica", Trotsky ha superato le sue critiche "centriste" al
partito di tipo bolscevico e ha abbandonato l'unitarismo: è in effetti dal 1914
che sta gradualmente modificando posizione per giungere "alla conclusione
che c'era necessità non solo di una battaglia ideologica contro il menscevismo
(...) ma anche di una rottura organizzativa senza compromessi con esso." (14).
Così,
mentre la "rivoluzione permanente" non è più vista (almeno fino
all'avvio della stalinizzazione nel 1924) come un'idea specifica di Trotsky, ma
diventa pratica e patrimonio del bolscevismo e della successiva (1919)
Internazionale Comunista, Trotsky diviene (definizione di Lenin) "il
migliore dei bolscevichi".
Un indispensabile insegnamento per l'oggi
Per
concludere, è interessante chiedersi: che posizione avrebbe assunto, se fosse
stata presente ai fatti, tutta quella sinistra, italiana e mondiale, che sta
ricordando il centesimo anniversario dell'Ottobre (Rifondazione persino
dedicando al 1917 la propria tessera del 2017)? La risposta a noi sembra certa:
una parte maggioritaria avrebbe sostenuto il governo provvisorio,
partecipandovi con propri ministri; un'altra parte (che noi definiamo "centrista",
cioè semi-riformista) avrebbe dato un sostegno "critico" al governo,
promettendo alle masse la possibilità di condizionarlo con l'azione di piazza.
Mentre solo una piccola parte della sinistra mondiale (di certo la Lit-Quarta
Internazionale, e chi altri?) si sarebbe attenuta alle indicazioni di quel
telegramma di Lenin: nessun appoggio al governo, nessun riavvicinamento alla
sinistra che sostiene il governo.
Ci
sbagliamo? No, e la riprova viene dalla semplice osservazione di quello che ha
fatto negli ultimi decenni tutta la sinistra, con l'eccezione nostra. E'
sufficiente vedere la politica di Rifondazione Comunista in questo quarto di
secolo: col sostegno ai due governi Prodi e la partecipazione diretta al
governo dell'imperialismo con un proprio ministro (Paolo Ferrero, attuale
segretario del partito). O ancora, si può guardare a come tutta la sinistra
riformista e semi-riformista si è ritrovata unita in questi ultimi anni nell'indicare
nel governo borghese greco "di sinistra" di Tsipras un modello da
imitare. Lo stesso hanno fatto con i governi del Pt in Brasile: indicati come
l'esempio della possibilità di governare il capitalismo diversamente, conciliando
gli interessi delle classi.
Non
sono queste le prove certe che tutta questa sinistra, se si fosse trovata nella
rivoluzione del 1917, sarebbe stata dal lato opposto di Lenin?
Nel
fare questa constatazione bisogna aggiungere che quando parliamo dei governi
Prodi, di Lula-Dilma, di Tsipras non stiamo parlando di governi nati da una
rivoluzione e sostenuti dai soviet, come quelli a cui i bolscevichi fecero in
ogni caso opposizione nel 1917! In questo senso bisogna concludere che il
riformismo odierno si colloca a un gradino ancora più basso di quel riformismo menscevico
che secondo la celebre definizione di Trotsky si era guadagnato il diritto a
finire nell'immondezzaio della storia.
Dunque
le Tesi di Aprile continuano, un
secolo dopo, a essere un testo scandaloso per i riformisti. Mentre l'Ottobre è
celebrato come un glorioso evento del passato, svuotato dei suoi insegnamenti.
Quegli insegnamenti di cui dobbiamo invece riappropriarci perché la classe
operaia possa incamminarsi, con le lotte e la rivoluzione, verso un nuovo
Ottobre.
Note
(1) Lev Trotsky, Le lezioni dell'Ottobre (Prospettiva edizioni, 1998, pag. 220).
(2) N. Soukhanov, "Le discours de Lénine du 3 avril 1917", pubblicato nei Cahiers du Mouvment Ouvrier, n. 27, 2005, direzione di J.J. Marie. Nostra traduzione dal francese.
Vari passaggi della testimonianza di Soukhanov sono ripresi anche da Trotsky in Stalin (1940) e soprattutto nella Storia della rivoluzione russa (qui e in seguito citiamo l'edizione Mondadori, 1969).
(3) Citato da Trotsky in Storia della rivoluzione russa, vol. I, pag. 320. Il telegramma, scritto in francese, fu spedito a Stoccolma ai bolscevichi in partenza per la Russia e venne letto a Pietrogrado il 26 marzo in una riunione dei membri del CC bolscevico presenti in Russia.
(4) Per un'analisi delle Lettere da lontano e del riferimento alla Comune di Parigi ci permettiamo di rinviare al nostro recente articolo: "1871-1917: Due rivoluzioni allo specchio. Perché i bolscevichi studiarono la Comune di Parigi per fare l'Ottobre", versione in italiano dell'articolo pubblicato sul sito della Lit-Quarta Internazionale col titolo: "1871-1917: ¿Por qué los bolcheviques estudiaron la Comuna de París para hacer el Octubre?"
(5) Abbiamo ricostruito questo dibattito, in forma ben più approfondita di quanto sia possibile nello spazio di questo articolo, nel nostro: "Che cosa è la teoria della rivoluzione permanente" in Trotskismo oggi n. 1, settembre 2011.
(6) Lev Trotsky, Storia della rivoluzione russa, vol. I, pag. 347.
(7) Pensiamo a vari studi di Michael Lowy, tra cui "De la Grande logique de Hegel à la gare finlandaise de Petrograd" in Dialectique et révolution ( Anthropos, 1973) o al più recente e interessante (per quanto non condividiamo alcune conclusioni) Kevin Anderson, Lenin, Hegel and Western Marxism (University of Illinois Press, 1995).
(8) V.I. Lenin, Quaderni filosofici, in Opere complete, volume 38 (Editori Riuniti, 1966).
(9) V.I. Lenin, Tesi di Aprile, in Opere complete, volume 24, pagg. 10 e sgg (Editori Riuniti, 1966).
(10) Le espressioni che abbiamo posto tra virgolette in questa frase sono utilizzate da Lenin nelle Lettere sulla tattica (Opere complete, volume 24, pag. 33 e sgg.).
(11) Per un'analisi dettagliata delle diverse votazioni svoltesi nella Conferenza di Aprile si veda: Marcel Liebman, La révolution russe (Marabout Université, 1967); o anche Jean Jacques Marie, Lénine (Balland, 2004).
(12) Su tutta la questione relativa alle Tesi di Aprile e alla battaglia nel partito rinviamo alla migliore storia del 1917 esistente, quella di Lev Trotsky: Storia della rivoluzione russa e in particolare, per i temi che qui trattiamo, a due capitoli del primo volume: "I bolscevichi e Lenin" e "Il riarmo del partito".
(13) Gli interdistrettuali o Mezhraionka, un'organizzazione di circa 4000-5000 militanti, in realtà costituiva più un coordinamento di ex menscevichi ed ex bolscevichi che un partito. Ne facevano parte anche Ioffe, Lunacharsky, Antonov-Ovseenko, Urickij. Per un approfondimento si veda: Ian D. Thatcher, "The St. Petersburg/Petrograd Mezhraionka, 1913-1917: The Rise and Fall of a Movement for Social-Democratic Unity" in Slavonic & East European Review, 87, 2009.
(14) Su questo v. Lev Trotsky, "Il riarmo del partito", in Storia della rivoluzione russa (pag. 342-360).