Con Trotsky
Il 21 agosto del 1940 moriva uno dei più grandi
rivoluzionari di tutti i tempi: Lev Trotsky. Il giorno prima era stato ferito a
morte, nella casa in Messico da cui dirigeva la Quarta Internazionale, da un
sicario inviato da Stalin, Ramon Mercader.
Trotsky dedicò l'intera vita alla
battaglia rivoluzionaria, senza vacillare mai, nemmeno nei momenti più difficili
della lotta contro lo zarismo; o durante la guerra civile, quando edificò dal
nulla e portò alla vittoria l'Armata Rossa contro gli eserciti imperialisti di
mezzo mondo; o negli anni Trenta, quando combatté contemporaneamente contro il
fascismo, lo stalinismo e le cosiddette democrazie parlamentari, che non erano
disponibili a concedergli soggiorno, timorose della sua attività politica.
Trotsky non esitò: neppure negli ultimi attimi di vita, come ammise in seguito il suo assassino. Pur colpito a morte da una piccozza che gli aveva sfondato il cranio, ebbe la forza di lottare come un leone contro Mercader che dovette ritrarsi spaventato di fronte alla sua vittima che lo disarmava.
Se ricordiamo oggi questo dirigente rivoluzionario, questo nostro compagno, non è per un qualche culto dei morti o per farne l'apologia. Piuttosto perché in quel nome, in quella figura straordinaria, nella sua azione e nella sua opera, si concentra la parte più straordinariamente vitale del patrimonio rivoluzionario che ci hanno lasciato i tanti militanti, meno noti di Trotsky, che ci hanno preceduto. Un patrimonio rivoluzionario, il marxismo odierno, cioè il trotskismo, che costituisce le fondamenta della lotta in cui è impegnata l'organizzazione che stiamo costruendo qui in Italia come Pdac e in decine di altri Paesi con le altre sezioni della Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale. E' un patrimonio imprescindibile, il trotskismo, di lotte, elaborazione e sviluppo del marxismo, teoria e prassi, su cui non abbiamo la pretesa di rivendicare nessun diritto d'autore. Certo lo vogliamo difendere contro tutti coloro che usurpano quel nome, che, essendosi definiti "trotskisti" ieri (o magari ancora oggi), praticano politiche di collaborazione di classe o costruiscono organizzazioni semi-mensceviche, eterogenee, cioè prive di un programma comune, impregnate di opportunismo, di carrierismo nei sindacati, non basate sulla militanza, virtuali, lideristiche, elettoralistiche, chiuse nei loro confini nazionali. Ma mentre difendiamo il trotskismo da chi non dovrebbe avere nemmeno il diritto di nominarlo, al contempo siamo impegnati a diffonderlo, pur con i nostri scarsi mezzi, in ogni lotta quotidiana degli operai e dei giovani, perché diventi sempre più lo strumento di lotta di tutti coloro che onestamente si battono per il rovesciamento rivoluzionario di questa società.
Una lotta non solo italiana ma europea e internazionale e su cui, come Pdac, stiamo organizzando un importante momento di riflessione aperto a tutti, con la presenza di avanguardie di lotta del nostro e di altri Paesi europei: il convegno del 7-8-9 settembre a Rimini a cui invitiamo tutti coloro che vogliono discutere e confronarsi sul "che fare?".
Per quarantatré anni della mia vita cosciente sono rimasto un rivoluzionario; per quarantadue ho lottato sotto la bandiera del marxismo. Se dovessi ricominciare tutto dapprincipio, cercherei naturalmente di evitare questo o quell'errore, ma il corso della mia vita resterebbe sostanzialmente immutato. Morirò da rivoluzionario proletario, da marxista, da materialista dialettico, e quindi da ateo inconciliabile. La mia fede nell'avvenire comunista del genere umano non è meno ardente, anzi è ancora più salda, che nei giorni della mia giovinezza.
Natalia [la moglie, ndr] si è appena avvicinata alla finestra che dà sul cortile, e l'ha aperta in modo che l'aria entri più liberamente nella mia stanza. Posso vedere la lucida striscia verde dell'erba ai piedi del muro, e il limpido cielo azzurro al disopra del muro, e sole dappertutto. La vita è bella. Possano le generazioni future liberarla da ogni male, oppressione e violenza, e goderla in tutto il suo splendore.
(...) Quali che siano le circostanze della mia fine, morirò con fede inconcussa nell'avvenire comunista. Anche ora, questa fede nell'uomo e nel suo futuro mi ispira una forza di resistenza quale nessuna religione può dare.