Amazon: scioperi in tutta Europa
di Massimiliano Dancelli
Il settore degli acquisti on line sta prendendo sempre più piede e la conseguente crescita della richiesta induce le aziende, mosse dall’unico fine del profitto, a pretendere dai propri dipendenti ritmi di lavoro impossibili che li espongono a rischi sempre maggiori in termini di salute e sicurezza. La necessità di lavorare sette giorni su sette, festività incluse, con turni anche notturni, contribuisce a peggiorare enormemente la qualità della vita di questi lavoratori. Inoltre, l’aumento della domanda nei periodi festivi, come per esempio il Natale, fa sì che queste aziende ricorrano a parecchia manodopera precaria, e quindi maggiormente ricattabile, favorendo l’applicazione di importanti ribassi salariali che poi si ripercuotono sulle rivendicazioni degli altri lavoratori con contratto a tempo indeterminato. In questo modo, gli imprenditori del settore riescono a sfruttare al massimo le proprie maestranze realizzando enormi profitti: Jeff Bezos, il patron di Amazon è uno degli uomini più ricchi del mondo con un patrimonio stimato in 100 miliardi di dollari. Ma negli ultimi mesi questi lavoratori hanno deciso di cominciare a far sentire la propria voce.
Grandi proteste in Europa
Il 24 novembre del 2017 i lavoratori Amazon, leader mondiale del settore
dell’e-commerce, hanno deciso di scioperare durante il black-friday,
il giorno degli sconti, in cui la richiesta dei clienti schizza alle
stelle e il carico di lavoro raggiunge picchi insostenibili. La protesta
è partita dal sito italiano di Castel S. Giovanni (PC) dove oltre il
50% dei lavoratori ha scioperato e oltre 200 di loro hanno presidiato
i cancelli dello stabilimento scontrandosi con la pronta repressione
della polizia borghese. I lavoratori tedeschi di Amazon, che già avevano
scioperato nel 2015, hanno deciso di sostenere la protesta dei loro
colleghi italiani incrociando le braccia in ben nove siti in Germania
e altrettanto hanno fatto i lavoratori francesi e polacchi.
Seguendo questo esempio, il 21 e 22 marzo scorsi, i lavoratori del
magazzino Amazon MAD4 di Madrid hanno scioperato con una adesione pari
al 98% dopo che in assemblea avevano preso a larghissima maggioranza
(il 75%) questa decisione in risposta al mancato accordo con l’azienda
sul rinnovo del contratto (scaduto nel 2016). Secondo la legge spagnola,
infatti, quando non si arriva ad un accordo tra le parti, si deve applicare
il contratto immediatamente superiore che, nel caso specifico, sarebbe
quello della logistica, con conseguente peggioramento delle indennità
per lavoro notturno e minore copertura sul riconoscimento delle malattie
professionali legate alla specifica attività del settore come il picking, ovvero lo smistamento pacchi, che obbliga i lavoratori
a fare parecchi km durante il giorno, sollevare carichi e tenere la
schiena costantemente piegata.
Coordinarsi a livello internazionale
Le richieste dei lavoratori che hanno messo in atto le proteste sono state sempre le stesse: riduzione dei ritmi di lavoro a tutela di salute e sicurezza, aumenti salariali che rendano le buste paga congrue con l’enorme mole di lavoro svolto, stabilizzazione di tutti i lavoratori precari, che sono migliaia, nei diversi siti di Amazon, porre fine agli abusi e alle minacce continue dei capi-reparto. La protesta dei lavoratori di questo settore, al pari di quella dei facchini della logistica, altro settore dove vige un sistema di iper sfruttamento, assume particolare importanza perché, finalmente, accende i riflettori su un sistema inumano, totalmente privo di tutele, che non è percepito da chi ordina i prodotti con la tastiera del pc. I lavoratori del sito spagnolo di Amazon hanno chiesto solidarietà e sostegno a tutti i lavoratori del mondo con un comunicato in cui invitavano, tra l’altro, a non fare ordini durante i giorni della protesta. Noi pensiamo che questa sia la strada da percorrere, bisogna creare un coordinamento europeo di tutti i lavoratori dell’e-commerce e della logistica (settori affini e spesso collegati) che ponga un freno a questa situazione insostenibile.