
Il Jobs Act ha incrementato la precarizzazione del mercato del lavoro soprattutto per quanto riguarda quei contratti di apprendistato che rappresentano una delle forme di sfruttamento che più colpisce il mondo giovanile. Oltre naturalmente a peggiorare le condizioni di vita e di lavoro intensificando gli strumenti e le modalità di controllo e disciplinamento sul posto di lavoro.
Il Piano Casa rappresenta un forte attacco al più elementare dei diritti, quello di avere un tetto sotto al quale poter vivere. Le decine di migliaia di famiglie che non si possono più permettere affitti sempre più in crescita saranno costrette allo sfratto e in ogni caso non potranno accedere ai servizi pubblici di base. Le strade delle nostre metropoli sono sempre più vistosamente colme di senzatetto che rischiano di morire assiderati nella stagione più fredda.
La Buona scuola della Giannini è il culmine di tutto un percorso di destrutturazione dell'istruzione pubblica iniziato negli anni Novanta con i governi di centrosinistra e proseguito in assoluta continuità con tutte le altre legislature. Adesso i processi di privatizzazione e apertura alle aziende nonché i dispositivi di mercificazione del sapere e controllo degli studenti si sono ormai consolidati e andranno a incrementarsi, danneggiando i lavoratori del mondo della scuola e le possibilità di formazione di un sapere autenticamente critico.
La riforma costituzionale andrà poi a rafforzare la deriva autoritaria delle istituzioni statali, rafforzando l'esecutivo e limitando la rappresentatività parlamentare. Si tratta di un piano formale, dal momento che il Parlamento stesso e la Costituzione della Repubblica non sono garanti di nessun confronto democratico, ma rimangono strumenti coercitivi in mano al potere padronale seppure usciti fuori da un compromesso al ribasso che il Partito comunista italiano fece con le classi dominanti all'indomani del secondo conflitto mondiale. Pur tuttavia questa involuzione autoritaria è significativa dal momento che indica chiaramente quale sia la volontà dei gruppi sociali al potere: neutralizzare qualsiasi spazio di opposizione alle politiche austerity e allo smantellamento dei diritti sociali.
Anche sul fronte dei diritti civili, il governo è riuscito a portare a casa solo un misero contentino dopo una serie infinita di polemiche e trucchi parlamentari. Il ddl Cirinnà di fatto è una legge discriminatoria che non assicura la giusta equiparazione tra coppie eterosessuali e coppie omosessuali e un paritario diritto di adozione.
Per quanto riguarda il sindacalismo di base, persiste da parte delle sue direzioni la tendenza, anch'essa burocratica, a dividere la classe lavoratrice con mille steccati, coltivando tanti piccoli orticelli che lungi dal promuovere la costruzione di un fronte di classe unitario prestano il fianco alle manovre padronali indebolendo la forza di resistenza da parte operaia. Le recenti vicissitudini che hanno colpito l'Unione sindacale di base confermano queste tendenze tanto profonde quanto radicate in un sindacalismo che di base ha purtroppo soltanto il nome.
Queste divisioni sono evidenti anche nel mondo delle mobilitazioni studentesche, che dopo la grande manifestazione unitaria del 5 maggio 2015 non sono riuscite più a mettere in campo una risposta forte agli attacchi del governo, limitandosi ai soliti scioperi rituali dello scorso ottobre che ormai hanno perso qualsiasi potenziale conflittuale.
D'altro canto crediamo che siano vane ed effimere le soluzioni movimentiste, come ad esempio quelle proposte dai centri sociali legati all'anarchismo o all'Autonomia: certo, la crisi del riformismo lascia libero il campo anche a queste correnti e ideologie, ma già in passato queste hanno dimostrato di non essere all'altezza dei compiti storici di emancipazione; di non essere all'altezza degli attacchi delle classi dominanti a giovani e lavoratori; di non poter e saper realizzare al meglio le aspirazioni rivoluzionarie della gioventù in lotta, e la sorte di questi movimenti negli anni Settanta la dice lunga sull'efficacia di questi metodi e questi programmi.
Infatti l'impostazione politica della cosiddetta area dell'Autonomia, si traduce in un rifiuto del potere operaio: l'importante per chi sostiene queste posizioni non è la presa del potere da parte del proletariato che impone la sua dittatura per favorire la transizione ad una economia socialista, in grado effettivamente di soddisfare i bisogni di tutti; al centro del loro minimalismo politico c'è invece la lotta per "spazi autonomi" di gestione delle risorse (spazi all'interno della società capitalistica che non possono avere che una scala ultra-locale e che in ogni caso non possono rendersi totalmente indipendenti dal controllo sociale del capitale per quanto vengano definiti “zone liberate”); a questo si aggiungono altre teorizzazioni individualistiche e irrazionali come quella della "appropriazione" per cui il soggetto non deve più lottare per un interesse generale e perché tutti possano godere e fruire di determinati beni, ma deve "appropriarsene" nell'immediato attraverso la "pratica dell'"esproprio".
Sostituire il faticoso lavoro della costruzione del partito rivoluzionario con pratiche frammentarie di "auto-realizzazione" immediata dei soggetti; sostituire la prospettiva universale e tesa al futuro della rivoluzione socialista con delle pratiche molecolari di presunto "contropotere" che non posso che avere un respiro territoriale e non andare oltre delle (a volte condivisibili) dichiarazioni di intenti: come se fosse possibile esercitare un autentico contropotere e affermare gli interessi delle soggettività sociali senza togliere il potere alla borghesia, senza distruggere il suo Stato per sostituirlo con uno Stato operaio, senza assumere il controllo dei mezzi di produzione e di scambio. Non è un caso se i gruppi autonomi, in assenza di un progetto chiaro e oscillando continuamente, associano le suddette attività con la ricerca costante di sponda sulle forze di sistema, incluso il movimento reazionario a cinque stelle di Grillo.
Siamo convinti che una politica basata esclusivamente sul sensazionalismo della protesta, sugli scontri con la polizia, sull'estetica del conflitto come surrogato di un'organizzazione e di una prospettiva assenti non sia in grado di creare un reale cambiamento; non è con le occupazioni sporadiche né sfasciando le vetrine di banche e negozi che si può rovesciare il capitalismo; ma solo impegnandosi nella costruzione di un partito rivoluzionario, di una direzione consapevole che colleghi le lotte studentesche, con quelle operaie e per i diritti, alla prospettiva generale di una trasformazione in senso socialista della società.
Crediamo che non sia possibile garantire un futuro alle nuove generazioni senza lottare per una prospettiva di lotta rivoluzionaria, una prospettiva che superi l'attuale sistema capitalistico per portare ad una economia pianificata sotto il controllo dei lavoratori e i cui assetti produttivi siano finalizzati al benessere di tutti e non al profitto di pochi.
In questa prospettiva, la lotta di studenti e giovani lavoratori si rivela importantissima e a volte decisiva: basta guardare alla decisiva presenza giovanile all'interno di tutte le mobilitazioni rivoluzionarie degli ultimi anni (dall'Egitto alla Siria). Oppure alle imponenti mobilitazioni che hanno attraversato Canada e Cile nel 2011-2012 sempre contro le stesse politiche di dequalificazione e mercificazione del sapere e di privatizzazione delle scuole che subiamo anche noi in Italia.
D'altra parte, come abbiamo cercato di mostrare, non esiste oggi nessun soggetto politico che possa conferire a queste lotte una giusta direzione rivoluzionaria e internazionalista.
Per questo e con questa prospettiva i Giovani Comunisti Rivoluzionari hanno partecipato alle mobilitazioni studentesche dei mesi scorsi e fanno appello ai lavoratori e alle lavoratrici, agli studenti e alle studentesse, ad aderire a questo progetto di lotta e di costruzione dell'unica reale alternativa al massacro sociale: quella comunista, rivoluzionaria e internazionalista.
• ritiro di tutte le controriforme della scuola, reintegro di tutti i lavoratori licenziati in questi anni (docenti e personale Ata) e stabilizzazione di tutti i contratti per porre fine alla precarietà ;
• ritiro di tutti i finanziamenti alle scuole private;
• ritiro di tutti i fondi stanziati per le Grandi opere e per le missioni di guerra e loro destinazione verso un grande Piano di edilizia scolastica;
• estendere gli spazi democratici dentro le scuole; incrementare la partecipazione delle studentesse e degli studenti; costituzione di comitati paritetici docenti-studenti per l’elaborazione del piano di offerta formativa; eliminare i test Invalsi e qualunque forma di valutazione meramente numerica e nozionistica; ritiro di tutte le misure repressive contro le lotte;
• costituzione di un Reddito studentesco che preveda il comodato d’uso dei libri di testo e il libero e gratuito accesso a mense, trasporti e luoghi di cultura;
• per una scuola pubblica, gratuita, laica e di qualità!