Partito di Alternativa Comunista

CARLO GIULIANI CHIEDE GIUSTIZIA

CARLO GIULIANI CHIEDE GIUSTIZIA

 

La Corte Europea assolve l’Italia dall’omicidio del giovane manifestante.

Ancora una volta gli assassini rimangono impuniti

 

di Adriano Lotito

Gli intoccabili rimangono tali. E’ questo il primo pensiero che viene in mente dopo la sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo dello scorso 24 marzo. Sentenza che ha pienamente assolto l’Italia da qualunque responsabilità nella morte (noi lo chiamiamo assassinio) di Carlo Giuliani, il giovane no-global stroncato dalla pistola di un agente della polizia durante gli scontri di Piazza Alimonda a Genova in occasione del G8 2001. I giudici della Grande Camera (come viene chiamata con grande enfasi retorica) hanno infatti stabilito l’assoluzione di Mario Placanica, il carabiniere accusato del fatto, con tredici voti a favore e quattro contrari, confermando così la sentenza di primo grado del 25 agosto 2009. Inoltre hanno decretato l’Italia non colpevole in merito all’accusa di non aver condotto delle indagini sufficientemente approfondite sulla morte di Giuliani. Questa sentenza non rappresenta un caso isolato, un abbaglio, un errore giudiziario, ma coincide con la natura stessa dell’istituzione giudiziaria che in quest’occasione ha riconfermato di essere uno strumento nelle mani dei poteri forti, degli intoccabili per l’appunto.

 

Dalla Diaz a Bolzaneto: i massacri delle forze dell’ordine e la complicità dei magistrati

Sempre nell’ottobre del 2009 erano stati assolti, “per non aver commesso il fatto”, l’ex-capo della polizia Gianni de Gennaro e Spartaco Mortola, ex-dirigente della Digos di Genova, entrambi accusati di aver indotto a falsa testimonianza l’ex-questore di Genova Francesco Colucci per occultare le violenze commesse dalle forze dell’ordine durante il raid alla scuola Diaz. In quell’occasione centinaia di agenti in tenuta antisommossa, eseguendo gli ordini che provenivano direttamente dai vertici della polizia, fecero irruzione nella suddetta scuola concessa dal Comune al Genoa Social Forum e dove si trovavano numerosi studenti e giornalisti stranieri. I fatti sono noti: quasi un centinaio di feriti, alcuni di loro gravi (molti riportarono traumi cranici e lesioni permanenti) e in più la costruzione di prove false (le famose molotov messe dagli agenti) volte ad accusare quei ragazzi di “associazione a delinquere con finalità di devastazione”. Ma il tragico apice di questa manovra criminale organizzata dallo Stato borghese si ebbe nella caserma di Bolzaneto dove centinaia di fermati in attesa di essere identificati subirono vere e proprie torture fisiche e psicologiche: costretti a stare in piedi per ore e ore, insultati con minacce di tipo politico e sessuale, denudati, colpiti con schiaffi e pugni con il tacito consenso dei medici e soprattutto dell’allora ministro della Giustizia Castelli che proprio in quei giorni visitò la caserma assieme al magistrato antimafia Antonio Sabella, ispettore dell’amministrazione penitenziaria e dunque diretto responsabile di quanto stava accadendo. Anche in questa occasione la stragrande maggioranza degli agenti di polizia coinvolti sono riusciti a farla franca. Infatti, sebbene i giudici d’appello di Genova abbiano emesso 44 condanne, i condannati sono stati prescritti con il solo obbligo di risarcire le vittime (come se una somma di denaro possa restituire la dignità calpestata). Anche sul fronte della politica borghese si è fatto di tutto per impedire una seria inchiesta in merito ai fatti. Impossibile non citare a riguardo la strenue opposizione di Antonio Di Pietro alla costituzione di una commissione d’inchiesta parlamentare che indagasse sulle effettive responsabilità della polizia. Questo la dice lunga sul genere di giustizia che propagandano i settori “giustizialisti” tanto di moda oggi.

 

L’unica soluzione per ottenere giustizia è continuare a lottare

La giusta rabbia dei familiari di Carlo Giuliani non si è fatta attendere: il padre, Giuliano Giuliani, ha dichiarato di non volersi arrendere e di essere intenzionato ad appellarsi ad un tribunale civile “come unica possibilità per ottenere un dibattimento riguardo all’omicidio di Carlo”. Ad alimentare il risentimento c’è anche uno strano dato: infatti molti dei funzionari condannati in appello e poi assolti hanno fatto carriera dal 2001 a oggi: uno su tutti il già citato Giovanni De Gennaro, attualmente al vertice del Cesis, l’Ufficio di coordinamento dei servizi segreti. Da parte nostra, oltre ad esprimere la più sincera e attiva solidarietà a tutte le vittime di quei giorni, ribadiamo che è inutile aspettarsi una giusta sentenza dalla piovra giudiziaria borghese che ormai si è rivelata in tutta la sua parzialità, lasciando cadere definitivamente il velo di autonomia e indipendenza con cui la si vuole abitualmente ricoprire.

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