Partito di Alternativa Comunista

CI VUOLE UN ALTRO PARTITO

CI VUOLE UN ALTRO PARTITO
Lettera aperta ai militanti e attivisti del Prc
 
 
Cari compagni, care compagne,
 
molti di voi ci conoscono: abbiamo militato insieme nel Prc per anni fino alla nostra uscita, nell’aprile 2006 – quando Rifondazione entrava organicamente nel secondo governo Prodi – per avviare il percorso che ci ha portati a fondare il PdAC (Partito di Alternativa Comunista); con altri di voi abbiamo partecipato ad alcune lotte o manifestazioni realizzate in questi ultimi anni.
Uscimmo da Rifondazione comunista denunciando che l’appoggio a quel governo e al suo programma avrebbero costituito un tradimento alle ragioni della nostra comune militanza dentro un partito nato per contrastare la liquidazione dell’idea stessa di comunismo; dicemmo che la presenza del Prc in quell’esecutivo sarebbe stata preziosa per il padronato italiano, così come il sostegno della Cgil alla politica economica di Prodi e Padoa Schioppa, e lo avrebbe reso un docile strumento per imporre le politiche di guerra sociale e militare dei padroni.
Non esageravamo: l’attacco al sistema previdenziale col silenzio-assenso ai fondi pensione, la privatizzazione della scuola pubblica, la missione militare in Afghanistan, la realizzazione della Tav e della base Nato a Vicenza, il pacchetto sicurezza “anti-rumeni”, non sarebbero stati possibili senza il voto e il sostegno attivo dei parlamentari e dell’attuale segretario nazionale di Rifondazione (che di quel governo era ministro).
 
La fine di quella storia è nota a tutti: dopo che per due anni la sinistra parlamentare – il Prc, Verdi, il Pdci – ha sostenuto attivamente e diligentemente il governo di Confindustria, i nodi sono arrivati al pettine. Le elezioni politiche hanno sancito la morte della c.d. Sinistra Arcobaleno, il cartello elettorale che raggruppava le forze della sinistra di governo e che aveva candidato alla presidenza del Consiglio Fausto Bertinotti. La fedeltà di Rifondazione comunista e delle altre forze dell’Arcobaleno a tutte le manovre padronali ha portato prima allo sfaldamento del quadro militante di quei partiti, per poi tradursi persino nella perdita di un bacino elettorale che, seppur con varie oscillazioni, era superiore all’11%, per fermarsi al 3% perdendo così ogni rappresentanza parlamentare.
Innegabilmente, le politiche antioperaie del governo Prodi, con la conseguente perdita del potere d’acquisto dei salari e l’impoverimento di fette crescenti della popolazione, hanno aperto la strada alla vittoria della destra populista e reazionaria. La collaborazione attiva a queste politiche da parte di Rifondazione ha privato i lavoratori di un punto di riferimento per le loro rivendicazioni: la politica concertativa delle burocrazie di Cgil, Cisl e Uil, sul versante sindacale, e quella subalterna agli interessi del padronato sul versante politico, hanno prodotto questo risultato, fatto di due anni di sostegno incondizionato e appassionato a finanziarie lacrime e sangue, all’aumento delle spese militari, al finanziamento delle missioni coloniali, all’aumento dell’età pensionabile, ai tagli alla scuola pubblica e ai finanziamenti alle scuole private, a decreti razzisti.
 
Successivamente, il vostro congresso nazionale ha determinato la sconfitta della frazione bertinottiana raccolta intorno a Vendola e la conseguente scissione con la nascita di Sinistra Ecologia e Libertà. In quel congresso, chi era stato da ministro l’esecutore delle politiche del governo Prodi – Paolo Ferrero – venne eletto segretario nazionale, annunciando una “svolta a sinistra” del partito. Ma se tanti di voi avevano, con l’onestà dei militanti attaccati alla propria bandiera, creduto a quella “svolta”, non fu così per gli elettori, che punirono ulteriormente il Prc alle elezioni europee.
E noi pure, non solo non ci avevamo creduto, ma avevamo messo in guardia e avvisato chi aveva voluto dare ancora una volta credito a quel gruppo dirigente.
Già prima delle recenti elezioni regionali, i gruppi dirigenti nazionali e locali del Prc avevano moltiplicato dichiarazioni di piena e totale disponibilità a nuove alleanze elettorali e di governo “senza preclusioni” col Partito Democratico, cioè quel partito dell’alternanza borghese che costituisce ormai l’organizzazione compiutamente liberale di riferimento della grande borghesia industriale e finanziaria italiana. Una disponibilità spinta a tal punto da far dichiarare allo stesso Paolo Ferrero che il Prc è “pronto ad accettare Casini premier, pur di battere la destra di Berlusconi”.
Naturalmente, questo scenario è ancora di là da venire, ma gli accordi col Pd, quelli no, quelli si potevano fare da subito. E così, Ferrero ha chiuso intese elettorali e di governo locale in tutte le regioni chiamate al voto, ad eccezione delle tre (Lombardia, Marche e Campania) in cui il partito di Bersani l’ha espressamente rifiutato ritenendo Rifondazione del tutto ininfluente rispetto all’esito sperato – o auspicato – del voto.

Sappiamo – lo abbiamo letto su tanti blog, ne abbiamo parlato – che molti di voi hanno mal digerito questa scelta, che, per l’ennesima volta, svendeva le ragioni del Prc alla borghesia liberale in cambio di qualche poltroncina di consigliere o assessore. Eppure, tanti attivisti onesti hanno, anche in questa occasione, masticando amaro, “cantato e portato la croce”. Molti di voi hanno pensato che bisognava ancora soffrire purché il partito potesse “tenere”, passando quest’ulteriore prova elettorale; purché, in un rinnovato slancio militante, Rifondazione potesse invertire la rotta che l’aveva portata sul bordo della totale sparizione.
E invece, il risultato elettorale è stato ancora più crudo: c’è stato un ulteriore dissanguamento in termini di consensi, che ha spinto il Prc ancora più in basso. E non solo laddove si presentava in coalizione col Pd (segno inequivocabile del rifiuto da parte dell’elettorato di una simile opzione e, più in generale, della subordinazione dei comunisti ai liberali), quanto anche nelle regioni in cui si presentava autonomamente (indice della percezione della marginalità e della subalternità che caratterizzavano la scelta – necessitata – di andare da soli).

Chi si aspettava una seria analisi dopo il voto (e quest’ulteriore sconfitta) e, soprattutto, scelte conseguenti, non può che rimanere deluso: il gruppo dirigente del Prc si è sostanzialmente “autoassolto” (come si possa parlare di “tenuta del partito” in presenza di un’emorragia così imponente – 1.400.000 voti persi da Prc e Pdci dalle regionali del 2005; 300.000 in meno rispetto alle europee del 2009 – non è dato sapere). Non solo, ma ha rilanciato sulla proposta di costruzione di un soggetto asfittico (la Federazione della sinistra) e di alleanza con i partiti liberali del centrosinistra: cioè sulle formule che hanno portato alla disfatta e all’attuale quasi completa sparizione di Rifondazione comunista.
Noi crediamo che il vostro impegno di militanti e attivisti di quel partito avrebbe meritato un ben diverso rispetto da parte del gruppo dirigente. Ma siamo altrettanto convinti che nessuna battaglia all’interno del Prc possa convincere chi ha condotto a questo risultato a cambiare prospettiva. Perché, a ben vedere, questa prospettiva – l’alleanza e la subordinazione ai rappresentanti della borghesia italiana in un quadro di alternanza – costituisce il Dna dei vostri dirigenti sin dalla nascita di Rifondazione.
E allora è necessario che siate voi stessi a prendere in mano le redini dei vostri destini politici.

Noi, tra mille e mille difficoltà, siamo impegnati nell’impresa di costruire un partito comunista realmente rivoluzionario, nel quadro di un’Internazionale rivoluzionaria nel mondo. Non vi spaventi quest’aggettivo: sappiamo quanto nel Prc sia difficile usarlo, dal momento che il “pensiero unico” che i suoi militanti hanno sempre respirato è quello della riforma del capitalismo attraverso la presenza nelle sue istituzioni. Un progetto, questo, vecchio di oltre 150 anni e che è stato ripetutamente sconfitto dalla storia trascinando con sé la disfatta della classe lavoratrice.
Noi siamo impegnati in un altro progetto: contro quello riformista, un progetto realmente rivoluzionario che muove dal principio dell’indipendenza di classe dei lavoratori dalla borghesia e da tutti i suoi governi – di centrodestra come di centrosinistra – per costruire, nelle lotte e nelle mobilitazioni che soprattutto in questa fase di violenta crisi strutturale del capitalismo si susseguono, il partito comunista di cui realmente c’è bisogno. Quello che lotti contro questo sistema non già per riformarlo, ma per sostituirlo con un altro in cui la classe lavoratrice – che è la grande maggioranza in una società dominata invece da un’infima minoranza – si governi da sé sola.
Naturalmente, non abbiamo la supponenza di proclamarci “questo” partito; e l’organizzazione internazionale a cui ci riferiamo – la Lega internazionale dei lavoratori – non ha la supponenza di proclamarsi “questa” Internazionale. Non abbiamo nessuna vocazione all’autosufficienza.
Al contrario, abbiamo la consapevolezza che quell’embrione di partito che abbiamo sinora costruito nelle lotte quotidiane, nelle rivendicazioni anche minime delle classi sfruttate, è ancora insufficiente allo scopo.
Per questo, abbiamo bisogno dell’aiuto dei sinceri militanti ed attivisti – dovunque finora collocati – che considerino questo un obiettivo degno di essere perseguito, per il quale valga la pena di spendere le proprie energie militanti.
La nostra non è una proposta di “cooptazione” all’interno del nostro partito. Per noi un partito costituisce solo uno strumento, non già un fine: lo strumento indispensabile per la realizzazione di un progetto realmente comunista, realmente rivoluzionario. E la costruzione di un partito rivoluzionario non prevede l’adesione a “fedi”, non siamo una “chiesa”.
Appunto: la nostra è, invece, una proposta di costruzione comune di quel partito, partendo dai principi dell’indipendenza di classe e dell’autonomia dei comunisti rispetto alla borghesia. Perché solo un partito realmente indipendente ed autonomo da questa può combatterla.
 
Ed è per questo che vi chiediamo di tradurre la vostra indignazione verso chi vi ha condotto a quest’esito, e il vostro dissenso verso le proposte che lo perpetuano e lo riproducono, in volontà di impegno nella militanza: aiutateci a costruire un partito rivoluzionario in Italia che rifiuti per principio la partecipazione ai governi dei padroni, che miri a rovesciare il sistema capitalista, per un governo dei lavoratori. L’unità dei militanti va costruita su queste basi rivoluzionarie, le uniche in grado di sviluppare le lotte nell’indipendenza di classe dalla borghesia e dai suoi governi.
La realtà quotidiana ci ha dimostrato che la prospettiva rivoluzionaria è l’unica realistica: il capitalismo, comunque governato, da governi di centrodestra o di centrosinistra, con o senza il concorso della sinistra, si traduce in miseria, guerra, sfruttamento, devastazione ambientale, discriminazioni razziali e sessuali. L’unica difesa possibile dei lavoratori è quella di rovesciare questo sistema economico e sociale, il capitalismo, per dare ai lavoratori il controllo dell’economia e della produzione. Mettiamo insieme le nostre forze per dire no ai governi dei padroni, per una prospettiva comunista.
 
 
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