Contratto dei metalmeccanici,
sciopero del 9 ottobre
ANDARE OLTRE, PER SVILUPPARE IL CONFLITTO DI
CLASSE
In luglio la piattaforma della Fiom viene sottoposta al voto dei lavoratori e viene approvata da 410.000 lavoratori, contro i 270.000 che hanno votato la piattaforma separata di Fim Uilm Fismic e Ugl. Il 24 luglio, all’apertura della trattativa, Federmeccanica ha chiarito di non essere disponibile a un rinnovo contrattuale non coerente con le regole dell’accordo del 15 aprile e ha detto senza mezzi termini, già dal primo incontro, che le posizioni della Fiom sono incompatibili e irragionevoli. Di fronte alla rigidità di Federmeccanica - che tra l’altro, vista la crisi, ha la faccia tosta di chiedere anche una moratoria degli aumenti salariali per il 2010 - e degli altri sindacati, la Fiom abbandona il tavolo e propone un “accordo ponte”.
Tale accordo avrebbe lo scopo, per la Fiom ed anche per la segreteria nazionale, di sospendere l’applicazione del sistema di regole definito nell’accordo separato, l’apertura di un tavolo su blocco dei licenziamenti e sviluppo della struttura industriale del nostro paese, la richiesta congiunta al governo di estensione degli ammortizzatori sociali, un accordo economico transitorio che tenga conto delle diverse proposte fatte (sia quelle della Fiom che quelle di Fim, Uilm).
Sembra chiaro che la Cgil lancia qui un segnale ai padroni e agli altri sindacati per trovare un nuovo livello di interlocuzione fra le parti nel quale poter ricucire i rapporti con Cisl e Uil (Camusso) attraverso una mediazione sul salario e prospettare, in alleanza con i padroni, soluzioni alla crisi.
Per farsi un’idea della direzione fallimentare verso cui la Cgil tende a condurre migliaia di lavoratori mobilitati nelle piazze, può essere indicativa la lettera che Rinaldini ha inviato alla fine di settembre ai presidenti di Camera e Senato, nella quale getta l’allarme sulla situazione antidemocratica che si è venuta a creare al tavolo del rinnovo dei metalmeccanici (dal momento che la trattativa va avanti con due sindacati che sono minoritari nella categoria) e richiede un’audizione presso le commissioni Lavoro. Si fa appello qui alle istituzioni - seppellendo così ogni idea di lotta di classe e di conflitto - affidandosi ad un loro ruolo di inesistente neutralità, nel tentativo di essere riconosciuti come controparte affidabile pronta ad assumere il compito di garante della pace sociale.
La piattaforma presentata dalla Fiom è certamente insufficiente dal punto di vista salariale e complessivamente illude i lavoratori che possa esistere una soluzione alla crisi facendo pressioni su Federmeccanica e Governo perché non vengano colpiti il salario e i diritti del contratto nazionale e per una politica di sostegno alle imprese e di detassazione dei salari. Sono misure che governo e padroni stanno dimostrando di non considerare affatto praticabili, ne è una prova l’approvazione e l’uso del nuovo modello contrattuale come vero strumento anticrisi. Non esistono padroni buoni e cattivi come lasciano intendere i dirigenti della Fiom che prospettano ai padroni (e agli operai) soluzioni anticicliche legate alla ripresa degli investimenti, alla qualificazione della forza lavoro, all’innovazione e alla ricerca: nel capitalismo, l’unico strumento efficace che i padroni sanno usare in tempi di crisi è il taglio dei costi legati alla forza lavoro. Mai come oggi siamo di fronte alla reale ed evidente inconciliabilità tra interessi del capitale e quelli dei lavoratori. Per questo motivo sosteniamo lo sciopero dei metalmeccanici del 9 ottobre come discesa in piazza di una fetta importante della classe operaia del nostro Paese contro l’accordo separato, ma allo stesso tempo crediamo che la lotta, proprio a partire dagli operai metalmeccanici, debba fare un salto di qualità, andando oltre la piattaforma per il rinnovo del contratto ed entrando nel vivo dello scontro di classe che stiamo vivendo.
Occorre tessere un coordinamento delle decine di lotte di resistenza nelle fabbriche e nei territori. Occorre unificare le lotte per la difesa del posto di lavoro, per i rinnovi contrattuali, contro la chiusura dei siti produttivi, e unificare i lavoratori del pubblico e del privato, italiani e immigrati, stabili e precari, occupati e cassintegrati costruendo comitati unitari che siano all’altezza dello scontro in atto e che superino i freni delle burocrazie sindacali. E’ l’unità indispensabile per volgere i rapporti di forza a favore della classe lavoratrice, ed è l’unità di cui i padroni hanno paura e che la Cgil non vuole.