Partito di Alternativa Comunista

Da Genova al caso Regeni: il ruolo degli apparati repressivi nello Stato borghese

Da Genova al caso Regeni: il ruolo degli apparati

repressivi nello Stato borghese

 

 

 

di Mario Avossa

Il movimento di massa che si era opposto al vertice del G8 di Genova nel 2001 fu oggetto di una repressione di piazza di una violenza inaudita. Forze in assetto antisommossa, automezzi stracolmi di truppe con raid fra la folla, agenti provocatori in borghese, manganellate, calci in addome ai manifestanti a terra, spari ad altezza d’uomo con la morte di Carlo Giuliani, il massacro della Diaz, le prove posticce della polizia, le violenze gratuite contro i prigionieri nella caserma di Bolzaneto. Fu un piano preordinato messo in atto dal ministro dell’interno, Scajola, un fedelissimo di Berlusconi.
Le prove generali furono effettuate pochi mesi prima a Napoli con l’accerchiamento dei manifestanti in piazza Municipio, le percosse indiscriminate, i rastrellamenti negli ospedali e le violenze contro i prigionieri nella caserma Raniero a piazza Carlo III. Ministro degli interni Enzo Bianco. (1-2)
I responsabili di quelle atrocità furono trascinati nei tribunali d’Italia dagli avvocati delle vittime. Dopo una serie interminabile di lungaggini, rinvii, non luogo a procedere e prescrizioni, i vertici delle forze di polizia furono condannati a pene simboliche. Vale la pena di citarne i nomi: Gianni De Gennaro, Franco Gratteri, Gilberto Caldarozzi, Giovanni Luperi, Filippo Ferri, Salvatore Gava, Fabio Ciccimarra (già esercitatosi a Napoli), Vincenzo Canterini, Pietro Troiani; poi: Fabrizio Basili, Ciro Tucci, Carlo Lucaroni, Emiliano Zaccaria, Angelo Cenni, Fabrizio Ledoti, Pietro Stranieri e tanti altri.

 

Brillanti carriere

Ma non basta. La maggior parte di costoro ha avuto nel frattempo carriere miracolose, con particolare riguardo a quelli che avevano funzioni direttive. Ferri diventa responsabile della sicurezza del Milan e di Balotelli. Caldarozzi collabora con le banche e poi è consulente della sicurezza a Finmeccanica, ora è vicedirettore della Dia. A Gratteri nel 2013 il ministero pagava un appartamento di servizio nel centro di Roma, per motivi di sicurezza: pare anch’egli possa aver collaborato con Finmeccanica. Gava, dirigente di squadra mobile, oggi lavora per Unicredit. Ciccimarra è promosso a capo della mobile de L’Aquila. Canterini, capo della mobile di Roma, ha goduto di prestigiosi incarichi nelle ambasciate europee. Troiani (le false molotov) potrebbe essere presto reintegrato con lode. Luperi è assunto capo-analista dell’Aisi (il servizio segreto interno). Ferri, figlio di Enrico (l’ex ministro Psdi) e fratello di Cosimo (sottosegretario alla Giustizia), è stato promosso alla direzione della mobile di Firenze.  (3)
L’accusa per tutti fu di aver sospeso i diritti umani riconosciuti dalle carte internazionali. Sia la magistratura italiana che la corte europea hanno accertato che ci furono gravi, ripetute e continuate violazioni di questi diritti.

 

Regeni, uno delle migliaia di omicidi politici del regime di Al Sisi

Giulio Regeni fu catturato dai servizi segreti mentre era in Egitto a curare contatti con i sindacati degli ambulanti, tradizionalmente vicini alla Fratellanza musulmana. Dopo il bagno di sangue con cui i vertici dell’esercito hanno spento i moti rivoluzionari della primavera araba egiziana (piazza Tahrir), i servizi segreti hanno infiltrato ogni struttura con base popolare che potesse minacciare il potere assoluto della cricca militare al potere in Egitto. Regeni entrò in contatto con un sindacalista (che poi si rivelò essere uno di questi infiltrati) per ottenere informazioni da trasmettere a Cambridge e in Italia. L’MI6 britannico seguiva la vicenda. I servizi segreti in Egitto non sono coesi. (4) Così Regeni cadde nelle mani di un’ala dei servizi poco incline ad assecondare Al Sisi. Fu torturato per giorni e infine morì sotto i pestaggi. Tragica fine riservata a migliaia di detenuti politici in Egitto, ma di cui nessuno parla. Per Al Sisi sarebbe stato meglio che il cadavere sparisse. Ma il settore dei servizi che deteneva Regeni preferì far ritrovare il corpo, arrecando grave imbarazzo al dittatore. (5)
In Egitto oggi vige una spietata e sanguinaria dittatura militare, simile a quella di tanti altri sfortunati Paesi del Medio Oriente. I diritti umani sono considerati dalla dittatura egiziana un inutile e fastidioso orpello. L’eliminazione fisica degli oppositori popolari è la regola, la prigione è considerata una sorta di grazia dalla pena di morte. Le condizioni di detenzione dei prigionieri in Egitto sono bestiali. Sopravvivere agli stenti e alle percosse è una fortuna. Nel 2016 è stato arrestato l’avvocato consulente egiziano della famiglia Regeni, Ahmed Abdallah, presidente dell'ong "Commissione egiziana per i diritti e le libertà". Nel 2017 è stato arrestato il legale egiziano della famiglia, Ibrahim Metwaly.
La reazione diplomatica italiana è stata enfatica quanto innocua, con il rientro della Guidi in visita d’affari e poi il richiamo in patria dell’ambasciatore. Contatti poi ripresi alla chetichella e oggi normalizzati. L’Italia ha truppe stanziali in Egitto e interessi Eni per un considerevole giacimento di gas naturale sulla sponda mediterranea. (6)
È in corso una campagna per la verità e giustizia per Regeni, condotta dai genitori e da gruppi democratici con incontri, manifestazioni, convegni e appelli al Parlamento europeo, con una qualche risonanza mediatica, ma rimasti sterili.

 

La denuncia di Zucca e il contrattacco di magistrati e poliziotti

Durante un dibattito sulla difesa dei diritti internazionali organizzato dall’Ordine degli Avvocati di Genova, il pm Enrico Zucca e i genitori di Regeni sono ritornati sull’argomento. (7) “I nostri torturatori sono ai vertici della polizia, come possiamo chiedere all’Egitto di consegnarci i loro torturatori?”, ha detto il magistrato, che si è a lungo occupato del processo per i fatti della Diaz, denunciando l’inefficacia delle indagini congiunte Egitto-Italia.
Secondo il pm del G8 la magistratura italiana sarebbe delegittimata nel procedere contro i poliziotti egiziani perché i poliziotti italiani si sono macchiati del reato di tortura e finanche premiati. Con l’implicita versione che se i poliziotti non avessero massacrato i manifestanti ora si potrebbe essere più vicini alla verità sul caso Regeni. Un’assurdità.
Sul piano formale esigere una spiegazione attraverso un percorso di carattere legale e investigativo è un’impresa ardua che può richiedere anni e approdare a un nulla di fatto. Sul piano politico questa polemica irrita le corporazioni borghesi della giustizia, perché evidenzia le contraddizioni della magistratura italiana, tanto ansiosa di ostentare interesse per il caso Regeni (un interesse di facciata), quanto pigra e miope per i massacratori del G8. I genitori di Regeni si sono lamentati di “essere stati abbandonati dallo Stato” nel momento in cui il ministro Alfano ripristinava normali relazioni diplomatiche con l’insediamento del nuovo ambasciatore italiano al Cairo. Queste procedure sono la norma fra Stati capitalisti.
Con i fulminei riflessi di un rettile gli apparati dello Stato borghese hanno fatto scattare polemiche e velate minacce di ritorsioni contro il pm troppo ciarliero. Il capo della polizia Gabrielli definisce la sortita di Zucca “infamanti accuse” e “parole oltraggiose”. (8) Il ministro della giustizia ha acquisito agli atti le dichiarazioni; e il magistrato procuratore generale della Cassazione ha avviato accertamenti preliminari. Atteggiamenti minacciosi delle istituzioni borghesi che non sono disposte a essere messe sotto accusa, neppure di fronte all’evidenza. (9)

 

Ipocrisia borghese. L’illusoria fiducia nella magistratura di ogni Paese

La denuncia di Zucca è contraddittoria. Le violenze inflitte agli oppositori politici in Italia così come in Egitto sono sostenute dagli stessi interessi del capitale; esse rappresentano l’applicazione concreta dell’odio di classe. Questo si attua allo stesso modo in ogni angolo del mondo. Gli apparati statali non sono neutrali, a differenza di quanto la borghesia vuole far credere, spalleggiata dai riformisti. La macchina repressiva dello Stato è organizzata e sostenuta dal capitale e ne difende gli interessi, che sono interessi di classe: si occupa di mantenere l’egemonia della borghesia sul proletariato, con ogni mezzo, lecito o illecito, legale o illegale. I torturatori egiziani sono sullo stesso piano dei torturatori italiani. Tra loro sono alleati, non antagonisti. Gli Stati capitalistici hanno tutti lo stesso interesse nel reprimere i moti popolari, nell’imprigionare o assassinare gli oppositori.
I funzionari di polizia e i magistrati che si prodigano in atti di violenza contro le masse in lotta si attendono l’impunità e lo Stato non può che concederla, nelle forme e nei tempi più opportuni, perché quelle violenze sono funzionali a mantenere l’egemonia della borghesia sul proletariato. Le progressioni di carriera rappresentano appunto il riconoscimento dei meriti acquisiti agli occhi delle classi al potere che essi, con i loro massacri, hanno così bene difeso dalla giusta rabbia del popolo oppresso.
È ipocrita dissimulare questo ruolo degli apparati repressivi dello Stato borghese e sostenere la neutralità della magistratura e delle forze armate rispetto ai conflitti di classe e alla loro repressione. È paradossale chiedere alla magistratura egiziana di agire contro gli interessi che organicamente difende. La fiducia nella magistratura borghese invocata dai familiari di Regeni è illusoria.

 

Il monopolio di classe della violenza

A corollario emerge il dibattito sull’uso della forza. Come ebbe a scrivere von Clausewitz, “la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi”. Lucida definizione, che sgombra il campo da equivoci. La borghesia detiene il potere ovunque e si arroga il diritto di detenere anche il monopolio dell’uso della forza. Quest’ultimo è negato alla classe operaia, alle classi subalterne. Di fronte allo sfruttamento e all’oppressione, secondo la borghesia, esse dovrebbero restare inermi quando aggredite dalle truppe. Questo è il motivo per cui leggiamo le solite dichiarazioni dei mezzi di comunicazione in cui si ripetono le litanie contro le “ingiustificabili violenze” dei manifestanti e sulla “inevitabile necessità di ristabilire l’ordine”.
Il Pdac in questi giorni ha portato avanti il dibattito su questo tema centrale e controverso. Quale rapporto fra violenza capitalista e violenza operaia? Qual è il ruolo del pacifismo? Quali conseguenze può avere un atto inconsulto di inesperti manifestanti? Rinviamo alla lettura dell’articolo di Francesco Ricci che pone tutta la sinistra di fronte alla necessità di fare chiarezza sull’argomento. (10)

 

Note

1) http://www.repubblica.it/cronaca/2010/01/22/news/napoli_violenze_ai_no_global_condannati_i_poliziotti-2045328/

2) https://www.ilfattoquotidiano.it/2013/03/17/17-marzo-2001-prima-di-genova-ci-fu-napoli/533591/

3) http://www.repubblica.it/politica/2015/04/09/news/promossi_dal_viminale_o_riciclati_come_manager_le_carriere_miracolose_dei_poliziotti_di_genova-111488412/

4) https://www.ilfattoquotidiano.it/2016/04/22/giulio-regeni-la-faida-tra-servizi-segreti-lo-ha-stritolato-parla-lunico-del-direttivo-fratelli-musulmani-ancora-libero/2661364/

5) http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-01-24/cosi-servizi-segreti-egiziani-hanno-incastrato-regeni-204507.shtml?uuid=AEuOfLH

6) https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/03/20/regeni-il-pm-zucca-torturatori-del-g8-ai-vertici-della-nostra-polizia-come-possiamo-chiedere-quelli-dellegitto/4240274/

7) https://www.tpi.it/2018/03/21/regeni-pm-zucca-anche-italia-torturatori-polizia/

8) http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-03-21/regeni-capo-polizia-gabrielli-pm-zucca-accuse-infamanti-143538.shtml?rlabs=1

9) https://ilmanifesto.it/tortura-difesa-dufficio-gabrielli-contro-zucca-il-csm-apre-uninchiesta/

10) https://www.alternativacomunista.it/content/view/2536/1/ - La piazza e l'uso della forza. Né pacifisti né avventuristi: rivoluzionari. Appunti per un dibattito.

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