Partito di Alternativa Comunista

Decreto Salvini: decreto repressione

Decreto Salvini:

decreto repressione

 

 

 

 

di Diego Bossi

(operaio Pirelli)

 

Togliere la cittadinanza agli stranieri, revocare la protezione umanitaria ai rifugiati, mandare in carcere chi protesta per difendere i diritti degli ultimi. Il «governo del cambiamento» mostra i muscoli al proletariato per difendere gli interessi dei capitalisti.

Sicurezza e immigrazione. Dietro a queste due parole si nasconde il nocciolo del fascio-leghismo targato Salvini che, non a caso, ha dato il suo nome a quello che non esitiamo a definire uno dei decreti più infami della storia repubblicana.

Un provvedimento di legge utile a cavalcare i sondaggi dell’odio, più improntato alla sicurezza dei beni borghesi che a quella delle masse popolari sempre più unite dallo sfruttamento capitalista in tutti gli aspetti della loro vita: dal lavoro salariato, sottopagato e precario, alla repressione dello Stato borghese; dal veleno nell’aria, nelle falde acquifere e nel cibo alle speculazioni edilizie; dalle grandi opere per ingrassare i grandi capitalisti a discapito delle infrastrutture di uso e consumo quotidiano per il proletariato; dal disfacimento dello stato sociale allo smantellamento della sanità e dell’istruzione pubbliche e di qualità.

Un giochetto vecchio e conosciuto quello di deviare il malessere e la rabbia delle masse proletarie sull’ultimo anello della catena sociale (ieri i meridionali, oggi gli africani), dividendo gli sfruttati a vantaggio degli sfruttatori.

 

La subordinazione dei diritti basilari al profilo penale      

Il diritto d’asilo politico ha origini millenarie e consiste nel dare protezione a persone perseguitate nei loro paesi d’origine a causa di opinioni politiche o credenze religiose. È un diritto inviolabile e non può essere subordinato alla condotta penale del richiedente che, come qualsiasi altro nativo o immigrato, è soggetto alle leggi dello Stato borghese comprese quindi quelle penali.

La cittadinanza è un diritto inviolabile per tutti gli esseri umani del mondo. Non può essere conferita o revocata solo ai migranti per meri fini propagandistici ed elettorali.

Il giro di vite sulla protezione umanitaria restituisce la vera natura di questo nefasto decreto: la crudeltà a fini elettorali del governo giallo-verde.

Con l’entrata in vigore del Decreto sicurezza la richiesta d’asilo politico, la protezione umanitaria e la cittadinanza saranno messe in discussione nei casi di una serie di reati già dalla sentenza di primo grado. Un’assurdità – una fra le tante – dello Stato borghese, che da una parte pontifica sui diritti inviolabili come l’irrevocabilità della cittadinanza, la presunzione di non colpevolezza, l’asilo politico e il rispetto della persona umana; dall’altra affila le lame della repressione contro gli ultimi: migranti, senzatetto, disoccupati, operai e pensionati.

 

Parte la macchina della repressione

Il raddoppio delle pene per gli occupanti «abusivi» di stabili e per coloro che organizzano occupazioni, l’estensione delle aree soggette al Daspo urbano (provvedimento partorito da Minniti col governo Renzi nda) anche per coloro che sono «sospettati di terrorismo internazionale» (su quali basi sarà sancito il sospetto?), la consegna in dotazione di armi a impulsi elettrici (Taser) ai vigili urbani dei comuni con più di centomila abitanti, la detenzione fino 4 anni per i blocchi stradali e il raddoppio del periodo di trattenimento nei centri d’identificazione e rimpatrio rientrano tra i principali provvedimenti finalizzati alla repressione violenta del dissenso dei proletari e della loro lotta per la difesa dei diritti umani, sociali e lavorativi.

 

La scarica elettrica: il nuovo giocattolo delle forze di polizia borghesi

Una repressione che, oltre ad essere giudiziaria, è fisica. Di qui muove la dotazione dei Taser alle forze di polizia. Nonostante siano ampliamente documentati gli effetti di questi dispositivi di tortura sui cardiopatici e siano imprevedibili le conseguenze di una scarica elettrica su un corpo umano, lo sceriffo dell’interno ha consegnato il «giocattolo» anche nelle mani della polizia locale.

Parliamo di dispositivo che vede la sua maggiore pericolosità proprio nella percezione distorta che dà di sé stesso, annullando il fondamentale effetto deterrenza necessario a un uso corretto e ponderato: un’arma da fuoco è letale e non viene usata (si spera) per sedare una sommossa o una reazione violenta, nemmeno per sfogare – chiamiamola così – la rabbia inespressa di qualche poliziotto su di giri. Ora è arrivato il Taser: basta premere un pulsante e come per magia la vittima designata crolla a terra in preda alle convulsioni. Che ridere. Prepariamoci ad ogni abuso possibile ed immaginabile con conseguenze drammatiche.

 

Milioni di euro dei lavoratori destinati alla loro repressione

Di fronte a migliaia di disoccupati e altrettante migliaia di licenziamenti in corso per chiusure e delocalizzazioni, agli oltre 5 milioni di persone sotto la soglia di povertà, agli ammortizzatori sociali in esaurimento e a un sistema sanitario pubblico avviato verso lo smantellamento totale a favore degli speculatori privati, nel biennio 2018-20, solo per rafforzare il sistema dei rimpatri, saranno destinati 2 milioni di euro.

Altri 50 milioni l’anno fino al 2025 per il contrasto al terrorismo internazionale, nel nome del quale, presumiamo, saranno autorizzate diverse violazioni dei diritti della nostra classe.

Un provvedimento che sulla stessa logica della Bossi-Fini e della Turco-Napolitano (ostacolare l’integrazione creando così le condizioni per rimpatriare) produrrà quei «clandestini» preziosi per la retorica dell’odio e della paura che ha fatto la fortuna politica di Matteo Salvini.

Per i migranti che riusciranno a raggiungere le nostre coste saranno ben poche le opzioni: non potranno lavorare in regola se non avranno un permesso di soggiorno, non potranno avere un permesso di soggiorno se non avranno un lavoro in regola, nessuno affitterà loro una casa, potranno solo lavorare in nero in condizioni disumane e cercare di sopravvivere ai limiti della legalità borghese che con questo decreto sarà pronta a mettere in discussione i loro diritti fondamentali al primo sospetto.

 

Il razzismo spudorato e ostentato

Il ministro Salvini, durante una diretta Facebook, ha annunciato un’ulteriore stretta sui «negozietti etnici», imponendo loro la chiusura alle ore 21 perché fonte di attività illecite e di disturbo della quiete pubblica.

Un emendamento che se dovesse passare sarebbe definibile a pieno titolo una legge razziale che ci riporta con la mente ai tempi più bui del secolo scorso.

 

Un decreto al servizio della borghesia per controllare e reprimere i proletari

Il Decreto sicurezza e immigrazione targato Salvini ha una sua logica ben precisa, basata sull’inoculazione sociale della xenofobia in nome del contrasto a una criminalità che ha origine dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e che non cesserà mai di esistere in un mondo governato dal capitalismo.

Il decreto è la naturale conseguenza delle precedenti politiche che hanno impoverito e affamato i lavoratori: oggi più che mai, per i nostri nemici di classe, si è reso necessario privarci degli spazi democratici e di organizzazione della lotta e dotare lo Stato borghese di tutti gli strumenti possibili per perpetrare la repressione giudiziaria e coercitiva. Un attacco di classe cui serve una risposta unitaria di classe.

Al governo borghese non interessa nulla della sicurezza dei cosiddetti «cittadini», termine usato per distinguere (e dividere!) i nativi dagli immigrati, dove questi ultimi, per effetto dello stesso decreto, quand’anche arrivassero al conseguimento della cittadinanza, avrebbero per le mani una cittadinanza di serie B, subordinata al loro profilo penale.

Al governo giallo-verde, come a tutti i governi borghesi precedenti della storia, serve un alibi per giustificare all’opinione pubblica gli strumenti della repressione e del controllo. È la cara e vecchia strategia della tensione che non ha mai cessato di esistere, ma è solo mutata: ieri il terrorismo autoctono, di Stato e dell’estrema destra, architettato ad hoc per contenere le lotte degli anni ’70-80, oggi il terrorismo internazionale e l’invasione islamica.

 

Unità delle lotte contro il capitalismo

Oggi come ieri è importante non cadere nelle trame xenofobe e razziste mirate a dividerci per indebolirci e sfruttarci: unire gli oppressi contro gli oppressori verso una società socialista, libera dallo sfruttamento e dalla barbarie. Quella sarà la vera sicurezza, dove il concetto d’immigrazione sarà solo un brutto capitolo della storia.

Noi di Alternativa comunista partecipiamo, al fianco di tanti altri lavoratori di diversi sindacati, diverse categorie e diverse provenienze politiche, alla costruzione del Fronte di lotta no austerity, che il 10 e l’11 novembre a Modena si riunirà per la sua terza Conferenza nazionale. Un evento interamente pubblico cui invitiamo a partecipare. Un primo passo necessario per la costruzione del fronte unitario delle lotte che serve a contrastare l’avanzata dispotica del capitale.

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