Partito di Alternativa Comunista

Ferrero ha intenzione

 
Ferrero ha intenzione
I dirigenti di Rifondazione pronti per la terza avventura di governo
 

"Bene. Ti dirò che c’è." disse Barkis. "Forse tu potresti scriverle."
"Certo che le scriverò." soggiunsi.
"Ah!" egli disse, volgendo lentamente gli occhi verso di me.
"Se tu le dovessi scrivere, forse ti ricorderesti di dirle che Barkis ha intenzione; ti ricorderesti?"
"Che Barkis ha intenzione." innocentemente ripetei. "Soltanto questo vuoi dirle?"
"Mmh, sì, sì." egli disse, pensoso. "Sì. Dille che Barkis ha intenzione."
(Charles Dickens, David Copperfield
 
di Francesco Ricci
 
ferrero
 
I traduttori rendono "Barkis is willing" in vari modi: Barkis è pronto, Barkis ha intenzione, Barkis è disponibile. Il senso non cambia: Barkis, il cocchiere, ripete questa frase per anni, con ostinazione, e cerca in ogni modo di farla giungere all'orecchio di Peggotty, la governante che vorrebbe sposare e che finge di non capire resistendogli per un buon numero di capitoli.
Uscite dal romanzo di Dickens (bisogna farlo ogni tanto) e provate a sostituire Barkis con Paolo Ferrero. La stessa ostinazione, un progetto di matrimonio (unione) perseguito con tenacia, pervicacia, costanza, per anni, anche di fronte a qualche rifiuto di settori del Pd, incurante persino degli sberleffi subiti. Non sono bastati rotture, scissioni, crollo elettorale, crisi irreversibile del partito: nulla può fermare un uomo quando è davvero ostinato. Ferrero is willing, pronto, disponibile o, in altre parole: ha intenzione.
 
Ferrero ha intenzione: di rifare l'accordo elettorale e di governo col centrosinistra
Sulla disponibilità di Ferrero non ci sono dubbi: decine di interviste (con relative smentite e controsmentite) confermano gli incontri col Pd, ultimo dei quali è stato il 27 agosto: in questa occasione Ferrero ha ribadito che, purché venga ammesso nell'alleanza, non pone veti su nessuno, vanno bene tutti, incluso Casini.
Peraltro si tratta di una novità solo per distratti e ingenui. Fin dai tempi della "svolta a sinistra" (con annessa rottura con Vendola-Bertinotti) Ferrero si è sempre premurato di precisare che Rifondazione non rompeva con l'essenza del bertinottismo, cioè con la tattica di strizzare periodicamente l'occhio ai movimenti per accumulare forze da investire nei governi (nazionali, regionali, locali) dei padroni.
La separazione dall'ala destra del partito (Vendola, Bertinotti e Giordano) non nasceva da una differente strategia ma solo da una vera e propria lotta per la sopravvivenza di una burocrazia in cassa integrazione. Non a caso si sono poi ritrovati tutti insieme in varie alleanze di governo locale, a partire dalla Puglia, dove Vendola governa con la benedizione di vescovi e industriali. E la stessa guerra di queste settimane tra i due tronconi della sinistra governista, con Vendola che ironizza su Ferrero e Diliberto che, col cappello in mano, bussano alla porta del Pd per elemosinare un accordo; e con Ferrero che fa da sponda ai dalemiani che cercano di affossare la candidatura a premier di Vendola: anche tutto questo nasce non da un diverso orizzonte. Per tutti l'obiettivo primario resta quello di rientrare in parlamento e, se possibile, nelle stanze di un governo del Pd (o perlomeno nel sottoscala), con tutto ciò che ne consegue in termini di poltrone, seggiolini, sgabelli e treppiedi. I feroci scontri tra ferreriani e vendoliani derivano unicamente dalla scarsezza di briciole da spartirsi in libera caduta dal tavolo dello schieramento borghese di centrosinistra.
 
Ferrero ha intenzione: di imbrogliare ancora una volta i militanti del suo partito
Da buon allievo di Bertinotti, anche Ferrero ha imparato a giocare con le parole (anche se non raggiungerà mai le vette del maestro e non saprà mai imitare le famose "narrazioni" del poetico Vendola). L'accordo elettorale e di governo viene rinominato "alleanza democratica" o "fronte democratico". Il nobile scopo di questo ennesimo compromesso di classe con la borghesia è quello di "cacciare Berlusconi" e rifare la legge elettorale (ma si fa accenno anche a "riforme condivise"). Di fronte allo scetticismo dei militanti del partito, che questo copione teatrale lo hanno già visto rappresentare alcune decine di volte, si promette solennemente che stavolta Rifondazione (e la Fed) non entrerà nel governo e che sarà una alleanza tra diversi, senza adesione al "nuovo Ulivo" di Bersani. Come se il sostegno esterno (con relativi giochi di parole) non fosse già stato sperimentato la penultima volta (col Prodi I). Come se tra sostenere un governo avendo ministri o sostenerlo senza passasse una differenza essenziale. Come se il Prc (senza ministri) non avesse votato la precarizzazione selvaggia del lavoro (pacchetto Treu), i lager per immigrati e tutto il resto. Come se, infine, il presentare il proprio simbolo, la falce e martello (come ha rivendicato orgogliosamente Ferrero), fosse sufficiente ad annullare gli effetti di un accordo con la borghesia e il suo governo.
Ci aspettano mesi di nuove formule, che andranno a sostituire quelle, pur fantasiose e indimenticabili, del passato: durante la seconda esperienza di governo con Prodi, lo slogan del Prc fu: "partito di lotta e di governo in un governo di lotta e di mediazione". In effetti quel governo una lotta la fece: contro gli operai, contro i giovani. E il ruolo di Rifondazione fu solo quello di arginare la crescita delle lotte operaie, salvaguardando la "pace sociale" in cui si sviluppò l'attacco anti-operaio di Prodi.
 
Ferrero ha intenzione: e la borghesia anche, per frenare le lotte d'autunno
Tornando a Dickens (per distrarsi da questo squallore) bisogna ricordarsi che il tenace Barkis ricordava al giovane Copperfield: "Quando uno dice che ha intenzione, è più che naturale che s'aspetti una risposta."
La risposta di Peggotty, dopo alcune centinaia di bellissime pagine, arriva (ma non la riveliamo per non guastare la lettura a chi non conosce questo delizioso romanzo). La risposta di Bersani a Ferrero-Barkis è arrivata invece a stretto giro. Come riferiscono le cronache, Bersani e Ferrero si sono incontrati quest'estate per contrattare i posti (qualche seggio per riammettere Rifondazione nel pollaio parlamentare) e un gioco comune contro i comuni avversari (Vendola, Veltroni).
Qualche commentatore cercava di spiegare il rinnovato interesse del Pd dalemian-bersaniano nei confronti del misero 1% (o poco più) di voti che i sondaggi attribuiscono alla Fed (Prc e Pdci insieme) con calcoli sui collegi elettorali in cui questo magro pacchetto di voti avrebbe il suo peso. Non è da escludere che ci siano anche considerazioni di questo tipo: ma il vero motivo dell'interesse del Pd (e della borghesia che rappresenta) a far rientrare Rifondazione nel proprio gioco è un altro. L'ampia fetta di borghesia che punta alla vittoria del centrosinistra (in pacifica alternanza col centrodestra) è preoccupata della prossima fase sociale, delle lotte che potrebbero svilupparsi nelle piazze in autunno. E vorrebbe tornare a disporre - a fianco delle burocrazie sindacali, già impegnate con profitto in questo compito - anche di una fedele sinistra di governo. L'esperienza del primo governo Prodi (maggio 1996 - ottobre 1998) e del secondo governo Prodi (maggio 2006 - maggio 2008) hanno insegnato ai borghesi più intelligenti che un partito che si definisce comunista, e che è disponibile a svolgere funzioni di valletto in un governo dei banchieri, può rivelarsi una risorsa preziosa per ingannare gli operai, per frenare le lotte e farle finire in un vicolo cieco, promettendo in cambio della "pace sociale" (rinuncia a scioperi e conflitto contro l'attacco padronale) un "programma di riforme sociali" (da concordare... con Marchionne e la Marcegaglia). Tanto più in una fase di acuta crisi economica come l'attuale, la borghesia ha bisogno di un sostegno a sinistra per sviluppare le sue guerre militari all'estero e le sue guerre sociali in patria: a partire dalla guerra contro gli operai Fiat, premessa del definitivo smantellamento del contratto nazionale di lavoro.
Per tutto questo lavoro sporco la borghesia può contare sul gruppo dirigente di Rifondazione. Perché Ferrero is willing. Ferrero è pronto, disponibile. Per la terza volta, dopo i disastri precedenti, Ferrero, come abbiamo capito, ha intenzione. La storia, sosteneva Marx, si ripete sempre: la prima volta in tragedia e la seconda in farsa. Nulla ci dice però l'adagio di cosa accada la terza volta. Ma possiamo immaginarlo e per evitare nuovi disastri bisogna che i militanti onesti che ancora stanno in Rifondazione, gli attivisti della sinistra di classe, i lavoratori in lotta chiariscano ai Ferrero, ai Diliberto, ai Vendola e a tutte le burocrazie politiche e sindacali della sinistra subalterna al centrosinistra, che non ci può essere una terza volta, che due disastrose esperienze di governo con i padroni sono bastate. I burocrati governisti devono sapere che in questo terzo accordo anti-operaio con la borghesia si troveranno soli, isolati. Perché i militanti di classe sono disponibili: ma non per mettersi al servizio di banchieri e industriali. Anche noi abbiamo intenzione: ma è un'intenzione opposta a quella di Ferrero. Noi vogliamo scaldare il prossimo autunno con i fuochi della lotta di classe e costruire per questa via una prospettiva di potere dei lavoratori.
 
 
(questo articolo è una anticipazione del numero di ottobre di Progetto Comunista, periodico del Pdac)

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