G20 di
Londra
Il capitalismo in crisi riafferma i propri
princìpi
di Claudio
Mastrogiulio
Si è tenuto a Londra l’incontro tra i capi
di Stato e di governo dei 20 Paesi a capitalismo avanzato a livello
internazionale. Il tavolo di discussione si è articolato sulla contrapposizione
tra due “filosofie” d’intervento in questo ambito di crisi colossale del sistema
capitalistico. Da un lato l’asse Usa - Cina e dall’altro l’asse Germania -
Francia.
Il primo favorevole alla predisposizione di pacchetti di stimolo fiscale; il
secondo intenzionato a propendere per una ri-regolazione dei mercati finanziari.
La conclusione a cui i leader mondiali sono giunti è il risultato di un
compromesso tra queste diverse rivendicazioni. È stata infatti stabilita
l’erogazione di oltre 1.000 miliardi di dollari a favore del Fondo Monetario
Internazionale (Fmi). Di tale somma, 750 miliardi verranno incamerati
direttamente dal Fmi, mentre i restanti 250 saranno utilizzati per rilanciare il
commercio internazionale. Tra i principi riaffermati in questo summit
dei rappresentanti dei Paesi a capitalismo avanzato vi sono quelli secondo cui
sia necessario opporsi a qualsiasi ripristino di barriere agli scambi
commerciali e finanziari. È stato inoltre stabilito che i principi della
trasparenza e di merito dovranno caratterizzare la scelta dei vertici delle
istituzioni internazionali. A fare da corollario a ogni incontro tra i vertici
politici internazionali in tema di economia v’è sempre (o quasi) l’ambito
compassionevole dei cosiddetti “aiuti ai Paesi poveri”, tant’è che sono stati
previsti (formalmente, ma certo non sostanzialmente) 50 miliardi di dollari di
aiuti.
Le conseguenze delle scelte
di queste politiche economiche
Al di là dei tecnicismi economici e della
grande enfasi retorica utilizzata dalla stampa e dai media borghesi per dare
risalto alle decisioni prese nell’incontro dello scorso 4 aprile a Londra, c’è
da sottolineare il fatto (ampiamente pronosticabile...) che le istituzioni di
governo internazionale del capitalismo non hanno alcuna intenzione (al di là
delle illusioni di una sinistra che per anni ha accusato la sola versione
"neoliberista" del capitalismo, ma non il capitalismo in quanto tale) nemmeno di
modificare gli assetti attuali del sistema economico oggetto della più grande
crisi dopo quella del 1929. Peraltro è la struttura generale ad essere
all'origine della crisi attuale, che altro non è che una crisi classica di
sovrapproduzione, intrinseca al capitalismo in ogni sua variante. Viene anzi
persino rilanciato, dietro la sostanziale generalità dello slogan “no a forme di
ripristino delle barriere commerciali e finanziarie”, il modello capitalistico
che ha decretato, dal trattato di Maastricht in poi, il momento massimo di
fioritura del neoliberismo. Quello che i partecipanti al G20 hanno ignorato è il
nesso causale esistente tra l’apogeo del neoliberismo di derivazione
maastrichtiana (conseguenza esso stesso dell’onda lunga delle politiche
privatizzanti e di smantellamento dello stato sociale di inizio anni Ottanta
elaborate dalla Thatcher in Inghilterra e da Reagan negli Usa) e l'innesco di
questa crisi di portata globale del sistema capitalistico.
Tentare di
rilanciare il sistema economico riproponendone, anzi riaffermandone, gli
elementi costitutivi e dunque intrinseci delle proprie crisi cicliche non fa
altro che confermare l’assoluta inconsistenza d’ogni tipo di considerazione che
parta dal presupposto (infondato) che configuri le istituzioni politiche e
governative come entità super partes che perseguono il bene
comune. Occorre demistificare tutte le falsità che, anche grazie ai loro
servi sciocchi (media e stampa), i leader mondiali tentano di far passare come
la risposta risolutiva alle problematiche che questa crisi ha portato con sé.
Nel momento in cui si propone il sovvenzionamento di mille miliardi di dollari
nei confronti del Fmi ciò significa che l’organizzazione attorno alla quale
circolano gli interessi comuni dei poteri forti internazionali riceverà soldi
pubblici (e dunque derivanti da imposte dei lavoratori dei singoli Paesi
interessati) per potere rilanciare le mire espansionistiche di pochi squali
dell’economia sull’altare dei sacrosanti diritti ad una vita ed un lavoro
dignitoso della maggioranza della popolazione mondiale.
Le manifestazioni a
Londra
In occasione di questo meeting,
però, vi sono state grandi manifestazioni che rivendicavano un sistema economico
improntato alla giustizia sociale da contrapporre a quello capitalistico che, al
contrario, pone al centro della propria gerarchia valoriale il mero profitto di
pochi in barba ai diritti (negati) di molti. Si sono registrati molti scontri,
corredati dalla solita sperequata contrapposizione tra manifestanti inermi e
rappresentanti delle forze dell’ordine borghese in assetto antisommossa. Le
aggressioni poliziesche più dure sono avvenute vicino alla Banca d’Inghilterra,
dove un centinaio di manifestanti si sono radunati per poi essere brutalmente
dispersi dalla polizia. Le proteste sono continuate anche in altre zone, in cui
sono state infrante alcune vetrine di uffici di banche inglesi. La protesta era
infatti indirizzata contro il sistema economico e finanziario. Molti
manifestanti hanno anche circondato la Royal Bank of Scotland, la banca salvata
ad ottobre dal governo del laburista Gordon Brown.
In occasione degli scontri
provocati dagli attacchi della polizia nei confronti dei manifestanti un
manifestante è stato trovato morto nei pressi dei luoghi in cui gli scontri si
sono caratterizzati per la loro maggiore asprezza. Anche in questo caso (come
era accaduto a Genova nel 2001 ed a Rostock nel 2007, tanto per ricordare gli
ultimi due esempi più importanti) è stato artatamente calato sulla realtà dei
fatti l’odioso velo di mistificazione, arrivando ad affermare che quel
manifestante fosse morto “semplicemente a causa di un malore”; senza però
aggiungere in modo altrettanto puntuale che quello stesso manifestante aveva
poco prima subìto l’ondata di cariche poliziesche ordinate dal governo inglese,
come dimostrano le immagini.
In vista del
G8…
La prossima estate si terrà, in Sardegna, il
G8 che avrà il compito di realizzare le decisioni prese in questo incontro
preliminare. Sarà quella una grande occasione in cui mostrare la forza e la
radicalità del movimento di opposizione alla globalizzazione capitalistica per
poter rispondere chiaramente che all’interno del capitalismo non esiste uscita
dalla crisi per i lavoratori e tutti gli sfruttati. Occorre riaffermare con
forza il principio per cui una lotta per l’emancipazione della maggioranza
dell’umanità s’intreccia necessariamente con una strenua lotta anticapitalistica
che ponga al centro delle proprie rivendicazioni l’abbattimento di questo
sistema obsoleto, sulle cui macerie costruire un sistema improntato alla
giustizia sociale ed all’abolizione del dominio di un manipolo di uomini sulla
stragrande maggioranza dell’umanità. È questo il compito storico dei
rivoluzionari, a cui il Partito di Alternativa Comunista e la Lega
Internazionale dei Lavoratori (Lit) lavorano in tutto il mondo.