Partito di Alternativa Comunista

Gentilonia Viaggio nella terra dove gli immigrati hanno diritto al silenzio

Gentilonia

Viaggio nella terra

dove gli immigrati hanno diritto al silenzio

 

 

di Conny Fasciana

 
articolo_migranti
 
Stavolta il mio contributo inizia con uno sguardo ai flussi migratori dalla prospettiva di chi parte e si conclude con uno sguardo a chi riparte...
L’Oim (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) denuncia che in Libia il mercato degli schiavi è una realtà. (1)
Sono anni che i migranti raccontano che in Libia vengono sequestrati da miliziani che chiedono un riscatto alle famiglie per liberarli oppure li vendono ad altri trafficanti, appena passano il confine tra il Niger e la Libia. Cadono nelle mani delle milizie. Sono rapinati, rapiti, reclusi nei centri di detenzione. A Sabha corrono il rischio di essere venduti in un vero e proprio mercato degli schiavi, come lo definiscono loro stessi, che si svolge nei parcheggi e nelle piazze.
L’Oim è una delle poche organizzazioni umanitarie ad avere accesso a una decina di campi di detenzione intorno alla capitale libica, Tripoli, dove sono rinchiuse circa seimila persone. In totale ci sono una cinquantina di campi in tutto il paese, ma i centri dove sono reclusi i migranti potrebbero essere molti di più. “Più lavoriamo in Libia, più ci rendiamo conto che è una valle di lacrime per i migranti. I centri sono prigioni, posti disumani”, spiega Flavio Di Giacomo, responsabile Oim. La sua denuncia è confermata da Arjan  Hehenkamp, direttore generale di Medici senza frontiere, che ha visitato sette campi intorno a Tripoli e assicura che in Libia “tutti i campi di detenzione sono in mano alle milizie, non ci sono campi controllati dal governo”. Hehenkamp si è detto sconvolto da ciò che ha visto nei centri: “persone che non hanno più dignità né autonomia, a completa disposizione dei carcerieri. Alcuni mi hanno raccontato di nascosto, sussurrando, gli abusi subiti: non possono parlare e sono terrorizzati dalle ritorsioni”. L’ambasciatore libico in Italia, Ahmed Safar, ha confermato le violazioni dei diritti umani nei centri, ma ne ha minimizzato l’importanza. “Le violazioni ci sono state e ce ne saranno ancora nei campi, ma non possiamo generalizzare”, ha detto il 21 aprile a Gaeta. “In Libia non ci sono nemmeno le leggi per regolarizzare la presenza di cittadini stranieri, perché la Libia è un paese di transito. Ci sono campi di detenzione, campi per il rimpatrio, campi dove si aspetta di essere espulsi. Il governo libico ha bisogno del sostegno dei partner europei per garantire una situazione migliore”.
Forse è per questo che Tra Roma e Bruxelles da mesi si studia un progetto di ampio intervento sulla Libia? Fermare questo orrore? Vediamo come...

2 febbraio-31 marzo-21 aprile

L’obiettivo è stato indicato dal ministro dell’Interno, Marco Minniti. In gergo (capitalista) internazionale, è un quadro di interventi di “capacity building” per il governo di Tripoli, cioè pacchetti di misure atte a rafforzare la capacità della Libia di controllare le proprie frontiere, per contrastare i trafficanti di armi, droga ed esseri umani e per controllare le coste, nonostante il rischio che i fondi che saranno stanziati stanziati dall’Italia e dall’Unione  europea per finanziare la guardia costiera libica finiscano indirettamente nelle mani dei trafficanti.
Quindi, nonostante il governo italiano conosca bene la situazione drammatica in Libia e  nonostante sia verosimile pensare che la guardia costiera libica sia in odore di collusione con i trafficanti (2), Roma sembra determinata a perseguire il suo progetto di cooperazione con Tripoli per fermare la partenza dei migranti. 
Il 2 febbraio è stato firmato l'accordo tra il premier Gentiloni e Fayez Al Sarraj  (3), presidente libico riconosciuto dalla comunità internazionale, accordo messo subito a rischio dal ricorso presentato da intellettuali e giuristi libici nonché dall'ex ministro della giustizia Salah Al Marghani che ne contestano non solo le linee guida ma, soprattutto, la legittimità, non ritenendo Al Sarraj un esponente legittimo del governo di unità nazionale poiché lo stesso non ha ancora la fiducia della Camera dei rappresentanti (4).
Ciò nonostante, ed in attesa di conoscere quali potrebbero essere le ripercussioni sull'accordo in caso fosse accolto il ricorso dalla Corte d'appello libica, Gentiloni alza il tiro e chiede aiuto al ministro degli interni Marco Minniti che a braccetto con l'ambasciatore libico in Italia Ahmed Safar prepara le motovedette da far salpare per la Libia. Il 19 marzo scorso Al Sarraj è stato a Roma per chiedere un'erogazione di fondi per il controllo delle coste pari a circa 800 milioni di euro, dei quali circa 50 dovrebbero essere stanziati dall'Italia ed i rimanenti dalla comunità europea. Tali richieste comprendono 130 imbarcazioni di vario tipo, alcune delle quali dotate anche di mitragliatrici per fermare la partenza dei migranti dalle coste.
Ed eccoci al 31 marzo: l'Italia  ha firmato il 31 marzo scorso un accordo con circa 60 capi clan libici (la maratona negoziale è stata tenuta segreta ed è durata 72 ore) che consentirà alla Guardia costiera libica di controllare circa 5 mila chilometri di coste meridionali libiche dove viene fatto passare il flusso dei migranti dell'Africa subsahariana che puntano ad arrivare in Europa tramite il pericoloso attraversamento del Mediterraneo. L'Italia si è fatta garante della pace firmata dai capi delle 60 tribù in questione che dalla primavera araba se ne contendono il controllo, essendo tale fetta di territorio lo scenario di traffici molto remunerativi dei quali il più disgustoso è quello di esseri umani. Davanti ad esso, quello di armi e droga sembra il male minore...
E così, dopo la firma dell'accordo, il ministro dell'interno Marco Minniti ha precisato, finalmente senza segreti, che “una guardia di frontiera libica pattuglierà i cinquemila chilometri della frontiera meridionale del Paese” tra il Niger e la Libia. Si tratta di una zona isolata, dove non ci sono infrastrutture, reti di comunicazione, strutture sanitarie e dove, soprattutto, sono in gioco importanti interessi economici internazionali: passano i principali traffici illeciti diretti in Europa e in Nord Africa (commercio di droga e di armi) e ci sono pozzi petroliferi. Non sarà che l’Italia ha tutto l’interesse a ristabilire la sicurezza nel sud e nell’ovest del Paese perché in quel territorio sono presenti alcune grandi aziende italiane attive nel settore del petrolio e del gas? Ma sì, pensiamolo pure, tanto ad essere benpensanti ci pensano i governi!
Il ruolo di mediatrice che l'Italia sta svolgendo non sarà finalizzato a lungimiranti influenze nella regione anche in futuro? Ma sì, pensiamo anche questo!  E da Roma spostiamoci adesso a Gaeta: è il 29 aprile e siamo spettatori della parata istituzionale che  ha dato il via alla consegna delle prime due motovedette alla Libia. In realtà ci ritornano, poiché erano state donate dall’Italia alla Libia nel 2009, ma erano state danneggiate nel 2011 durante la guerra in Libia e restituite agli italiani nel 2012. (5)
E così il 29 aprile a Gaeta (6) i battaglioni della guardia di finanza sono schierati davanti al mare sulla terrazza della caserma Bausan, stretta tra il golfo e la cittadina fortificata. In mare le due motovedette si esibiscono in caroselli a sirene spiegate. Un elicottero sorveglia la parata. Il ministro dell’interno Marco Minniti è arrivato da Roma per assistere all'evento ma non è uno turista per caso...
“Entro l’anno ne saranno consegnate in tutto dieci”, dice il ministro, che nel suo discorso definisce la guardia costiera libica “la più importante struttura nel Nord Africa” per il controllo dell’immigrazione irregolare, dimenticando ovviamente di accennare al fatto che il capo della guardia costiera a Zawiya, Abdurahman Milad, è una delle figure chiave del traffico di esseri umani nella regione. È accusato di avere legami con le milizie di Tripoli che portano i migranti dal Sahara alla costa, prima che siano imbarcati verso l’Italia. “Le mafie si sono infiltrate, ricattano molte delle unità di polizia, delle guardie costiere delle città e dei villaggi libici”, ha rivelato una fonte all’inviato del quotidiano italiano Repubblica in Libia Vincenzo Nigro (7). Poco dopo, Minniti consegna i diplomi ai venti cadetti libici che hanno seguito un corso di addestramento a Gaeta per tre settimane. Altri diciannove saranno formati nelle prossime settimane dalla scuola nautica della guardia di finanza, per un totale di quattro equipaggi. “Fermeremo le imbarcazioni che partono dalla Libia”, ha detto Ahmed Safar, l’ambasciatore libico in Italia, “quelli che saranno soccorsi saranno portati nei centri di detenzione più vicini”, ha assicurato durante la cerimonia di Gaeta.

Non basta fermarli: bisogna anche rimpatriarli e al più presto!

Ma è possibile che Gentiloni, Ahmed Safar, Minniti, Milad, Fayez Al Sarraj, cadetti italo libici formati dalla Guardia di Finanza italiana, trafficanti di uomini armi e droga possano sfidare così impunemente lo scenario europeo e mondiale dei diritti umani? Se lo sarà chiesto anche Gentiloni, ne siamo sicuri. Una fonte attendibilissima che si chiama analisi marxista della realtà ci rivela che il premier italiano, attento ai rapporti economici con i Paesi dove il capitalismo sta brutalmente massacrando milioni di esseri umani ed altrettanto attento all'immagine ed al consenso, per sedare i simpatizzanti di animali da palcoscenico come Salvini o la Meloni o gli amanti della rete che friniscono per quattro-cinque stelle e lo mettono a dura prova, ha ritenuto doveroso informare il suo ministro della giustizia Marco Minniti della gravissima situazione libica affinché venissero messi in atto tutti i potenti mezzi di cui il sistema giudiziario italiano dispone per dare finalmente voce ai disperati che giungono sulle nostre coste per sfuggire a tale orrore!
Ecco che Orlando si fa una chiacchierata con Minniti e trovano insieme la soluzione: bisogna rimpatriare oltre che fermare! Ed ecco che Gentiloni porta d'urgenza al voto il decreto Minniti/Orlando che reca “Disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché misure per il contrasto dell’immigrazione illegale”.
Secondo le dichiarazioni degli stessi ministri, il decreto nasce dall’esigenza del governo di accelerare le procedure per l’esame dei ricorsi sulle domande d’asilo, che nell’ultimo anno sono aumentati e hanno intasato i tribunali. Dall’altra parte il governo vuole aumentare il tasso delle espulsioni di migranti irregolari. Tradotto in parole povere, questo “altisonante” progetto prevede alcune tra le più vergognose misure partorite dal sistema negli ultimi anni. Di fatto, per gli immigrati segna un divario netto, dal punto di vista giuridico, tra il diritto alla difesa di un cittadino italiano che “gode” della possibilità di farsi giudicare su tre livelli di giudizio (cioè dal primo grado alla cassazione, con tempi “biblici” che ad oggi portano alla prescrizione del reato se hai i soldi e gli avvocati “giusti”) e  quello di un immigrato che invece viene privato del secondo grado di giudizio e che in tempi strettissimi (appena 180 giorni in totale) potrebbe vedersi espulso dal territorio dello Stato italiano. Il tutto dopo aver trascorso la vacanza in Italia in uno dei centri di detenzione illegale o CIE (anche noi li abbiamo, mica solo la Libia!)  ridenominati CPR (centri di permanenza per il rimpatrio) potenziati da quattro a venti, uno in ogni regione, per un totale di 1.600 posti. I nuovi lager sorgeranno lontano dalle città e vicino agli aeroporti per essere più facilmente raggiungibili dalle forze dell'ordine e dai mezzi delle società al soldo del governo che si occupano di ri-deportarli nei Paesi dai quali si erano autodeportati a loro insaputa. Il ministro degli interni può vantare di essere all'avanguardia nello svolgere questo nobile compito per la comunità e li trasporta spesso sugli stessi aerei sui quali stipa i pacchi di mutande nuove che inviamo ai nostri figli che lavorano sottopagati all'estero. Sì all'estero, visto che in Italia non c'è lavoro. Infatti ce lo “rubano” gratis gli immigrati grazie anche alle nuove norme contenute in questo avveniristico decreto che consente ai richiedenti protezione internazionale di svolgere attività “socialmente utili” in favore delle collettività locali tramite iniziative promosse dai prefetti, d'accordo con i Comuni e le organizzazioni no-profit, su base volontaria e gratuita. Ovviamente anche tali “ progetti”saranno finanziati con risorse europee (!!!). (8)

Come si articola il decreto? Come una piovra!

I punti principali del decreto sono quattro: l’abolizione del secondo grado di giudizio per i richiedenti asilo che hanno fatto ricorso contro un diniego; l’abolizione dell’udienza;  l’estensione della rete dei centri di detenzione per i migranti irregolari; l’introduzione del lavoro volontario per i migranti.
Abolire il secondo grado di giudizio significa non avere diritto all'appello.
Abolire l'udienza significa che se per ogni tipo di giudizio, compreso quello che per esempio potrebbe dare diritto ad ottenere che un vicino di casa poti le sue rose ad un centimetro più o meno dalle nostre, è ammesso fare appello, invece per un essere umano che fugge dall'orrore sopra descritto questo diritto viene negato. Infatti il primo grado di giudizio, l’attuale “rito sommario di cognizione”, sarà sostituito con un rito camerale senza udienza, nel quale il giudice prenderà visione della videoregistrazione del colloquio del richiedente asilo davanti alla commissione territoriale. Senza contraddittorio e senza che il giudice possa rivolgere domande al richiedente asilo che ha presentato il ricorso.
L'estensione della rete dei centri di detenzione per i migranti prevede un allargamento della rete dei centri per il rimpatrio, gli attuali Cie che si chiameranno Cpr (Centri permanenti per il rimpatrio). Si passerà da quattro a venti centri, uno in ogni regione, per un totale di 1600 posti.
Infine, allo scopo di favorirne l’integrazione nel territorio e nel tessuto sociale, i prefetti, anche previa stipula di protocolli d'intesa con i Comuni e le organizzazioni no-profit, dovranno promuovere iniziative finalizzate all'impiego dei richiedenti protezione internazionale, su base volontaria e gratuita, in attività “socialmente utili” in favore delle collettività locali. A tal fine, i Comuni possono predisporre progetti da finanziare con risorse europee destinate al settore dell'immigrazione e dell'asilo. En passant mi sembra corretto segnalare che la nostra Gentilonia si prenderà cura anche del decoro e dell'ordine pubblici delegando ai sindaci la facoltà di impartire multe tra i 300 ed i 900 euro per chi compie atti lesivi del decoro urbano. Tra gli atti lesivi sono inclusi la violazione del divieto di stazionamento che equivale a dire “continua a fare il barbone su un marciapiedi ma fuori dal centro urbano così non ti vediamo e ci godiamo in serenità la bellezza del panorama urbano”, o l' “esercizio ostentato” (!) della prostituzione, che equivale a dire “fatti sfruttare ma con stile, così occhio non vede... cuore non duole”!
Infine, il prefetto avrà il compito di impartire disposizioni per prevenire, durante gli sgomberi degli immobili occupati, il pericolo di possibili turbative per l'ordine e la sicurezza pubblica e per assicurare il concorso della Forza pubblica all'esecuzione di provvedimenti dell'autorità giudiziaria concernenti i medesimi immobili.
Gentiloni, dopo la presentazione del decreto, si era esibito in una capriola linguistica, provando a ribaltare il senso del provvedimento: “L’obiettivo strategico non è chiudere le nostre porte ma trasformare sempre più i flussi migratori da fenomeno irregolare a fenomeno regolare, in cui non si mette a rischio la vita ma si arriva in modo sicuro nei nostri Paesi e in misura controllata”.
Leggendo il testo approvato, invece, si capisce che alla determinazione con la quale si intende affrontare il problema degli sbarchi, si accompagna il solito rito sommario con il quale l'invasore viene trattato, apparente applicazione del diritto e totale indifferenza per la sua storia, la sua vita ed il suo futuro. Nessun accenno ai corridoi umanitari, nessuna proposta concreta che metta in discussione il sistema che consente l'orrore. Il decreto aumenta di molto la capacità dello Stato di esaminare le richieste, fornisce al sistema nuova manodopera istituzionale prevedendo anche assunzione di personale specializzato (nuovi magistrati e ancora denaro distratto alla società) e un nuovo assetto dei collegi, fissando anche un regime particolare per la determinazione della competenza territoriale delle sezioni. Ma la rapidità con la quale saranno conclusi gli iter di richiesta della protezione umanitaria dipenderà soprattutto dall’eliminazione dell’appello, uno dei punti più controversi dell’intero impianto del decreto. Infatti i provvedimenti di diniego non essendo più appellabili saranno esclusivamente ricorribili in cassazione con tempi di presentazione del ricorso ridottissimi che farebbero paura persino a Nicolò Ghedini. Considerata la particolare delicatezza e al contempo l’eterogeneità dei casi sottoposti al vaglio della Commissione, nonché i diritti e gli interessi coinvolti, la scelta del legislatore in questa circostanza appare non del tutto ragionevole, anche perché la possibilità di presenziare all’udienza è imprescindibile per categorie particolarmente vulnerabili, come donne incinte o persone che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza. In definitiva, l’onere della riduzione dei tempi dei procedimenti ricade interamente sulle spalle dei richiedenti protezione. La giustizia italiana, famosa per i suoi casi eclatanti di processi interminabili o prescrizioni clamorose, vizi di legittimità e assoluzioni che resteranno nella storia, la nostra giustizia dai tempi biblici, la nostra giustizia portata avanti da una magistratura assetata di statistiche e valutazioni vestite di ermellino, la nostra giustizia è quanto di più ingiusto possa esistere.
Solo la costruzione del partito mondiale per la Quarta internazionale potrà fermare questa giustizia e farla capitolare sotto l'impeto di una rivoluzione che stermini i potenti piani del capitalismo e della sua barbarie.


Note
1) http://festivaldirittiumani.it/le-carceri-libiche-un-inferno-per-migliaia-di-profughi/
2) http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/05/07/migranti-lanalista-iacovino-guardia-costiera-libica-accusa-le-ong-ha-collusioni-con-i-trafficanti-di-esseri-umani/3566821/)
3) http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/02/27/migranti-accordo-italia-libia-inefficace-e-contrario-ai-diritti-umani/3417145/
4) http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/03/24/libia-corte-dappello-di-tripoli-boccia-laccordo-gentiloni-sarraj-sui-migranti/3470447/
5) https://www.ilfaroonline.it/2017/02/04/libia-gli-impegni-dellitalia-motovedette-un-sistema-radar-150-milioni-euro/160732/
6) http://www.gazzettinodelgolfo.it/lintesa-italia-libia-riparte-gaeta-consegnate-nuove-unita-navali-pattugliare-le-coste-video/
7) http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2017/02/03/con-la-polizia-del-mare-a-tripoli-qui-la-guardia-costiera-uomini08.html.
8) http://www.ansa.it/liguria/notizie/2016/05/25/protesta-no-border-contro-mistral-air_ab380ba9-6964-4738-a709-702035129cc1.html

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