Le manovre borghesi dopo la vittoria del No al referendum costituzionale

Renzi ha deciso di rassegnare le dimissioni. Ma non si sono dimessi ovviamente quelli che gli avevano dettato l’agenda di governo:i grandi industriali e i banchieri.
Ma la grande borghesia, con l’appoggio della Troika europea, aveva bisogno subito di un governo per approvare la legge di bilancio e, soprattutto, per rimpinzare la pancia dei banchieri in bancarotta. I titoli della ministra dell’Istruzione, (per tacere delle competenze effettive) sono un particolare di scarso interesse per chi si appresta a ricevere regali per diversi miliardi di euro.
Bisogna guardare proprio alla Grecia per capire quali saranno, nel medio periodo, le conseguenze di questo decreto: si prospettano nuovi drastici tagli al welfare, con un’ulteriore privatizzazione dei servizi pubblici. Non solo: anche la semplice gestione delle emissioni a favore delle banche avrà un costo pari a 582 milioni che, come recita il decreto, saranno reperiti attraverso “accantonamenti” (leggi tagli) nella sanità (2 milioni nel 2017 e 4 milioni a partire dal 2018) e nelle infrastrutture (4 milioni all’anno a partire dal 2018).
Quello che più indigna è che questa misura, che si riverserà sulle spalle di lavoratori, operai e disoccupati, viene presentata da Gentiloni e dal ministro dell’economia Padoan come un tentativo di “tutelare i piccoli risparmiatori”. La realtà è molto diversa: i “piccoli risparmiatori” sono stati prima ingannati dalle banche e ora si vedranno anche costretti a pagare un risarcimento ai loro truffatori.
E’ emblematica in tal senso la vicenda del Monte dei Paschi, il terzo istituto bancario italiano, da tempo sull’orlo del fallimento. Lo Stato ha deciso di intervenire nel salvataggio, diventando primo azionista e garantendo ai privati un finanziamento di diversi miliardi (alla faccia della "nazionalizzazione"!). Tutto questo avviene dopo che Mps - come del resto molti altri istituti bancari - ha per anni orchestrato una diabolica truffa ai danni dei piccoli correntisti. Come è costretto ad ammettere persino il Sole 24 ore, “in Italia ad aiutare gli istituti creditizi sono stati ignari risparmiatori”: in soli quattro anni dal 2008 al 2012 (“gli anni più bui della crisi”) le banche italiane hanno propinato obbligazioni rischiose alle famiglie “per 578 miliardi di euro” con un rendimento “troppo basso rispetto ai rischi che gli stessi risparmiatori correvano” (1). Una truffa che, nella vicenda Mps, si è tradotta anche in una penosa guerra tra poveri: dipendenti della banca, sotto minaccia di licenziamento, costretti ad abbindolare anziani o operai in cassa integrazione per convincerli a impegnare i risparmi di una vita in titoli destinati a diventare carta straccia…
Sembra una favola di Natale al contrario, in cui l’orco cattivo che ha imprigionato i bambini viene alla fine della storia ricompensato con le caramelle che erano rimaste nelle tasche degli sventurati. La beffa è che nessuno crede veramente in questo “piano di salvataggio”, tantomeno la stessa fondazione Mps che, infatti, si tiene per sé solo una piccolissima quota dello 0,1% (“Abbiamo scelto di tutelare il patrimonio, di ridurre al minimo il rischio”, ha dichiarato il presidente Marcello Clarich). E ovviamente sono in arrivo licenziamenti di massa nel gruppo, con la solita generosa collaborazione delle grandi burocrazie sindacali, che già hanno firmato un accordo che prevede centinaia di “esuberi volontari”.
Gli interessi di classe in gioco in queste vicende emergono con sempre maggiore chiarezza. Mentre persino i dati ufficiali dell’Istat parlano di un italiano su tre in condizioni di povertà (uno su due al sud); mentre i dati sull’occupazione sono tra i peggiori d’Europa (57% di occupati, a dimostrazione tra l’altro del fallimento del Jobs Act); mentre tra gli effetti della crisi spicca un aggravarsi delle politiche razziste e delle violenze maschiliste; i governi – eletti o nominati che siano – non si fanno scrupoli a distruggere quel poco di welfare state che ancora sopravvive: lo scopo è quello di rimpinguare le tasche di capitalisti miliardari che godono della licenza di truffare (con tanto di benedizione delle alte cariche dello Stato). Uno squallido quadro di un capitalismo in putrefazione, a cui contribuiscono anche quegli apparati sindacali burocratici che, anziché chiamare i lavoratori alla lotta, stanno sottoscrivendo rinnovi contrattuali peggiorativi (dai metalmeccanici al pubblico impiego ai trasporti), senza nemmeno proclamare uno sciopero.
Ma le lotte non si fermano, nonostante i numerosi pompieri. Sono tanti i lavoratori e le lavoratrici che sono in sciopero o in mobilitazione, spesso contro le indicazioni delle burocrazie sindacali: dai dipendenti Tim ai lavoratori di Almaviva, dai precari delle cooperative in appalto al Comune di Roma (in vertenza contro la giunta grillina) ai lavoratori dei trasporti, dalle donne scese in piazza contro il maschilismo fino agli operai immigrati della logistica. E’ da queste lotte e dalla necessità di una loro unificazione che occorre ripartire per trasformare la vittoria del No in opposizione di classe a questo ennesimo governo dei banchieri e dei padroni.
(1) Si veda l’articolo “Quei bond ad alto rischio e alto rendimento” di Morya Longo, Il Sole 24 ore, 24 dicembre 2016.