LA LOTTA DEI PRECARI NON VA IN VACANZA!
Dopo lo sciopero degli
scrutini,
Domenica 27 giugno si è svolta a Bologna un'assemblea nazionale unitaria del movimento dei precari della scuola. All'assemblea hanno partecipato i coordinamenti di lotta presenti sul territorio nazionale: almeno un rappresentante per coordinamento ha portato il proprio saluto e proposto iniziative utili a rilanciare le mobilitazioni conto i tagli alla scuola pubblica. Hanno partecipato anche rappresentanti sindacali di Usb e dei Cobas.
L'attacco nei confronti dei lavoratori del pubblico impiego - e in particolare nei confronti dei lavoratori della scuola - non conosce precedenti. Oltre al taglio di 180 mila posti di lavoro in tre anni (in gran parte precari, ma sono già state avviate procedure di mobilità anche per il personale di ruolo), la scure dei tagli si è abbattuta anche sui salari di coloro che, per ora, non perdono il posto di lavoro. L'ultima manovra finanziaria prevede, infatti, il blocco per tre anni degli scatti stipendiali (con la perdita di 3000 euro di stipendio all'anno) e una drastica accelerazione sul terreno dell'aumento dell'età pensionabile per le donne (dal 2012 sarà innalzata a 65 anni, senza più scalini o scaloni).
A questo vanno aggiunte altre misure, altrettanto pesanti. In primo luogo, il Decreto Brunetta - per ora applicato solo negli altri settori del Pubblico Impiego, ma presto tradotto in legge anche per la Scuola (si pensi alla bozza di legge Aprea) - introduce una gerarchizzazione del personale in tre fasce: una fascia del 25% meglio retribuita (di fatto, retribuita secondo gli standard in vigore fino ad oggi), una fascia intermedia del 50% e una fascia del 25% "di fannulloni" (individuati a discrezione dei dirigenti) che sarà soggetta a decurtazioni salariali e (ecco la vera novità!) alla possibilità di licenziamento facile. Questo si aggiunge alle norme da regime carcerario che già regolano le assenze per malattia: chi si ammala deve subire la decurtazione dello stipendio, con l'obbligo di restare segregato in casa per tutta la giornata o quasi. Tutto questo avviene - è bene ricordarlo - con stipendi miserrimi che si aggirano attorno ai 1300 euro (molto meno per i precari, soprattutto se lavorano su spezzoni di ore e non su cattedre).
Si procede, infine, a passo lesto verso la "regionalizzazione" dell'istruzione: il sistema nazionale di reclutamento degli insegnanti e del personale Ata (tramite graduatorie nazionali su base provinciale) verrà smantellato a vantaggio di non meglio precisati "albi regionali", all'interno dei quali i precari figureranno come liberi professionisti su chiamata diretta dei presidi. E' ovvio che in questo modo, oltre a disgregare ogni diritto acquisito dai lavoratori del pubblico impiego, si aprirà la strada a fenomeni sempre più diffusi di clientelismo e discriminazione. Il fatto stesso che si voglia vincolare il lavoro degli insegnanti al possesso della residenza nella provincia dove si lavora significa discriminare gli strati più sfruttati del corpo docente, in particolare quei precari del sud che non possono permettersi una residenza fissa nelle città del nord (le uniche dove, almeno fino ad oggi, era possibile sperare in qualche supplenza).
L'attacco in corso non ha ricadute solo sui lavoratori della scuola, ma anche sulle famiglie dei lavoratori. Il diritto all'istruzione si sta sempre più trasformando in un privilegio. Le scuole pubbliche sono diventate ormai una mera fonte di risorse per sanare i debiti del governo. La legge 133 del 2008 - varata agli inizi di agosto, per scongiurare scioperi o proteste - prevede il taglio di 8 miliardi di finanziamenti alla scuola pubblica. Dopo aver smantellato l'istruzione primaria (con l'introduzione del maestro unico e la cancellazione dei moduli), ora è la volta delle medie inferiori e superiori. In particolare, la cosiddetta riforma delle superiori (in realtà un taglio indiscriminato di ore di lezione) comporterà lo smantellamento di centinaia di indirizzi sperimentali. Soprattutto, verranno cancellate tantissime ore di tantissime discipline: per fare un solo esempio, le ore di laboratorio (imprescindibili negli istituti tecnici e professionali) scompariranno o quasi.
Il ministero va all'incasso e attua i tagli senza ombra di gradualità: tecnici e professionali subiranno la decurtazione oraria dal primo anno al quarto, senza alcun rispetto per le scelte delle famiglie e degli studenti (che si troveranno un piano orario drasticamente ridimensionato rispetto a quello originario). Soprattutto, verranno decurtate le ore di discipline importanti: in particolare, le discipline umanistiche (inclusa la Storia, che i ministri hanno evidentemente interesse a non far conoscere ai loro sudditi...) saranno ridotte all'osso in tanti indirizzi.
Tra gli aspetti più inquietanti - e che ha visto complici i governi di entrambi gli schieramenti, visto che è stato Fioroni il primo a inaugurare questo andazzo - c'è sicuramente l'aumento del numero di alunni per classe. Si arriverà a classi con 35 alunni (addirittura alle Superiori sarà posto come limite minimo per la formazione di una classe il numero di 27 alunni!), con evidente ricadute sulla qualità della didattica e della socialità.
Chi ci guadagnerà saranno ovviamente le scuole private (in gran parte di impronta confessionale), che vedranno aumentare il numero degli scritti in seguito al degrado del sistema pubblico dell'istruzione: ovviamente, le rette salate delle scuole private non sono accessibili ai figli dei lavoratori.
I precari della scuola sono diventati carne da macello: sono decine di migliaia i precari della scuola che in questi giorni hanno il contratto in scadenza e rischiano di diventare disoccupati a vita. L'assemblea di Bologna ha inizialmente lasciato spazio agli interventi dei coordinamenti di lotta dei precari della scuola presenti sul territorio nazionale, per poi discutere delle prossime scadenze di lotta, sulla base di un giudizio positivo della riuscita dello sciopero degli scrutini di giugno. Lo sciopero degli scrutini ha rappresentato un momento di lotta importante, soprattutto perché i lavoratori della scuola lo hanno sostenuto nonostante il mancato appoggio (o il boicottaggio esplicito) delle direzioni dei sindacati concertativi (Cisl, Uil, Snals, Cgil).
Nel fare un bilancio positivo dello sciopero degli scrutini, non possiamo, per parte nostra, prescindere dal precisare quali sono i motivi per cui - nonostante la buona riuscita - non si sono strappati risultati. Solo uno sciopero a oltranza (quindi un blocco a oltranza degli scrutini) avrebbe, come in passato, permesso probabilmente di piegare il governo fino al ritiro dei tagli. Tuttavia, oggi non è più possibile, almeno legalmente, proclamare uno sciopero ad oltranza nel pubblico impiego a causa di una legge (la 146/90) che è stata condivisa e ratificata anche dalle principali direzioni sindacali (Cgil, Cisl, Uil, Snals, Gilda): è anche grazie a loro se oggi i lavoratori della scuola sono ostacolati nella lotta. I precari dei coordinamenti di lotta, come è emerso dall'assemblea di domenica, sono perfettamente consapevoli di questa responsabilità.
Le iniziative discusse e votate dall'assemblea sono molte: si va dall'invio di una diffida a tutti gli Uffici scolastici regionali dal procedere alle operazioni di determinazione degli organici delle scuole superiori all'organizzazione di presidi diffusi e continui, da due presidi nazionali davanti al Senato e a Montecitorio (6 e 15 luglio), fino ad azioni di disturbo delle nomine e al boicottaggio degli esami di riparazione di settembre. Si è anche deciso di creare uno stato di agitazione (con eventuale sciopero e picchetti davanti alle scuole) in occasione del primo giorno di scuola e di attivarsi per costruire il blocco degli scrutini del primo trimestre/quadrimestre del prossimo anno scolastico.
Si tratta di azioni importanti, ma che potranno avere un impatto incisivo e strappare risultati - fino a piegare il governo - solo se a settembre ci sarà una ripresa su larga scala delle lotte anche negli altri settori lavorativi, a partire dalle fabbriche, e un'unificazione di tutte le lotte. Speriamo che l'autunno sia caldo come calda è stata la primavera greca e che anche i lavoratori della scuola possano riappropriarsi, sull'onda delle mobilitazioni, di strumenti di lotta (come lo sciopero a oltranza) di cui sono stati privati da ignobili accordi tra governi filopadronali e burocrazie sindacali.