Partito di Alternativa Comunista

La lotta No Muos raccontata da uno dei suoi protagonisti

La lotta No Muos
raccontata da uno dei suoi protagonisti
Intervista a Fabio D'Alessandro, attivista niscemese No Muos
 
 
 
di Pdac Sicilia
 
nomous2013
Diverse volte ci siamo occupati della lotta promossa dal Movimento No Muos, un movimento che – nato a Niscemi, in Sicilia - ha conosciuto in questi anni un grosso sviluppo, uscendo dai confini regionali e portando all'attenzione dell'opinione pubblica nazionale e internazionale la questione relativa agli impianti satellitari della marina militare statunitense. Come Pdac abbiamo supportato questa lotta e saremo accanto ai No Muos anche in occasione della prossima iniziativa regionale, il presidio antifascista previsto per il 30 novembre a Palermo.
In questa sede vogliamo ripercorrere il percorso No Muos attraverso la voce di un attivista che questa lotta l'ha vissuta in prima linea in questi anni, un compagno che traccia con grande onestà e profondità il bilancio di questa esperienza straordinaria. Si tratta di Fabio D'Alessandro, attivista niscemese, che ci offre una testimonianza interessante, a cuore aperto, per comprendere una delle lotte più dure attualmente in corso di svolgimento in Italia.
Fabio, quando ha avuto inizio la lotta contro il Muos a Niscemi? E il tuo impegno di attivista?
La lotta va ormai avanti da 6 anni. Il mio impegno nei primi anni è stato sporadico, non per mia volontà ma per la distanza fisica che mi ha costretto lontano da Niscemi. Poi è diventato sempre più assiduo, fino a convincermi  di lasciare Catania, la città in cui studiavo, per stabilirmi nuovamente a Niscemi. Ho portato il bagaglio politico acquisito durante gli anni di università nel posto che mi ha cresciuto. 
 
Quali momenti di questa lunga battaglia ti sono rimasti maggiormente impressi?
Probabilmente la notte dell’11 Gennaio, quando lo Stato, pur di far passare un’enorme gru che serviva ad issare le parabole, ha militarizzato completamente il territorio. Non era mai successo nemmeno per fatti di mafia: Niscemi è una città ad alta densità mafiosa, in cui le guerre di mafia facevano centinaia di morti ogni anno. Quella sera mi trovavo a Catania, quando una telefonata ci ha avvertito che quella notte sarebbe passata la gru che aspettavamo da mesi. Spesso abbiamo avuto falsi allarmi, svogliatamente mi sono recato di vedetta sulla strada statale Gela-Catania per monitorare la situazione. All’improvviso ecco apparire un convoglio fatto da mezzi pesanti, polizia e mezzi tecnici. È stata una visione, una di quelle cose che ti accelera il battito, una scossa di adrenalina. Dopo aver dato l’allarme li ho seguiti fino a Niscemi. Avevamo pensato ad un blocco stradale a qualche chilometro dalla città. Lo spettacolo che ci si è presentato davanti è stato terrificante. Notte fonda, lampeggianti e luci delle camionette. Quasi 300 uomini di polizia a scortare i mezzi, di notte. Poi gli spintoni, le manganellate, i pianti.
 
E' stato difficile far convivere le diverse anime del movimento?
Lo è ancora. Ma è una caratteristica delle lotte popolari. Il Muos porta con sé criticità multiple, capaci di attrarre ampie fette di popolazione. Dunque varie istanze, che hanno difficoltà spesso a dialogare ma che, finora, soprattutto nei momenti d’azione e nelle manifestazioni, sono riuscite ad agire all’unisono. Ci sono gli ambientalisti, i pacifisti, gli antimilitaristi. La questione della salute, certamente, ma anche quella dell’autodeterminazione dei territori. Anche sui metodi ci sono grosse divergenze, dagli iper-legalisti ai sabotatori. La vera vittoria probabilmente sarà quella di portare gli iper-legalisti a sabotare, com’è già successo.
 
Cosa ha rappresentato per te la giornata di mobilitazione del 9 agosto, con l'occupazione della base USA di Niscemi da parte di centinaia di manifestanti? Cosa ha funzionato e cosa no? La ritieni un momento di svolta verso una prospettiva più avanzata del movimento nel suo insieme oppure un momento isolato e dimostrativo che, al di là del valore simbolico, ad oggi non ha comportato un reale passo avanti?
Violare una base americana non è roba di tutti i giorni. Ci sono volute decine di assemblee, tavoli ribaltati e incazzature varie per trovare una sintesi. Un movimento è un organismo complesso, ogni cellula va rispettata. Quando abbiamo lanciato la manifestazione del 9 sapevamo che avremmo dovuto fare un salto in avanti, per molti di noi era chiara l’idea di invadere la base. Si è trattato di una grossa scommessa, non sapevamo con che atteggiamento la persone avrebbero partecipato a quel corteo. Molti, anche tra i militanti più radicali, non erano certi dell’invasione. Se c’è una cosa che ha funzionato è certamente la capacità di sintesi del movimento. Non ha funzionato invece qualcosa se tutti siamo tornati a casa con l’amaro in bocca, come se per certi versi si fosse trattato di un’occasione persa. In realtà è un risultato storico, costruito in poche settimane: non era mai successa un’invasione pacifica, intendo non armata, di una base USA. In ogni caso le antenne sono ancora là, potremmo rifarlo in qualunque momento. La base, data la sua estensione e il fatto che sia circondata da una riserva naturale, non sarà mai pienamente controllabile.
 
Dopo la manifestazione dello scorso 28 settembre a Palermo, ci sono state delle polemiche. Qualcuno, all'interno del movimento, ha parlato di flop, attribuendone ai “partiti” delle responsabilità. Ci spieghi meglio cosa è successo e qual è il tuo punto di vista in merito?
Credo che si tratti di polemiche sterili e insensate. Anni di “anticomunismo” berlusconiano hanno sedimentato, in effetti non sempre senza motivo, una feroce repulsione contro alcuni simboli. I qualunquisti si sono lamentati dell’eccessiva presenza di bandiere “rosse” all’interno del corteo. Il coordinamento regionale dei comitati non incoraggia certo l’esposizione di tali bandiere e dà, ad ogni manifestazione, l’indicazione di portare ai cortei “solo” le bandiere No Muos. Poi chiaramente in “pubblica piazza” a nessuno è fatto divieto di esporre la propria bandiera, la composizione degli spezzoni però è fatta in modo che un partito non prevalga sui comitati, relegando le bandiere di partito alla parte centrale del corteo. Polemica chiusa. Poi chi parla di flop dovrebbe spiegarci cosa intende. Portare migliaia di persone in piazza sui temi dell’antimilitarismo, della devastazione dei territori, della revisione dei trattati bilaterali è certamente cosa non semplice.
 
Il movimento No Muos – quantomeno in alcuni settori al suo interno – è stato accusato di fidarsi troppo degli interlocutori istituzionali (Crocetta, il M5s, il Pd), oppure di dipendere troppo dai centri sociali, notoriamente caratterizzati dalla tendenza a bypassare l'organizzazione e il raccordo delle lotte su ampia scala, oscillando fra un antagonismo fine a se stesso e le interlocuzioni coi rappresentanti istituzionali. Quali sono in realtà i rapporti del movimento con queste realtà (quelle istituzionali e quella dei centri sociali)?
I movimenti sono fatti di fasi. In alcune fasi abbiamo avuto un approccio più morbido nei confronti degli interlocutori istituzionali, perché avevamo bisogno di smascherarli o avevamo bisogno di tempo. Ciascuna anima dà quel che può, con le peculiarità che le sono proprie. Chi riesce ad accantonare una parte delle proprie legittime posizioni e si innesta nel movimento per aiutarlo è il benvenuto. Finora la macchina ha funzionato, non ci sono state derive né in un senso né nell’altro. Un plauso dunque a chi, a volte anche con un po’ di mal di pancia, riesce a portare dentro la lotta un’istanza diversa. Un plauso a chi contribuisce comunque alla sintesi e non alle spaccature.
 
Il Pdac, oltre ad aver portato avanti – con la sezione di Agrigento - insieme ad altri compagni una battaglia per l'inclusione dell'antifascismo nella carta di intenti del movimento No Muos, ha sempre criticato l'assenza dell'anticapitalismo nella piattaforma No Muos. Pensiamo infatti che la lotta contro il Muos - una lotta di proporzioni enormi che implica la battaglia contro l'imperialismo, contro la militarizzazione dei territori e contro la devastazione ambientale - non possa essere combattuta se non mettendo in discussione il sistema che produce quelle terribili piaghe. Qual è il tuo pensiero in merito?
Sono assolutamente d’accordo. Ma anche la carta d’intenti nasce in una fase storica diversa da quella attuale, in cui la composizione eterogenea non ha permesso di avere una carta così avanzata come molti di noi aspiravano. Già l’inclusione dell’antifascismo allora destò un certo scalpore, vi fu addirittura una scissione da parte di alcuni “sinceri democratici” nel nome della libertà di parola. Probabilmente oggi i tempi sarebbero maturi per una “revisione” della carta d’intenti, che includa l’anticapitalismo tra i valori fondanti del movimento.
 
E' nata recentemente una “Rete No Muos”, che si è staccata da destra dal movimento, e che sta promuovendo una manifestazione a Palermo per il 30 novembre (per neutralizzare questa iniziativa, e per ribadire il suo antifascismo, il Movimento No Muos promuoverà lo stesso giorno sempre a Palermo un presidio antifascista). Cosa ne pensi?
Non so rispondere. So però che la destra, i fascisti, hanno tentato più volte di sfondare dentro il movimento ma non ci sono mai riusciti. Prevedo infatti, e spero di non sbagliarmi, che la manifestazione del 30 sarà poco partecipata. Questo perché i sedicenti militanti della “Rete No Muos” nel mondo reale non esistono, io non li ho mai visti. Se non sei disposto a sporcarti le mani, a presidiare, a sabotare, a parlare con le persone come pensi di riuscire ad essere aggregativo lanciando una manifestazione tramite facebook? Poi cavalcare l’onda della manifestazione apartitica è proprio un colpo basso nei confronti del coordinamento, oltre un modo per nascondere la loro reale natura di forza razzista e fascista.
 
Per consolidare una lotta è importante raccordarla alle altre lotte presenti sul territorio, a livello locale, nazionale e internazionale. Come è nato l'avvicinamento dei No Muos ai No Tav? Con quali altre realtà di lotta avete provato a raccordarvi in questi mesi? E con quali risultati?
Il collegamento con le altre lotte è stato faticoso ma naturale. Abbiamo tentato di creare ponti con tutte le lotte territoriali, dalle più vicine a quelle più lontane. Penso ai No Triv o al “fiume in piena”  di questi giorni nella “terra dei fuochi”. I No Dal Molin, con cui condividiamo buona parte della piattaforma. Poi ovviamente ci sono i No Tav, con cui tessiamo rapporti politici e personali da prima della questione Muos. Personalmente non credo più che la “Rivoluzione [ancora noi usiamo questi termini desueti]” partirà attraverso un grande evento programmato. Credo che unire tutti quei focolai di resistenza che stanno nascendo in Italia per farne un grande fuoco sia la possibilità più concreta.
 
Recentemente una delegazione dei No Muos di Milano ha presenziato alla partecipatissima assemblea nazionale di No Austerity, il coordinamento delle realtà di lotte più avanzate presenti nel nostro Paese. Che idea ti sei fatto di questo strumento di lotta?
Credo che l’unico modo per collegare realmente le lotte sia creare in ogni territorio un coordinamento, una rete, per poi interfacciarsi con le altre cellule. Ottima iniziativa, speriamo che anche qui si riesca a fare qualcosa del genere.
 
Se potessi tornare indietro, che cosa non rifaresti? O comunque, che cosa cambieresti rispetto a ciò che hai fatto?
Tante cose. La libertà da certe incrostazioni ideologiche mi ha permesso di essere libero nelle cose che ho fatto. Ed essere libero significa anche sbagliare. Ecco, io ho sbagliato spesso ma sono cresciuto. A volte sono stati sbagli collettivi, forse più gravi, ma anche in quel caso siamo cresciuti insieme. Siccome non posso cambiare il passato sono cambiato io, certi errori non li rifarei più.
 
In ultima analisi, quali prospettive di crescita ritieni ci siano ad oggi per il futuro di questa battaglia e come pensi bisogna procedere per darle ulteriore forza?
Credo che la lotta sia ancora lunga, nonostante l’ultimazione delle parabole sia alle porte. Aggregare, essere attrattivi. Far crescere e maturare una coscienza sociale di ribellione. Il portato di questa lotta è immenso, vincerla significa cambiare i siciliani, non gli americani. Questa è la parte più dura della lotta.
 

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