Partito di Alternativa Comunista

La manifestazione di Vicenza e i suoi effetti

LA MANIFESTAZIONE DEL 17 A VICENZA E I SUOI EFFETTI
Una prima riflessione sul "che fare" dopo la gigantesca mobilitazione di piazza


di Francesco Ricci

Avremo modo di tornare nei prossimi giorni con articoli, resoconti e foto sulla straordinaria manifestazione contro la base Usa che si è tenuta ieri a Vicenza. Ci preme invece qui avanzare alcune prime riflessioni sugli effetti politici del 17 e sul che fare nella situazione che si è determinata.




1) E' clamorosamente fallito il tentativo di far fallire la manifestazione; obiettivo a cui hanno lavorato in sintonia il governo Prodi, gli apparati repressivi e l'insieme della stampa padronale.
Ha iniziato la magistratura (che non è "rossa" come diceva Berlusconi ma è sicuramente in alcuni settori legata ai Ds) chiudendo un po' stranamente un'inchiesta che dura da tre anni proprio alla vigilia della manifestazione di Vicenza. Così lasciando ampio spazio alla stampa borghese per equiparare rozzamente la manifestazione di Vicenza (e con essa ogni manifestazione e lotta di operai, giovani, sindacalisti combattivi) a qualche squinternato che avrebbe la pretesa di opporre al regime capitalista e alle sue "bande armate a difesa della proprietà privata" (la definizione è del vecchio Engels, ostile al terrorismo perché esperto di insurrezioni popolari e guerre civili) non la forza delle masse -l'unica in grado di confrontarsi con la violenza dellla borghesia- ma un gruppetto di carbonari con lo schioppo. Da lì è poi partita la consueta campagna mediatica sul 17 a base di "tombini piombati", cecchini sui tetti, pericoli di "attacchi batteriologici": curata non solo da giornali forcaioli di destra ma anche dalla stampa cosiddetta "autorevole" (Repubblica di sabato 17 enfatizzava le misure di sicurezza dilungandosi su possibili attacchi con l'antrace...).
2) Senza vergogna, i Diliberto e i Giordano hanno partecipato alla manifestazione contro quel "governo di guerra" (come l'hanno battezzato i comitati vicentini) di cui sono parte integrante. Cercando a fatica di svolgere così il ruolo per cui la cosiddetta borghesia progressista (i De Benedetti, i Profumo, i Bazoli, ecc.) li ha voluti nell'Esecutivo: quel "utile ruolo di filtro e raccordo" tra movimenti e governo che anche Eugenio Scalfari (nell'editoriale odierno su Repubblica) riconosce alle burocrazie dirigenti del Prc, del Pdci e -sul piano sindacale- della Cgil.
3) Il tentativo di Giordano di presentarsi oggi come il titolare della manifestazione, colui che sarebbe in grado di incanalare l'enorme potenziale di lotta dei manifestanti verso un'innocua rimessa in discussione non della costruzione della base ma solo di alcuni "vincoli ambientali", appare grottesca. Sia perché -come riconosce a malincuore lo stesso Scalfari- Giordano e soci "nel corteo vicentino erano più ospiti che padroni di casa"; sia perché non è certo per ottenere un filare di pioppi intorno al filo spinato della base che decine di migliaia di vicentini e di giovani e lavoratori di tutta Italia hanno manifestato in un numero tale che ha spaventato lo stesso gruppo dirigente del Prc.
4) La manifestazione di ieri -le cui gigantesche dimensioni hanno fatto masticare amaro i rappresentanti borghesi dei due poli, da Berlusconi a Rutelli e D'Alema- ha posto in discussione non solo la base Usa ma più in generale le politiche di guerra militare del governo Prodi, che sono l'altra faccia della guerra sociale (pensioni, Tfr, precarietà) che il centrosinistra sta conducendo contro i lavoratori.
Ma quelle politiche il governo -e chi lo guida, cioè i costruttori del futuro "partito democratico" dell'alternanza, Ds e Margherita- non ha alcuna volontà di modificarle. O meglio: non può modificarle perché corrispondono alla sua stessa ragion d'essere che è quella di "comitato d'affari" della borghesia, e quindi di strumento dell'imperialismo italiano e dei suoi interessi di classe in patria e all'estero.
Le dichiarazioni di Prodi subito dopo la manifestazione ("la costruzione della base è ormai decisa") sono inequivocabili e risibili appaiono i tentativi del Russo Spena di turno di parlare di una "positiva disponibilità" del governo. L'unica concessione che i liberali possono fare alle sinistre di governo è quella di glissare su Vicenza nella discussione di mercoledì prossimo al Senato sulla politica estera. Ma per il resto procedono come treni: non solo con la costruzione della base vicentina, ma con il rifinanziamento dell'Afghanistan (il voto in aula è previsto tra poche settimane). Nel quadro di un riarmo dell'imperialismo italiano in funzione delle sue missioni coloniali.
5) Tanti compagni che hanno manifestato sabato a Vicenza nutrono ancora -certo in misura decrescente rispetto a qualche mese fa- illusioni sul "governo amico", o sulla possibilità che la presenza di ministri di sinistra possa farlo diventare un po' meno nemico dei governi precedenti, o infine ancora che qualcosa possa essere ottenuto se non dalla sinistra di governo perlomeno dalle sue aree critiche interne (le minoranze di Rifondazione, Erre, l'Ernesto, Falcemartello) .
Sono speranze che come PdAC non abbiamo mai nutrito -essendo nati col progetto di rilanciare nelle lotte l'opposizione di classe a entrambi i poli dell'alternanza borghese. Ma rispettiamo posizioni diverse dalle nostre quando provengono da militanti in buona fede. A tutti questi compagni continueremo a rivolgerci dicendo: le analisi che facevamo e che ci hanno portati prima alla scissione dal Prc e poi a costruire un nuovo partito hanno trovato puntuale conferma in questi mesi; crediamo che i fatti dimostreranno anche nelle prossime settimane la completa impermeabilità del governo alle ragioni dei lavoratori e la volontà del gruppo dirigente della sinistra di governo -nonostante ciò- di continuare a sostenere Prodi; a quel punto, cari compagni e care compagne, chiedetevi se non sia ora di rompere con la sinistra che non rompe con Prodi e le sue guerre. Con i Giordano e i Ferrero, ma anche con le loro varianti critiche, i Cannavò e i Grassi, i Cremaschi, non c'è prospettiva per chi vuole far crescere nelle lotte una alternativa dei lavoratori. Serve un altro partito, comunista e rivoluzionario: come PdAC abbiamo iniziato il lungo e difficile percorso per costruirlo. Non lo facciamo (a differenza di altri) a colpi di comunicati stampa o di recite nei salotti televisivi: lo stiamo facendo nel concreto delle lotte. Il che spiega perché ieri, a Vicenza, non solo abbiamo animato uno dei più combattivi e partecipati spezzoni, ma una nostra dirigente, Patrizia Cammarata, che con gli altri militanti vicentini del PdAC ha lavorato per mesi nella costruzione dei comitati contro la base, è stata chiamata a tenere uno dei tre interventi dal palco che hanno concluso la manifestazione. Un motivo di orgoglio per il nostro giovane e piccolo partito ma anche la dimostrazione di come vogliamo e possiamo lavorare per costruire un partito che non ha interessi diversi da quelli dei lavoratori e dei giovani che lottano.












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