Le liste di Alternativa
Comunista per la propaganda rivoluzionaria
L'ALTERNATIVA OPERAIA E' NELLA LOTTA
La posizione del
PdAC alle elezioni europee e amministrative
Nessuna crisi economica potrà trovare nelle
urne una via d'uscita. Le crisi, se anche dovessero attenuarsi per le politiche
di questo o quello schieramento dell'alternanza borghese, si ripresenteranno, e
con sempre maggior violenza, finché esisterà il capitalismo. E né la democrazia
politica né le elezioni possono abolire lo sfruttamento del lavoro e la
proprietà privata dei mezzi di produzione. Per questo, quando i comunisti si
trovano a dover decidere come agire in occasione di una tornata elettorale,
devono partire da un elementare dato di fatto: solo dalle lotte potrà nascere
l'alternativa operaia ai governi dei padroni. Occorre rovesciare questo sistema
economico e sociale - e, con esso, i governi che ne reggono le redini - per
impedire che le masse popolari si trasformino in masse di poveri e disoccupati
mentre ingenti ricchezze si concentrano nelle mani di un pugno di capitalisti.
Ma, proprio per questo, è necessario conquistare la fiducia delle masse. E' in
questo snodo che i rivoluzionari devono individuare il giusto mezzo per
collocarsi, di volta in volta, di fronte alle elezioni. Alle elezioni del 6 e 7
giugno il PdAC presenterà proprie liste alle elezioni amministrative, mentre
sulle schede delle Europee - a causa di una legge antidemocratica che impedisce
di fatto la presentazione alle nuove formazioni politiche - la nostra falce e
martello (l'unica che si richiama esplicitamente al trotskismo, cioè al marxismo
rivoluzionario odierno, con un quattro nel simbolo, in riferimento alla Quarta
Internazionale di Trotsky) non sarà presente.
Alle europee nessuna lista di
classe
Tanto più in un momento storico in cui i
governi dei padroni non hanno contentini da distribuire, appare evidente agli
occhi di milioni di lavoratori l'inconsistenza politica e programmatica di quei
dirigenti sedicenti "comunisti" (quelli di Rifondazione e del PdCI) che si
ostinano a dire ai lavoratori che il capitalismo può essere gestito in modo più
equo, con qualche vantaggio per i lavoratori. Questo è uno dei casi in cui i
fatti hanno la testa dura: come può non risultare ridicolo - non solo agli occhi
dei lavoratori, ma anche agli occhi degli attivisti del suo stesso partito - un
ex ministro (Paolo Ferrero) che parla oggi di "anticapitalismo" quando, fino
all'altro ieri, gestiva dall'alto dello scranno ministeriale, insieme ai
rappresentanti di Confindustria, proprio il capitalismo? Come può
risultare credibile, agli occhi dei tanti precari, giovani immigrati, operai
licenziati, una lista che candida gli stessi personaggi che hanno votato a
favore delle leggi razziste di Amato e Prodi, a favore della precarietà del
lavoro, a favore dell'aumento delle spese militari? Come dare la propria
credibilità a partiti che, mentre si riempiono la bocca con la "lotta di classe"
e "l'anticapitalismo", stringono accordi di governo col Pd in molti comuni e
province, continuano a sedere comodamente nelle giunte regionali e locali di
centrosinistra, rifiutano una prospettiva rivoluzionaria e, quindi, si preparano
a ripetere in futuro le esperienze di governo nazionale col centrosinistra già
miseramente fallite?
In altre fasi storiche, i comunisti rivoluzionari hanno
dato talvolta, quando non potevano presentare una loro lista, tatticamente,
indicazione di voto per i partiti operai riformisti, come mezzo per smascherare,
davanti agli occhi delle masse, la politica di tradimento dei vertici di quei
partiti, che rifiutano l'unità del movimento operaio nelle lotte contro la
borghesia. Ma, nel caso della lista Ferrero-Diliberto - la cosiddetta lista
"comunista" - ci troviamo di fronte solo alle briciole di un partito operaio.
Frantumati in mille correnti interne, privi di radicamento operaio e tra i
lavoratori, ridotti al lumicino quanto a energie militanti, Rifondazione
(privata del suo leader maximo, Bertinotti, che ha scelto di sostenere, seppure
defilato, Sinistra e Libertà di Vendola) e PdCI non hanno retto alla catastrofe
che li ha travolti dopo il sostegno alle politiche antioperaie e guerrafondaie
del governo Prodi. Che superino o meno lo sbarramento del 4% poco conta, la
crisi di militanza dei due partiti è sotto gli occhi di tutti: sezioni vuote,
assenza di attivisti nelle lotte, continue scissioni a livello locale e
nazionale (da Bologna, dove il Prc ha subito tre scissioni in tre mesi restando
con un pugno di attivisti, alla Sardegna, dove all'indomani delle elezioni
regionali la maggioranza delle sezioni ha dato il benservito al partito).
Certo, lo sgretolamento dei partiti che hanno tradito la causa comunista a
favore della collaborazione di classe e di governo col padronato non significa,
automaticamente, crescita dei partiti rivoluzionari. Ma, sicuramente, uno spazio
si apre: è questo spazio che il PdAC, col suo piccolo ma solido patrimonio di
militanti armati di un programma di classe, intende occupare. Non voteremo,
quindi, nemmeno alle europee (alle amministrative abbiamo nostre liste), la
"lista comunista" di Ferrero e Diliberto, la lista di chi ha da proporre ai
lavoratori soltanto nuovi tradimenti.
Il PdAC alle amministrative:
un'occasione per la propaganda rivoluzionaria
Il PdAC non è un partito "astensionista".
Come nella tradizione del bolscevismo (1), rivendica l'utilizzo delle elezioni
come straordinario mezzo di propaganda rivoluzionaria. E' quello che stanno
facendo i compagni e le compagne del PdAC alle elezioni amministrative: il PdAC
presenta proprie liste con programmi di classe, incompatibili con questo sistema
economico e sociale. Non abbiamo timore di dire ai lavoratori, ogni volta che
utilizziamo i rari spazi offerti dalla stampa e dai media, che nessun governo
(locale o nazionale) che uscirà dall'urna potrà dare una risposta ai bisogni dei
proletari. L'alternativa dei lavoratori uscirà dalle lotte, dagli scioperi, dai
comitati di lotta e dalle occupazioni delle fabbriche: solo con la conquista del
potere da parte dei lavoratori sarà possibile abbattere il capitalismo, porre
fine allo sfruttamento del lavoro, trasferire la produzione nelle mani
dell'intera società (sottraendola al controllo di pochi). E' questo che
spieghiamo ai lavoratori nelle partecipate assemblee e iniziative pubbliche che
stiamo organizzando nelle province e nei comuni dove presentiamo le nostre
liste. I lavoratori, mentre disertano le sedi vuote del Prc e del PdCI, ci
riconoscono coerenza e ci ascoltano spesso con attenzione.
Con lo stesso
fine, avevamo proposto a tutte le forze a sinistra del Prc di costruire una
lista comune, su un programma basto sull'indipendenza di classe, in occasione
delle elezioni europee: nel rispetto delle differenze certo non piccole che ci
dividono. La legge elettorale antidemocratica, infatti, impedisce di fatto la
presentazione a quei partiti che non hanno già un gruppo costituito nel
Parlamento italiano o europeo, obbligando a una raccolta di firme spropositata.
Solo unendo le forze a sinistra del Prc si sarebbe potuto tentare l'impresa. Ma,
ancora una volta, abbiamo dovuto constatare - come in occasione delle scorse
elezioni politiche - che anche per le principali (per quanto piccole)
organizzazioni della sinistra "anticapitalista", Sinistra Critica e Pcl, la
propensione a coltivare il proprio orticello supera la volontà di far crescere
le lotte e una visibilità delle lotte anche nella campagna elettorale. Entrambe
hanno respinto l'appello del PdAC. Sinistra Critica ha preferito voltare le
spalle ai rivoluzionari e intraprendere una trattativa con l'ex ministro Ferrero
per una presentazione comune con Rifondazione (trattativa fallita in
extremis, così che Sc ha dovuto rinunciare alla presentazione alle
Europee). Pcl invece ha preferito ricorrere anche stavolta a una "truffa"
elettorale: si presenterà in sole tre circoscrizioni grazie alla firma
dell'europarlamentare Giulietto Chiesa (eletto nelle liste Di Pietro - Occhetto)
nonostante la legge elettorale per le Europee non consenta la candidatura
con la firma di un solo parlamentare (difatti le altre circoscrizioni hanno
respinto le liste del Pcl, in quanto prive dei requisiti; in tre circoscrizioni
sono state ammesse per una "svista"). E' significativo che tanto il governo
Berlusconi quanto il Pd abbiano chiuso un occhio su questa violazione delle
norme antidemocratiche che loro stessi hanno prodotto: anzi la cosa è apprezzata
da settori del Pd in quanto utile per indebolire la lista Prc-PdCI e favorire
Sinistra e Libertà di Vendola (più disposta a prendere in considerazione futuri
progetti di convergenza coi dalemiani). Chiaramente non saremo noi a invocare il
rispetto delle leggi borghesi, per di più antidemocratiche e truffaldine come
quelle che regolano la presentazione per le europee: ma certo va segnalato che i
dirigenti del Pcl, pur di preservare la presunta autosufficienza del loro
partito, preferiscono guadagnarsi un quarto d'ora di televisione con questa
presunta "furbata" che peraltro li esclude da metà delle circoscrizioni: mentre
una lista unitaria della sinistra non governista avrebbe potuto tentare la
raccolta di firme per essere presente nazionalmente.
Sia Sc che Pcl si presenteranno in alcune
amministrative con programmi che, generosamente, definiamo confusi: Sinistra
Critica in alcune realtà si presenta in coalizione con liste civiche o di
partito più a destra della "lista comunista" (come a Livorno, dove sono in
alleanza con i Verdi e con una lista civica riformista). Pcl presenta programmi
spesso indistinguibili da quelli del Pd (come a Finale Ligure, dove propongono
un assessorato al bilancio più equo e parsimonioso, una migliore gestione dei
fondi europei, l'attuazione "finalmente" delle leggi regionali per i parchi e
l'ambiente, la regolazione "con ogni strumento legislativo consentito e con
sgravi fiscali del mercato degli affitti", ecc.).
Se non ha senso dare il
voto ai residui di partiti operai come Prc e PdCI, ancora meno senso ha dare il
voto a micro-organizzazioni (come Pcl) prive di un programma operaio e,
soprattutto, totalmente autoreferenziali e disinteressate alla crescita e alla
vittoria delle lotte.
Per queste ragioni chiediamo il voto, alle
amministrative, per il Partito di Alternativa Comunista, cioè per l'unico
partito che si presenta con un programma di classe. Ove il PdAC non sia presente
e anche alle Europee chiediamo ai lavoratori di astenersi o scrivere sulla
scheda: "Via i padroni e i loro governi, il potere ai lavoratori".
1) Si veda, solo a titolo di
esempio, la "Risoluzione per la terza conferenza del Partito socialdemocratico
russo" scritta da Lenin nel 1907: "una giusta tattica (...) esige, anche quando
esistono tutte le condizioni proprie di un'epoca rivoluzionaria, la
partecipazione alle elezioni".
2) Vedere per credere! http://www.pclavoratori.it/files/index.php?c3:o1247:e1.