Partito di Alternativa Comunista

L'ennesima manifestazione di debolezza del Pcl

L'ennesima manifestazione di debolezza del Pcl

 

 

di Mauro Buccheri

Il testo che pubblichiamo qui sotto è stato pubblicato su facebook. Trovandolo interessante - tanto più in quanto scritto da un compagno che ha vissuto fino a pochi mesi fa dall'interno la realtà del Pcl (da cui è poi uscito insieme a quasi tutta la sezione di Palermo) - lo ripubblichiamo qui.

(la redazione web)

 

Le ragioni di un mio ulteriore intervento

Il documento politico da me divulgato un mese fa (“perché sono uscito dal PCL” 1), nonché le critiche mosse da altri compagni palermitani fuoriusciti dal PCL all'indirizzo del partito di Ferrando, sono stati seguiti da una forte critica politica sollevata dal Partito di Alternativa Comunista (PDAC) nei confronti del PCL, in particolare attraverso un articolo a firma di Francesco Ricci (“La parabola del PCL di Ferrando" 2) del 14-10-2012.

Nei giorni scorsi il PCL ha pubblicato sul suo sito nazionale un articolo in cui si prova a rispondere alle critiche del PDAC, un articolo (“Ricci attacca il pcl per nascondere il fallimento del pdac” 3) che porta la forma di sette militanti pciellini provenienti proprio dalle file del PDAC. Non sono interessato a entrare nel merito degli attacchi mossi sul piano politico dai suddetti militanti del PCL al PDAC, per il semplice fatto che non sono solito parlare di questioni che non conosco: non conoscendo il PDAC, dunque, per una questione di metodo, non esprimo valutazioni in merito al presunto “settarismo” rimproverato dal pcl a questo partito o rispetto alle scelte internazionali da esso operate.

Sebbene i sette militanti del pcl firmatari del comunicato si guardino bene dal citare me e gli altri compagni palermitani usciti dal pcl (evidentemente per timore di ulteriori repliche e, dunque, di ulteriori batoste), indirettamente c'è un riferimento a noi, e c'è il riferimento a questioni che ben conosco, avendo militato nel PCL. E' per questi motivi che ritengo di dover esprimere alcune considerazioni in merito a quest'ultimo testo prodotto dai tesserati del PCL.

Se fosse per il valore di certi militanti del PCL non varrebbe di certo la pena di impiegare sia pure il minimo tempo a replicare, ma la posta in gioco a mio avviso è alta. Si tratta infatti di evitare che ulteriori compagni in buona fede vengano imbrogliati da questa organizzazione che, come spiego nella mia nota citata in apertura, ha tradito palesemente l'impostazione marxista rivoluzionaria, conoscendo ormai un'evidente deriva centrista. Non si tratta dunque di essere "ossessivi" (attributo che i mliitanti del pcl riferiscono al pdac, nonchè al sottoscritto e ad altri compagni palermitani), bensì di essere consapevoli che la lotta per l'alternativa di sistema passa anche attraverso l'aperta e radicale denuncia delle organizzazioni centriste e pseudorivoluzionarie, che costituiscono un ostacolo rispetto all'obiettivo che ci prefiggiamo.

 

Il metodo politico del pcl: silenzi, divagazioni, calunnie

Innanzitutto è significativo che i militanti del PCL si siano limitati a pubblicare il loro testo sul sitoweb nazionale del partito (dove non è possibile commentare o replicare) e, contrariamente a quanto fanno con gli altri comunicati di partito, abbiano omesso di farlo girare in rete attraverso altri canali, ad esempio facebook. Nessuno del pcl, nemmeno i firmatari del documento, nonostante siano molto attivi su facebook (almeno lì!), ha divulgato il comunicato in questione sul social network, temendo probabilmente eventuali e facili repliche a un documento che loro stessi evidentemente riconoscono debole e superficiale.

Nella parte iniziale del loro testo, i sette firmatari del comunicato del pcl scrivono che il pdac “utilizza per sferrare un attacco al PCL” degli articoli pubblicati sul sitoweb altervista, un sito da loro definito subalterno “alla cultura politica della sinistra riformista”.

Fa sorridere che proprio i militanti del pcl parlino di subalternità alla cultura “riformista”, data la notoria deriva elettoralista del loro partito, che ha rinunciato all'impostazione militante e alla costruzione sul territorio per votarsi prioritariamente alla partecipazione elettorale, così come fanno i riformisti. Al punto da scrivere lettere patetiche e supplichevoli, con tanto di convenevoli e “Lei” maiuscoli, ai consiglieri delle forze “riformiste” per avere un aiuto nell'autentica delle firme (così come ho denunciato giorni fa riportando testualmente la letterina in questione prodotta dai vertici del PCL!). Fa sorridere insomma che il pcl parli del riformismo altrui, tanto più se si considera che nella prassi diversi militanti del pcl sono effettivamente su posizioni centriste o riformiste (qualcuno in Sicilia addirittura nemmeno lo nasconde!).

La verità è che anche stavolta i militanti del pcl usano il loro solito e scontato giochetto di distrarre l'attenzione del lettore, parlando di altro anziché andare al centro delle questioni politiche. E infatti, i magnifici sette nella loro risibile introduzione dimenticano di scrivere una cosa essenziale. E cioè che quei testi, che un compagno ex iscritto al Pcl Palermo decise di pubblicare sul sito altervista, altro non sono che i documenti interni al pcl relativi alla “questione siciliana”, ovverosia lo scambio di corrispondenza avvenuta fra il comitato esecutivo e le sezioni siciliane, in particolare quella palermitana, rispetto ai gravi fatti accaduti nel pcl sicilia negli ultimi mesi. Sono documenti che consentono al lettore di farsi un'idea di come realmente sono andate le cose, al di là delle falsità messe in giro dai militanti del pcl che certamente avrebbero voluto occultare quei documenti.

La critica del pdac, dunque, condivisibile o meno, si basa sui documenti interni al pcl, e sulle note da me divulgate pubblicamente a inizio ottobre (in particolare, il testo “perchè sono uscito dal pcl”). Note e critiche, quelle del sottoscritto, a cui ovviamente i militanti del pcl, a partire dai suoi vertici, non hanno mai replicato, trincerandosi nel silenzio (a parte le calunnie sul piano personale, spesso in privato ed anonime, nei confronti miei e di altri compagni palermitani). Silenzio e calunnie a cui nel pcl sono soliti ricorrere tutte le volte in cui sono a corto di argomenti e con le spalle al muro (benché accusino costantemente gli altri di “calunniare”!). Ovviamente fra di loro autogiustificano la mancata risposta alle critiche degli ex compagni palermitani dicendo che sono stanchi delle polemiche, o che non vale la pena di replicare. In quest'ultimo caso, è singolare che invece il pcl abbia deciso che “valeva la pena” di rispondere al pdac, pur ritenendolo un partito in preda a “una deriva settaria e autocentrata”. La realtà è che il pcl è una mostruosa contraddizione vivente (o meglio morente).

 

Un goffo e debole tentativo di nascondere la realtà dei fatti

Quella del pdac nei confronti del pcl è a mio avviso una critica sul piano politico corredata da numerose argomentazioni, non una serie di “insulti” e “calunnie”, così come viene presentata dai sette suscettibili militanti del pcl. Sta a chi subisce l'attacco provare a rispondere argomentando sul piano politico per provare a smontare le accuse, cosa che i militanti del pcl non fanno minimamente nel loro documento, preferendo replicare al pdac (così come hanno fatto con noi ex pcl palermo) soltanto con accuse infantili e non argomentate. Ad esempio, parlando a proposito del pdac di “settarismo” (detto dai militanti di un partito con il culto del leader suona singolare!) oppure di un'organizzazione incapace di “operare un’azione egemonica leninista nella classe lavoratrice e nelle sue organizzazioni di massa” (nella migliore delle ipotesi è il bue che dice cornuto all'asino, data l'inesistenza del pcl nelle lotte, soprattutto in Sicilia ma non solo).

Addirittura, rispetto all'accusa di menscevismo avanzata dal pdac contro il pcl, i sette pciellini – anzicché rispondere argomentando sul piano politico – scrivono a un certo punto: “come qualsiasi compagno/a può verificare con il marxismo rivoluzionario del PCL questi ultimi [ i menscevichi Martov e Akselrod] non c’entrano assolutamente nulla, essendo altri i riferimenti teorici -da Marx ad Engels, da Lenin a Trotsky- del Partito Comunista dei Lavoratori”. Ridicola precisazione, in quanto nessuno nega che i riferimenti “teorici” (come ben sottolineano i sette) del pcl siano Marx, Engels, Lenin e Trotsky. La critica mossa al pcl dal pdac (e da noi ex compagni del pcl Palermo) verte proprio sul fatto che nella prassi quei referenti “teorici” risultano traditi, e che pur presentandosi come un partito “trotskista” il pcl ha assunto una fisionomia centrista.

Nei fatti, il pcl ha abolito l'impostazione militante (prevista paradossalmente anche dal suo statuto!) aprendo le porte dell'organizzazione a chiunque, persino a gente che non milita o che non condivide il programma marxista rivoluzionario (senza contare i militanti che usano il metodo intimidatorio o mettono in atto pratiche staliniste!). Trattasi di una verità riconosciuta involontariamente persino dalla stessa direzione nazionale del pcl nella sua “risoluzione conclusiva” alla questione siciliana, così come ho riportato nella mia nota di ottobre (e due dei firmatari del documento a favore del pcl sono nella direzione nazionale, per cui dovrebbero saperlo meglio di chiunque altro!).

Trattasi di una verità che i militanti del pcl non possono negare, una verità che prima di noi compagni palermitani è stata denunciata da compagni di altre sezioni del pcl (ad esempio dai compagni calabresi) e che, a breve, sarà uno dei punti cardine su cui una minoranza interna si costituirà in tendenza. Per questi motivi, risulta semplicemente ridicolo che i militanti del pcl scrivano che “Il PCL ha sempre operato, fin dalla fondazione dell’AMR Progetto Comunista, attraverso il metodo del raggruppamento rivoluzionario e la condivisione programmatica, cosciente che il Partito della rivoluzione si costruisce non solo attraverso un aumento aritmetico, ma anche per salti”. Questo infatti è vero solo nella teoria, che notoriamente nel pcl è qualcosa di assolutamente distinta dalla prassi. Nei fatti, dentro il pcl è facile trovare persone che esprimono le posizioni politiche più disparate (e non trotskiste), così come ho diffusamente denunciato ad esempio rispetto al pcl sicilia (ma non solo).

La rinuncia dell'impostazione militante va di pari passo con la rinuncia alla formazione dei militanti, aspetto che un partito rivoluzionario dovrebbe curare e che invece il pcl ha colpevolmente (e direi volutamente) trascurato, coi risultati che sono sotto gli occhi di tutti. E ' facile imbattersi nel pcl in compagni o sezioni che prendono posizioni divergenti rispetto alla linea ufficiale del partito (a proposito di “federalismo”), così come avvenuto negli ultimi mesi in Sicilia con alcuni personaggi e sezioni che (per parafrasare Ferrando) facevano “i cazzi loro”, come se fossero entità a se stanti rispetto al partito.

In tutto questo, fa sorridere che i militanti del pcl per attaccare il pdac scrivano che quest'ultimo ha soltanto “qualche decina di iscritti in tutto il Paese”. L'argomento quantitativo, argomento notoriamente ben poco rivoluzionario, viene spesso usato dai militanti del pcl contro altre organizzazioni politiche. Ma in bocca ai militanti di un partito come il pcl tale argomento risulta doppiamente fuori luogo. In primis, perché il pcl non può certo vantare molti più tesserati rispetto alle organizzazioni di cui rimarca l'esiguità numerica. In secondo luogo, perché un partito che si autodefinisce “rivoluzionario”, come il pcl, dovrebbe guardare un po' di più all'aspetto qualitativo piuttosto che a quello quantitativo, ed è risaputo che i numeri del pcl (comunque esigui) sono frutto come detto di un tesseramento non militante e dunque allargato a persone che magari si richiamano vagamente alla tradizione comunista ma che nei fatti non condividono il programma marxista rivoluzionario, essendone in certi casi radicalmente distanti (e tutto ciò in barba allo stesso statuto che il pcl si è dato). Nell'immediato, meglio pochi ma buoni mi viene da dire.

E tutto ciò va di pari passo anche con la tendenza a delegare tutto a Ferrando, leader indiscutibile, che gode della fiducia cieca della gran parte dei compagni che lo considerano praticamente il simbolo del partito. Questo circolo perverso fa sì che, non avendo quadri preparati, Ferrando e Grisolia puntino tutto sulle elezioni, sperando in tal modo di intercettare qualche compagno ammaliato dalle parole dello speaker ufficiale del partito (Ferrando). Ma è chiaro che non si può pensare di costruire un partito rivoluzionario intorno a una figura carismatica e senza lavorare alla costruzione sul territorio e alla formazione dei militanti.

 

Elettoralismo e apologia del malaffare

Questa incoerenza (dell'atteggiarsi a rivoluzionari senza esistere nelle lotte) produce risultati negativi anche a livello elettorale, sebbene nel pcl ci si dedichi all'attività elettorale come attività prioritaria. Nonostante il periodo di crisi dei partiti tradizionali filopadronali e la diffusa sfiducia verso il sistema, neanche in termini di voti il pcl ottiene i risultati auspicati dai suoi dirigenti. In Sicilia, ad esempio, la gente ha preferito esprimere la propria disillusione disertando in massa le urne, e i voti del pcl rispetto all'ultima tornata elettorale su scala regionale (politiche del 2008) sono drasticamente diminuiti, tanto che nessuno lì dentro ha fatto un'analisi seria delle elezioni siciliane e un bilancio dell'esperienza elettorale del pcl (ond'evitare che all'esterno si potesse notasse il regresso!), e qualcuno addirittura (facendo evidentemente un tentativo di autopersuasione!) ha bisbigliato di risultati “tutto sommato positivi”.

E va detto che questi riscontri negativi in campo elettorale arrivino nonostante i tentativi palesi fatti dal pcl di ammansire e rabbonire l'opinione pubblica borghese per raggranellare qualche voto. Esemplare in tal senso che durante una recente intervista a un'emittente locale in occasione delle recenti elezioni siciliane il coordinatore regionale siciliano del pcl abbia presentato la rivoluzione marxista come “certamente” pacifica! Uno sfacciato capovolgimento del leninismo. Quest'ultimo prevede infatti la partecipazione alle elezioni per presentare il programma rivoluzionario nel tentativo di intercettare i compagni più avanzati alla lotta contro il sistema (una lotta che si fa prioritariamente fuori dai palazzi), e non certo per rassicurare la stampa borghese al fine di avere qualche voto in più!

I militanti del pcl firmatari del documento in questione, mettono poi in scena un altro escamotage tipicamente pciellino, ovverosia il metter in bocca agli avversari politici qualcosa che questi non hanno mai detto (gioco sporco che hanno provato spesso contro noi compagni palermitani). Così come quando scrivono che il pdac accuserebbe Ferrando e il pcl di “mafiosità”. La falsità è ancora più evidente se si considera che il testo di Francesco Ricci del PDAC recita esplicitamente così: “Conoscendo l'espediente retorico cui alcuni fanno ricorso in questi casi (difendersi da un'accusa infondata che nessuno ha mosso, per poter così parlare d'altro) è bene precisare e sottolineare che né Buccheri né gli altri compagni siciliani accusano Ferrando e Grisolia di avere responsabilità diretta per i fatti citati. Nessuno (nemmeno noi) muove verso Ferrando e Grisolia la ridicola accusa di avere rapporti con la mafia. Qui stiamo discutendo di altro: degli "infortuni" che capitano a chi applica una concezione menscevica del partito, aprendo le porte a chiunque”. Siccome non credo che i militanti del pcl non sappiano leggere (addirittura il candidato pcl alla presidenza della regione Sicilia Di Leo ha messo il suo voto di laurea di 110 e lode nel suo curriculum ufficiale per il concorso all'ars!), devo concludere che anche in questo caso trattasi di malafede.

La verità è che nessuno ha mai accusato Ferrando o il pcl di legami con la mafia, bensì di avere difeso (a proposito di rinuncia all'impostazione militante del partito) un militante del pcl Sicilia che anziché usare il metodo democratico usa quello intimidatorio. Così come a suo tempo avevamo denunciato la superficialità con cui gli organismi dirigenti locali e nazionali del pcl avevano ridimensionato le nostre segnalazioni rispetto alle frequentazioni di quel militante del pcl sicilia con personaggi di ambienti equivoci... Paradigmatico che il gestore del locale ove il suddetto militante del pcl Sicilia pianificò l'ormai famosa intimidazione ai danni di due compagni di partito, gestore da lui definito come un suo “amico”, recentemente sia stato effettivamente colpito da un provvedimento di interdizione dall'esercizio di impresa perché indagato per gravi reati in combutta con la mafia (a conferma di quanto sostenuto da noi compagni palermitani; 4).

Ed è ancora più squallido che davanti all'evidenza dei fatti (ossia di quelle “prove” che ai tempi ci venivano chieste dai vertici del pcl), un dirigente locale (che in precedenza ci aveva praticamente accusato di essere dei visionari!) anziché tacere (dando prova di un minimo senso del pudore) abbia addirittura tentato di giustificare il suddetto gestore del locale dicendo che in fondo teneva semplicemente una macchinetta taroccata dentro il proprio locale! Insomma, nel disperato e vano tentativo di difendere la propria fazione qualcuno del pcl è arrivato a dipingere il personaggio raggiunto da provvedimenti così gravi quasi come una vittima del sistema!

Sarebbe interessante chiedere a questi apologeti del malaffare come considerano le persone che sono state rapinate dalla macchinette mangiasoldi, rapina che veniva fatta col contributo attivo di questi gestori dei locali attraverso l'uso di un apposito telecomando. E sarebbe interessante sapere come definirebbero a questo punto quei piccoli commercianti che a Caltanissetta hanno rifiutato di farsi mettere le macchinette mangiasoldi nei propri locali dalla mafia, e per questo sono stati oggetto di vessazioni da parte dell'organizzazione criminale. Ed è paradossale che questa apologia del malaffare sia arrivata da persone che si considerano le uniche portatrici del vangelo rivoluzionario, e che tale giustificazionismo sia stato fatto in nome del materialismo dialettico marxista!

Insomma, alla luce di questo quadro desolante, limitarsi a dire – come fanno i sette firmatari del documento - che il pcl è “un’organizzazione che necessità certamente di miglioramenti nel suo funzionamento, ma sicuramente è un’organizzazione centralista democratica” significa volere occultare la realtà dei fatti, agli altri ma persino a se stessi. Ed ho spiegato diffusamente nella mia nota di ottobre (a cui rimando) la vera natura del “centralismo democratico interno al pcl” (a proposito dell'accusa di "verticismo" mossa dai militanti del pcl alle altre organizzazioni!).

Non voglio tirarla per le lunghe né entro in merito, come detto, alle critiche mosse dal pcl al pdac (che peraltro ha fatto un'ulteriore replica; 5), dato che non conosco questa organizzazione. Resta il fatto che da ben sette militanti che si mettono insieme per produrre un documento politico ci si sarebbe aspettato molto di più sul piano dell'argomentazione politica e della dialettica. Ma questo passa il convento (in tutti i sensi!)...

 

Ecco gli articoli citati in questa nota:

1 http://www.facebook.com/notes/mauro-buccheri/perche-sono-uscito-dal-partito-comunista-dei-lavoratori/267706943350703

2 http://www.alternativacomunista.it/content/view/1708/1/

3 http://www.pclavoratori.it/files/index.php?c3:o3018

4 http://www.facebook.com/notes/mauro-buccheri/retata-antimafia-a-caltanissetta-iniziano-a-uscire-le-prove-che-i-dirigenti-del-/268874233233974

5 http://www.alternativacomunista.it/content/view/1723/1/

 

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