CREMONA
No alla repressione delle lotte!
Antifascismo e anticapitalismo non si processano!
LIBERTA’ PER I COMPAGNI ARRESTATI !
L’ordine regna a Cremona!
All’alba di venerdì 10 aprile la
squadra mobile di Cremona, su mandato del Pubblico Ministero Di Martino, ha
effettuato una serie di arresti tra i militanti del Centro Sociale Dordoni e i
neo fascisti di Casa Pound, con riferimento agli eventi dello scorso 18
gennaio, quando le squadracce di Casa Pound hanno ridotto in fin di vita un
compagno del Centro Sociale.
Due membri di Casa Pound sono
stati condotti in carcere con l’accusa di tentato omicidio. Stessa sorte, con
accuse differenti, per due militanti del Dordoni. Gli altri, più o meno
equamente divisi, sono agli arresti domiciliari.
Nella conferenza stampa
effettuata nei locali della Questura, Pubblico Ministero, Questore e Capo della
squadra mobile hanno argomentato una ricostruzione dei fatti a dir poco
spudorata.
Secondo questa ricostruzione
sarebbero stati i compagni del Dordoni ad aggredire i militanti di Casa Pound
in un bar vicino alla loro sede. Questi ultimi, secondo i “tutori dell’ordine”,
si sarebbero in sostanza difesi, anche se hanno dovuto ammettere di aver
ecceduto, dato che un compagno è stato ridotto in fin di vita.
Il Pm ha precisato di aver
ricostruito l’accaduto “senza preconcetti e senza pregiudizi”.
Negli anni sbirri e ermellini da
guardia hanno ampiamente dimostrato la loro assenza di pregiudizi: a Genova nel
2001 quando hanno prodotto prove false per giustificare la “macelleria messicana”
alla Diaz, o più di recente quando è stato inventato il reato di “terrorismo”
per colpire i militanti del movimento No Tav della Val di Susa. Ma le menzogne
hanno le gambe corte e un video della Polizia, postato su diversi siti web,
che dovrebbe sostenere la tesi dell’accusa, non conferma invece nemmeno una
virgola la vergognosa ricostruzione dei fatti.
In realtà gli arresti di oggi
sono, per il momento, l’ultimo tassello di una politica di caccia alle streghe
e di terrore poliziesco che pervade Cremona da due mesi a questa parte.
Dopo l’imponente manifestazione
antifascista del 24 gennaio scorso, la canea reazionaria si è scatenata, usando
strumentalmente i disordini che si sono verificati quel pomeriggio, e che
abbiamo analizzato sul nostro sito (http://www.alternativacomunista.it/content/view/2109/51/).
Stampa locale, sindacati, partiti
di centro destra e centro sinistra, associazioni di categoria dei commercianti,
e da ultimo anche il Vescovo, hanno chiesto misure durissime e l’uso del pugno
di ferro contro i militanti della sinistra radicale in città. Si è addirittura
mosso il sottosegretario del Governo, Pizzetti, che, anziché preoccuparsi del
disastro sociale che sta compiendo il premier Renzi, o della solidarietà
che questi ha espresso all’organizzatore delle torture alla Diaz, l’ex capo
della polizia De Gennaro, ha chiesto a gran voce il ricorso alla legge e
all’ordine
Chiusura dei due centri sociali, Kavarna e Dordoni, arresto
di chi si è reso colpevole di aver “devastato la città” (in realtà qualche
vetrina e qualche bancomat di banche e assicurazioni), questo è stato il refrain
delle ultime settimane.
La risposta non è tardata. Prima
l’arresto di due compagni del Kavarna, poi la condanna a 10 giorni di carcere
sempre per alcuni compagni del Kavarna per alcune scritte sui muri e per un
presidio non autorizzato contro Casa Pound (fatti che risalgono a parecchio
tempo fa). Ora gli arresti di questa mattina. I compagni arrestati sono attivi
non solo nella lotta antifascista, ma hanno anche, insieme con noi, organizzato
le mobilitazioni per il diritto alla casa, e alcuni di loro sono militanti di
sindacati di base: insieme abbiamo partecipato a innumerevoli presidi e picchetti
davanti ai poli della logistica, veri e propri simboli dello sfruttamento più
brutale.
Davanti a quest’escalation
della repressione, nel tentativo di distruggere quei soggetti che in città
cercano di rappresentare le esigenze degli strati più deboli e sfruttati, sorge
spontanea una domanda: perché proprio oggi e perché proprio a Cremona?
Un piano nazionale: i manganelli e le manette contro chi lotta
Crediamo che gli arresti
rispondano ad un disegno nazionale e anche allo specifico locale.
Se è vero che la crisi economica
nel Paese si fa sempre più dura, e che la stagione di “relativo benessere”, che
c’era prima del 2007, non tornerà più, è vero che con essa è finita anche la
stagione della, seppur molto relativa, pace sociale. Milioni di lavoratori, studenti,
donne, immigrati, non accettano di vedere peggiorare, giorno dopo giorno, il
loro già misero livello di vita, quindi protestano, scioperano, lottano contro
un destino che non vogliono sia ineluttabile.
Governo, padroni e apparati
repressivi sono consapevoli che, se oggi le proteste sono ancora a livello
embrionale, un’esplosione sociale di massa, come si è avuta in Grecia, in
Brasile, nel Nord Africa e nel Medio Oriente, non rappresenta solo una vaga
ipotesi. Ecco, quindi, la volontà di reprimere sul nascere ogni focolaio di
ribellione. Gli arresti di Cremona, insieme alle manganellate agli operai
dell’Ast di Terni, agli arresti in Val di Susa, o alla repressione dei
lavoratori, in maggioranza immigrati, delle cooperative della logistica, sono
parte di questo copione.
Un mito da sfatare: Cremona città pacifica e solidale
C’è anche uno specifico locale. Secondo uno studio apparso qualche giorno fa sulla stampa nazionale, Cremona è al secondo posto, tra le città in Italia, dove il disagio sociale è maggiore, dove l’integrazione è più complicata e il rischio di esplosioni sociali elevato. Stiamo parlando non di una grande metropoli, ma di una piccola città di settantamila abitanti. L’immagine di una comunità tranquilla, coesa, città della musica, dei violini e delle passeggiate sulle rive del Po, rischia seriamente di essere travolta dalla realtà, una realtà all’insegna di sfratti, bassi salari, alta disoccupazione, devastazione ambientale. Quindi, anche in questo caso, si cerca di spegnere l’incendio prima che possa divampare.
Dal Pd al Centro-destra, dalla Cgil alla Fiom, da Sel a Rifondazione: l’unione sacra contro chi lotta
Altro tema importante è quello delle reazioni politiche
nei confronti di questa situazione. Se non stupisce che l’establishment locale
si sia schierato a difesa dell’ordine e del quieto vivere, non così si può dire
per quelle forze che, a parole, si schierano nel campo della sinistra.
La Cgil locale dopo aver condannato l’aggressione del 10
gennaio, è prontamente tornata nello schieramento dei “manganelli democratici”,
condannando la manifestazione del 24 e sostenendo la tesi degli opposti
estremismi. Più scandaloso è l’ormai prolungato, assordante silenzio, prima
imbarazzato ma oramai complice della repressione, della cosiddetta coalizione
sociale: non una parola dalla Fiom, da Sel e da Rifondazione. Questi ultimi due
partiti sostengono la giunta cittadina a guida Pd, Sel ha anche un assessore, e
ultimamente ha votato un ordine del giorno in cui si chiede lo sfratto del
Kavarna e Dordoni, che utilizzano spazi del Comune. Si potrebbe pensare ad un
silenzio dovuto alla pochezza dei dirigenti locali di Fiom, Sel e Rifondazione,
propensi a salvaguardare il loro misero orticello, ma la rilevanza nazionale
che hanno avuto i fatti accaduti in città negli ultimi due mesi avrebbe
richiesto almeno una parola dai leader, di solito molto prolifici nel
rilasciare dichiarazioni. Invece nulla, a dimostrazione, se ancora ce ne fosse
bisogno, di come la coalizione sociale lanciata da Landini, se mai nascerà,
sarà l’ennesima truffa ai danni dei lavoratori, perché quando sarà necessario
prendere posizione, schierarsi da una parte o dall’altra della barricata del
conflitto sociale, questi signori staranno, inevitabilmente, contro quei
soggetti (i lavoratori, gli sfrattati, chi lotta contro questo sistema
ingiusto) che a parole dicono di voler rappresentare.
Le lotte non si arrestano
Il Pdac, a livello locale e
nazionale, non ha dubbi. Pur avendo criticato il modo sconsiderato in cui è
stata gestita, in alcuni momenti, la manifestazione del 24 gennaio, sappiamo
senza dubbio da che parte della barricata schierarci: la barricata di chi non
accetta che il proprio futuro sia fatto di sfruttamento, miseria, razzismo,
maschilismo.
La nostra intransigenza, la
nostra voglia di lottare per un mondo diverso, un mondo in cui il profitto non
sia la stella polare della vita delle persone, uscirà rafforzata da questi
difficili momenti
A chi si rallegra che, grazie
all’arresto dei compagni in lotta, l’ordine in città sarà finalmente
ristabilito, rispondiamo con le parole di Rosa Luxemburg: “Stupidi sbirri,
il vostro ordine è costruito sulla sabbia!”
PdAC sezione di Cremona
10 aprile 2015