La lotta degli operai dell'Alcatel di Battipaglia
Indubbiamente, la lotta parzialmente vittoriosa degli
operai dell’Innse ha fatto scuola: salire sui tetti asserragliandovisi pare
essere diventata la forma più ricorrente in cui si manifesta il conflitto.
Adesso è il turno dei lavoratori dell’Alcatel di
Battipaglia. Con una variante, però: l’essersi cosparsi il corpo di benzina
minacciando di darsi fuoco in assenza di risposte certe.
Il fatto
è che questa modalità autolesionistica della lotta degli operai dell’Innse, dei
precari della scuola ed ora dei lavoratori dell’Alcatel deve far riflettere.
Il mettere in gioco il proprio corpo, la propria salute, la propria vita, la dice lunga su quanto devastante sia stato nel corso dei decenni il ruolo conciliatore delle burocrazie sindacali e politiche che hanno scaraventato i lavoratori di tutta Italia in un mare di disperazione. Quella disperazione che si traduce nell’estrema arma in mano a questi ultimi: quella di mettere a rischio la propria vita pur di tentare di salvare un lavoro sempre più precario, rischioso e con quasi più nessun diritto.
Salire sui tetti è diventata, quindi, la consacrazione delle delittuose politiche dei sindacati e dei partiti della sedicente “sinistra radicale” e dei loro tavoli negoziali con i padroni e le istituzioni, che di questi ultimi sono i rappresentanti; ed è, al contempo, la celebrazione della solitudine e della disperazione dei lavoratori a fronte di quelle politiche che costituiscono oggettivamente un tradimento.
In Italia non sembra essere più così, ma in altri Paesi, la lotta si rivolge ancora alla “controparte” o ai suoi “simboli”: i padroni, che in Francia vengono sequestrati dagli operai inferociti; la fabbrica stessa, che in Corea del Sud (lotta alla Ssangyong) viene espugnata e difesa da migliaia di lavoratori.
I lavoratori dell’Alcatel debbono prendere esempio da queste lotte, tornare ad individuare nel padrone e nello Stato l’obiettivo contro cui dirigere la propria azione, occupare la fabbrica e difenderla dai prevedibili assalti degli sgherri della borghesia, riprendere da sé soli la produzione e rivendicare l’espropriazione senza indennizzo e sotto il controllo operaio dell’azienda. Soprattutto, non debbono riporre nessuna fiducia nelle burocrazie sindacali e politiche che pretenderebbero di rappresentarli al solo scopo di depotenziarne la battaglia portandola nelle secche delle negoziazioni istituzionali.
Il mese di agosto ha visto i giornali della borghesia italiana e decine di politici e sindacalisti gioire insieme al padronato per la “vittoriosa” lotta dell’Innse. Lo stesso Tremonti, inneggiando all’azione di quei lavoratori, ha detto che su questa storia bisognerebbe girarci un film. Ed invece, tutti insieme hanno dolosamente taciuto su un’altra lotta che si è conclusa nello stesso periodo e con una vera vittoria: quella degli operai della Zanon (a Neuquén, in Argentina) che hanno tenuto occupata la loro fabbrica per circa dieci anni, difendendola in armi contro polizia ed esercito, riprendendo la produzione, vendendo il prodotto e riassumendo tutti i licenziati, fino ad ottenere, grazie ad una mobilitazione popolare permanente, l’approvazione di una legge di espropriazione dei beni e del marchio Zanon e la loro consegna agli operai stessi, oggi costituiti nella cooperativa FaSinPat (Fábrica sin patrones: fabbrica senza padroni!).
Per ottenere un risultato davvero vittorioso, allora, è necessario che tutti i lavoratori dell’Alcatel entrino nella “loro” fabbrica, perché è “loro” in quanto l’hanno pagata col frutto del loro lavoro, la occupino e riprendano la produzione. È necessario che si costituisca un comitato unitario di lotta con gli operai della altre fabbriche della Campania ed i precari della scuola e gli studenti, che riconduca ad unità tutte le vertenze ed unifichi i tavoli di crisi. È necessario che, contro l’ostruzionismo delle burocrazie sindacali e politiche, venga proclamato dai lavoratori di tutta la regione Campania, dell’industria, del commercio e dei servizi pubblici e privati, lo sciopero generale ad oltranza avanzando, finalmente, la parola d’ordine dell’espropriazione senza indennizzo e sotto il controllo operaio delle imprese che licenziano, a partire dall’Alcatel di Battipaglia. È necessario uscire dalla logica padronale del profitto, dare il giusto riconoscimento ai sacrifici e alle aspettative di una intera comunità locale, garantire a tutti i lavoratori un salario dignitoso, investire i guadagni in ricerca e innovazione: e, per fare questo, è necessario rivendicare l’apertura dei libri contabili. I lavoratori dell’Alcatel scopriranno così che è possibile continuare a lavorare effettuando un unico taglio alle spese: il guadagno del padrone!
- Sciopero generale di solidarietà di tutti i lavoratori della regione Campania!
- Occupare tutti gli stabilimenti del gruppo Alcatel!
- Espropriazione dell’Alcatel senza indennizzo e sotto controllo dei lavoratori!
- Apertura di una vertenza generale che unifichi i “tavoli di crisi” e compatti in un unico fronte i lavoratori sotto attacco!
- Lotta ad oltranza contro il governo Berlusconi e la Confindustria, per la cacciata del governo e il blocco dell’offensiva padronale!