LAVORATORI IN PRESIDIO PERMANENTE CONTRO I LICENZIAMENTI
di Matteo Bavassano
Negli ultimi mesi, un nuovo
presidio di lavoratori in lotta sta attirando l’attenzione dei cittadini
milanesi e non solo: si tratta del presidio dei lavoratori del comparto
sanitario dell’Ospedale San Raffaele, già noto alla cronaca per la gestione
“allegra” dei suoi fondi e fiore all’occhiello della tanto decantata eccellenza
lombarda nella sanità, tanto che anche Vendola voleva “importarlo” in Puglia.
A fronte, però, della grande
importanza che i media solitamente danno
alle questioni che riguardano questo ospedale, in questo caso nessuno ne ha
parlato fino a quando negli ultimi giorni due lavoratrici non sono salite sul
tetto dell’ospedale per protesta, anche se tutti gli “utenti” che passano dal
San Raffaele per necessità conoscono questa vicenda grazie al presidio.§
Qualche giorno prima del gesto di
protesta delle due lavoratrici, eravamo passati al presidio, sempre molto
partecipato e “vivo” per chiedere ai lavoratori qual è lo stato della vertenza
e farci spiegare un po’ meglio tutta la vicenda e le loro richieste. Ne abbiamo
quindi discusso con Michele Bonafede, delegato RSU e RSL indipendente, e con
altre lavoratrici e alcuni lavoratori presenti al presidio.
La prima domanda che poniamo ai
lavoratori è se i licenziamenti contro cui lottano siano una conseguenza della
gestione finanziaria che aveva portato ai ben noti scandali, ma ci chiariscono
subito come quella sia una storia chiusa e che dopo un’asta pubblica l’ospedale
che fu di don Verzé, dall’11 maggio scorso è di proprietà di Giuseppe
Rotelli, un noto lobbista della sanità
in Lombardia, dove controlla qualcosa come 18 strutture, già balzato agli onori
della cronaca per alcune vicende di lavoro in nero all’ospedale San Donato.
Questo personaggio ha ottenuto il San Raffaele superando l’offerta di 250
milioni dello IOR, con una di 405 milioni (rilanciando su una sua precedente
offerta di 300), mentre i debiti del San Raffaele sono stati passati alla
Fondazione Monte Tabor, fondazione che gestiva gli “eclettici” affari di don
Verzé.
Nasce il presidio contro i licenziamenti, scioperi e solidarietà
L’annuncio dei licenziamenti è
arrivato, come spesso succede in questi casi, nel pieno dell’estate, il 30
luglio, con una lettera indirizzata alle RSU dell’ospedale San Raffaele. I
lavoratori si sono trovati di fronte alla prospettiva di subire 450
licenziamenti (poi scesi a 244) e all’azzeramento di tutti gli accordi
aziendali dal ‘73, in pratica 40 anni di conquiste dei lavoratori eliminate,
oltre che di un cambiamento della tipologia di contratti, da quello della
sanità pubblica al contratto AIOP, cioè della sanità privata. Questo attacco
della nuova direzione ha unito immediatamente i lavoratori, che hanno subito
iniziato le mobilitazioni per difendere non solo il posto di lavoro di chi
rischiava il licenziamento, ma anche le condizioni di lavoro di chi sarebbe
rimasto. Per questo i lavoratori hanno iniziato da subito un presidio e hanno
dato luogo ad una serie di iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica e
gli altri dipendenti dell’ospedale: due scioperi che hanno avuto un’alta
adesione nei vari reparti, volantinaggi, manifestazioni, fino ad arrivare al
blocco della vicina tangenziale e alla recente salita sul tetto di due
lavoratrici. Inoltre il presidio organizza assemblee quotidiane tra lavoratori
e RSU. I lavoratori stanno anche raccogliendo delle firme di solidarietà,
raggiungendo quota 5000 in meno di due settimane.
Parallelamente alle
mobilitazioni, le RSU hanno cercato di intavolare una trattativa con
l’amministrazione, ma tutti gli incontri sono risultati fallimentari. I
lavoratori sono fermamente decisi a non recedere dalle loro posizioni: si sono
dichiarati disposti a trovare delle soluzioni, ma solo a patto di togliere dal
tavolo tutti i licenziamenti, di conoscere
i numeri della crisi e di poter valutare il piano industriale che la
dirigenza propone per sanare il buco nel bilancio, piano che per i lavoratori
deve riguardare necessariamente sia la dirigenza che il comparto. Inoltre ogni
concessione che i lavoratori eventualmente dovessero concordare, sarebbe solo
temporanea, per la durata della crisi.
Affondano i lavoratori ma la dirigenza super pagata è salva
Questo anche perché i licenziamenti riguardano
tutte le categorie del comparto sanitario (amministrativi, ausiliari,
infermieri, tecnici…) ma non la dirigenza, che in proporzione pesa sulle spese
dell’ospedale ben più che il comparto. Ma a fronte della disponibilità dei
lavoratori a trovare una soluzione, Rotelli ha risposto il 31 ottobre avviando
la procedura di licenziamento collettivo, solamente poche ore prima di un
incontro istituzionale con l’Assessore alla Sanità della Regione Lombardia.
Chiediamo quindi ai lavoratori se
i tagli che il governo sta facendo alle spese sanitarie influiscono sul taglio
del personale deciso da Rotelli. “ La situazione del San Raffaele non c’ entra
direttamente con i tagli alla sanità pubblica decisi dal governo, certo però
questi contribuiscono fortemente al peggioramento del servizio sanitario
offerto ai cittadini, con un taglio nella sola Lombardia di 3.200 posti letto
in varie strutture pubbliche. La vicenda del San Raffaele però potrebbe
rappresentare un “modello” per successivi tagli ad altre strutture sanitarie
private lombarde e non solo. Forse in futuro questo stesso modello sarà
applicato anche alle strutture pubbliche. A Rotelli non interessa la qualità
del servizio sanitario che viene offerto ai cittadini, ma solo i suoi profitti.
Non dimentichiamoci che il San Raffaele riceve soldi pubblici sotto forma di
erogazioni per le prestazioni sanitarie: dato che il costo per la Regione di
ogni prestazione è fisso, un taglio di costi del personale per Rotelli equivale
ad un aumento dei profitti”.
Solo la lotta paga, uniamo le lotte
Anche in questa situazione
troviamo una prova evidente che solo la lotta può dare una prospettiva di
sicurezza del posto di lavoro e di dignità sul lavoro.
La sezione di Milano del PdAC è
accanto ai lavoratori del San Raffaello in lotta. Diventa sempre più necessario
un coordinamento della numerose lotte che, spesso isolate , stanno scoppiando
nel Paese: dal presidio permanente della Jabil occupata di Cassina dé Pecchi,
dalla lotta della Resistenza operaia Irisbus, al Coordinamento pugliese dei
lavoratori in lotta e a tante altre piccole e grandi lotte che, a causa della
crisi internazionale del capitalismo, sono destinate a crescere.