IN CITTA’ URGE UNA RISPOSTA FORTE
l’opposizione operaia e popolare alla giunta Cacciari
Nell’ambito della crisi economica e finanziaria che investe l’area continentale, la dimensione della territorialità veneziana non presenta eccezioni di rilievo.
La ricerca di nuovo plusvalore spinge ingenti flussi di capitali a delocalizzare intere filiere produttive verso le cosiddette periferie del mondo e a ricercare nella zona altre forme di profitto attraverso il nuovo business commerciale, logistico, fieristico ed espositivo.
A Venezia questo comporta un ridisegno completo del territorio a scapito di settori un tempo ritenuti trainanti per un’economia di scala dai riflessi internazionali (chimico, siderurgico e metalmeccanico in primis).
Solvay, Dow Chemical, Montefibre, Ineos, Nuova Sirma, Nuova Pansac, Sindyal etc. sono solo la punta di un iceberg al cospetto di aziende che denunciano situazioni di crisi, chiusure e centinaia di licenziamenti.
Un’intera cintura industriale, quotidianamente, lancia allarmi occupazionali tremendi e tutto questo avviene mentre in città si avviano svendite di palazzi pubblici, privatizzazioni di musei, chiusure di ospedali e indebitamenti ventennali (pontili ACTV del Lido), allo scopo di gestire al meglio l’uso spregiudicato di un turismo senza alcuna solida prospettiva di crescita e qualità occupazionali.
Aeroporti ormai completamente privatizzati, ponti inutili costati milioni di euro, parcheggi in continua costruzione, darsene per nuovi ricchi, isole in vendita e vasti ulteriori programmi di concessioni pubblicitarie legate al nome della città offrono un quadro alquanto desolante.
Venezia è ormai un territorio alla mercé di speculatori, affaristi ed imprenditori senza scrupoli (Cacciari intende persino quotare in borsa Veritas, cioè l’acqua).
Un territorio in cui il tasso di urbanizzazione scende sempre più ed in cui, a causa del cosiddetto processo di “museizzazione” della città, viverci risulta quasi impossibile.
Sullo sfondo di tutto questo appare il progetto della sublagunare, tanto caro a chi, massacrando ulteriormente la fragile morfologia lagunare (il MOSE insegna), guadagnerà miliardi di euro in nome di una “modernizzazione” del sistema dei trasporti locali.
Funzionale al già menzionato sfruttamento selvaggio della domanda turistica si aggiunge il piano di ricevimento delle grandi navi in tutto il comprensorio portuale veneziano, causa e conseguenza di degrado politico, sociale ed economico di tutto il bacino produttivo regionale.
Di fronte a questo scenario non basta costruire future coalizioni politiche a tinte variopinte, ma sempre padronali, ma organizzare al meglio un vasto fronte di lotta che combatta chi amministra la città al solo scopo di difendere gli interessi delle classi e del potere dominanti.
Urge una risposta forte di opposizione che crei indipendenza di progettualità, ponga come priorità la difesa ed il controllo operaio di tutti i siti produttivi e blocchi tutte le operazioni speculative presenti in città, a cominciare dallo smantellamento di Porto Marghera e dalla svendita delle aree pubbliche. Le giunte sia di centrodestra che di centrosinistra d’altronde rispondono, sul piano locale, sempre agli interessi di un pugno di albergatori, ristoratori e commercianti. Sul piano nazionale, poi, a quegli stessi nomi che affacciandosi con enormi teloni pubblicitari sui più bei palazzi della città offrono oscenità incomparabili presentandosi, addirittura, come “nuovi salvatori del mondo” in riferimento a restauri e lavori vari un tempo addebitabili ad un forte ed incisivo ruolo pubblico.