Partito di Alternativa Comunista

"Riforma" del lavoro

"Riforma" del lavoro
RISATE PER GOVERNO E BUROCRAZIE
LACRIME PER I LAVORATORI
Serve lo sciopero generale prolungato!
 


di Alberto Madoglio
 
sciopero generale
 
Con la riforma del mercato del lavoro e la modifica dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori (modifica che rimane anche nella nuova versione della misura presentata ieri) possiamo affermare che sono state completamente smantellate tutte le conquiste e le garanzie che i lavoratori hanno raggiunto con lacrime, sacrifici e sangue in decenni di lotte.
Con la scusa della crisi economica mondiale, il governo "dei tecnici", sostenuto da Pdl-Pd-Terzo Polo, da tutti i rappresentanti delle classi dominanti italiane e internazionali (Confindustria, Fiat, Vaticano, Ue, Fmi, Bce ecc.), ha sferrato colpi letali ai livelli di vita delle classi subalterne: aumento delle tasse, taglio dei servizi pubblici, privatizzazioni, riduzione delle pensioni pubbliche, liberalizzazioni.
 
Riforma del lavoro: ennesima aggressione contro i lavoratori
L’ultimo tassello di questo attacco è la riforma del lavoro, che non si limita a cancellare nella sostanza l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori: vengono ridotte, e di molto, le già risicate tutele dei lavoratori di aziende in crisi (cassa integrazione ordinaria, straordinaria e in deroga, mobilità ecc.); per una piccola parte dei disoccupati è prevista solo una simbolica mancia, mentre i precari, che nella propaganda governativa dovevano essere i maggiori beneficiari della riforma, non hanno nessuna garanzia di stabilizzazione nel rapporto di lavoro.
Nella nuova formulazione, l’articolo 18 non garantirà più nulla. Nel migliore dei casi, al lavoratore ingiustamente licenziato per motivi economici, spetterà il reintegro solo laddove il giudice dovesse ritenere "manifestamente insussistenti" i motivi; in caso contrario avrà una mancia di indennizzo (12-24 mesi di stipendio).
Da oggi nelle aziende si vivrà in un vero e proprio clima di terrore: con la minaccia di poter licenziare il lavoratore non disposto a chinare il capo, i padroni avranno una formidabile arma di ricatto in mano loro, una vera e propria pistola puntata alla testa degli operai riottosi ad accettare i diktat aziendali.
 
Dibattito nei partiti: tra entusiasmi e timidi distinguo strumentali
Le varie forze politiche nazionali hanno reagito in maniera differente: se Pdl e Terzo Polo si sono detti immediatamente entusiasti della riforma e del piglio decisionista del premier Monti che ha rifiutato qualsiasi trattativa, mettendo i sindacati e in particolare la Cgil davanti al fatto compiuto, il Pd ha dovuto battere i piedi, per salvare la faccia alla Cgil trovando l'accordo-truffa sancito ieri con Monti.
E’ chiaro che il Pd, pur essendo un partito liberale tout court, che ha come scopo principale quello di rappresentare le esigenze della grande borghesia imperialista nazionale (tra i suoi sostenitori figura il gotha delle grandi banche, imprese, assicurazioni ecc.), rimane un partito che ha una parte consistente del proprio elettorato tra i lavoratori dipendenti e sindacalizzati (Cgil), cioè quei soggetti che a oggi hanno pagato un prezzo durissimo alle politiche di austerità varate dal governo e appoggiate dal Pd.
Ecco spiegati quindi i distinguo e le precisazioni a cui assistiamo in queste ore. Dalla sede nazionale dei democratici comunque non si alza nessuna voce che metta in discussione il sostegno a Monti e ai suoi ministri.
 
Sel e Rifondazione: la “resistibile” opposizione al governo
Imbarazzo e difficoltà minori ci sono anche tra le forze che formano l’opposizione di sinistra.
Vendola, leader indiscusso di Sel, fin dall’inizio ha fatto ampie aperture a Monti, giudicandolo una persona "seria, rispettabile", con la quale si poteva dialogare. Oggi non può far altro che limitarsi ad una critica parolaia, in quanto il suo obiettivo finale è quello di poter giocare un ruolo di primo piano nelle prossime elezioni, proponendo una alleanza col Pd e, novità di queste settimane, facendo ampie aperture ad una colazione che, oltre a Sel e Pd, abbracci eventualmente anche Casini e il Terzo Polo. E’ evidente che quindi dal “narratore” della Puglia non potranno arrivare prese di posizione troppo dure sulle misure del governo.
Stesso refrain per Ferrero e Rifondazione Comunista: solo una verbosità più radicale ma nessuna reale rottura con una prospettiva di “governi progressisti”, come se i disastri dei governi Prodi sostenuti da Rifondazione (per non dire delle varie giunte locali in cui il partito di Ferrero è oggi presente) non fossero stati propedeutici alle controriforme che i lavoratori stanno subendo oggi.
Non è un caso, insomma, se Sel e Rifondazione stringono nuovi accordi di governo col Pd in gran parte delle città chiamate al voto amministrativo di maggio.
 
Direzioni Cgil e Fiom unite nella difesa dei loro apparati
Ma le responsabilità maggiori, dato il peso delle loro organizzazioni, ricadono sulle spalle della Cgil e della Fiom.
Per tutti questi anni il maggior sindacato italiano e la sigla che rappresenta i metalmeccanici, pur se a volte in forme differenti e in apparenza conflittuali tra loro, hanno impostato una politica che, lungi dall’organizzare e radicalizzare il malessere e la rabbia che covavano tra i lavoratori italiani, si servivano del sostegno e prestigio che ancora godono tra i lavoratori, per ridare slancio alla concertazione sociale, messa in secondo piano non solo dal governo Berlusconi, ma anche dal secondo governo Prodi (2006/2008).
Lo scopo è sempre stato quello di difendere l’enorme apparato burocratico che negli anni si è creato tra le organizzazioni sindacali.
Sfortunatamente per loro, la crisi iniziata nel 2007 ha scombussolato i piani.
La profondità e la gravità della recessione in cui è caduta l’economia nazionale, hanno chiuso ogni spazio di manovra per il sindacato. Oggi la borghesia e i suoi governi non possono né vogliono fare concessioni di sorta, né di sostanza (aumento o mantenimento dei diritti dei lavoratori) né di forma (trattative a non finire). I profitti e il risparmio di tempo nel prendere decisioni, sono per loro l’unico fine da seguire.
La risposta a quella che la stessa Camusso e Landini hanno indicato come una svolta epocale per il lavoro in Italia, spicca per moderazione. Il Comitato Centrale della Fiom e la segreteria Cgil hanno preso decisioni che hanno come fine quello di fare pressioni sul parlamento e sul Pd perché modifichino le proposte governative. Così come sorprendente è la scelta di iniziare una raccolta firme per un referendum abrogativo: come se quello che sta accadendo dopo la consultazione popolare del 2011 contro la privatizzazione dell’acqua, che vari enti locali semplicemente ignorano, non dimostrasse a sufficienza che in momenti di crisi i governi di ogni colore politico, nazionali o locali, si fanno beffe delle loro stesse leggi, sempre in nome del profitto.
 
Uno sciopero non confermato, ovvero: adelante Camusso, ma con juicio
In questo quadro vanno lette anche le mobilitazioni indette in queste ore. Le due ore di sciopero decise dalla Fiom, così come le otto proclamate dalla Confederazione, oltre a essere assolutamente insufficienti (o non ancora decise, con una data nel caso della Cgil), appaiono più come un ulteriore strumento di pressione parlamentare che non un primo passo per la sola risposta che ad oggi sarebbe necessaria: una mobilitazione generale e prolungata del mondo del lavoro. Camusso e Landini, pur con i consueti giochi mediatici, più moderata la prima, più “combattivo” il secondo, puntano allo stesso risultato: estendere la possibilità di reintegro anche per i licenziamenti economici. Per questo non hanno ancora detto una parola sull'accordo uscito ieri dalle stanze del governo. Entrambi danno per scontato che il pacchetto del governo va accettato: al più ottenendo qualche apparente limitazione del danno sul tema dell'articolo 18. In realtà la storia degli ultimi trenta anni ha dimostrato che una volta aperta una falla, la diga prima o poi crolla (scala mobile dei salari docet). Ci torna in mente un vecchio slogan del Maggio francese: céder un peu c’est capituler beaucoup! (cedere un po' equivale a capitolare del tutto).
Se è vero che ci troviamo davanti ad un cambiamento epocale, anche la risposta dei lavoratori deve essere pari alla sfida che a loro viene lanciata: davanti ad un governo che attacca con l’artiglieria pesante e le divisioni corazzate, non si può rispondere col fioretto e con le baionette!
 
Quel che serve ma ancora non c’è
Assemblee immediate in ogni luogo di lavoro, sciopero generale a oltranza fino al ritiro della "riforma" del lavoro, delle pensioni e delle liberalizzazioni: questa deve essere la parola d’ordine immediata con cui cercare di mobilitare i lavoratori del Paese. Il passo seguente dovrebbe essere quello di imporre la cacciata del governo, occupazione delle fabbriche che licenziano, esproprio senza indennizzo sotto controllo operaio delle banche e creazione di una banca di Stato sotto il controllo dei lavoratori, abolizione delle leggi precarizzanti, xenofobe e sessiste, aumenti salariali e scala mobile delle ore di lavoro a parità di salario, prospettiva di un governo operaio che possa far pagare la crisi ai padroni e che possa mettere all’ordine del giorno la rivendicazione della distruzione di questo sistema politico sociale che ogni giorno si dimostra sempre più incapace e impossibilitato a garantire condizioni di vita degne per la maggior parte della popolazione.
E’ un programma certamente ambizioso, ma è l’unico veramente realistico. Gli scioperi spontanei di questi giorni, che hanno superato i limiti imposti dalle burocrazie sindacali, sono una prova ulteriore che la pazienza dei lavoratori è arrivata al limite e che i lavoratori sono realmente disposti a tutto se solo qualcuno indica loro una strada di lotta percorribile. Oggi, al contrario, anche le forze politiche che appaiono più critiche nei confronti di governo e padroni (pensiamo a Cremaschi e l’insieme di gruppi e sigle che hanno sottoscritto l'arretratissima piattaforma neokeynesiana sul debito), al di là di una propaganda parolaia che appare radicale, nei fatti si limitano a proporre soluzioni (contenere gli eccessi della speculazione finanziaria, "limitare" lo strapotere dei monopoli, riequilibrare il rapporto tra economia reale e finanza ecc.) che ricadono in una  illusoria logica riformista, dimostratasi perdente già da un paio di secoli a questa parte.
Il Pdac, consapevole delle sue forze limitate ma anche della forza della coerenza, non si tira invece indietro davanti ai compiti giganteschi che richiedono all'insieme del movimento operaio un salto di qualità. Per quanto ci riguarda, insieme alle altre sezioni europee della Lega Internazionale dei Lavoratori - Quarta Internazionale (l'unica organizzazione comunista internazionale realmente esistente e attiva nelle mobilitazioni anche in Europa), saremo in prima fila in tutte le lotte della prossima fase, propagandandovi lealmente quel programma rivoluzionario che è secondo noi condizione indispensabile per vincere.
 

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