Marco Rizzo e il suo Partito comunista
Spesso ospite di trasmissioni televisive – soprattutto quelle in quota Lega o comunque gestite da giornalisti di destra – Rizzo non manca di sciorinare frasi che nulla hanno a che vedere con l’idea di comunismo che noi difendiamo e per cui lottiamo. Fate una prova: mettete a confronto alcune sue dichiarazioni sulle mobilitazioni a difesa dell’ambiente o sul femminismo o sui diritti degli lgbt con quelle di un salviniano o giornalista di destra (il Vittorio Feltri di turno): in alcuni casi farete fatica a capire chi dei due è l’autore. Provare per credere.
Il Partito comunista di Rizzo ha centrato la campagna elettorale delle ultime elezioni europee su un netto antieuropeismo. Anche Alternativa Comunista ha una posizione “antieuropeista”, se per antieuropeismo intendiamo il rifiuto delle politiche della Troika (Bce, Commissione Europea, Fmi), politiche che, su mandato del grande capitale finanziario dei più ricchi Paesi capitalistici, hanno in questi anni letteralmente depredato le masse povere di tutti i Paesi aderenti (e non solo di quelli: basta pensare al sostegno a missioni imperialiste e alle multinazionali che sfruttano risorse e mercati dei Paesi economicamente dipendenti) (1). Ma noi siamo coerenti. Marco Rizzo, invece, cavalca il comprensibile malcontento dei lavoratori per le politiche di rapina dell’Unione europea… dopo essere stato uno dei protagonisti della sua costruzione!
Rizzo è stato deputato del Parlamento italiano dal 1994 al 2004, prima nelle file di Rifondazione comunista (anche nel ruolo di presidente del gruppo parlamentare e coordinatore della segreteria del partito) e poi dei Comunisti italiani. Nel 2004 è stato eletto deputato del Parlamento europeo, ruolo che ha ricoperto fino alle successive elezioni europee. E’ proprio in questi anni da deputato che Rizzo ha sostenuto attivamente i governi che hanno costruito quell’Unione europea dei banchieri e dei padroni contro cui oggi si scaglia. Il principale artefice – e simbolo - della costruzione dell’Ue e della moneta unica è stato Romano Prodi: Marco Rizzo ha sostenuto, coi partiti di cui faceva parte, sia il governo Prodi I (1996-1998) sia il governo Prodi II (2006-2009). Non solo: addirittura, quando Rifondazione comunista (allora era segretario Fausto Bertinotti) tolse l’appoggio al governo Prodi I favorendone la caduta, Rizzo ruppe col Prc e si unì a coloro – i Comunisti italiani - che contestarono la sfiducia a Prodi: votò e sostenne il governo D’Alema (1998-2000). Quest’ultimo, oltre ad accelerare il processo di costituzione dell’Ue e a procedere a larghi passi verso l’introduzione della moneta unica (ricordiamoci che l’euro debutta nei mercati finanziari proprio nel 1999), ha ulteriormente accelerato le politiche di privatizzazione già avviate dal precedente governo Prodi: per fare solo due esempi, ha privatizzato Autostrade e approvato le leggi di parità scolastica che hanno introdotto le scuole private nel sistema dell’istruzione pubblica (con relativi finanziamenti). Oltre a questo, il governo D’Alema ha bombardato la Serbia e ha finanziato, come Prodi, diverse altre missioni militari. Cosa faceva Marco Rizzo allora? Sosteneva questi governi borghesi guerrafondai e liberisti!
Troviamo bizzarro che Marco Rizzo venga definito “coerente”: non c’è proprio nulla di coerente nella sua politica: troppo facile fare il rivoluzionario a parole e poi, nei fatti, sostenere i governi capitalistici!
Rizzo ama ripetere, soprattutto ai compiacenti giornalisti di destra, che lui “non è di sinistra”; subito dopo precisa che è “comunista”. Annovera nel calderone della “sinistra” anche il Pd. Potremmo discutere a lungo se sia lecito o meno utilizzare il termine “sinistra”, ormai radicato nel linguaggio politico. Se per “sinistra” intendiamo riferirci ai partiti e alle organizzazioni che conservano un legame col movimento operaio e la sua tradizione, una cosa è certa: il Pd, il principale partito della borghesia italiana, non è un partito della “sinistra”. Ma l’insistenza di Rizzo nel sottolineare il fatto che lui “non è di sinistra” lascia pensare a uno scaltro gioco retorico: dice di non essere di sinistra per catturare i favori dell’elettorato (e dei giornalisti) di destra.
Ritornando alla prova che suggerivamo di fare all’inizio di questo articolo, è proprio vero che spesso le frasi di Rizzo sono indistinguibili da quelle del destrorso di turno. Quando parla di immigrazione, Rizzo lo definisce un “problema enorme” o un “fenomeno complesso”; contemporaneamente si rivolge, come suoi interlocutori, “agli italiani” (2). Quando parla dei movimenti femministi, di quelli a difesa dell’ambiente o lgbt, diventa strafottente (e volgare) alla maniera di un Vittorio Feltri o di un Diego Fusaro: deride la “sinistra fucsia” (sic!) che difende i diritti civili, denigra Greta Tumberg per la sua malattia (“ha la faccia giusta, le treccine giuste, la malattia giusta”), umilia le grandi mobilitazioni delle donne riducendole a una macchietta (sei femminista? Allora difendi Teresa May contro “i maschietti capitalisti”!) (3), difende e pubblica sul sito del suo partito la dichiarazione del partito stalinista greco Kke (a cui è legato) contro le unioni civili perché “diritti e doveri della famiglia… biologicamente sono il risultato del rapporto tra un uomo e una donna” (4). Se associamo tutto questo al fatto che, mentre precisa di non essere di sinistra, è timidissimo nella critica a Salvini, facendolo passare anche come intelligente perché attacca “la sinistra dei comunisti col rolex”, viene veramente il dubbio che Rizzo voglia assecondare le coscienze più arretrate e reazionarie.
Ed è proprio qui il punto. Anche noi critichiamo la politica di Greta Tumberg, che frequenta i consessi dei potenti rappresentanti del capitalismo globale, ma non ci sogneremmo mai di dissociarci, come fa Rizzo, dalle enormi e straordinarie mobilitazioni di massa degli studenti a difesa dell’ambiente: siamo stati e saremo in piazza al loro fianco, anche per spiegare perché ciò che propone Greta Tumberg non rappresenta una soluzione (sia detto di passata, è veramente ignobile prendere in giro una donna per l’aspetto fisico e la malattia).
Anche noi spesso polemizziamo col femminismo o i movimenti lgbt di orientamento borghese, che dimenticano la discriminante di classe a favore dell’unione di tutte le donne e di tutti gli lgbt, borghesi e proletari. Ma non facciamo astratte e forzate distinzioni tra diritti civili e diritti sociali. Siamo in prima linea nella difesa dei diritti civili così come di quelli sociali, perché, pur sapendo che potranno realizzarsi compiutamente solo nel socialismo, riteniamo che sia fondamentale, già oggi, unire le lotte questi settori oppressi col movimento operaio, anche per respingere i numerosi attacchi dei reazionari (dal Pillon al Fontana di turno). Infine, non ci sogneremmo mai di definire gli immigrati un “enorme problema”: gli immigrati, i neri, gli indigeni sono spesso l’avanguardia delle lotte, tra cui le tante in corso nel mondo in questo momento.
E’ vero che nella classe operaia - la classe a cui noi principalmente ci riferiamo per una trasformazione rivoluzionaria - sono estremamente diffusi atteggiamenti maschilisti, razzisti, lgbtfobici. Ma, mentre noi, con pazienza, cerchiamo di contrastarli per unire tutti i settori della classe – e così rafforzarla – Marco Rizzo li asseconda (5). Magari ne salta fuori qualche voto in più alle elezioni, oppure un invito a qualche trasmissione televisiva reazionaria; ma sicuramente non si fanno così passi in avanti nella costruzione di quell’unità delle lotte che è necessaria per contrastare gli attacchi dei capitalisti e dei loro governi. L’operaio che Rizzo celebra è l’operaio bianco, maschio, eterosessuale. Ma la classe operaia non è così, è costituita anche da donne, lgbt, immigrati e immigrate, neri e nere: questa è la classe operaia reale a cui noi ci rivolgiamo.
Rizzo si rivendica stalinista. Sulle tessere del suo partito compare l’effige di Stalin. A livello europeo, fa riferimento al Kke, il partito stalinista, settario e lgbtfobico di Grecia, quello che, appunto, difende la “famiglia naturale” composta da “un uomo e una donna”. Ma Rizzo, oltre ad essere stalinista, è anche opportunista: per questo cambia spesso posizione in merito ai suoi riferimenti internazionali.
Fino a poco tempo fa, come il Kke, criticava il Partito comunista cinese (che di comunista ha solo il nome); di recente, ha invece rilasciato un’intervista alla stampa cinese dove lo elogia, arrivando persino ad auspicare buone relazioni economiche tra il capitalismo italiano e quello cinese (“auspichiamo con la visita del presidente Xi Jinping che le relazioni tra la Cina e l’Italia vadano nella direzione di un effettivo vantaggio reciproco”) (6). Probabilmente le “preferenze” internazionali di Rizzo cambiano a seconda delle convenienza: se un elogio sui social network alla Corea del Nord vale una citazione su un giornale, perché privarsi della straordinaria opportunità? Marco Rizzo elogia Assad e i defunti Gheddafi e Saddam Hussein: tutti massacratori di comunisti e rivoluzionari. Sicuramente la sua formazione è stalinista, anche se l’impressione è che, forse, per lui conti quello che gli fa più comodo al momento…
Concludiamo questo articolo, con due precisazioni. La prima è questa: ci capita, a volte, di incontrare, nei sindacati o nelle fabbriche, operai che votano il Partito di Rizzo (talvolta anche qualche iscritto). A questi lavoratori noi ribadiamo la nostra massima disponibilità a organizzare azioni di sciopero e di lotta comuni. Ma a loro, così come ai giovani che aderiscono a quel partito perché credono nel comunismo, vogliamo dire che lo stalinismo non ne è affatto la versione “dura e pura”: si costruì, anzi, massacrando tutti i principali dirigenti della Rivoluzione d’Ottobre e tradendo le rivoluzioni in tanti Paesi facendo accordi con la borghesia e l’imperialismo (“coesistenza pacifica”).
E arriviamo alla seconda precisazione. Nelle nostre lotte quotidiane ci portiamo addosso, come si suol dire, una grossa croce: quella, appunto, dello stalinismo, cioè – per dirla con Trotsky – il “termidoro della rivoluzione”. Il fatto che l’Unione sovietica di Stalin si autoproclamasse “comunista” mentre non solo non lo era, ma si stava anche convertendo in una delle peggiori dittature capitalistiche (come sarà dagli anni Ottanta in poi, dopo la restaurazione del capitalismo); il fatto che la Cina, dittatura capitalistica emergente, si continui a definire “comunista”, rappresentano ancora un ostacolo nella costruzione di una prospettiva anticapitalista, cioè comunista, tra le masse. Per fortuna, dopo il 1989, l’apparato stalinista internazionale è crollato con il crollo dell’Urss e del Patto di Varsavia: ma il ricordo dell’orrore rappresentato da quei Paesi sedicenti comunisti ancora permane. Il Partito comunista di Rizzo, col suo maschilismo, la sua lgbtfobia e il suo velato razzismo, ci ricorda, una volta di più, quell’orrore: se il comunismo fosse quella roba lì, sarebbe qualcosa di ripugnante. Per i trotskisti il comunismo non è né la tragedia storica dei Paesi stalinisti, né la farsa odierna del partito di Marco Rizzo: è, per dirla con Marx, la costruzione di una società “in cui il libero sviluppo di ciascuno è la condizione per il libero sviluppo di tutti”. Cioè l’esatto opposto della Cina capitalistica di Xi Jinping e dell’Unione sovietica di Stalin che piacciono tanto a Marco Rizzo.
(2) Si vedano le numerose interviste rilasciate a Coffee Break su La7, reperibili facilmente su youtube.
(3) Emblematica questa intervista rilasciata a Franco Bechis: https://tv.iltempo.it/l-
(4) https://ilpartitocomunista.it/
(5) In una intervista a una radio, dal titolo eloquente “Non sono di sinistra”, Rizzo si mostra molto accondiscendente persino con sostenitori della destra sociale e nostalgici dell’Msi… https://www.youtube.com/watch?
(6) http://www.lariscossa.com/