RAMINGHI E IN BRACHE DI
TELA
La "cura da cavallo" della
Gelmini affonda la scuola pubblica
di Fabiana
Stefanoni
"...tu sei dei raminghi che il male del mondo
estenua e recano il loro soffrire con sé come un talismano...": sono i versi
della poesia di Montale per cui resterà tristemente celebre l'ultimo esame di
maturità, il primo dell'era Gelmini, il ministro dell'Istruzione Università e
ricerca del nuovo governo Berlusconi. Com'è noto, i versi in questione erano
dedicati ad un ballerino, cosa che il ministero non si è preoccupato di
verificare, proponendo, in riferimento ad essi, una riflessione sul "ruolo
salvifico della donna".
Ma sono versi che ben si addicono anche ai precari della scuola, abituati ad
essere "raminghi" per anni, spesso decenni, e che, con la manovra fiscale varata
da Tremonti, hanno visto ulteriormente peggiorate le condizioni di vita e di
lavoro. Parafrasando un altro "tormentone scolastico" d'inizio estate, se si
propone di ripristinare l'uso dei grembiuli nella scuola primaria,
contemporaneamente si lasciano centinaia di migliaia di lavoratori della scuola
in brache di tela.
La scuola pubblica al
collasso
E' la scuola pubblica una delle principali
vittime del decreto fiscale varato dal governo Berlusconi: per un risparmio
record di quasi 8 miliardi di euro, verranno tagliati quasi 150 mila posti di
lavoro, 100.000 cattedre per gli insegnanti e 43.000 posti riservati al
personale tecnico e ausiliario. La stessa ministra ha definito la manovra "una
cura da cavallo inevitabile per la scuola". Sono tagli che si vanno ad
aggiungere a quelli già "generosamente" elargiti dal precedente governo Prodi,
che aveva predisposto il taglio di 11.000 posti solo per il prossimo anno
scolastico. In virtù dell'azione concertata tra i due ministri Fioroni e Gelmini
- entrambi guarda caso di provata fede cattolica e sempre pronti a regalare
soldi alle scuole private confessionali - già da settembre i lavoratori della
scuola, ma anche gli studenti e le famiglie, subiranno gli effetti della "cura
dimagrante".
I primi a farne le spese saranno le centinaia di migliaia di
lavoratori precari che, ormai, rappresentano - a scapito sia della continuità
didattica per gli studenti, sia delle vite dei precari stessi, costretti per
decenni a destreggiarsi tra continui cambiamenti di luogo di lavoro e sussidi di
disoccupazione - un fatto strutturale nella scuola pubblica. Dal prossimo anno
scolastico, decine di migliaia di precari della scuola resteranno semplicemente
a casa.
Le prospettive che la Gelmini offre a questa massa di disoccupati -
molti dei quali con laurea e diplomi di specializzazione costati anni di
sacrifici - sono una vera e propria presa in giro. La ministra ha dichiarato, in
una recente intervista al Sole 24 ore, che le piacerebbe "parlarne con
il sottosegretario al Turismo perché una parte di queste persone potrebbe avere
un'opportunità di lavoro". Insomma, i precari possono dormire sonni tranquilli:
la Brambilla garantirà loro qualche posto in più come portieri o lavapiatti
negli alberghi... Tutto questo si associa al fatto che le annunciate immissioni
in ruolo sono state dimezzate, che, per risparmiare, verrà smantellato il tempo
pieno alle elementari - con conseguente aggravio sulle condizioni delle famiglie
dei lavoratori - e che Berlusconi ha promesso al papa ulteriori aiuti statali
alle scuole clericali.
Cos'altro ci
aspetta?
Ma se lo smantellamento della scuola pubblica
avrà come prime vittime i precari, anche per i lavoratori assunti a tempo
indeterminato si prospettano tempi bui. Sull'onda delle pretestuosa campagna
contro i fannulloni, il governo ha varato un decreto legge che colpisce tutti i
lavoratori del pubblico impiego, eliminando - col beneplacito delle burocrazie
di Cgil, Cisl e Uil - una serie di diritti elementari relativi all'assenza per
malattia. In poche parole, il lavoratore "fannullone" che si macchierà della
grave colpa di ammalarsi, nei primi 10 giorni di malattia non vedrà corrisposte
tutte le indennità, nei giorni successivi sarà costretto a certificare la
malattia presso un ente pubblico (lo stesso vale per ogni malattia a partire
dalla terza), con corrispettivo pagamento del ticket. Non bastasse, viene esteso
l'orario in cui possono essere effettuate le visite mediche di controllo, dalle
8 alle 13 e dalle 14 alle 20 di tutti i giorni, compresi i festivi! Di fatto, il
dipendente che avrà la sfortuna di ammalarsi sarà messo agli arresti
domiciliari, senza nemmeno la possibilità, se vive solo, di andare a fare la
spesa! Ma, del resto, il "fare la spesa" per i lavoratori è diventato sempre più
un lusso per pochi, se consideriamo la perdita del potere d'acquisto dei salari.
Tra l'altro, il governo ha fissato all'1,7% l'inflazione programmata su cui
calcolare gli aumenti salariali, mentre secondo l'Istat l'inflazione reale si
assesta attorno al 4%.
Ma al peggio non c'è mai fine. Basta dare un occhio
alla proposta di legge presentata dalla Gelmini in era prodiana (precisamente il
5 febbraio 2008) per rendersi conto della situazione drammatica in cui il
governo Berlusconi, ponendosi in continuità col predecessore di centrosinistra,
sta trascinando la scuola pubblica italiana. Oltre a richiedere un ulteriore
"rafforzamento dei poteri organizzativi e disciplinari dei dirigenti scolastici"
- e già Fioroni aveva fatto tutto il possibile per trasformare i cosiddetti
presidi in "padri padroni" liberi di sospendere un insegnante senza consultare
nemmeno il collegio docenti - la Gelmini proponeva anche l'ampliamento per i
dirigenti "dell'istituto della chiamata nominale su base fiduciaria e di
relativi contratti di tipo privatistico a tempo determinato". Insomma:
la scuola azienda allo stato puro, in cui gli insegnanti, come nelle scuole
private, vengono nominati su raccomandazione della curia, o di chicchessia; in
cui tutto viene affidato all'arbitrio dei dirigenti; in cui il precario che si
permette di sollevare qualche critica o peggio fa attività sindacale può
scordarsi la possibilità di essere assunto. Senza dubbio, si tratta di una mossa
intelligente, evidentemente escogitata da chi ha più dimestichezza con le
logiche d'impresa che con le poesie di Montale: in questo modo si divide la
categoria, favorendo il crumiraggio e la competizione tra i precari per un pezzo
di pane (cioè per poco più di 1000 euro al mese). In questo senso vanno lette
anche le dichiarazioni della ministra sulla necessità di differenziare il
trattamento salariale dei docenti: un'abile mossa per guadagnare il favore, col
beneplacito delle burocrazie sindacali, dei settori più arretrati e rompere il
fronte dei lavoratori.
Serve una risposta di grandi
dimensioni
Come sempre, i bocconi più amari ci vengono
serviti durante il periodo estivo, quando cioè l'attività didattica è sospesa e,
quindi, diventa difficile organizzare una risposta adeguata. Ma ciò che sta
accadendo nella scuola richiede una risposta forte sia da parte dei lavoratori
che degli studenti. Il processo di privatizzazione della scuola pubblica,
portato avanti dai governi di entrambi gli schieramenti, sta per subire una
drastica accelerazione, anche a causa della passivizzazione dei settori più
combattivi di studenti e lavoratori, effetto di lungo periodo della
partecipazione della sinistra riformista al governo Prodi. Ma da settembre è
necessario che anche nella scuola le lotte riprendano su larga scala,
inserendosi nel percorso di costruzione di un grande sciopero generale in
autunno.