Renzi-Camusso:
la strana coppia contro i lavoratori
di Alberto Madoglio
E’
fuor di dubbio che il governo Renzi stia attraversando un momento di grande
difficoltà: i dati economici (crescita del Pil, deficit annuo di bilancio,
debito pubblico, disoccupazione) stanno causando non pochi grattacapi. A
livello europeo, il rapporto con Hollande e la Merkel è tornato a essere molto
teso dal momento in cui i leader di Francia e Germania non hanno accolto le
ambizioni del premier italiano di entrare a far parte a pieno titolo del
direttorio che, nei fatti, regge le sorti dell’Unione europea.
A
tutto ciò si aggiunge che dai sondaggi pare che le sorti del referendum
costituzionale del 4 dicembre siano ben lontane dall’essere quel plebiscito a
suo favore che Renzi auspicava (il NO appare in vantaggio e in costante
crescita). Tempi duri quindi per il giovane premier di Rignano. Ma, per certi
versi a sorpresa, un aiuto sta arrivando da parte di chi forse meno si
aspettava: la Cgil di Susanna Camusso.
Un aiuto inaspettato. O forse no
Agli
inizi di settembre la Cgil, insieme a Cisl, Uil e Confindustria, ha siglato un
patto per mezzo del quale quello che, purtroppo, ancora oggi è il sindacato
maggiormente rappresentativo del Paese si fa carico di gestire le
ristrutturazioni aziendali nel prossimo periodo. La sostanza del testo molto fumoso
è abbastanza semplice: la Cgil attraverso l’uso degli ammortizzatori sociali e
di corsi di formazione per i lavoratori delle aziende in crisi, garantisce la
pace sociale. Non solo, se necessario, Camusso e soci si attiveranno per
convincere i lavoratori a licenziarsi, senza creare troppo tensioni ai padroni.
Il
28 settembre un secondo accordo, stavolta a firma del governo e dei tre
sindacati confederali: in cambio di una mancia per un esiguo numero di
pensionati (quattordicesima mensilità), la Cgil abbandona ogni velleità sul
ritorno alla possibilità di accedere alla pensione dopo 40 anni di lavoro (per
non parlare della rivendicazione di un calcolo della pensione secondo il metodo
retributivo rispetto all’attuale penalizzante per i lavoratori). Si parla della
possibilità di andare in pensione dopo 41 anni ma solo per i lavoratori precoci
(chi ha lavorato almeno 12 mesi prima del diciottesimo anno di età) ma solo se
disoccupati, in precarie condizioni di salute ecc. Si accetta, pur con qualche
distinguo, il meccanismo dell’APE (anticipazione pensionistica): regalo per
banche e assicurazioni ed ennesimo salasso per lavoratori e pensionati.
Infine,
sempre in questo accordo, ci si impegna a favorire la confluenza del TFR nei
fondi pensione integrativi, cioè si sostiene il progressivo smantellamento
della pensione pubblica universale a favore di quella privata, vantaggiosa per
imprese e mondo della finanza.
Potrebbe
bastare ma la generosità della Camusso è veramente senza limiti.
La Cgil: un No al referndum, ma senza crederci troppo
Nel
momento in cui sta crescendo un sentimento popolare che vuole respingere la
riforma costituzionale, quando anche un moderato liberale come l’ex presidente
della Corte Costituzionale Zagrebelsky parla di "rischi per la democrazia"
in caso di vittoria del SI al referendum del 4 dicembre, in un’intervista a Repubblica
di venerdì 30 settembre la Camusso afferma che “non esiste più il rischio di
una torsione autoritaria”. E perché? Perché il governo ha deciso di aprire un
tavolo di concertazione con i sindacati con il citato accordo del 28 settembre.
Ovvio
che quello del governo è solo un tentativo di uscire dall’angolo e di
garantirsi una opposizione molto morbida, solo di facciata, ai suoi progetti.
E’ stato accontentato.
Sul
versante politico la Cgil ha dato indicazione di votare NO al referendum ma
senza minimante impegnarsi per la creazione di comitati tra i lavoratori per
dar seguito alla sua indicazione. Non solo: in Lombardia, regione dove la Cgil
ha il maggior numero di iscritti, il segretario di una importante Camera del
lavoro, quella di Bergamo, è da tempo schierato a favore della riforma Renzi,
quello di Milano ha detto di non aver ancora deciso, e nei locali della Cgil
meneghina si è tenuta, con tutti gli onori, una iniziativa dei fautori del SI.
Sul
versante sociale, dopo quanto scritto sopra, la Cgil si appresta a replicare
l’autunno del 2015: uno dei più “gelidi” della storia per quanto riguarda
scioperi e mobilitazioni. Per la Cgil non è più tempo nemmeno di scioperi di 4
ore e di cortei senza il benché minimo spirito combattivo: non sia mai che i
lavoratori visto il perdurare della crisi, una volta chiamati a mobilitarsi,
non rispettino le indicazioni dei burocrati sindacali.
L’azione politica del governo: fallimento senza appello
Se
questo è l’auspicio di Renzi, della Camusso e di Landini (il segretario della
Fiom dopo aver riconosciuto il fallimento della Coalizione Sociale si appresta
a firmare un rinnovo contrattuale che segnerà un’ennesima sconfitta per i
lavoratori metalmeccanici), non è detto che la realtà ne assecondi i desideri.
La
finanziaria appena presentata dal governo prevede tagli allo stato sociale,
sanità in primis. La “buona scuola” della Giannini è fallita: la precarietà tra
gli insegnati non è stata debellata, molti di quelli che hanno vinto il
concorso non hanno ottenuto la cattedra, un numero enorme di professori è stato
deportato a centinaia di chilometri da casa, gli edifici scolastici sono sempre
più fatiscenti.
E
siamo solo al primo round: non è da escludere che l’Unione europea, per
assecondare anche i voleri della Germania, che si appresta ad affrontare un
anno di dura campagna elettorale per il rinnovo del Bundestag, chieda maggior
rigore e austerità.
Per una nuova stagione di lotte, unificare le mobilitazioni in corso
Ovvio
che in questa situazione, al di là della volontà degli attori principali, la
pace sociale sia tutt’altro che garantita.
A
fine ottobre e inizio novembre sono stati convocati due distinti scioperi
generali da parte del sindacalismo di base.
Ma
quello che oggi è necessario al proletariato, nativo e immigrato, è un percorso
che porti alla proclamazione di uno sciopero generale unitario, che abbia come
obiettivo la sconfitta delle politiche di austerità imposte ai lavoratori dal
governo imperialista italiano.
L'appello
lanciato dal Fronte di Lotta No Austerity "per una mobilitazione unitaria
del sindacalismo di lotta contro il governo dei padroni" va in questo
senso: come Pdac sosteniamo questa importante battaglia e invitiamo tutte le
forze di classe e combattive a fare altrettanto.