Renzi prova ad assestare il colpo di grazia
alla scuola pubblica
Contro padroni, governo e sindacati collaborativi,
unire le lotte da una prospettiva di classe!
di Mauro Buccheri

Un'altra estate di passione per i lavoratori della scuola e per gli studenti. Strada facendo, la famigerata legge 107/2015 (1) fa sentire sempre più i suoi nefasti effetti sulla pelle di insegnanti, personale ata, alunni, famiglie. Parecchi sono i punti attualmente al centro del dibattito e delle polemiche nel mondo della scuola, con il governo Renzi che va avanti imperterrito – così come ha fatto sinora – chiudendo le orecchie e sottraendosi al confronto. Lungi dal voler avanzare un'analisi esaustiva delle molteplici problematiche connesse alla scuola, non sempre semplici da sintetizzare per i non addetti ai lavori, ci limitiamo a prendere in considerazione alcuni elementi del dibattito in corso.
La demogagia del “merito” e i “bonus” ai docenti
Uno
dei punti più controversi riguarda la questione dei “bonus” economici ai
docenti “meritevoli”. Fra le altre cose, infatti, la legge 107 ha previsto
l'istituzione presso il Miur di un apposito fondo al quale il dirigente
scolastico potrà attingere annualmente per erogare “premi” ai docenti ritenuti
“meritevoli” sulla base di criteri individuati dal comitato per la valutazione
degli insegnanti. Quest'ultimo, introdotto in ogni istituzione scolastica, è
costituito da tre docenti, un rappresentante dei genitori e uno degli studenti,
un componente esterno scelto dall'ufficio scolastico regionale e dal dirigente
scolastico, che presiede l'organismo.
In
un contesto, quello scolastico, in cui il contratto collettivo nazionale è
scaduto da anni e in cui i lavoratori sono stati sottoposti nel tempo a un vero
e proprio massacro sia sul piano economico che su quello dei diritti, il
governo, anziché varare misure concrete a supporto dei redditi (operazione che
chiaramente non ha alcuna intenzione di fare, dovendo render conto al
padronato), cerca nuovamente di dividere il fronte dei lavoratori attraverso
l'elargizione di un obolo - da cui sono stati esclusi i precari - cui si
accompagna la solita sconcertante retorica della “meritocrazia”.
Una
retorica come sempre fuori luogo dato che, nei fatti, a decidere i destinatari
dei “bonus” saranno comunque i dirigenti scolastici, cui la “buona scuola”
renziana garantisce poteri pressocché illimitati. Sulla carta, i criteri
principali indicati dal Miur per l'elarginazione dei “bonus” sono la “qualità
dell'insegnamento”, il “contributo alla ricerca e all'innovazione didattica”,
le responsabilità assunte nella formazione del personale. Nei fatti, però,
essendo tali parametri non soggetti a quantificazione, il tutto si risolverà
inevitabilmente nell'arbitrio del dirigente, e sarà funzionale ad estinguere
nei luoghi di lavoro il conflitto sociale attraverso l'arma del ricatto e dello
zuccherino al lavoratore fedele e remissivo (2).
Per
questi motivi, in diverse parti d'Italia si moltiplicano i casi di singoli e
gruppi di docenti che si rifiutano di sottostare a queste logiche
aziendalistiche, offensive della dignità dei lavoratori e funzionali solo a
creare ulteriori divisioni all'interno della categoria docente (3).
Caos mobilità e chiamata diretta dei presidi
La
mobilità straordinaria dei docenti di ruolo promossa dal governo Renzi
costituisce altro elemento di discordia e di frammentazione del corpo docente,
che sta portando con sè i soliti strascichi giudiziari. L'ordinanza
ministeriale 241, che disciplina le operazioni in questione, è stata fortemente
attaccata dagli insegnanti, che ne contestano l'illegittimità, nella misura in
cui divide gli insegnanti in categorie diverse a seconda dell'anno di
assunzione e delle graduatorie di provenienza (graduatorie provinciali ad
esaurimento o graduatorie di merito su base regionale), dando corsie
preferenziali ad alcuni a scapito di altri (4).
Nel
frattempo i sindacati maggioritari, con in testa la Flc Cgil, la stessa che
ha promosso la raccolta firme per il referendum contro alcuni punti della
“buona scuola”, fra cui quello relativo alla chiamata diretta del personale da
parte dei presidi, accettano di fatto la misura in questione, l'ennesimo duro
attacco che il governo muove alla scuola pubblica, sia pur cercando di
edulcorarlo attraverso ipocriti giochi linguistici. La chiamata diretta dei
presidi viene infatti presentata come “chiamata per competenze”, espressione
che l'esecutivo utilizza per mantenersi “coerente” con la retorica della
“meritocrazia” (5).
In
realtà, con un tratto di penna, viene posta una pietra tombale sull'anzianità
di servizio, cioè sull'esperienza che il lavoratore ha acquisito durante lunghi
anni di attività. Ci si disinteressa della conoscenza della disciplina
insegnata e delle competenze didattiche del docente, privilegiando il possesso
di “certificazioni” relative ad attività svolte al di fuori della scuola, che
non rappresentano minimamente il valore professionale dell'insegnante.
Coerentemente col modello consumistico e aziendalistico imperante nella società
capitalista, si impone insomma al docente di mettersi a caccia di “punti” (come
se la scuola fosse un supermercato) attraverso attestati di lingue straniere
piuttosto che di informatica, attraverso l'acquisto di titoli e certificazioni,
magari presso gli stessi “sindacati” che firmano l'accordo in merito col
governo o presso enti privati beneficiati dalle politiche governative. Fermo
restando che l'ultima parola spetterà comunque al preside, al quale, come
abbiamo detto più volte, la “buona scuola” renziana aumenta notevolmente i
poteri, al fine di addomesticare più agevolmente la conflittualità nelle
scuole.
E
senza contare che le tempistiche indicate dal governo per l'attuazione di
questa procedura hanno veramente dell'assurdo: nell'arco di una settimana un
dirigente scolastico dovrebbe visionare tutti i curricula pervenuti ed
effettuare la proposta di assunzione, col personale amministrativo delle
scuole, già spremuto all'estremo a causa dei pesanti tagli agli organici
promossi negli ultimi anni dai governi di tutti i colori, che dovrebbe sobbarcarsi,
in piena esate, un pesante aggravio di lavoro.
Irregimentazione e sfruttamento degli studenti
Se
è vero – come insegna Marx - che l'ideologia dominante, in ogni epoca, è
l'ideologia della classe dominante, e se è altrettanto vero – di conseguenza -
che scuole e università costituiscono sovrastrutture fnalizzate a trasmettere
l'ideologia e i “valori” della classe dominante, dobbiamo riconoscere che il
governo Renzi sta svolgendo al meglio il suo ruolo di comitato d'affari della
borghesia.
Con
la Legge 107,
infatti, viene istituita l'“alternanza scuola-lavoro”, che fuor di retorica si
traduce nello sfruttamento degli studenti da parte di enti e imprese che
potranno così fruire di manovalanza gratuita. Gli alunni frequentanti l'ultimo
triennio della scuola secondaria di secondo grado saranno infatti obbligati a
seguire questi percorsi di “alternanza”, che si muovono nella direzione
esattamente opposta rispetto a quella di una scuola promotrice di formazione
critica, tanto sbandierata a parole dalla borghesia.
Anche
in questo caso le misure governative in ambito scolastico, puntualmente
presentate in pompa magna dagli organi di stampa di regime, sono perfettamente
“coerenti” con quelle che sono le politiche generali dell'esecutivo, nello
specifico rispetto ai giovani, il cui tasso di disoccupazione nel Bel Paese
supera il 40%: jobs act, crescente precarizzazione, misure ipocrite ad effetto,
come ad esempio il cosiddetto progetto “garanzia giovani”, che si traducono in
ulteriori forme di sfruttamento della manodopera giovanile. (6)
E
in questo quadro, i soliti noti avanzano ulteriori proposte di smantellamento
di ciò che resta della scuola pubblica. La stampa specializzata ha dato
risalto, in particolare, a un recente intervento di Valentina Aprea, ex viceministro
all'istruzione del governo Berlusconi e attuale assessore all'istruzione della
Regione Lombradia. La Aprea,
già in passato promotrice di disegni di “riforma scolastica” reazionari, dai
quali ha tratto ispirazione anche l'attuale governo in carica, in un recente
convegno organizzato a Torino dall'associazione Treelle (ente sostenuto dalle
principali banche italiane, e a sua volta sostenitore della “buona scuola”
renziana) ha espresso l'idea che “gli istituti professionali statali vanno
chiusi”, con buona pace delle centinaia di migliaia di lavoratori che vi
operano e dei circa 500000 studenti che li frequentano... (7)
I lavoratori precari nel tritacarne governativo
Gli
effetti della controriforma scolastica targata Renzi-Giannini, come è ovvio, fa
sentire pesantemente i suoi effetti anche, e soprattutto, sui lavoratori
precari. Decine di migliaia di persone affollano ancora le graduatorie
provinciali definite “ad esaurimento” (gae), nonostante i proclami governativi
secondo cui le stesse si sarebbero svuotate in seguito al “piano straordinario
di assunzioni” della scorsa estate, mentre gli abilitati tramite tfa e pas,
dopo anni di sacrifici, e dopo essere stati abbondantemente illusi, non sono
stati inseriti nelle gae, vedendosi fortemente restringere la possibilità di un
inserimento nel mondo del lavoro. A ciò si aggiungano i tantissimi insegnanti
non abilitati, attualmente inseriti nella III fascia delle graduatorie
d'istituto (graduatorie che dal prossimo anno scolastico, sulla base di quanto stabilito
dalla legge 107, verranno aperte solo agli abilitati), la cui condizione
peggiora sensibilmente di anno in anno, e che recentemente si sono visti
precludere la possibilità di partecipare al concorso.
E
proprio il concorsaccio è l'ennesima pagina nera della storia scolastica più
recente. Centinaia di migliaia di docenti abilitati sono stati costretti in
queste settimane a partecipare a una nuova procedura concorsuale di cui gli
insegnanti stessi hanno abbondantemente messo in risalto le tremende contraddizioni:
tempi risibili per rispondere a numerosi e complessi questiti a risposta
aperta, fra cui alcuni in lingua straniera, assenza di griglie di valutazione,
falle al sistema informatico (le prove concorsuali sono state infatti svolte in
modalità computerizzata), domande non attinenti, verosimilmente elaborate da
“esperti” mai entrati in una scuola in vita loro, ritardi nella costituzione
delle commissioni ecc. E come se tutto ciò non bastasse, i primi dati che sono
arrivati riguardo alle (tardive) correzioni delle prove, fanno registrare un
elevatissimo numero di bocciature, fino a punte del 70% in alcune regioni (8).
Mentre da più parti si sollevano forti perplessità in merito agli impegni presi
dal governo rispetto al numero di immissioni in ruolo del prossimo triennio, in
considerazione dell'alto numero di soprannumerari (insegnanti in esubero) e
dell'impossibilità di parecchi docenti di andare in pensione in seguito alle
recenti controriforme in materia.
La
situazione dei docenti precari si è dunque aggravata, e a ciò si aggiunga che
l'assegnazione provvisoria in deroga voluta dal governo - nel tentativo di
venire incontro ai docenti neoimmessi in ruolo in una sede lontana da casa -
riduce ulteriormente i già esigui spazi del precariato, soprattutto nelle
regioni meridionali, quelle più colpite dalle politiche scolastiche
governative. Una questone, quest'ultima, che rischia di innescare ulteriori
guerre fra poveri e su cui nessun sindacato, nemmeno quelli a parole
“combattivi”, si è espresso.
Solo l'unità delle lotte da una prospettiva di classe può produrre risultati
In
questo scenario che definire orribile è eufemistico, quello che continuiamo a
riscontrare è l'inadeguatezza della risposta da parte dei lavoratori, purtroppo
ancora spesso irretiti nelle maglie delle logiche istituzionali e della
“cultura” della delega alle burocrazie politico-sindacali corresponsabili dei
disastri. Nelle ultime settimane, infatti, dopo le mobilitazioni – sia pure
insufficienti - messe in atto dai lavoratori e dagli studenti mesi addietro nel
tentativo di bloccare il varo della “buona scuola”, assisistiamo a un riflusso
della lotta e alla mera ricerca della sponda su partiti politici, in primis il
M5s, o sindacati organici al sistema e dunque disinteressati – al di là delle
chiacchiere – alla modifica dello status quo.
Mentre
in altri Paesi, come il Brasile e il Messico, insegnanti e studenti danno vita
in questi giorni a mobilitazioni di massa su basi radicali, con scioperi ad
oltranza, assemblee oceaniche, manifestazioni, senza arretrare nemmeno davanti
agli apparati repressivi dello Stato, in Italia assistiamo per lo più a
proteste sterili (un esempio fra tanti, quella della rivista specializzata
Professione insegnante e dei suoi sostenitori, che si limitano alla minaccia
di stracciare le deleghe sindacali nel vano tentativo di essere ascoltati dai
sindacati stessi!) o ad iniziative del tutto insufficienti, come le raccolte
firme per dei refendum abrogativi di alcuni punti della legge 107.
Se
i sindacati confederali si limitano a saltuari brontolii di facciata, mentre
capitolano al padronato, il sindacalismo di base non sta molto meglio,
ed anzi risulta disunito e frammentato, con microburocrazie dirigenti orientate
a coltivare i propri orticelli – più che ad unire le lotte al di là dei recinti
autoreferenziali - e in parecchi casi instradate palesemente sulla via della
concertazione (9).
Riteniamo
che, lungi dall'illudersi sulle vie istituzionali, i lavoratori della scuola e
gli studenti debbano seguire un percorso di lotta radicale da una prospettiva
di classe, raccordandosi agli altri settori sociali mobilitati e scavalcando le
(grandi e piccole) burocrazie politico-sindacali. E' con questo spirito che noi
del Pdac abbiamo contribuito in questi anni allo sviluppo di No Austerity, un
coordinamento delle lotte che ha unito, al di là delle appartenenze
politico-sindacali, i lavoratori in lotta dei più svariati settori, i precari,
i disoccupati, gli immigrati, sulla base di una piattaforma anticapitalista,
antifascista, antirazzista, antimaschilista. Un coordinamento che nella recente
assemblea per delegati di Firenze (10) si è costituito come Fronte di lotta,
proponendosi dunque come soggetto costruttore di lotte oltre che come strumento
di raccordo e solidarietà fra le vertenze, un soggetto che si sta costruendo a
livello nazionale e che opera nel quadro della rete sindacale internazionale.
Invitiamo
pertanto i lavoratori della scuola, gli studenti, e tutti quanti intendono
battersi per una scuola laica, democratica, interculturale, libera dagli
interessi dei privati, a contribuire alla costruzione di questo strumento,
funzionale allo sviluppo di un'opposizione sociale reale, dal basso, contro
questo e tutti i governi borghesi. Nella consapevolezza che, allo stesso tempo,
è urgente lavorare alla costruzione del partito politico rivoluzionario
internazionale necessario per garantire uno sbocco vincente, dunque socialista,
alle lotte e alle mobilitazioni sociali che si stanno sviluppando e che si
svilupperanno nella prossima fase su scala mondiale, in conseguenza del pesante
attacco che a qualsiasi coordinata geografica il capitale sta sferrando alle
classi subalterne.
Note
1) Nei mesi scorsi ci siamo occupati diffusamente della legge 107/2015. Consultare in particolare:
http://www.alternativacomunista.it/content/view/2174/47/
http://www.alternativacomunista.it/content/view/2203/47/
2) A ciò si aggiunga, come fanno notare anche alcuni organi di stampa della borghesia “buona” ostili alla “riforma” della scuola renziana, che in diveri casi specifici gli organismi preposti nelle scuole – così come avviene in molte aziende - hanno assunto fra i criteri per ottenere il “bonus” un tetto massimo di assenze, indipendentemente dal motivo al quale queste siano dovute. In questo modo si discriminano i docenti assenti per malattia, magari grave, e le insegnanti donne, andando a ledere il principio della parità di genere: tutto ciò, difatti, penalizzerebbe maggiormente le docenti assenti per maternità o per malattia del figlio. Si cerca insomma di far passare l'idea che il “merito” di un docente dipenda unicamente dal suo essere presente fisicamente a scuola, indipendentemente dalle sue qualità professionali. http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/07/20/bonus-scuola-il-docente-meritevole-e-solo-quello-presente/2918901/
3) Consultare a titolo di esempio: http://genova.repubblica.it/cronaca/2016/07/21/news/_buona_scuola_lo_schiaffo_dei_prof_genovesi_no_ai_bonus-144543085/
5) Molto significativo che il sottesegretario all'istruzione, il renziano Davide Faraone, faccia i complimenti ai “sindacati” per “avere avuto uno spirito costruttivo”. Cioè, tradotto dal politichese, per avere capitolato al governo firmando una misura che svilisce ulteriormente la scuola pubblica italiana:
6) In tutta Italia, ad esempio, sono tantissimi i giovani che hanno svolto il progetto governativo denominato “garanzia giovani”. Nonostante le promesse di “assunzione” alla fine del percorso lavorativo di alcuni mesi, non solo questi giovani non sono stati assunti, come era facilmente prevedibile, ma molti di loro hanno subito forme pesanti di sfruttamento (lavorando più ore del dovuto e svolgendo mansioni non previste) e non sono stati ancora pagati – a distanza di mesi - per il lavoro svolto, rimanendo nelle maglie di una macchina burocratica infernale che coinvolge governi regionali, Inps, centri per l'impiego. A ciò si aggiunge che la possibilità di disporre di manodopera giovanile non pagata con soldi di tasca propria, ha fatto sì che parecchi imprenditori strumentalizzassero la situazione licenziando o riducendo i diritti dei lavoratori preesistenti all'arrivo dei giovani impiegati nell'ambito del suddetto progetto.
9) Ci riferiamo a settori del sindacalismo “di base” che a parole criticano l'operato di Cgil, Cisl e Uil, ma che poi ne mutuano i metodi antidemocratici e/o l'indirizzo politico di collaborazione effettiva col padronato. Si pensi soprattutto alla firma dell'accordo vergogna con la Confindustria da parte di Usb e di altre organizzazioni del sindacalismo “combattivo”, e alla scelta, da parte della stessa Usb in particolare, di seguire ormai da tempo la linea delle iniziative in solitaria, rifiutando il tentativo di confronto con le altre organizzazioni sindacali di base: http://www.alternativacomunista.it/content/view/2161/78/
Si tratta di scelte che esprimono una vocazione autoreferenziale ed opportunistica, palesata anche dai continui tentativi di sponda con forze politiche di sistema, in particolare col movimento reazionario a cinque stelle. Nel Lazio, ad esempio, l'Usb ha spalleggiato la parlamentare grillina Lombardi (sostenitrice del “fascismo buono delle origini”) ed ha sostenuto di fatto la candidatura a sindaco di Roma di Viriginia Raggi (apprezzata anche da Salvini per le posizioni da lei espresse contro i rom; https://www.youtube.com/watch?v=qZdXVsOj3Ac), nonché, in maniera ancora più esplicita, la candidatura a sindaco di Torino di Chiara Appendino, sostenitrice delle forze dell'ordine che reprimono i Notav!
Posizioni di certo molto gravi per un'organizzazione che rivendica di voler costruire un “sindacato di classe” e che invece si spinge fino a sostenere il governo siriano guidato dal dittatore-genocida Assad, responsabile (in concorso con i gruppi integralisti islamici, le forze imperialiste occidentali e la Russia) della devastazione di un Paese e dello sterminio di centinaia di migliaia di persone! http://internazionale.usb.it/index.php?id=20&tx_ttnews%5Btt_news%5D=84650&cHash=c60f58da74&MP=63-1385
10) http://www.alternativacomunista.it/content/view/2323/1/