SIAMO
TUTTI SULLA TORRE!
Milano: intervista agli immigrati in lotta
di Matteo Bavassano (da
Milano)
A Milano, in piazzale Selinunte, spicca uno striscione che
scende dalla cima della torre dove sono saliti due immigrati per iniziare una
nuova battaglia per vita e per la dignità. Lo striscione recita: “Lavoriamo ma
senza diritti”. Ai piedi della torre il presidio d’immigrati con la presenza di
qualche italiano, altri striscioni e cartelloni, tra cui uno contro la legge
sull’immigrazione “Bossi-Fini fabbrica di clandestini”, firmato dal Comitato
Immigrati di Milano, un cartellone di solidarietà degli indiñados, e alcune
bandiere: egiziane, palestinesi e anche una italiana. C’è qualche giornalista
che parla con i ragazzi del presidio; si sente parlare di questo o quel
dirigente che è passato, di quello che ha detto o non detto il sindaco. Due
giovani italiani, Matteo ed Erica, volontari presso il centro sociale T-28 dove
insegnano italiano ai lavoratori stranieri, sono insieme con gli altri a
sostenere il presidio e raccontano che gli immigrati che conoscono sono, nella
maggior parte dei casi, senza permesso di soggiorno, cosa questa che li espone
ai ricatti dei padroni, oltre a spingerli ad accettare ogni lavoro in nero, a
lavorare anche oltre 8 ore il giorno. Problemi che esistono in tutta Italia, e
non solo a Milano, ed è sempre utile ricordare cosa sono costretti a sopportare
questi lavoratori per poter sopravvivere. Parlando della giunta di
centrosinistra, ad una nostra domanda, i ragazzi commentano che considerate le
attuali priorità dell’Amministrazione di Milano, le promesse elettorali saranno
disattese. Intanto il presidio si riunisce tutte le sere alle ore 20, sotto la
torre, per un’assemblea pubblica che ha il compito di decidere come continuare
la lotta
Parlando con gli immigrati del presidio, in particolare con Rhouma
Youness del Comitato Immigrati di Milano, chiediamo immediatamente
informazioni sui due lavoratori immigrati sulla torre, che vengono da Egitto e
Marocco, e sulle ragioni della lotta. Obiettivo principale e immediato della
protesta è la sanatoria del 2009 per colf e badanti, ormai conosciuta come la
"sanatoria truffa". Per accedere a questa sanatoria, gli immigrati clandestini
devono avere un datore di lavoro che garantisca che hanno un’occupazione: questo
espone i lavoratori ai ricatti del padronato, che ne approfitta per comprimere
ulteriormente i diritti già minimi degli immigrati facendo pendere sulla loro
testa la “spada di Damocle” dell’espulsione. Oltre a questo tutti gli immigrati,
al momento di presentare la domanda, devono pagare una tassa di 500 euro, che
non sarà restituita nel caso la domanda non vada a buon fine. Ci sono poi anche
casi d’immigrati che sono stati truffati da persone che si proponevano come
intermediari per sbrigare le pratiche. Da questa situazione era già nata una
protesta analoga nel 2009, a Brescia e a Milano. Chiedo agli immigrati di
parlarmi un po’ di questa prima protesta e del suo fallimento, che ha poi
portato alla lotta odierna. Rhouma mi dice che quando hanno iniziato la
protesta, nel 2009, i sindacati confederali hanno incontrato il prefetto senza
nemmeno chiedere agli immigrati quali fossero le loro precise richieste.
I sindacati confederali e la
demoralizzazione delle lotte
Secondo Rhouma “la Cgil ha cercato di
dividere gli immigrati, cercando di emarginare chi ha protestato in modo
radicale contro la sanatoria. Non ha fatto nulla per approfondire la lotta.
Sembra quasi che Maroni abbia delegato la Cgil per dividere le lotte e
bloccarle” ci dice. La lotta di due anni fa si è fermata appunto per una
divisione interna al Comitato causata dalla linea della Cgil. E quindi ci spiega
che i sindacati hanno avuto in quel periodo alcuni incontri col prefetto
ritenuti dai sindacati stessi incontri di successo ma che in realtà non hanno
portato ad un solo permesso di soggiorno per gli operai. “Ormai ci fidiamo solo
di chi lotta insieme con noi” ripete.
Ovviamente le istituzioni borghesi sono
completamente indifferenti alle problematiche degli immigrati; raccontano,
infatti, che ad una manifestazione tenutasi il 29 dicembre scorso per sapere che
fine avesse fatto il tavolo sull’immigrazione promesso dopo l’incontro
sindacati-prefetto, dalla prefettura si è loro risposto con chiarezza
cristallina: “Non c’è nessun tavolo”.
La piattaforma di lotta degli
immigrati
Le richieste dei lavoratori immigrati
seguono una piattaforma rivendicativa in continuità con le lotte precedenti,
formata da sei rivendicazioni:
1. Rilascio del permesso di soggiorno a tutti
quelli che hanno pagato per la sanatoria.
2. Prolungamento del permesso per
chi perde i requisiti per il rinnovo (casa e lavoro).
3. Permesso di
soggiorno per chi denuncia il lavoro nero (secondo le direttive della Comunità
Europea del 2009 riguardo alla lotta al lavoro nero).
4. Cittadinanza per chi
nasce e vive in Italia.
5. Diritto al voto per chi risiede in Italia da più
di 5 anni.
6. Diritto all’asilo politico che, di fatto, in Italia oggi è
negato.
Rhouma dice che questa è la piattaforma di base, stabilita già dalle
lotte precedenti, ma ora gli immigrati stanno valutando di approfondirla, perché
gli sviluppi della situazione vanno in senso opposto a quello che loro
vorrebbero, sono sempre più negativi. Si propongono, infatti, di ottenere una
revisione generale della condizione degli immigrati nel nostro Paese in quanto,
per effetto della legge Bossi-Fini che lega il permesso di soggiorno al lavoro,
non possono che arrivare come clandestini, vivendo costantemente in uno stato
d’incertezza e sfruttamento. Gli obiettivi immediati della lotta sono al momento
soprattutto l’assegnazione dei permessi legati alla sanatoria truffa e del
diritto d’asilo. Sul primo punto sono chiarissimi: “Chi ha pagato deve avere il
permesso di soggiorno altrimenti perché lo Stato ha preso i soldi? Se lo Stato
non rilascia i permessi già pagati, allora significa che lo Stato stesso è un
truffatore”Riguardo al diritto d’asilo, si percepisce l’apprensione degli
immigrati del presidio per i loro fratelli che sono chiusi nei Cie (Centri d’
identificazione ed espulsione) o, peggio, respinti verso la morte nel
Mediterraneo. Chiedono che il diritto d’asilo sia riconosciuto e sia effettivo,
con un aiuto concreto per trovare una dimora degna ai riugiati e per il loro
sostentamento.
Anche i lavoratori immigrati
sono per l’unità delle lotte
Per concludere questa breve intervista,
chiediamo a Rhouma se vuole fare un appello alla solidarietà. Ci dice: “Noi
siamo qui e chiamiamo tutti i lavoratori, immigrati e italiani, tutti i
disoccupati, italiani e immigrati, e tutti gli studenti, italiani e immigrati,
ad unirsi alla nostra lotta. Noi siamo qui per portare ad un percorso d’unione
delle lotte”.A questo proposito, il Comitato sta valutando la possibile
adesione allo sciopero che la CUB ha indetto contro la manovra
finanziaria.
Questa posizione è un’altra dimostrazione che l’unità delle
lotte tra tutti gli sfruttati è un’esigenza reale che i lavoratori riconoscono e
che conferma ulteriormente la giustezza della battaglia dei compagni del PdAC
che militano in “Unire le lotte – Area classista Usb” e di tutti i compagni che
organizzano la medesima battaglia negli altri sindacati di base e nella
Cgil.
Ci auguriamo che la voglia di lottare dei lavoratori immigrati ed il
loro invito siano accolti da tutti i lavoratori d’ogni nazione, per farla finita
col capitalismo in crisi e per la rivoluzione internazionale per poter arrivare
finalmente al potere dei lavoratori, in quest’autunno che si prospetta
come il più caldo da molti anni.
(ringraziamo Alberto Francia,
autore delle foto pubblicate )