Il corteo del 4 novembre era
contro il governo
Riflessioni sulla manifestazione
contro la precarietà
di Francesco Fioravanti
Il corteo contro la precarietà che è sfilato
sabato 4 novembre per le vie di Roma non è stato un corteo come tanti altri. Non
lo è stato perché cento-duecentomila persone scese in piazza per manifestare la
loro irriducibile contrarietà a una situazione che vede la "precarietà" essere
divenuta la regola degli odierni rapporti di lavoro rappresentano un dato con il
quale tutto il mondo politico sarà costretto da oggi a fare i conti; e non lo è
stato neppure perché una parte minoritaria ma importante di quello stesso mondo
politico oggi al governo -la sinistra riformista:Prc, Pdci, Verdi- si è
schierato a favore di questa mobilitazione ed è stata in grado -questo va loro
obiettivamente riconosciuto- di apportare un proprio rilevante contributo alla
buona riuscita della manifestazione stessa.
In tanti si sono legittimamente chiesti
come fosse possibile che delle forze politiche presenti all'interno della
compagine governativa partecipassero allo stesso tempo ad un corteo che col
passare del tempo andava riempiendosi di contenuti sempre più critici nei
confronti del governo e della maggioranza che questo sostiene, giustamente
indicati da molti come i principali responsabili (il Pacchetto-Treu del '97 dice
nulla?) nell'introduzione di quelle misure che hanno condotto all'attuale "punto
di non ritorno" in tema di precarietà. Gli analisti politici e i commentatori
borghesi, con i loro articoli sui principali organi si stampa del Paese, si sono
sbizzarriti nel mettere in luce questa contraddizione, accusando in molti casi i
dirigenti dei partiti presenti nell'attuale Esecutivo di voler tenere i piedi in
due staffe e di mostrare tutto il loro infantilismo e la loro mancanza di
responsabilità di fronte ad una situazione delicata come quella attuale, nella
quale sarebbe stato, secondo loro, molto più proficuo concentrare gli sforzi
sulla modifica di una manovra finanziaria che rappresenterà il primo importante
banco di prova per il governo dell'Unione guidato da Romano Prodi.
Ma come diceva un vecchio adagio: "ad
ognuno il suo mestiere"; e se compito delle "grandi firme" dei quotidiani
borghesi è quello di influenzare nel senso da loro (o dai loro editori) voluto i
possibili lettori dei loro articoli e di dettare l'agenda delle cose da fare e
da non fare alla politica, uno dei principali compiti dei riformisti è da sempre
quello di inserirsi nelle lotte con lo scopo precipuo di smorzarne la
radicalità, cercando successivamente di condurle morbidamente nell'alveo delle
"compatibilità di sistema". La vicenda della partecipazione della Sinistra di
governo al corteo del 4 ottobre è esemplificativa in questo senso. Analizzando
il percorso che ha portato alla sua organizzazione e le parole d'ordine sotto il
quale si è mosso, si capisce facilmente come questo rispondesse al bisogno
oggettivo, espresso da consistenti settori d'avanguardia del mondo del lavoro,
di mobilitarsi anche e soprattutto contro l'attuale governo e la manovra
finanziaria da esso varata; manovra nella quale, sia detto per inciso, non
riescono a scorgersi nemmeno con la più grande delle lenti d'ingrandimento
quelle misure a sostegno dei ceti svantaggiati che partiti come il Prc
millantano di essere riusciti a portare a casa. In questo senso l' efficace
striscione che è poi diventato l'emblema di quella giornata ("Damiano amico dei
padroni vattene!") è indicativo di quali fossero i sentimenti diffusi che si
respiravano all'interno della piazza, cosi com'è altrettanto indicativo è il
fatto che il segretario del Prc, Franco Giordano, per evitare i fischi dei
manifestanti, si sia fatto proteggere da un sevizio d'ordine che gli dava anche
le coordinate per muoversi "con sicurezza" all'interno del corteo. Per questo
l'affermazione del Presidente del Consiglio, secondo la quale si sarebbe
trattato in ogni caso di una manifestazione filo-governativa, ci sembra
quantomeno azzardata. Ci dispiace per qualcuno, ma noi la pensiamo esattamente
nella maniera opposta.
Crediamo che dalla parte del governo non
stiano le parole d'ordine di quel corteo (No alla Bossi-Fini, alla legge Moratti
e alla legge 30), visto anche il fatto che i maggiori esponenti della coalizione
continuano quotidianamente a ripetere di voler salvaguardare l'impianto
complessivo di queste conto-riforme; dalla parte del governo, a prescindere
dalle singole volontà individuali, non stanno nemmeno le ragioni che hanno
spinto centinaia di migliaia di lavoratori, in larga parte giovani e
giovanissimi, a fare qualcosa per manifestare la loro insofferenza di fronte ad
una condizione che li vede, loro malgrado, vestire i panni di moderni schiavi al
servizio delle imprese e dei profitti; ma soprattutto, dalla parte del governo
non stanno i fatti: questa manovra finanziaria, che non abbiamo remore a
definire come l'ennesima finanziaria di "lacrime e sangue" per i lavoratori,
dimostra ulteriormente che quest'esecutivo risponde ad altre logiche dietro le
quali si celano altri interessi materiali. Per questo ogni mobilitazione che
spontaneamente si produrrà in questo Paese avrà per sua natura una
oggettiva connotazione anti-governativa.
Siamo sicuri che il 4
ottobre potrà rappresentare il punto di partenza di una nuova importante
stagione di lotte. Necessario è ora spingersi oltre: il prossimo 17 novembre
Pc-Rol sarà in piazza per lo sciopero generale contro questa finanziaria,
consapevole che solo una mobilitazione prolungata sulla base di una piattaforma
unificante di tutto il mondo del lavoro sarà in grado di aprire scenari del
tutto inediti in grado di mostrare chiaramente come i lavoratori e le
lavoratrici di questo Paese sono stufi di ingoiare bocconi amari preparati con
la complicità di coloro che continuano a spacciarsi per chef sopraffini.